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marcello dell’utri

Poi dici la mafia al nord

131929401-77430361-ab32-4a22-859f-083642c0d8c4Mentre fioccano i convegni e le iniziative (e per fortuna) sulla presenza della mafia al nord si gioca ancora a non considerare fondamentale per il tema la latitanza di Dell’Utri che di questo nord è figlio politico. Ha ragione Nando Dalla Chiesa quando scrive:

Purtroppo sono amici anche Silvio e Marcello. Bisogna ammettere che non stanno facendo una bella fine. Ma peggio sta l’Italia, rovinata dai loro progetti e interessi. Pensate: vent’anni in cui il compito principale del parlamento è stato quello di far leggi per salvarli dai giudici. Non ci sono riusciti e questo qualche speranza la dà. Ci sono voluti vent’anni e questo qualche speranza la uccide. Colpa del Senato? No, il Senato non c’entra un piffero, anzi dal 2001 al 2006 è stato il luogo di massima resistenza alla frenesia dell’impunità (io c’ero…). Colpa, invece, dei partiti senz’anima e anche degli italiani che con il loro libero voto li hanno mandati ripetutamente al governo. Chiedo a tutti una cosa: ma ve lo ricordate, sì o no, che Dell’Utri è stato liberamente eletto nel centro di Milano? E che di lui si sapeva già tutto e mancava solo la sentenza dei tribunali? E perché stupirsi allora se in Lombardia dilaga la ‘ndrangheta?

Perché ho la sensazione che convenga a molti farci credere che la storia di Dell’Utri sia una storia siciliana?

Come nei film

L’intercettazione di Alberto Dell’Utri con Vincenzo Mancuso mentre cercano di sbrogliare l’eventuale latitanza di Marcello Dell’Utri ci riporta indietro nel tempo in quei giorni in cui i potenti (e mafiosi) preparano la fuga come nei film. Come Sindona e quegli altri che si fanno beffe di uno Stato che sembra che non possa (meglio: non voglia) fare il proprio dovere.

L’INTERCETTAZIONE. Questa è la conversazione registrata dalla Polizia l’8 novembre alle 21. Alberto Dell’Utri (A) e Vincenzo Mancuso (V) entrano nel privé e parlano degli investimenti in Guinea.

A: Allora ha aperto la società… c’è da ottenere le concessioni per lo sfruttamento della miniera e della pesca, risorse ricchissime e non sfruttate… allora di ingraziarsi definitivamente tutta la… il governo… quello che ha chiesto… Gennaro (Mokbel, ndr) dobbiamo fare della beneficenza.
V: In ospedale 5 milioni di beneficenza se li sognano.
A: E sfruttiamo una onlus di Berlusconi che ha in Africa per la costruzione degli ospedali.
V: Che dice Marcello? A: Ci fanno credito a noi tutti perché sanno che siamo vicini a Berlusconi, dobbiamo dimostrare la vicinanza… V: Vabbè quello non credo che sia un problema che Marcello… A: Ecco allora quello gli ha chiesto… i soldi per la costruzione delle opere benefiche… dice, li mando Gennaro.
V: Gli devi dire a Gennaro di stare saggio perché se riusciamo a chiudere con quella testa di cazzo (sta parlando forse di Berlusconi? ndr) lui manco quelli deve tirare fuori, se vuole apparire che è lui a farlo, facciamo fare alla sua società come se facesse una donazione … è inutile che esca fuori i soldi, possono essere utili per altro. A: Lui è disponibile. V: Intanto serve. A: Marcello non deve fare altro che andare da Silvio e dirgli: Silvio io vado nella Guinea Bissau gli spiega tutto, per fare… Fondo una scuola di calcio per i ragazzi “Luigi Berlusconi” (si riferisce alla Fondazione intestata al padre di Silvio, ndr). V: Minchia Berlusconi sarà…
A: Cose che a Marcello piace…
V: (…) Marcello ha detto che è una cosa fattibile per lui.
A: Si dice che quando abbiamo fatto ci danno la concessione di tutto.
V: Ma avete parlato dei passaporti diplomatici?
A: Passaporto diplomatico di tutto anche perché deve consentire lo spostamento: Libano-Guinea; Libano-Guinea e altri Paesi africani eventualmente… intanto hanno preso la concessione dei gratta e vinci (ridono).

