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guardia di finanza di milano

Domenico Bosa: il “Mimmo Hammer” che lega estrema destra e malavita

HN TattooIIIl luogo è rimasto segreto fino al primo pomeriggio. Poi la comunicazione riservata: via Toffetti in zona Rogoredo. Stesso capannone dello scorso anno. Periferia est di Milano. Qui ieri si è svolto l’Hammerfest 2014. Concerto nazi rock che ha ospitato decine di band italiane e straniere. Concerto blindatissimo come da copione. Concerto su cui pesava l’ammonizione ai partecipanti da parte della Questura: non mettere in atto comportamenti contrari alla legge Scelba. Si sono presentati in 300. Alcuni hanno organizzato una raccolta fondi per i volontari che in Ucraina combattono contro i filorussi.

L’affluenza è iniziata poco dopo le 16 sotto a un cielo piovoso e pieno di nebbia. Davanti all’ingresso alcuni indossavano la pettorina della Skinhouse di Bollate, la struttura che ufficialmente ha organizzato l’evento. In via Toffetti così hanno fatto la loro comparsa i capi storici del movimento Hammer di Milano. C’erano Stefano Del Meglio e Giovanni Pedrazzoli, che nel 2004 furono coinvolti nell’aggressione armata al centro sociale Conchetta, luogo storico dell’antagonismo meneghino. Oltre a loro, poi, si è fatto vedere il siciliano Domenico Bosa nato a Gela nel 1967, meglio conosciuto come Mimmo Hammer. È lui l’ultimo leader del movimento che inneggia alla “fratellanza bianca”. Lui che sul piatto può mettere rapporti di un certo peso. Rapporti criminali soprattutto. Tanto che il suo nome compare in un’indagine della Guardia di finanza di Milano che nel dicembre 2013 ha fotografato i rapporti tra il narcos montenegrino Milutin Todorovic e uomini della ‘ndrangheta legati allo storico boss di Bruzzano Giuseppe Flachi, detto Pepè . Bosa non risulta indagato nell’inchiesta ma la sua voce finisce in una lunga intercettazione ambientale. Parlano Mimmo Hammer e Todorovic. Parlano didroga e di soldi che i calabresi devono al trafficante che progetta ritorsioni e a Bosa dice: “Mimì vuoi che ti dico una cosa l’unica persona in Italia della quale mi fido sei te”. A quel punto Mimmo Hammer lo avverte sull’opzione omicidi: “Devi avere un approccio giusto, nel senso che magari vieni venduto, hai capito stai attento, io capisco che loro (i Flachi, ndr) sono in debito ed è giusto che lo paghino però ragiona (…). Se ti posso dare un consiglio, non fare le guerre se le puoi risolvere, lascia che le facciano gli altri e così tu avanzi”.

Nell’agenda di Mimmo Hammer compare anche il nome di un altro pregiudicato legato a malavitosi di San Siro imparentati con il serbo Dragomir Petrovicdetto Draga, nome storico della mala meneghina, già legato alla strage al ristorante La Strega di via Moncucco del 1979 e arrestato nel marzo scorso, mentre da ergastolano usufruiva di permessi dal carcere per lavorare in una società dove era l’unico dipendente.

Un contratto d’oro quello di Draga stipulato grazie ai buon uffici dell’avvocato Carlo Maffei, anche lui arrestato. E con Maffei lo stesso Bosa intrattiene diverse conversazioni. Naturalmente Bosa, che attualmente non risulta indagato, smentisce questi contatti. Dice di aver cambiato vita. Di voler pensare solamente agli Hammer. Politica e malavita. In attesa di capire se questi rapporti produrranno sviluppi, ieri in via Toffetti è andata in scena l’ennesima manifestazione neonazi nella città medaglia d’oro della Resistenza. Tanti decibel e un segnale: l’estrema destra rialza la testa e grida presente.

(da Il Fatto Quotidiano del 30 novembre 2014)

Le riunioni della droga a Milano sotto le mutande dei Papalia

Un luogo: l’Ortomercato di Milano. Un’ipotesi: atti estorsivi, minacce, recupero crediti. La vittima è un grossista, forse campano. Il mandante delle violenze è invece calabrese. La notizia arriva sul tavolo della Guardia di Finanza di Milano nella primavera del 2012. Partono le intercettazioni. Nella rete finisce un personaggio di Reggio Calabria che non ha interessi nella struttura di via Lombroso. Gestisce, invece, una sala di slot-machine a Corsico. E lo fa per conto di uno degli eredi della cosca Papalia. La storia così cambia faccia. L’Ortomercato esce di scena. Si parla di ‘ndrangheta, di droga, di giovani boss e di un clamoroso summit registrato nell’ordinanza d’arresto emessa il 28 maggio 2013 dal gip Simone Luerti a carico di sette persone (l’ottava è ai domiciliari) accusate di traffico di droga.

