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Tranquilli, hanno ragione: da noi a Lodi la mafia non esiste

Lodi è una piccola città a forma di paesello che fa finta di essere in provincia di Lodi. Marudo è un paesello che nemmeno finge di essere provincia ma si ritrova in provincia di Lodi. A Lodi la mafia non esiste e comunque se esiste non se ne parla perché è maleducazione. Qui è passato praticamente indenne Giampiero Fiorani che, in fondo, è una brava persona che fatto del bene per la propria città. Dicono i benpensanti che nelle ultime operazioni di ‘ndrangheta Lodi è stata schivata: è vero, il boss dei gelesi collegati a Ri ha nzivillo scorrazza come un lodigiano qualunque nel centro di Lodivecchio. La mafia è così: se non ne scrivi o ne parli, in fondo non esiste.

Questa storia che sto per raccontare è una storia da tre soldi e, per molti, una delle solite invenzioni dei professionisti antimafia. Per questo sono sicuro che verrò convocato al più presto per pagare le mie falsità.
Ma andiamo con ordine. A Marudo in provincia di Lodi c’è bella fabbrichetta a forma di cartiera. In alcuni locali in affitto c’è la lei di una bella coppia di famiglia da Mulino Bianco. Lei sposa lui, cavallo bianco, castello e tutti felici e contenti, residenti a San Angelo Lodigiano. Un giorno, però, sfogliando con commozione il proprio album di nozze lei riconosce tra i propri invitati la crema degli arrestati e latitanti casalesi e gelesi. Proprio un bel regalo di nozze, a Lodi dove la mafia è un’invenzione e la provincia ne è immune. Lui, messo alle strette, si dice che in questi giorni si sia redento. Non proprio per amore, ma forse per i trent’anni di condanna che gli ciondolano sul gozzo. E comincia a parlare, l’infame. È amico intimo di Casalesi non proprio modello di giustizia e legalità, se la spassa con i 4 ridicoli picciotti di Lodivecchio che giocano a fare i boss gelesi amici di Rinzivillo e che probabilmente si incontrano ancora tutti come ai vecchi tempi (fino a qualche tempo fa al ristorante Cà Bianca di Castiraga Vidardo). Lei trema per l’eroismo parlante del marito convertito. Casalesi, gelesi e un pizzico di Calabria. Nessuno sa, nessuno ne parla. L’importante è che scorra tranquilla la vita della provincia immune dalle mafie in questo soleggiato ferragosto. Adesso aspettiamo che ne parlino tutti o smentiscano. O no?

*Siccome rimane immutato il mio disprezzo per qualsiasi consorteria criminale ma allo stesso modo ci tengo alla gente che lavora; mi preme precisare che l’azienda a cui si fa riferimento nell’articolo nulla ha a che vedere con la Lodigiana Maceri srl. Se non per una “prossimità geografica”. Tanto dovevo, per onestà intellettuale, ad un paese che (come spesso succede in queste zone) si ritrova a dover “subire” la presenza di questi personaggi che pascolano nell’oscurità.

L’ammorbidente per la memoria del primo Maggio

Il congresso della Seconda Internazionale il 20 Luglio 1889 afferma: “ Una grande manifestazione sarà organizzata per una data stabilita, in modo che simultaneamente in tutti i paesi e in tutte le città, nello stesso giorno, i lavoratori chiederanno alle pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore e di mandare ad effetto le altre risoluzioni del Congresso di Parigi”. In ricordo della grande manifestazione operaia avvenuta a Chicago nel 1886 e repressa nel sangue, viene scelto il Primo Maggio come giorno di festa dei lavoratori di tutti i paesi.

Sono passati 121 anni da quel giorno. I lavoratori hanno combattuto molte battaglie e hanno rivendicato condizioni lavorative e sociali migliori. Attraverso difficoltà, repressioni e rinunce i lavoratori di tutto il mondo hanno raggiunto importanti traguardi. Ancora oggi, però, bisogna combattere. I labili contratti di lavoro a tempo determinato, la volontà politica di cancellare alcuni pilastri fondamentali dello Statuto dei lavoratori, le reali perplessità su una pensione futura sono solo alcune problematiche che i lavoratori del 2010 si trovano a dover affrontare.

È proprio in questo quadro storico e sociale che il Primo Maggio è un giorno fondamentale. Non è il ricordo di qualcosa che è stato, ma è l’affermazione di ciò che deve essere e deve ancora divenire. Proprio per questo le discussioni sull’apertura degli esercizi commerciali nel giorno dei lavoratori sono desolanti.

La desolazione è quella che si prova davanti ad amministratori eletti dalla cittadinanza, che calpestano il loro mandato in nome di interessi economici. E la sensazione di abbandono della reale etica politica si avverte ancora di più quando questi stessi amministratori appartengono alla tua area politica, perchè, in fondo, “dagli altri te lo aspetti”.

Vi confesso che quando ho letto la notizia che città gestite dal centro-sinistra come Bologna, Firenze e Lodi hanno optato per l’apertura dei negozi nella giornata dei lavoratori, ho provato una profonda delusione e amarezza. L’amarezza deriva dall’abbandono della memoria del vero significato della festa del Primo Maggio e dall’ennesimo allontanamento della politica dalla realtà dei lavoratori.

Auguro a tutti i lavoratori di poter trascorrere al meglio la loro festa, la festa dei diritti ottenuti grazie al sacrificio e alla lotta di molti.

Operazione MATASSA nel Lodigiano: arrestati due funzionari pubblici. L'adulterio tipico è servito.