Poi entrano nei dettagli tecnici.
V: La Guinea Bissau, lo sai che è uno Stato che concede i passaporti Diplomatici molto facilmente?!
A: È poi sei anche creativo e determinato. Allora, lunedì ci sarà anche questo personaggio che sta a Roma in centro… che qua bisogna accelerare i tempi… che Marcello se poi non ce la fa, rientra…
V: A scusami, non ha pensato Marcello a farsi nominare ambasciatore della Guinea Bissau?
A: Qua c’è tutto un retroscena, che ti dico in quattro parole: questo personaggio che ha sposato la figlia del presidente africano, che ha conosciuto questo… questi qua son rimasti impressionatidalfattocheunitaliano,un bianco che parla la loro lingua e l’hanno invitato ad andare con loro a Bruxelles che c’era una… con tante nazioni… tra cui anche questi della Guinea Bissau e lui li è andato insieme a questi della Guinea Bissau, che lo hanno preso in seria considerazione e gli hanno dato il passaporto diplomatico… gli hanno aperto le porte, a Bruxelles ha preso la parola… davanti a 400 delegati… questo qua e bravissimo e appunto è entrato nelle grazie di questi reggenti della Guinea Bissau… per cui lo hanno invitato ad andare da loro e lui ha scoperto delle ricchezze infinite.
V: No, è un Paese ricchissimo di minerali, oro, platino, diamanti…
A: Questo, lì ha scoperto un mondo incredibile.

Marcello Dell’Utri

Questo nostro nuovo governo ama fare le cose in grande, non si limita ad arrestare i latitanti: li crea da solo e solo dopo li arresta.

Vittorio Mangano: “Era un soldato di Cosa nostra addetto alla sicurezza della famiglia Berlusconi”

“Vittorio Mangano? Altro che stalliere di Arcore! Era un soldato di Cosa nostra addetto alla sicurezza della famiglia Berlusconi“, ha rivelato Di Carlo ai giudici che indagano sulla presunta trattativa tra le istituzioni dello Stato e la criminalità organizzata. 

Francesco Di Carlo ha raccontato ai giudici di un incontro a Milano, nel 1974, tra lui, Marcello Dell’Utri (tra gli imputati del processo), Silvio Berlusconi e i boss Mimmo Teresi e Stefano Bontade. Durante la riunione si sarebbe discusso dei timori di Berlusconi per la sicurezza dei suoi figli. L’imprenditore temeva che potessero essere sequestrati e avrebbe chiesto aiuto ai mafiosi.

Secondo le dichiarazioni del pentito, i boss gli avrebbero garantito la loro protezione. L’incontro, già oggetto del processo per concorso in associazione mafiosa in cui Dell’Utri è stato condannato a 7 anni di reclusione, avrebbe dato il via ai rapporti tra l’ex premier e Cosa nostra. Bontade e Teresi avrebbero anche chiesto a Berlusconi di costruire a Palermo, ma lui avrebbe declinato l’invito.

Per garantire l’imprenditore Cosa nostra avrebbe mandato nella sua villa di Arcore Mangano. In cambio i capimafia avrebbero avuto da Berlusconi 100 milioni di vecchie lire. Il pentito ha anche parlato di investimenti di mafiosi in una società milanese. Bontade avrebbe raccolto quote dagli uomini d’onore per circa 10 miliardi di lire.

Ma di cosa stiamo parlando

Tutto inizia, secondo quanto scritto dai giudici, con un incontro nel maggio del 1974 organizzato dallo stesso Dell’Utri nel proprio ufficio,  in cui erano presenti Gaetano Cinà, Stefano Bontade, Mimmo Teresi,  Berlusconi e Dell’Utri stesso. Nel corso di quella riunione fu “siglato questo patto”, che ebbe inizio proprio con l’arrivo di Mangano ad Arcore. «L’incontro – è scritto nel provvedimento – ha costituito la genesi del rapporto che ha legato l’imprenditore e la mafia con la mediazione di Dell’Utri». «In virtù di tale patto – proseguono i giudici, i contraenti (Cosa nostra da una parte e Silvio Berlusconi dall’altra) e il mediatore contrattuale (Marcello Dell’Utri), hanno conseguito un risultato concreto e tangibile costituito dalla garanzia della protezione personale all’imprenditore tramite l’esborso di somme di denaro che quest’ultimo ha versato a Cosa nostra tramite Dell’Utri, che mediando i termini dell’accordo, ha consentito che l’associazione mafiosa rafforzasse e consolidasse il proprio potere  sul territorio mediante l’ingresso nelle proprie casse di ingenti somme di denaro»

Il giudizio che si legge nei confronti di Berlusconi nelle oltre 400 pagine delle motivazioni, è durissimo, soprattutto alla luce del ruolo di uomo di stato ricoperto dal Cav.: «l’imprenditore milanese, abbandonando qualsiasi proposito (da cui non è parso ma sfiorato) di farsi proteggere da rimedi istituzionali, è rientrato sotto l’ombrello di protezione mafiosa assumendo Vittorio Mangano ad Arcore e non sottraendosi mai all’obbligo di versare ingenti somme di denaro alla mafia, quale corrispettivo della protezione. Mangano – concludono i giudici –  divenne così lo stalliere di Arcore “non tanto per la nota passione per i cavalli” ma “per garantire un presidio mafioso nella villa dell’imprenditore milanese».