Ecco allora i fotogrammi di un incontro che ricorda lo storico vertice del 1981, quando ai tavolini del bar Lyons di Buccinasco si accomodarono i maggiori rappresentanti delle cosche di Platì, Africo e San Luca. Il gotha della ‘ndrangheta. Sono le sette di sera del 6 settembre 2012. Davanti al ristorante La Romantica di Buccinasco arriva una Fiat Croma. A bordo c’è Antonio Papalia classe ’75 (attualmente solo indagato). Non uno qualsiasi, ma il nipote dei fratelli Papalia (Antonio, Rocco e Domenico) che per tutti gli anni Ottanta dai bar di Buccinasco hanno comandato gli affari della ‘ndrangheta in tutto il nord-Italia. Storia di sangue e sequestri chiusa con l’inchiesta Nord-sud. Nel 1997, i tre fratelli saranno sommersi da anni di carcere. Allora Antonio Papalia non ha ancora 18 anni. E nonostante la giovane età si mette in pista assieme ad altri due compari per uccidere l’allora sostituto procuratore dell’antimafia milanese Alberto Nobili. Tra i calabresi di Buccinasco le cose sono chiare. I vecchi boss istruiscono i giovani picciotti: “Ve lo prendete questo qui (Nobili, ndr) ve lo prendete altrimenti ce la canta”. Le “bocche di fuoco” della ‘ndrangheta vengono bloccate dagli arresti. E’ il 1993. Antonio Papalia finisce in carcere. Per ricomparire, quasi vent’anni dopo, davanti al ristorante di Buccinasco. Qui ha appuntamento con altri personaggi di peso. Nell’ordine arriveranno il nipote di Diego Rechichi, storico braccio destro del super boss Rocco Papalia, il latitante Antonino Costa, legato alla cosca Bellocco, il suo fiancheggiatore Francesco Romeo Vincenzo Galimi, imprenditore di Palmi legato alla potente cosca Gallico. In quel settembre Galimi è latitante. Lo cerca la procura di Reggio Calabria per l’inchiesta Cosa mia sulla spartizione degli appalti di un tratto dell’A3. Galimi, ricostruisce l’accusa, attraverso le sue società e per conto della ‘ndrangheta, negli anni ha ottenuto diversi appalti pubblici anche da contractor importanti come Impregilo. Questi i protagonisti. Tutti rappresentanti di alcune tra le più influenti cosche della ‘ndrangheta. Perché si sono dati appuntamento? Cosa dovevano discutere? Omissis.

L’Ortomercato questa volta non c’entra. Qui a far girare l’indagine è la cocaina. Se ne parla il giorno dopo il summit. Davanti al Mc Donald’s di piazza Argentina. C’è il duo Romeo-Costa arrivato per vendere la roba agli emissari dei Papalia. Una settimana dopo, Antonino Costa sarà arrestato dai Baschi Verdi. I militari lo trovano davanti alla stazione di Lambrate in compagnia di Romeo. Per mesi, il giovane picciotto dei Bellocco ha vissuto in un appartamento di via Padova al civico 70. Finirà in carcere un altro protagonista del summit al ristorante La Romantica. Vincenzo Galimi viene bloccato ad Arezzo l’11 novembre 2012.

Gli arresti, però, sono solo inconvenienti del mestiere. Il traffico continua. Anche l’indagine. In carcere finisce Massimo Aveta “titolare di fatto” del ristorante Kitchen story in via Pier della Francesca 2, frequentatissima strada della movida milanese. Aveta, secondo il gip, acquista e spaccia cocaina nel suo locale. Locali e bar sono luoghi decisivi di questa storia. In via Inama ne spunta un altro, il cui titolare (non arrestato) fa da intermediario tra i Papalia e acquirenti liguri.

C’è la cocaina, ma non solo. Parallelamente gli investigatori ricostruiscono i nuovi assetti della cosca Papalia. Emerge la figura di Diego Rechichi (arrestato). Non uno qualsiasi, ma lo storico factototum di un boss di peso come Rocco Papalia. Finirà in carcere negli anni Novanta. Condannato a 30 anni, era tornato a vivere in via Marconi 20 a Gudo Gambaredo. Da qui e con sporadici viaggi in Calabria, gestiva gli affari della droga. Business che, invece, il giovanissimo Francesco Barbaro (arrestato) gestiva dai domiciliari. Nato a Locri nel 1986 è il nipote di Antonio Papalia. Nel 2007 finisce dentro perché si porta in giro oltre 4 chili di cocaina pura al 90%. Un vero tesoro che, tagliato all’ingrosso, avrebbe prodotto qualche milione di euro. Il giovane Barbaro è già un boss e come tale si comporta soprattutto quando qualcuno non paga il dovuto. Ad esempio 5mila euro per una fornitura di marijuana. Chi non paga è Antonio Finis, anche lui arrestato oggi. Con il calabrese si giustifica. Dice: “Non ho ancora niente, appena ho vi vengo a trovare”. Parole che non attaccano con il piccolo principe della ‘ndrangheta: “Voi – scrive Barbaro in un sms – avete preso l’impegno a me non riguarda, comunque passate così vi spiego cosa non avete capito”.

