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crisi

La soddisfazione di essere rappresentati

E’ una bella sensazione riconoscersi nei documenti del proprio partito. La posizione del coordinamento nazionale di Sinistra Ecologia Libertà che in un documento si esprime sulla crisi di governo in atto. ‘Se il ventennio fascista condusse nel baratro della guerra il Paese, il quasi ventennio del populismo berlusconiano ha prodotto macerie economiche e sociali che ci hanno condotto al disastroso rischio di default attuale. Bisogna mettere la parola fine al dominio politico di Berlusconi, ma bisogna immediatamente guardarsi dalle insidie del berlusconismo. Ogni esperienza anche quelle che intendono fronteggiare in buona fede l’evidente emergenza economico finanziaria, non possono sopportare l’ipoteca berlusconiana. Il rischio che un governo di emergenza diventi l’ancora di salvataggio del regime precedente è in campo, nonostante l’autorevolezza della figura di Mario Monti, prolungando una fase di incertezza che sarebbe dannosa per la nostra fragilissima finanza pubblica e per l’intera situazione economica del paese. Siamo consapevoli che per affrontare la crisi ci sia bisogno di responsabilità e impegni straordinari. Siamo tuttavia convinti che per affrontare i prossimi anni sia necessario chiedere ai cittadini di scegliere su quali opzioni fondare un nuovo governo, condividendo gli oneri di una fase così drammatica per il Paese. Per questo riteniamo che siano necessarie elezioni presto, per dare una prospettiva più certa e legittimata. Un governo di emergenza non puo’ che essere a tempo e con un immediato obiettivo:  fronteggiare l’emergenza dei conti con una patrimoniale vera, che non colpisca i cittadini che stanno già pagando gli effetti nefasti della recessione, e restituire la parola agli italiani con il voto. Il cambiamento è necessario, i cittadini e le cittadine italiane dovranno essere i protagonisti di questa fase. La democrazia è la più grande risorsa per la salvezza del nostro Paese’.

I consigli di Grande Oriente

Consiglio di GOD: anche Il Presidente Giorgio Napolitano raddrizzi la rotta, si dia una regolata e si metta in discussione. Serve un Quirinale autorevole, autonomo e lungimirante e non una Presidenza della Repubblica all’estero succube del Bruxelles/Frankfurt Consensus e in Italia in combutta con la LOBBY del Consiglio di Stato e con altre caste oligarchiche che male amministrano la nazione. Hai capito, le lobby.

Se va di moda il rating

Mai come in questo momento bisogna sapere. Sapere almeno per non cadere nell’errore di esultare ad ogni spigolo utile per abbattere B. Per questo vale la pena rileggere la riflessione di Nicola Persico. Ma le agenzie di rating fanno un buon lavoro? La questione è complessa, ma ecco il mio giudizio in poche parole. Le agenzie di rating non dicono (di solito) molto di più di quanto i mercati non sappiano già. Mi spiego con un esempio. In molti casi le agenzie di rating valutavano la volatilità di una obbligazione in base alla media storica delle fluttuazioni del titolo. Chiaramente questo non è un modello di valutazione molto sofisticato, e in particolare sottostima la possibilità di una crisi sistemica nuova, come quella che abbiamo vissuto e stiamo vivendo. Insomma, in molti dei casi il servizio delle imprese di rating è stato e continua ad essere più meccanico delle loro controparti nel settore privato (“buy side” analyst).
È ragionevole aspettarsi molto meglio? Realisticamente, no. La ragione fondamentale è che le agenzie di rating non hanno capitale a rischio: se il loro analista fa un errore di valutazione, Moody’s non perde soldi. Né ci guadagna se la valutazione è corretta. E quindi, ci si può aspettare che Moody’s abbia informazione migliore di chi mette i soldi a rischio? Detto diversamente, se un analista di Moody’s avesse davvero più informazione di quella già incorporata nei prezzi, allora lui -o lei- farebbe molti più soldi investendo per conto proprio che lavorando da Moody’s.

Non lotta di classe: diritto alla decenza

Macelleria sociale, attuazione del piano del venerabile Gelli, iniquità al potere, disuguaglianza per decreto: la manovra estiva del governicchio in castigo è riuscita ad allargare (se ancora fosse possibile) il vocabolario dello sdegno. Eppure oltre la questione finanziaria questo conato estivo per scansare il fallimento ha aperto l’oscenità di una cultura dell’impunità che passa non solo dalle aule giudiziarie ma anche (e soprattutto) dalle ipotesi indecenti e intollerabili che ci vengono propinate con la postura dei buoni padri di famiglia.

La notizia arriva da Venezia e ha come protagonista il presidente di Confindustria Veneto, nonché Presidente di Lotto Sport Italia Spa, Andrea Tolmat che propone una ricetta per uscire dalla crisi semplice semplice: i lavoratori rinuncino alle ferie per aiutare l’economia. Testualmente: «regalando cinque giorni lavorativi all’anno per un periodo limitato, diciamo cinque anni» perché, ci dice, «non bisogna guardare alla singola azienda ma al sistema. Cinque giornate lavorative consentirebbero di aumentare la produttività e la competitività per le imprese, si riuscirebbe ad abbassare i costi dei prodotti, anche ad ampliare le possibilità di aumentare le assunzioni».

Verrebbe da chiederai cosa ne pensano i sindacati (o i lavoratori, meglio, di questi tempi) ma Tolmat ha la risposta ad eventuali critiche: «Teniamo presente che già oggi c’è un numero elevato di giorni di ferie – sottolinea – da 25 potrebbero passare a 20 con sacrificio: non se ne accorgerebbe nessuno». E i sacrifici delle aziende? «Le aziende pagano già il 60 per cento di imposte»: capitolo chiuso.

Agosto 2011, Italia: Giuliano Amato disse nel 1992 “in Italia le misure si riescono a prendere solo quando è crollato il soffitto”, oggi, sotto le macerie (già appaltate), la vera lotta di classe è una resistenza all’indecenza.

Pubblicato anche su IL FATTO QUOTIDIANO

Il coraggio di sbilanciarsi

In questi giorni fioccano le contromanovre. In rete, sui quotidiani, nelle sezioni, nei circoli si discute di cosa si sarebbe potuto fare, di cosa si potrebbe tagliare. Giudizi più o meno tecnici di persone con studi diversi ma con idee per niente banali. La manovra finanziaria è la nazionale di calcio dell’estate, solo che qui non ci si gioca un trofeo ma gli anni delle nostre famiglie e dei nostri figli. E forse siamo già sotto di quattro o cinque goal. Sarebbe stato bello leggere una proposta (unitaria, riconoscibile e programmatica) del centrosinistra e invece leggiamo i sinonimi di ‘dimissioni’ declinati ognuno sotto il proprio simbolo. Ma anche al bar non si esce mai con una formazione unanime. Solo che al bar si gioca a fare i timonieri, mica si è in campo sul serio. Eppure la manovra dovrebbe essere la fotografia della propria politica, l’indice delle azioni di governo, l’azione del proprio pensiero. In questo labirinto, se avete un minuto, date un’occhio alla proposta di Sbilanciamoci.org. Tanto per allinearsi.