(qui)

Io non so se ci rendiamo conto

Io sto cercando di scrivere il meno possibile su questo Governo per mantenere un’igiene intellettuale ma non posso non trasecolare su questa intervista di Micciché:

Placate le ostilità, definitivamente rimosse le dissonanze seguite alla spaccatura in Sicilia che ha spianato la strada a Crocetta, Gianfranco Micciché risorge e conquista un posto da sottosegretario alla Funzione Pubblica nel Governo Letta. In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, a firma di Felice Cavallaro, il neo sottosegretario annuncia la riappacificazione con Berlusconi e il partito:

Chi ringrazia?
«Intanto, Berlusconi. Lo devo a lui, grande stratega, protagonista assoluto di questo governo».

E le guerre con Alfano, Schifani, Castiglione?
«Se ne sono dette di peggio Bersani e Berlusconi. Eppure stanno insieme, adesso. Si litiga anche all’interno della propria area, ma poi con l’età subentrano altri sentimenti».

“Il governo Letta? Merito di Berlusconi – ha poi proseguito Micciché- Potrà durare 5 anni, ma ogni mattina bisognerà aprire la finestra per vedere se c’è ancora. Molti amici mi hanno voltato le spalle. Non Raffaele Lombardo, che voglio ringraziare perché per l’asse Mpa-Grande Sud ha fatto telefonate a Verdini e Berlusconi invocando la mia nomina. Chiesta anche alla consultazione di Letta».

Le ricorderanno che è sotto inchiesta per mafia.
«Non ho paura di ringraziarlo».

E il suo amico Dell’Utri?
«Ha telefonato per i complimenti. Credo che abbia avuto anche lui un peso nelle scelte che ha fatto Berlusconi. Non mi vergogno di dirlo. Deve aver pesato».

Ecco, io non so ci rendiamo conto di cosa vorrebbero renderci digeribile. Io non se si rendono conto di cosa hanno fatto con questo Governo.

Lo chiamavano Marcello

Marcello_Dell_Utri_3Un consiglio a chi chiede perché sia poi impossibile un “governo di responsabilità” con il PDL: leggete gli atti del processo Dell’Utri condannato oggi:

“Marcello Dell’Utri, permettendo a Cosa nostra di ‘agganciare’ Silvio Berlusconi, ha permesso alla mafia di rafforzarsi economicamente, di ampliare i suoi interessi, il suo raggio d’azione, di tentare di condizionare scelte politiche governative in relazione al successivo ruolo politico assunto da Berlusconi”, ha detto Patronaggio nel corso della replica. “Questa condotta – ha ribadito – è stata perpetrata dall’imputato coscientemente, conoscendo e condividendo il metodo mafiosodell’organizzazione, perseguendo il fine personale del rafforzamento della sua posizione all’interno delle varie aziende e iniziative di Silvio Berlusconi”.

E ancora: “Occorre richiamare, proprio per la complessità di lettura dei rapporti tra Cosa nostra e Silvio Berlusconi. Come emerge dalle concordi dichiarazioni dei collaboratori di giustizia sentiti, l’imputato “mediò la rinnovata richiesta estorsiva di Salvatore Riina, che facendo pressioni e violenze sull’imprenditore milanese, intendeva ‘agganciare’ l’allora presidente del Consiglio Bettino Craxi“. 

Secondo l’accusa, Dell’Utri per 30 anni avrebbe avuto rapporti con Cosa nostra. In particolare avrebbe fatto un ‘patto’ per la protezione dell’ex premier Silvio Berlusconi. La sua lunga vicenda giudiziaria è iniziata quasi vent’anni fa, nel 1994 con la sua iscrizione nel registro degli indagati. Il 26 novembre del 1996 l’udienza preliminare, quando il gup ha rinviato a giudizio il politico. Il 5 novembre 1997 ha avuto inizio il processo di primo grado, presieduto da Leonardo Guarnotta, che si è concluso a fine 2004 con la condanna di Dell’Utri a 9 anni di carcere. Nel 2006 si è aperto il processo d’appello terminato nel 2010 con una nuova sentenza di condanna, questa volta a 7 anni di carcere.