SEDEITALIA90Adesso tutti sanno, tutti sapevano e ricomincerà pronto il circo dei profeti muti che l’operazione “Matassa” l’avevano annusata già da tempo. Perché è innegabile che, soprattutto a Sant’Angelo Lodigiano, girasse quella strana voce di metodi non convenzionali di qualcuno della società “Italia 90” nel “tirare giù dai camion quelli della Meco per dirgli di smetterla” oppure di uno strano profumo di mafia per una società che si arricchiva tanto in fretta. Eppure oggi, calmate le acque, risuonano gli spigoli di una vicenda che affila una gestione dei rifiuti dubbia e spesso sottovalutata e soprattutto il solito noioso vizio antico di proclamare sorpresa verso un fenomeno che pretende invece coscienza e programmazione:

Tra gli arrestati ci sono un dirigente e un funzionario del comune di Sant’Angelo Lodigiano (Giuseppe Tacchini, ora rinchiuso nel carcere di Lodi, e Stefano Porcari, agli arresti domiciliari); secondo le accuse il dirigente del comune Tacchini avrebbe avuto un intenso scambio epistolare con Claudio Demma (procuratore speciale, nonché unico proprietario delle quote di “Italia 90”) per calibrare l’offerta e intascarsi l’appalto con il vecchio trucco delle due buste (con offerte diverse) da estrarre dal cilindro al momento opportuno. Questo a ricordare come l’infiltrazione mafiosa attecchisce lì dove la pubblica amministrazione apre uno spiraglio e la politica non vigila se addirittura non nega. E suona simpatico che proprio Sant’Angelo Lodigiano sia il feudo di un sindaco sceriffo (perfetta incarnazione della fanteria leghista) che ha come parole d’ordine “Sicurezza Pulizia Ordine Territorio” e che si ritrova beffato da una filo che parte proprio dalla pulizia e finisce sul territorio; per di più con il placebo della sicilianità dell’azienda coinvolta rovinosamente sfumato dal sangue sant’angiolino del proprio dirigente. Oggi il sindaco Domenico Crespi dice solo: “Sicuramente non posso che esprimere il mio rammarico. Naturalmente non posso che occuparmi anche del lato umano della vicenda, esprimendo attenzione per le persone coinvolte e le loro famiglie”. Amen.

Il presidente della Provincia di Lodi Pietro Foroni parla di un “preoccupante livello di infiltrazione mafiosa che ha raggiunto il Lodigiano e Cremona” e assicura di avere sempre guardato con sospetto “Italia 90” precisando di “non averli mai incontrati di persona”. I comuni di Mulazzano e Zelo Buon Persico più semplicemente avevano notato il certificato antimafia “sospetto” di Italia ’90 segnalandolo in procura. Il territorio ha forze sane e guardinghe che, forse, meriterebbero di essere stimolate con l’informazione e la sensibilizzazione.

Appropriarsi dei valori di “ordine e sicurezza” in campagna elettorale per delegarle completamente, ad elezioni vinte, alle forze dell’ordine e alla magistratura è un giochetto politico da vigliacchi.

OPERAZIONE MATASSA

1. Nel corso dell’aprile del 2008 militari del Nucleo Operativo Ecologico hanno ricevuto diverse notizie confidenziali relative a sospette attività poste in essere dal management della società “ITALIA 90 s.r.l.” (con sede legale in Palermo via dello Spasimo n. 62-64 e sede operativa in Ospedaletto Lodigiano (LO) via Fermi) in relazione ad eccessivi ribassi nell’ambito dei procedimenti di aggiudicazione delle gare d’appalto per la raccolta e gestione di rifiuti urbani in diversi comuni della provincia di Lodi e Cremona. Oltre a tale scenario – che faceva asseritamente riferimento ad ipotesi di riciclaggio di denaro e violazioni ambientali (smaltimenti illeciti) – le fonti indicavano atteggiamenti intimidatori posti in essere da uno dei soci verso potenziali concorrenti delle gare d’appalto che si sarebbero dovute aprire. Primi elementi di riscontro acquisiti e relativi alla mappatura degli appalti attualmente in corso di esecuzione dalla “ITALIA 90 s.r.l.” hanno permesso di comprendere come la società operasse in diversi comuni della provincia di Lodi (10 comuni tra cui Maleo, Zelo Buon Persico, Sant’angelo Lodigiano) ed in quasi i due terzi della provincia di Cremona (38 comuni) per un ammontare totale superiore a Euro 8.000.000 di fatturato distribuiti nel corso degli anni in cui vigevano i contratti con le pubbliche amministrazioni. La stessa ITALIA 90 srl conduceva appalti anche in alcuni comuni della regione Liguria.

2. Ulteriori approfondimenti esperiti nel corso dell’estate 2008 hanno permesso di rilevare come nel giugno di quell’anno il comune di Mulazzano (LO) depositava presso la locale Procura della Repubblica una denuncia nei confronti della società relativa a ipotesi di falso documentale riferita alla correttezza dei requisiti soggettivi del procuratore (assenza di precedenti penali) nelle autocertificazioni prodotte per l’aggiudicazione della gara d’appalto bandita. La conseguente analisi, estesa agli appalti in corso di esecuzione nella provincia di Lodi, ha consentito di evidenziare che, rispetto a diverse gare, la società aveva prodotto atti falsi in relazione alla sussistenza delle qualità soggettive ed oggettive necessarie alla aggiudicazione dei contratti.