(via)

 

I Barbaro a Buccinasco non esistono

da http://www.giornalelibero.com/dblog/articolo.asp?articolo=1560

Altro che movimento terra, appalti edili e traffico di droga. La cosca Barbaro-Papalia della ‘ndrangheta ha tentato di mettere le mani anche su un altro grosso affare: quello del castello di Cusago. Un’operazione da 4 milioni di euro. Lo dimostra l’arresto del presidente e del vicepresidente del gruppo immobiliare Kreiamo di Cesano Boscone, Alfredo Iorio e Andrea Madaffari, che erano in trattativa con Fabio Rappo, detentore delle quote di maggioranza della società Il Castello Srl, per la compravendita del maniero cusaghese. Un affare che non è andato in porto in circostanze quanto meno sospette: dopo aver versato il compresso, prima dell’estate 2009, Kreiamo non è andata a rogito. Si diceva per problemi finanziari. Ma forse il cerchio delle forze dell’ordine cominciava già a stringersi attorno ai due imprenditori cesanesi, definiti quest’oggi dalla Direzione investigativa antimafia (Dia) due tra gli “insospettabili” che avevano iniziato a fare affari col clan Barbaro-Papalia, attivo in tutto il sudovest e in particolare nei Comuni di Assago, Buccinasco, Cesano Boscone, Corsico e Trezzano sul Naviglio, anche dopo essere stati a loro volta intimiditi.

Alfredo Iorio del gruppo Kreiamo di Cesano BosconeAndrea Madaffari, vicepresidente del gruppo Kreiamo di Cesano BosconeNel corso della mattinata, il personale della Dia di Milano, del Gico della Guardia di Finanza di Milano e dell’Arma dei Carabinieri di Corsico, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia del Tribunale di Milano (Pm Bocassini, Venditti, Dolci e Sorari), hanno dato esecuzione alle 17 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal gip di Milano Giuseppe Gennari, e a oltre 60 perquisizioni. Nell’operazione sono stati sequestrati beni per 5 milioni di euro, costituiti da beni immobiliari e quote societarie a carico di affiliati della cosca Barbaro Papalia. Complessivamente sono iscritte al registro degli indagati 48 persone. Le indagini sono iniziate a ottobre 2007, in seguito a numerosi accertamenti che avevano evidenziato possibili infiltrazioni di “elementi appartenenti o contigui” alla ‘ndrangheta, in attività edilizie e immobiliari, nelle aree del Sud Milano. La Dda, che già coordinava diverse indagini collegate ai reparti di polizia del territorio su reati strumentali all’associazione mafiosa e perlopiù riferite “a traffici di stupefacenti e a episodi estorsivi e intimidatori”, ha delegato indagini mirate.

L’APPORTO DEL CAPITANO DI CORSICO
Il capitano dei cc di Corsico Ruggero Rugge, coi pm Dolci e BocassiniDeterminante è risultato l’apporto di Ruggero Rugge, capitano dei carabinieri della Compagnia di Corsico, il cui trasferimento dalle zone ‘calde’ della Calabria al sudovest milanese sta risultando un provvedimento sempre più utile e azzeccato da parte dell’Arma. Quello che è emerso è che la cosca Barbaro Papalia aveva costituito un’associazione per delinquere finalizzata anche all’infiltrazione in appalti del settore edile e del movimento terra, “attraverso società a loro direttamente o indirettamente riconducibili”, riferiscono gli inquirenti. Un’organizzazione che ha saputo fare fronte in maniera spaventosa alla carcerazione di alcuni capi carismatici (per citarne uno: Domenico Barbaro “l’australiano”), ricevendo addirittura “le strategie di massima” direttamente dalle carceri. E riorganizzandosi in base ad esse. Il sodalizio, come riferiscono gli inquirenti, “ha evidenziato da subito notevole forza di intimidazione, interessi operativi nel tradizionale segmento del traffico di stupefacenti e buone capacità imprenditoriali nell’edilizia e nel movimento terra, grazie a rapporti privilegiati con affermati operatori del settore”. E’ il caso, questo, di Alfredo Iorio e Andrea Madaffari, a capo dell’impero societario di Kreiamo, i cui cantieri sono tuttora aperti e altri hanno recentemente chiuso anche in Comuni come Cisliano, alle porte di Abbiategrasso. Tra l’altro, Alfredo Iorio risulta anche presidente del Cusago calcio.