Dell’Utri, secondo i giudici d’appello, è colpevole ma solo per le condotte antecedenti al 1992, anno a partire dal quale non risulterebbero più provati, per la corte, i suoi rapporti con la mafia. La sentenza della Cassazione, invece, arrivata il 9 marzo del 2012, ha in parte ribaltato il verdetto. I giudici annullano la sentenza con rinvio. Perchè sono ritenute provate le sue collusioni con Cosa nostra al 1977. Confermata, invece, l’assoluzione per le accuse successive al 1992 per le quali la sentenza è definitiva. Il18 luglio del 2012 ha avuto inizio il nuovo processo d’appello. E alla fine della requisitoria il pg Patronaggio ha chiesto la conferma della condanna a 7 anni del primo processo d’appello. Oggi la Camera di consiglio e la sentenza. 

Chi ha visto A 100 PASSI DAL DUOMO

Giuseppe Piromalli

Si ricorderà, forse, di Aldo Micciché. Un faccendiere di altri tempi che nei modi ha anticipato quelli dei giorni nostri e che tra i suoi tanti amici ne aveva due in particolare: Marcello Dell’Utri e Pino Piromalli.

I Piromalli sono tra le famiglie più forti del panorama calabrese ed erano molto preoccupati mentre cercavano una soluzione per alleggerire il regime carcerario del loro Pino.

il 31 marzo del 2008, a cento passi dal Duomo, nel suo ufficio Marcello Dell’Utri ascolta le preoccupazioni che riguardano zio Pino e promette di attivarsi chiedendo in cambio un forte appoggio elettorale.

Cosa Nostra e ‘ndrangheta: Marcello è uno che non ha il palato fine, contano solo i voti al chilo.

Beh, ora l’hanno arrestato. E, come scrive bene il Corriere,

Aldo Miccichè nonostante viva a Caracas ha sempre mantenuto i contatti con il mondo politico italiano. Per cercare di accontentare i Piromalli, infatti, il faccendiere chiama più volte il ministro di Grazia e Giustizia dell’epoca Clemente Mastella e tutto il suo entourage per cercare di sbloccare la questione del 41 bis di Piromalli. Ma sono tanti i contatti con esponenti di primo piano della politica nazionale sia di centro destra che di centro sinistra. La sua carriera politica nasce nel 1980, quando diventa segretario provinciale della Dc. Giornalista, negli anni ’80 diventa direttore dei quotidiani Italia Sera e Eco Sud. Nel 1987 iniziano per Miccichè i guai giudiziari. È coinvolto in un’inchiesta per un finanziamento di 800 milioni di lire ottenuto da una banca svizzera con una documentazione falsa. Le cronache del tempo lo legano anche alla banda della Magliana.

Ah, a proposito, il brano di A 100 PASSI DAL DUOMO diceva così:

Ne sa qualcosa, naturalmente, anche Marcello Dell’Utri, inventore di Forza Italia e senatore Pdl eletto a Milano. La condanna in primo grado a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa si riferisce ai suoi rapporti con Cosa nostra, presso cui era, secondo la sentenza, ambasciatore per conto di «un noto imprenditore milanese». Ma ora una nuova inchiesta indaga anche sui suoi rapporti con gli emissari della ‘Ndrangheta: un altro imprenditore, Aldo Miccichè, trasferitosi in Venezuela dopo aver collezionato in Italia condanne a 25 anni per truffa e bancarotta, lo aveva messo in contatto con la famiglia Piromalli, che chiedeva aiuto per alleggerire il regime carcerario al patriarca della cosca, Giuseppe, in cella da anni. Alla vigilia delle elezioni, Miccichè prometteva a Dell’Utri un bel pacchetto di voti, ma chiedeva anche il conferimento di una funzione consolare, con rilascio di passaporto diplomatico, al figlio del boss, Antonio Piromalli, classe 1972, imprenditore nel settore ortofrutticolo con sede dell’azienda all’Ortomercato di Milano. Sentiva il fiato degli investigatori sul collo, Antonio, perché è sempre stato sensibile alle correnti d’aria Infatti tanto lascia aperta la finestra che è arrestato a Milano il 23 luglio, di ritorno da un viaggio d’affari a New York. È accusato di essere uno dei protagonisti della faida tra i Piromalli e i Molè, in guerra per il controllo degli appalti nel porto di Gioia Tauro e dell’autostrada Salerno-Reggio.

Tocca aggiornare lo spettacolo, ormai. Ed è un piacere.