3. In relazione a quanto sopra è stata depositata una informativa presso la Procura della Repubblica di Lodi a carico del management della “ITALIA 90 srl “, per le ipotesi di reato di associazione per delinquere finalizzata alla falsificazione di atti pubblici, turbativa d’asta e corruzione. Il quadro indiziario è stato condiviso dalla Procura della Repubblica di Lodi che ha concesso l’emissione di decreti di intercettazione telefonica nei confronti delle utenze mobili in uso ai procuratori ed amministratori della società, nonché al Dirigente dell’Area Tecnica del comune di Sant’Angelo Lodigiano (LO) sospettato di mantenere improprie relazioni, verosimilmente di natura corruttiva, con almeno uno degli indagati.

4. La prosecuzione della manovra investigativa ha permesso di individuare una gara d’appalto bandita dal comune di Sant’Angelo Lodigiano avente per oggetto l’affidamento dei servizi di raccolta integrata dei rifiuti urbani e dei servizi di igiene urbana per un importo complessivo a base d’asta di 5.159.091,00 euro (oltre IVA ) per una durata di 5 anni a partire dal 01.01.2009, servizio già condotto dalla società “ITALIA 90 srl” dal 2003. Gli elementi probatori acquisiti nel corso dalle attività tecniche in ordine a tale appalto, hanno permesso di accertare come il procedimento di formazione del capitolato speciale veniva in parte condiviso tra il Pubblico ufficiale responsabile del procedimento amministrativo e il titolare di fatto della società “ITALIA 90 srl”. Tra la data di pubblicazione del bando di gara e la data di presentazione delle offerte (1° dicembre 2008) il grado di collusione tra i due soggetti diventava più evidente, come testimoniato dai diversi incontri effettuati presso gli uffici comunali tra il Dirigente dell’Area Tecnica e l’imprenditore della “ITALIA 90 srl”. Nel corso del monitoraggio tecnico era infatti emerso il ricorso, per lo scambio di informazioni particolareggiate, anche all’uso di fax “civetta” e linguaggi telefonici criptati. Inoltre, la documentazione di gara presentata da “ITALIA 90 srl” e rinvenuta nel corso degli accertamenti appariva da subito incompleta ed inesatta: in tale contesto il titolare di fatto della società “ITALIA 90 srl” veniva continuamente avvisato sulle verifiche in corso e indirizzato su come aggirarle e/o comunque acquisire quella documentazione mancante utile alla assegnazione della proroga del contratto di appalto avente termine il 28 febbraio 2009.

5. L’apertura dell’offerta economica evidenziava ancor di più come quella proposta da “ITALIA 90 srl” fosse inaccettabile dalla Pubblica amministrazione del Comune di Sant’Angelo Lodigiano anche alla luce della offerta effettuata dalla concorrente società “MECO srl” (con sede in Trapani via Generale Ameglio n. 37). Il tutto portava all’aggiudicazione provvisoria dell’appalto a favore di quest’ultima società che avrebbe dovuto iniziare il servizio di smaltimento rifiuti a partire dal 1 marzo 2009. Venivano messe in atto dal titolare di fatto della società “ITALIA 90 srl” una serie di “pressioni” anche attraverso minacce nei confronti degli aggiudicatari dell’appalto; l’indagine ha permesso di evidenziare come – prima della formalizzazione dell’affidamento del servizio – presso un’importante società di fornitura di automezzi industriali per la raccolta degli rsu palermitana, la “MAVI spa” (con sede in Palermo viale della Resurrezione n. 83), fosse stato tenuto un incontro tra il management della società “ITALIA 90 srl” e quello della “MECO srl”. Nel corso della riunione i responsabili di quest’ultima avevano esternato la volontà di recedere dall’appalto e concordato le modalità di uscita dalla gara senza subire danni economici per la mancata esecuzione dell’appalto, pensando anche ad un possibile ricorso “pilotato” al TAR.

6. Successivamente è stato verificato che la “MECO srl” aveva effettivamente formalizzato la richiesta di recessione dal contratto ad esito della aggiudicazione provvisoria dell’appalto. Il comune di Sant’Angelo Lodigiano dapprima affidava in urgenza il servizio di smaltimento dei rifiuti alla società “Astem Gestioni srl” e successivamente garantiva in via definitiva l’appalto alla società “ITALIA 90 srl”.

7. L’attenzione investigativa si è appuntata anche sulla gara pubblica bandita nel mese di ottobre 2008 dal comune di Zelo Buon Persico per l’affidamento del servizio di igiene urbana dell’importo a base d’asta di 255,000.00 euro l’anno per 5 anni, servizio di appalto già condotto da “ITALIA 90 srl” nel corso di svariati anni. Dopo l’aggiudicazione provvisoria a favore della citata società, unica partecipante alla gara, il comune ha richiesto la prevista certificazione antimafia alla Questura di Palermo. L’esito della richiesta ha evidenziato “infiltrazioni mafiose“ (come risulta da dati di fatto acquisiti nel corso dell’indagine, sono state verificate relazioni di parentela (fratelli) tra la consorte dell’amministratore di fatto della società Italia 90 srl – che ricopre la qualifica formale di procuratore speciale della stessa – ed Abbate Luigi, nato a Palermo il 18.04.1958 detto “Gino u’ mitra” ed Abbate Ottavio, nato a Palermo il 08.07.1966, considerati rappresentanti di spicco della famiglia mafiosa di Porta Nuova del rione “Kalsa” di Palermo.): il comune di Zelo Buon Persico ha avviato pertanto immediatamente il procedimento di annullamento dell’affidamento provvisorio della gara.

