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lucio dalla

Stare vicino alle cose ad un passo dal mondo

“Quanta gente canta se sa cantare, ma quanta di più canta lo stesso anche se cantare non sa. E perché canta? Se è felice? Se ha qualcosa da dire? O se soffre e se gli piace soffrire, o se ha fantasia e non ama il normale delle cose? Forse si canta da sempre perché cantare è come raccontare e stare vicino alle cose a un passo dal mondo. Io, anch’io canto, e a un passo dal mondo scrivo canzoni e ricevo nastrini e cassette a milioni e la gente mi scrive, mi manda le sue parole e non chiede chi amo, ma se amo chi chiede e a cosa penso un secondo prima di scrivere una canzone, o dov’era, dove si ficcava questa canzone prima di essere scritta o pittata, su quali spiagge o cimiteri volava prima di essere inventata, in quali occhi a mandorla di strega o in quali mani di porco o di fata era, avanti di essere scovata. Quanta gente soffia in un tubo o mette il culo tra una sedia e una fisarmonica e suona o prova a suonare persino in trenino? Io, anch’io ho cominciato così, in piedi su un tavolo da bambino con la mia gente intorno e il neon che dava le onde”.

Lucio Dalla, messaggio agli allievi di un corso di musica, Roma, marzo 1982.

Lucio Dalla e il funerale (con compagno)

Comunque – e tutto sommato è il classico lieto fine – il breve monito di monsignor Cavina a tutela dell’eucaristia e contro gli “stati di vita che contraddicono quel sacramento” (?!) è passato quasi inosservato e inascoltato. Come un dettaglio burocratico. Marco Alemanno ha incarnato in una chiesa, e in una cerimonia che più pubblica non si sarebbe potuto, tutta la dignità di un amore tra uomini. Semmai, c’è da domandarsi quanti omosessuali cattolici meno famosi, e meno protetti dal carisma dell’arte, abbiano potuto sentirsi allo stesso modo membri della loro comunità. L’augurio è che la breve orazione di Marco per Lucio costituisca un precedente. Per gli omosessuali non cattolici, il dettato clericale in materia non costituisce il benché minimo problema: francamente se ne infischiano. Ma per gli omosessuali cattolici lo costituisce, eccome. Ed è a loro, vedendo Marco Alemanno pregare per il suo uomo accanto all’altare, che corre il pensiero di tutte le persone di buona volontà. Michele Serra sul vedovo Marco Alemanno e qualcosa che pochi hanno detto.

I carati di Lucio

Quando muore un artista tutti corrono a cercare le ultime foto scattate insieme a lui, recuperano i coccodrilli pronti e ripartono gli speciali. Che, forse, non è nemmeno un male: un tentativo un po’ bulimico di non perdere il posto nella giostra del lutto. Federico Cimini è un giovane cantautore bolognese e racconta come a Bologna Lucio Dalla avesse anche qualcos’altro di diverso:  Se sei cantautore, “emergente”, e vivi a Bologna, non potevi non tener conto di Lucio Dalla. Magari per spedirgli un tuo demo, oppure avere la speranza di incontrarlo per strada, per parlargli e spiegargli quello che fai, per avere un aiuto. Nell’ambiente musicale bolognese si sapeva: lui, potendo, aiutava tutti. Esistono numerose testimonianze di musicisti che sono riusciti a contattarlo e hanno ottenuto una collaborazione, qualche consiglio, o il semplice interesse (sempre concreto) da parte sua. Esistono, addirittura,  testimonianze da parte di gruppi che si esibivano sotto il portone di casa sua, o suonavano al campanello di via d’Azeglio con la speranza di trovarlo in casa, e che alla fine sono riusciti ad incidere un cd in cui era presente anche lui, al clarinetto e facendo qualche coro. Sembra una cosa da niente, ma per i gruppi e per i cantautori emergenti è davvero tanto: di fronte alle misere scuse di chissà quante etichette discografiche, grandi e piccole, pronte a chiudere la porta in faccia senza nemmeno aver ascoltato il prodotto, fare un cd con l’aiuto disinteressato di Dalla è un gesto immenso, di quelli che non si possono dimenticare e di cui bisogna tenerne per forza conto nel momento in cui si ricorda una persona come lui. Federico sarà con le sue parole e la sua chitarra alla nostra agorà su etica e politica domani con noi a Milano, Teatro della Cooperativa, dalle 14.30 per Non Mi Fermo. Perché le parole (e l’umanità per niente epica) sono importanti.