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datagate

Datagate

Leggo, riporto e trovo pienamente condivisibili le parole di Stefano Rodotà sul pasticcio DATAGATE, buone soprattutto appena finirà l’indignazione instantanea:

Bisogna, allora, contestare la perentorietà dell’argomento che, in nome della lotta al terrorismo, vuole legittimare raccolte d’informazioni senza confini: da parte di molti, e in Italia lo ha fatto un esperto come Armando Spataro, si è dimostrata la pericolosità e l’inefficienza di raccolte d’informazione che non abbiano un fine ben determinato. Bisogna ricordare che la morte della privacy, troppe volte certificata, è una costruzione sociale che serve alle agenzie per la sicurezza di affermare il loro diritto di violare la sfera privata, visto che ad essa non corrisponde più alcun diritto. E serve ai signori della Rete, come Google o Facebook, per considerare le informazioni sugli utenti come loro proprietà assoluta, utilizzandole per qualsiasi finalità economica, come stanno già cercando di fare. Bisogna seguire la tecnologia e mettere a punto regole nuove per la tutela della privacy, com’è accaduto in passato, e con una nuova determinazione, dettata proprio dalla gravità degli ultimi fatti. Ma bisogna pure chiedersi se gli Stati, che oggi virtuosamente protestano contro gli Stati Uniti, hanno le carte in regola per quanto riguarda la tutela dei dati dei loro cittadini. Se la posta in gioco è la democrazia, né cedimenti, né convenienze sono ammissibili.

La domanda del mattino

Ogni tanto al mattino mi sveglio e trovo nel caffè una domanda. Mi insegue tutto il giorno finché non trovo almeno un mezzo straccio di risposta dato almeno per finta.

Ma sulla questione del datagate che sta investendo Obama e gli USA qualcuno ha qualcosa da dire? Perché non abbiamo un politico al governo che veda almeno mezzo metro più in là del proprio orto?