8. Nel corso delle indagini è stato individuato anche un traffico illecito di ingenti quantità di rifiuti prodotti presso il cimitero di Sant’Angelo Lodigiano ed illecitamente smaltito con falso codice CER presso un impianto di trattamento rifiuti di Montanaso Lombardo. Sono state, altresì, evidenziate una serie di truffe perpetrate dalla società “ITALIA 90 srl” nei confronti di alcuni comuni del lodigiano, consistenti nell’indebita attribuzione del costo di smaltimento di alcune tipologie di rifiuto – che avrebbe dovuto sopportare la stessa società per via del contratto d’appalto – ad ignari amministrazioni comunali.

9. Il gip presso il Tribunale di Lodi, concordando con le risultanze investigative prodotte da NOE di Milano ed in conformità alla richiesta avanzata dal Pubblico Ministero, ha emesso n. 9 (nove) misure cautelari personali restrittive (2 in carcere e 7 agli arresti domiciliari), in base alla sussistenza dei reati di:

  • Turbativa d’asta aggravata;
  • Traffico illecito di rifiuti;
  • Falso ideologico;
  • Associazione a delinquere finalizzata ai reati di falso e truffa.

Nel corso dell’operazione sono stati eseguite complessivamente 9 ordinanze di custodia cautelare. Cinque di queste sono state eseguite a Palermo, più precisamente quattro agli arresti domiciliari ed una in carcere.

I quattro soggetti tradotti agli arresti domiciliari sono:

1. Madonia Mario, titolare della concessionaria autocarri 1. Renault MAVI s.r.l.

2. Abbate Maria, dipendente della società ITALIA 90 s.r.l.;

3. Gatti Tiziana, impiegata amministrativa della società ITALIA 90 s.r.l.;

4. Ingargiola Susanna, amministratore unico della società ITALIA 90 s.r.l..

Demma Claudio, socio della società ITALIA 90 s.r.l. ma di fatto gestore della citata società, è stato invece tradotto presso la Casa Circondariale Ucciardone di Palermo.

Sicurezza Pulizia Ordine Territorio

Mafia e rifiuti: "Italia 90" in Lombardia questa volta ha preso il palo

matassa

I carabinieri del Noe, Nucleo Operativo Ecologico, di Milano hanno smascherato i presunti componenti di un’associazione a delinquere finalizzata all’aggiudicazione e all’acquisizione di appalti pubblici aventi per oggetto la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani di alcune cittadine lombarde. I militari, in collaborazione con il personale dei Gruppi Tutela Ambiente di Treviso e Napoli nonche’ dei Comandi provinciali dei carabinieri di Lodi, Piacenza, Palermo e Trapani, hanno eseguito nove ordinanze di custodia cautelare: due in carcere e sette agli arresti domiciliari. Le ipotesi di reato contestate agli indagati sono di turbativa d’asta aggravata; traffico illecito di rifiuti; falso ideologico; e associazione a delinquere finalizzata ai reati di falso e truffa.
I provvedimenti sono stati emessi dal gip presso il Tribunale di Lodi. Al centro delle indagini e’ finita la societa’ “Italia 90 srl”, con sede legale in via dello Spasimo a Palermo e sede operativa in via Fermi, ad Ospedaletto Lodigiano (LO). Cinque delle ordinanze sono state eseguite a Palermo. Agli arresti domiciliari sono finiti Mario Madonia, titolare della concessionaria autocarri Renault Mavi srl, Maria Abbate, dipendente della societa’ Italia 90 srl e sorella dei boss del quartiere kalsa di Palermo, Tiziana Gatti, impiegata amministrativa della stessa societa’ e Susanna Ingargiola, amministratore unico sempre della Italia 90 srl. Mentre in carcere e’ stato condotto Claudio Demma, socio ma di fatto – secondo gli investigatori – gestore sempre della societa’ Italia 90 srl, con sede a Palermo. Nel corso delle indagini e’ stato accertato che alcune gare d’asta sarebbero state vinte aggirando le procedure relative al possesso delle qualita’ soggettive degli amministratori delle societa’ concorrenti.
L’attenzione investigativa e’ ricaduta anche su una gara pubblica bandita nel mese di ottobre 2008 dal comune di Zelo Buon Persico per l’affidamento del servizio di igiene urbana dell’importo a base d’asta di 255.000 euro l’anno per cinque anni, servizio di appalto gia’ condotto da “Italia 90 srl” nel corso di altri anni.
Dopo l’aggiudicazione provvisoria a favore della societa’, unica partecipante alla gara, il comune aveva richiesto la prevista certificazione antimafia alla Questura di Palermo. Ma L’esito della richiesta ha evidenziato “infiltrazioni mafiose”, cosi’ il comune di Zelo Buon Persico ha avviato immediatamente il procedimento di annullamento dell’affidamento provvisorio della gara.
I carabinieri avrebbero individuato anche un traffico illecito di ingenti quantita’ di rifiuti prodotti presso il cimitero di Sant’Angelo Lodigiano e illecitamente smaltiti con falso codice Cer presso un impianto di trattamento rifiuti di Montanaso Lombardo. Inoltre, sarebbero state evidenziate una serie di truffe consumate dalla societa’ “Italia 90 srl” nei confronti di alcuni comuni del lodigiano, consistenti nell’indebita attribuzione del costo di smaltimento di alcune tipologie di rifiuto – che avrebbe dovuto sopportare la stessa societa’ per via del contratto d’appalto – a ignare amministrazioni comunali.