I TASSELLI DEL MOSAICO
A maggio 2008, in un box di Assago, sono stati sequestrati due fucili mitragliatori, un fucile a canne mozze, una mitragliatrice, cinque pistole, dispositivi silenziatori, diverse munizioni e una bomba a mano. Il tutto era a disposizione della cosca indagata. Altra data fondamentale è il 5 giungo 2008, quando a Corsico sono stati sequestrati quattro chili di cocaina e arrestati i due detentori. Come nelle migliori tradizioni della criminalità mafiosa, il sodalizio, “essendo in grado – spiegano gli inquirenti – di garantire una buona copertura nel territorio in cui era attivo, si è prestato anche ad attività di appoggio logistico a favore di altri gruppi della ‘ndrangheta”.

L’8 giugno 2008, infatti, in un appartamento di Assago nelle disponibilità della famiglia Barbaro, è stato arrestato il superlatitante Paolo Sergi, nato a Platì il 18 settembre 1942, ricercato dal 7 maggio 2008 per ordine della Procura della Repubblica di Reggio Calabria. “I sequestri e gli arresti – evidenziano i pm, i responsabili della Dia e della Dda e le forze dell’ordine – hanno una valenza molto importante in quanto fonti di prova delle connotazioni e delle capacità militari dell’organizzazione indagata”. Nel corso delle attività investigative, è stata anche documentata la presenza di “soggetti calabresi contigui all’organizzazione” nei cantieri della linea ferroviaria Milano-Mortara e della Tav, in attività di movimentazione terra e smaltimento rifiuti, interrati proprio sotto i binari. E’ stato anche rilevato che Salvatore Barbaro, figlio di Domenico “l’Australiano”, era socio occulto al 50 per cento della Buccinasco Immobiliare Srl, proprietaria di un immobile del valore di circa 1 milione e 400 mila euro. Fu la cosca stessa cosca a incendiare l’agenzia immobiliare per intimidire il titolare, Salvatore Sansone, picchiato e ricoverato in seguito per diversi giorni in ospedale.

I NOMI
Ma ecco i nomi delle persone per le quali è scattata la custodia cautelare in carcere: Domenico Barbaro, nato a Platì il 5 maggio 1937 (già detenuto); Francesco Barbaro, nato a Platì il 31 ottobre 1976; Rosario Barbaro, nato a Platì il 19 luglio 1972 (già detenuto); Salvatore Barbaro, nato a Locri il 15 agosto 1973 (già detenuto); Andrea Madaffari, nato a Milano il 1 luglio 1973 (non detenuto); Franco Michele Mazzone, nato a Milano il 24 marzo 1965 (non detenuto); Nicola Carbone, nato a Milano il 10 aprile 1965 (non detenuto); Giuseppe D’Aloja, nato a Minervino Murge (Bari) il 7 maggio 1956 (già detenuto); Achille Frontini, nato a Milano il 26 luglio 1943 (non detenuto); Alfredo Iorio, nato a Cosenza il 18 luglio 1970 (non detenuto); Giuseppe Liuni, nato a Canosa di Puglia il 23 ottobre 1957 (già detenuto); Paolo Salvaggio, nato a Pietraperzia (Enna) il 29 gennaio 1957 (non detenuto); Fortunato Startari, nato a Melito di Porto Salvo il 5 giugno 1974 (non detenuto); Claudio Triglione, nato a Milano il 1 marzo 1982 (non detenuto).

AGGIORNAMENTO IMPORTANTE

In riferimento a quanto scritto nell’articolo del blog del sig. Giulio Cavalli in data 3 Novembre 2009 relativamente alla poszione del geom. Achille Frontini , lo stesso precisa necessariamente e doverosamente a chiarimento morale e professionale della Sua persona che :

per le imputazioni ascrittegli,  il Tribunale del Riesame di MIlano in data 04 Dicembre 2009 ha escluso le aggravanti relative ad aver commesso il fatto di aver agevolato l’attività del soladizio criminoso Barbaro-Papalia , nonchè l’esclusione di aver commesso falso su atto facente fede fino a querela di falso .

In tale contesto sono inveritiere tutte le affiliazioni alla ‘ndrangheta attribuite al professionista che hanno gravemente leso la sua immagine ed onorabilità .

In fede

geom. Achille Frontini