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fortuna loffredo

Gli orchi e i bambini che restano

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Il mio buongiorno per Left:

Ci sono paludi che ci vuole cuore, temerarietà e uno stomaco forte per andare a raccontarle. Ci sono delitti che zittiscono anche i professionisti dell’opinione su tutto per tutti a tutti i costi e così succede che sulla morte di Fortuna, la bambina volata dal balcone per non essersi fatta assaggiare dall’orco, si alza un velo di polvere spessa, di silenzio che sa di smarrito e di disgusto quasi alimentare. Povera Fortuna, dicono tutti, con il gioco feroce delle parole accoppiate dal destino.

Poi c’è la scintilla della vendetta che vorrebbe berne il sangue, quelli che castrerebbero, quelli che condannerebbero a morte, quelli che nessuna pietà e così i due eserciti, gli schizzinosi silenziosi e i vendicatori, reagiscono tenendo comunque le distanze dall’orrore. Perché, in fondo, ci viene così comodo pensare e convincerci che Fortuna sia quella storia rinchiusa nel quartiere così calzante per essere la scenografia dell’omicidio: non so se avete notato che ci sono drammi a cui riusciamo a partecipare con il perfetto cordoglio dell’alieno come una volta si usava per i mafiosi che si ammazzano tra loro, come per le donne picchiate che sono sempre mogli degli altri e come la guerra che è diventata una spezia straniera.

(continua qui)

Il palazzo degli orrori

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A Caivano, quartiere Parco Verde, emerge un palazzo degli orrori in cui le violenze su bambini si mischiano con le loro morti mai chiarite. Un buco nero dentro la città che riesce a tessere un silenzio alto quanto un condominio. E torna subito in mente la frase sullo spaventoso “silenzio degli innocenti” che permettono o colpevolmente non si accorgono di quello che succede sullo stesso pianerottolo. Il male ha bisogno del terreno giusto dove l’indifferenza e la disattenzione sono il fertilizzante perfetto. Sarebbe bello sfrugugliare lì in mezzo.