"Piccola città bastardo posto": il silenzio degli untori sulla Popolare di Lodi

lodi1Chiudete gli occhi e ascoltate.

“Indagini frenate dal silenzio”, “non c’è nessuno che abbia voglia di parlare con la procura, altrimenti tutte le indagini aperte sull’urbanistica nel capoluogo sarebbero già arrivate a conclusione”, “ci sono forti gruppi di pressione”, “sui fatti di quegli anni è scesa una cortina di silenzio”.

Non immaginate scenari criminali pelosi o apocalittici e nemmeno terre di omertà da letteratura: siamo a Lodi, chi parla è il procuratore capo Giovanni Pescarzoli che lancia un allarme che profuma nei modi e nei toni di una “mancanza di collaborazione” che dovrebbe accendere gli animi, smuovere la società civile e spingere la politica “buona” a prenderne le difese. E invece rimane una pagina di (buon) giornalismo sulle pagine del quotidiano “Il Cittadino”, e il giorno dopo è già finito nel cassetto.

Eppure Pescarzoli non parla di processi di criminalità a Lodi in trasferta ma del filone più lodigiano dei processi a carico del mai troppo poco ex amministratore dell’impopolare Banca Popolare di Lodi  (poi Banca Popolare Italiana): quello sui presunti rapporti tra l’ex rampante banchiere e il dirigente del settore pianificazione e gestione del territorio del Comune di Lodi Luigi Trabattoni. L’inchiesta è figlia delle dichiarazioni del Fiorani nell’interrogatorio del 5 ottobre del 2006 (nel pieno dello scandalo dei “furbetti del quartierino”) in cui Fiorani parlava della società CORES srl con la quale era stato acquistato un terreno in prossimità della filiale BPL in Lodi in via San Bassiano. Nei verbali si legge come dietro alla CORES ci fosse l’UNIONE FIDUCIARIA (collegabile secondo le dichiarazioni a Silvano Spinelli) e la ZONIVEST srl (riferibile alla famiglia Zoncada) nonché come soci occulti (questo sempre secondo le dichiarazioni di Fiorani, successivamente ritrattate perché “nate sotto la pressione del carcere”) egli stesso, Giovanni Benevento e appunto il Trabattoni che si sarebbe impegnato ad aumentare la volumetria ottenendo in cambio il ruolo di progettista e direttrice dei lavori per la moglie. Da qui l’inchiesta della Procura di Lodi e il blitz della Guardia di Finanza presso gli uffici del Comune per accertare le responsabilità (che lo stesso Trabattoni rifiuta con sdegno come si può leggere nell’articolo del Corriere della Sera del 1 giugno 2006).

Al di là degli esiti giudiziari dell’inchiesta (che, Pescarzoli tiene a precisare, non è “nè chiusa nè archiviata“) rimbalza stonato il silenzio della politica e della città nei confronti di un’omertà latente (per di più svelata da un procuratore) che da molti non è ritenuta propria di queste terre. E’ la prevedibile dinamica dei paesi dei signorotti dove il buon nome viene sfoggiato davanti ad uno spumantino in un adulterio di amicizie interessanti e interessate che attraversano indifferenti strati sociali, economici e politici: il silenzio come grumo per difendere l’orticello e il vicino. Una posizione ostinata di “disinteresse” assolutamente interessata per non dovere essere costretti a prendere una posizione. Una miopia su sé stessi degna del sospetto di premeditazione. Un delegare la narrazione dei fatti ai processi e solo nei processi come in un feudo mai sconsacrabile. Una liturgia del silenzio officiata come dovere per il buon nome.

Qualche professionista della moderazione dal lato dell’ottundimento vi dirà che è una cosa vecchia, archiviata almeno nella sensazione e nella memoria, e che comunque l’allarmismo sul passato è un’inquietudine inutile per il futuro: la risposta sta nella frase del procuratore “Lodi non è più omertosa del resto d’Italia, purtroppo, ma probabilmente su alcune vicende ci sono nel territorio forti gruppi di pressione che si stanno ricompattando.Si stanno ricompattando: futuro. Prossimo.

Forse sarebbe il caso che il pullman della prossima missione legalitaria-turistica a sfamarsi d’antimafia si fissi al pomeriggio; e al mattino si appoggino i nostri, di procuratori.

Quando nel profondo nord si chiese il pizzo alla fortuna

superenalotto_numeriBasta che il tabloid tedesco Bild scriva un pezzo leggero come uno starnuto su presunte minacce mafiose a Vanni Simonetti ( proprietario del bar “Biffi” di Bagnone, presunto vincitore del milionario jackpot del Superenalotto) per aprire un velo di gustoso costume sull’irrefrenabile mafiosità che inficia cose, casi ed eventi: la Dea bendata sulla sedia a dondolo che riceve la visita dei picciotti per la messa a posto è il racket più kitsch e botticelliano della drammaturgia mafiosa.

Eppure la barzelletta si allaccia alla memoria di un’indagine nemmeno troppo lontana che mette radici nel borotalco e dopobarba della profonda Lodi in Lombardia, storicamente abituata a “popolari” e improvvisi arricchimenti che scricchiolano nel finale. E’ il 1998 quando il gelese Salvatore Spampinato (lodigiano per adozione e residenza) si ritrova in tasca il biglietto fortunato da 7 miliardi di lire, catapultato nel profilo dell’improvviso miliardario di provincia. Sarebbe fin qui una favola di cabala di provincia se non fosse che la notizia corre come un brivido tra i pori della sonnolenza lodigiana fino ai compari gelesi nemmeno troppo lontani tanto da convincere gli stiddari Carmelo Fiorisi, Franco Morteo ed Enrico Manganuco che, come ha rivelato il pentito Rosario Trubia, “a quello lì volevano fargli cacciare un miliardo“. Così succede che la favola si scolora e sotto mentre stinge si intravede la faccia pelosa della Gela tentacolare (tra Stidda e Cosa Nostra) che si sdraia tra San Donato, San Giuliano Milanese, passando per Lodi e sbrodolando nel cremasco.

Ma come tutte le storie che funzionano c’è il colpo di scena: il fortunatissimo emigrante lavoratore Spampinato è amico Francesco Verderame ed Emanuele Caci, gelesi di Cosa Nostra trapiantati nel milanese, ed è facile chiedere una “mediazione” per risolvere il terrore provocato dagli stiddari. Ad indossare i panni dell’ambasciatore è proprio il Trubia che a questo punto sfodera il colpo di genio: la felice idea di farsi firmare da Spampinato una documento nel quale dichiara di avere vinto solamente un miliardo e 200 milioni. Munito di cotanta certificazione Trubia si fa ricevere dai boss stiddari Fiorisi, Morteo e Manganuco. “La vincita ammonta ad un miliardo e 200 milioni, non potete chiedergli un miliardo, chiudiamo a trecento milioni”. Gli stiddari accettano anche perché il fortunello Spampinato appare già baciato dalla benevolenza di Cosa Nostra prima della fortuna. Ma Trubia gioca su due tavoli, torna dallo Spampinato e gli dice che la faccenda è chiusa se lui versa 400 Milioni. È così che un pericoloso killer, capofamiglia di cosa nostra, mette in atto una delle più banali, prevedibili e poco eroiche truffe domestiche: la cresta.

100 milioni taglieggiati al taglieggiamento alla fortuna: un capolavoro d’alta finanza fantasiosa e sottotraccia come sarà nelle corde della lodigianissima città.

100 miloni riciclati in fretta nel profondo nord dalle mani dell’allora capomafia Alessandro Emmanuello che non avrà faticato ad impastare droga da sversare nel sud Milano.

Un biglietto della fortuna appena vinto è che già ha lasciato un pennellata di costume.

Costume scostumato di storie, bava, buona fortuna e sorrisi finiti sotto al tappeto con una differenza sostanziale: la fortuna è arrivata per caso e il caso se la porta via, Stidda e Cosa Nostra gelese no.

Le conclusioni della direzione artistica sulla stagione 08/09 del Teatro Nebiolo

S5002235Se la prima stagione di un teatro (in qualsiasi angolo del mondo sia ficcato) è l’anno della sorpresa e della meraviglia, la seconda stagione è sempre un respiro con un retrogusto di ansia perché si è sicuri che toccherà scegliere a qualche bivio. Seduto in sala ad ascoltare le ultime briciole di eco di questo 2008/2009 c’è il profumo di una coerenza spessa; che per quanto possa essere più o meno condivisa è almeno il privilegio di un’identità coerente, non compromettibile e degna. La soddisfazione e la responsabilità di avere guadagnato in quest’ultima stagione nuovi compagni di viaggio (come la Fondazione Cariplo con il Progetto Etre, l’Associazione Etre delle residenze teatrali lombarde ,i tanti studiosi, attori e giornalisti che allevano con noi il Centro di Documentazione Teatro Civile e nuovi spettatori), nonché di avere ritrovato l’energia e il calore del nostro pubblico, ci dicono che l’adolescenza del Teatro Nebiolo e dei suoi mille satelliti di parole e persone è un’adolescenza vivace che suona ormai molto di più di una promessa. Oggi, su quel confine di cotone tra il tramonto della stagione 2008/2009 e l’alba della 2009/2010, il Nebiolo è la casa di temi, persone e modi che  sono diventati un valore.  E allora ci sarebbe da riservare l’ultimo applauso della stagione al “tutto” in cui il Teatro Nebiolo galleggia: il paese, le persone, le idee, gi errori, la fiducia, la sfiducia, il tecnico, l’organizzazione, gli artisti e il pubblico. Ma un applauso a palmo aperto, di quelli che non si accendono mica telecomandati ma sono un’esigenza: una voglia matta di gratitudine. Per questo teatro a forma di neo che doveva “essere un teatro di provincia” e invece non lo è stato.
Non siamo stati “un teatro di provincia” quando abbiamo rifiutato di incensarci con i numeri ma abbiamo rivendicato il peso delle persone e dei contenuti.

Non siamo stati “un teatro di provincia” quando abbiamo preservato la nostra autonomia da una falsa cortese politica di “rete” che qualcuno vorrebbe suonasse come moderazione e controllo.
Non siamo stati “un teatro di provincia” quando abbiamo ricordato che i teatri sono un gioco tra spettatori e teatranti e nient’altro.
Non siamo stati “un teatro di provincia” quando abbiamo sottolineato che la libertà di espressione (ancora di più sulle storie “lodigiane”) sono un diritto ma anche un dovere prezioso.
Non siamo stati “un teatro di provincia” quando non ci siamo fermati davanti alle gesta di “bravi” da poche lire, intellettuali da discount, detrattori per passione e per professione o davanti alla politica pavida della “tranquillità”.
Non siamo stati “un teatro di provincia” quando abbiamo chiesto spiegazioni e abbiamo preso atto della vacuità delle risposte.
Non siamo stati “un teatro di provincia” quando abbiamo scelto meno esibizioni e più opinioni.
Non siamo stati “un teatro di provincia” quando abbiamo sorriso delle prevedibilissime strumentalizzazioni.
Non siamo stati “un teatro di provincia” quando, tra le orge di vendemmie al chilo, abbiamo scelto di essere un teatro da sorseggiare. Come quel vino buono tra amici che, anno dopo anno, diventa una tradizione.
Non siamo stati “un teatro di provincia” quando, rileggendo a fine stagione l’anno che è stato, ci riconosciamo.

Un ringraziamento particolare va al Comune di Tavazzano con Villavesco che ha reso e rende possibile tutto questo.
La prossima stagione è già cominciata.

IL DIRETTORE ARTISTICO
Giiulio Cavalli

Lettera al Teatro che avrei dovuto studiare

criticiAmmetto che c’erano tutti i segnali per aspettarselo: un teatro così, sempre attento a non infilarsi sporcizia tra i denti e non sgualcire la piega della pettinatura. Mettici anche che non era per niente male il party tutto ossigenato e invecchiato finto con le vernici dell’ultimo “teatro civile” così glamour e chic da diventare popolare per davvvero dalla parte più eletrizzante ed economizzante del termine. Ho passato gli ultimi anni a sfilare con gli eroi concettuali della denuncia da proscenio, perchè in fondo era un segreto tutto nostro che il coraggio querelabile o pallottolabile (se si potesse dire così, come da cerimoniale, delle pallottole), quel coraggio che rischia di scolorire il fondotinta dell’arte bastava farselo intervistare e poi fingere di dimenticarlo in quinta.

Riconosco anche che sbucciarsi il cervello sulle sentenze piuttosto che i manuali di dizione, o bere duecento caffè e mezzo spritz con i giornalisti, nemmeno buoni per abbinarci un cappello tronfio o una borsa biennalina, non è drammatirgucamente abbastanza cremoso per i convivi degli attori che chissà cosa avrebbero potuto essere.

Aggiungici anche i critici, quelli che in quarant’anni di criticabilissima carriera a criticizzarsi con il carisma sotto al palato che puzza ancora dell’ultimo buffet, mettici che i critici non hanno mica bisogno di disabituarsi a volare via, adesso che si sono convinti di  uscirsi in volo così bene da credere di essere davvero in alto e a pancia in giù.

Dal finestrino della macchina blindata, mentre fischiamo lampeggiando blu appesi primitivi alle maniglie d’appiglio, il Teatro che avrei dovuto studiare mi gira lo stomaco.

Tutto un zumpapa di attori scarsi che mi capiscono, dieci volte di sottotesto ad ogni battuta.

Tutto festival di lodi che si sciolgono al sole perchè d’estate il teatro è un doposole.

Tutta una militanza che si spegne al primo colpo di tosse del prossimo bonifico.

Tutto a sinistra, e subito il giorno dopo a destra perchè lei intendeva il lato dal senso di chi guarda e comunque solo gli idioti non barattano l’idea perchè bisogna pur lavorare. Se possibile di spalle.

Intellettuali alle feste, fallotropi in tournée, nordisti al nord, sudisti al sud e centristi al momento del contratto.

Rivoluzionari nel comunicato stampa, balbettanti sul copione (per esigenze di purezza), con la lingua sulle scarpe (per una replica pagata in pizze) e infine mimi muti come da esigenze di scena.

Tutto a tessere seta e barattarla per flanella per un occhiello in terza pagina.

Tutto che mi capisce, che chissà come deve essere difficile, che è il trionfo della parola, che è il teatro che allora funziona, che se ho bisogno mi ha promesso che come un teatro che si rispetti è sempre a disposizione.

Appena finiscono di smontare l’ultimo studio di quanto piove in testa a Shakespeare o il prossimo debutto del ludico brodino dialettale.

Dal finestrino della macchina blindata, mentre fischiamo lampeggiando blu appesi primitivi alle maniglie d’appiglio, il Teatro che avrei dovuto studiare è uno sbadiglio. Muto e spento.

Radio Mafiopoli 24 – Giuochiamo alla Mafia (ma per finta!)

Ascolta la 24a puntata: Giuochiamo alla Mafia (ma per finta!)

Ricca la settimana Incom giù a Mafiopoli: settimana di resti, arresti e giocatori.
Gli arresti: a Trabia, Sciara e Termini Imerese bussano di notte i carabinieri di Monreale. E di notte, con il neurone tipico mafiuso che svegliato di soprassalto sbadiglia cannolicchio, in quindici vanno ad aprire con le ciabatte da boss e lo sbadiglio seduto sulla spalla. Un antico proverbio mafiopolitano dice “se di notte bussa il carabiniere sono calci nel sedere” e, infatti, sono guai per i clan di Trabia, Sciara e Termini Imerese. Pisellati di soprassalto in un mattino senza oro in bocca sono volati a fare compagnia nelle patrie galere con i loro capetti Giuseppe Bisesi, Vincenzo Salpietro e Giuseppe Libreri. Aperta una raccolta fondi per l’iniziativa “Regala anche tu una sveglia con il busso carabiniero al boss del tuo quartiere!”. Appena saputo dell’accaduto quella vecchia volpe di Domenico Raccuglia (della stirpe dei Caccuglia) si dice che nel cuore della notte lieve e latitante sia sceso dal letto per strappare il cognome sul campanello.
A Caserta, provincia di Mafiopoli, alla mattina insieme al latte e al giornale sullo zerbino ci hanno trovato anche le guardie. 28 ingabbiati del clan di Antonio Farina, che nonostante il nome, non vuota il sacco. “ma è una vergogna!” – ha urlato il Farino (per gli amici 00) “a quest’ora del mattino mi si fanno le borse sotto agli occhi!”.  A Marcianise e Casal di Principe ai Casalesi ora tocca trovare altri cassieri con cui spartirsi al 50 il mercato ricco delle estorsioni. Appena saputo il topo Semola per gli amici Setola (sanguinario rosicchia formaggio della zona) si è alzato dal letto ma si è ricordato di essere in gabbia. Aperta una raccolta fondi per denunciare i topi in cattività.
A Cologno, provincia di Mafiopoli, cittadina colognese famosa per gli studi televisivi di Beghe4 e Banale5, la ‘ndrangheta in trasferta ci lascia 22 castrati sul campo. Medagliato sul campo il capetto Marcello Paparo in trasferta da Crotone. Il Paparo e la sua figliola Luana si erano specializzati nella movimentazione terra ed erano così bravi e così veloci che a suon di minacce si sono presi anche il cantiere dell’Alta Velocità nella tratta Pioltello-Pozzuolo Martesana. Tra gli arrestati anche il maresciallo finanziere Giuseppe Russo campione italiano della disciplina olimpica mafiopolitana di “chiudere un occhio”. E con l’occhiolino strizzato ci ha guadagnato una quota del ristorante “Taverna d’Isola” di Villasanta (famoso per il menù fisso  con l’occhiolino e senza scontrino) e un soggiorno vacanziero omaggio a Capo Rizzuto (località nota per il nome afrodisiaco). Per questa mania tutta ‘ndrina di rizzarsi tra una manetta e l’altra gli inquirenti hanno trovato una lanciarazzi in dotazione alla Nato. “E’ una vergogna!” – ha gridato Giancarlo Paparo fratello onomatopeico del suo fratello Marcello – quell’arma ci serviva per importare democrazia!” il giudice per il soggiorno in gabbia ha ordinato di spegnere la televisione agli arrestati.
Intanto a Lodi (cittadina ridente famosa per le Banche Impopolari) due ragazzini, finito il torneo di calcetto all’oratorio, hanno deciso di dedicarsi a giochi nuovi; erano indecisi tra il “lancio dell’opa secondo San Fiorani” oppure il più laico “suona il citofono e poi scappa”. Ingrigiti nella scelta dall’ombra delle logistiche si sono buttati proprio all’ultimo al “Giuoco della Mafia” acquistando via internet un paio di prostate di ricotta per assomigliare a Zu’ Binnu Bernardo Provenzano. Si sono fatti poi prendere la mano e hanno cominciato ad inviare anche lettere anonime per raggranellare un po’ di racket. Arrestati, condannati, derisi e compianti in una delle lettere chiedevano testualmente «la riscossione di una tangente, cioè di una piccola tassa che pur non segnalata tra le tangenti legali dello Stato dovrete lo stesso oblare.» Prima di essere incarcerati sono stati premiati dal Giampy nazionale per la creatività finanziaria. “Faranno strada!” ha urlato il Popolare di Lodi dalla sua nuova attività di serre floreali (Non Fiorani ma opere di bene) “arrestare dei ragazzini che promettono bene già da piccoli di essere i re della finanza!”. Ma la città condanna. Poco, modestamente, quasi niente, com’è nelle corde dei borghi dove la mafia non esiste. Del resto è solo una ragazzata: come quella dei fratelli Antonio e Marcello Reitano che nel 1992 nel lodigiano chiedevano all’imprenditore Daniele Polenghi, per scherzo, 200 milioni. La Sony è già pronta a lanciare sul mercato il gioco “Mafia anche tu!” disponibile per playstation. Bum bum.
Nel gioco dei segnali che non si devono prendere sul serio gli allegri graffitari a Monreale scrivono sui muri “Sonia Alfano infame” mentre Sonia a cento passi perdeva tempo a parlare di legalità. “Ma è uno scherzo!” ha urlato il Principe Macchiavellico mentre inaugurava la prima pietra del ponte da Messina a Infame “è stato scritto in rosso come la temperatura sugli autogrill! Non può essere sul serio! E poi, infame è maschile e Sonia è a e quindi femminile!” è partita la pubblicità e tutti si sono addormentati.
Non tutti si sono addormentati: qualcuno, sovversivo e pericoloso, ancora continua:
Però se continuo a farlo vuol dire che credo – e lo credo fermamente – che le nuove generazioni, le generazioni che verranno, riusciranno a sentire quel fresco profumo di libertà di cui Paolo parlava e per cui Paolo è morto.
Alla Borsellino.

BIBLIOGRAFIA

http://www.repubblica.it/2009/01/sezioni/cronaca/camorra-7/operazione-caserta/operazione-caserta.html

http://archiviostorico.corriere.it/1992/maggio/05/racket_tre_manette_co_7_9205051075.shtml

http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/09_marzo_12/ragazzini_estorsione_lodigiano_lettere_minacce_commercianti-1501081045223.shtml

http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/09_marzo_16/arresti_ndrangheta_cologno_monzese-1501091237612.shtml

http://www.antimafiaduemila.com/content/view/13936/78/