Vai al contenuto

marco furfaro

A proposito di Barbara Spinelli: la lettera di Marco Furfaro

Voglio fare un inciso: conosco Marco e lo ritengo un ottimo e etico ragazzo e un ottimo politico. Ecco cosa ha scritto:

Fare il parlamentare europeo, non lo nego perché non sono ipocrita, sarebbe stato un sogno. Ma la politica, fatta da soli sotto una campana di vetro, isolati dal mondo e da tutti, non vale niente. Per questo l’affetto, il sostegno e la stima che ho ricevuto in queste ore vale e varrà sempre di più di un seggio.

In un momento di crisi totale della politica e della sua credibilità, in cui da destra a sinistra si continua a sancire che si può dire una cosa e fare l’esatto opposto, mi riempie di orgoglio sapere che i miei comportamenti, tesi ad affermare il contrario, siano così ripagati in queste ore.

Quello che è successo nelle ultime ore lo sapete tutti. Sono amareggiato, non lo nascondo. Ma non è la cosa che conta in questo momento. Voglio dirlo con forza: non importa.

Non importa se sono, anzi, siamo, perché con me c’era un’altra persona, Eleonora, stati trattati come carne da macello in questi giorni. Senza nessuna cura per le persone in una lista che recitava “prima le persone”. Non importa se in quasi 15 giorni non abbia ricevuto né telefonate né mail né nient’altro da Barbara Spinelli per comunicarmi ripensamenti o altro. Non importa se nessuno, nemmeno uno, dei garanti abbia avuto l’eleganza di farmi una telefonata. Non importa se circa 48 ore fa mi hanno chiamato alle 2 di notte per comunicarmi di “dormire tranquillo, Barbara ha mandato una lettera ufficiale, ha rinunciato, dobbiamo solo limare un punto, ma sei europarlamentare” e poi nessuno mi ha comunicato cosa fosse successo dopo. Non importa se si potrebbero dire tante cose sulle preferenze e su chi ha deciso di darle a chi aveva chiesto un voto per il progetto politico e non per se stessa. Non importa se sono andato in tv per otto giorni come “eletto” perché mi rassicuravano dicendomi “tranquillo, facciamo una cosa con voi, Moni Ovadia e Barbara Spinelli” in cui si passi pubblicamente il testimone. Non importa se Barbara Spinelli non si è sognata di presentarsi a un appuntamento post-elettorale o a un’assemblea come quella di sabato pomeriggio che le ha chiesto un confronto. Non importa se una decisione, che non riguardava me, ma un processo politico, una comunità, una speranza, è stata sequestrata, fatta in stanze sconosciute, sotto campane di vetro e in una logica proprietaria. Non importa.

Cosa bolle in SEL

Riporto due interventi di queste ore di Marco Furfaro e Fulvia Bandoli che aprono una discussione interessante (o vitale, dipende dai punti di vista) sulla questione SEL. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate:

Cosa aveva scritto ieri Marco Furfaro:

“Da un lato c’è un popolo, quello democratico, che ha cacciato un’intera classe dirigente e che attraverso le primarie si è affidato interamente a un leader sperando che sia la volta buona. Dall’altro ci siamo noi di SEL, all’estremo opposto, che stiamo per celebrare un congresso semiclandestino e che non riusciamo ad aprirci, nemmeno ai nostri iscritti, perché tutto rimane ipocritamente unanime, in modo tale da decidere e misurare le differenze nei soliti caminetti alla presenza di pochi. In mezzo c’è la strada giusta, quella dei percorsi collettivi, aperti e partecipati.

O si cambia o si muore. Vale anche per noi. Perché è finito il tempo dell’ipocrisia. E questo 2014 io lo inauguro così: smettendo di far finta che tutto vada bene, mentre tutto cambia e siamo stati mesi a discutere delle differenze del gruppo dirigente in luoghi chiusi invece che all’aperto o con i nostri iscritti. Come se ne avessimo paura.

Tra pochi giorni si apre il congresso nazionale di Sel. Tra definire un organigramma calato dall’alto o affidarci tout court al leader salvifico (che abbiamo già, tra l’altro), c’è solo una strada: il congresso stabilisca un processo partecipato, aperto, trasversale, che restituisca protagonismo agli iscritti, ai movimenti, alle associazioni. A chi ha a cuore le sorti della sinistra.

Un processo aperto che inauguri una sfida nuova, che porti alla definizione della proposta politica per le europee e pure alla selezione dei ruoli apicali di chi deve condurla. Per questo, oltre alla naturale conferma di Vendola, ho proposto le primarie per la scelta del coordinatore: perché non ne posso più di una discussione che vive da mesi nei corridoi e perché proposta politica e ruoli, anche quelli apicali, o sono frutto di percorsi collettivi che si misurano apertamente sulle loro differenze o non valgono niente. Io scommetto su Sel. E voglio farlo con tutti quelli che sono pronti a scommettere su una sinistra all’altezza del nostro tempo, così come voglio scommetterci io.”

Come risponde Fulvia Bandoli:

Caro Furfaro, ho apprezzato la tua presa di posizione di ieri anche se non tutto mi convince nel tuo linguaggio: ad esempio io credo che dentro Sel non si debba “spazzar via” nessuno, come ha fatto Renzi nel Pd, ma semmai far prevalere una linea politica più chiara attraverso un confronto pubblico che, dentro Sel, e’ stato sempre difficilissimo fare. Penso anche che oltre a quelli che individui tu ( chiusi in una stanza a decidere per tutti o a nascondere differenze che pure ci sono ci siano anche molte e molti altri che da tempo hanno cercato e cercano di fare battaglie politiche e un confronto di idee a viso aperto, mettendoci la faccia in prima persona, e che anche per questo non sono stati accolti molto bene: c’e’ chi propose, prima di fare il patto con il Pd, di fare un confronto ampio a sinistra in modo da far valere meglio e di più le cose che andavamo proponendo ad un Pd che continuava purtroppo a guardare a Monti e non si accorgeva di quanto crescesse la protesta e il voto a Grillo; ci venne  detto, in quell’occasione, che il tempo stringeva e che non si poteva aprire nessun confronto o cantiere.

Ci sono anche alcune centinaia di compagne e compagni che hanno cercato di animare questo congresso semiclandestino, come lo chiami tu, con emendamenti di sostanza su alcune questioni politiche e programmatiche tentando di aprire un confronto e che, lavorando politicamente da oltre due mesi, sono riusciti a farli votare e approvare in oltre venti congressi federaliinsomma non proprio tutti e tutte sono stati in questi mesi fermi a nascondere o a misurare le differenze nel gruppo dirigente ma hanno preso posizioni pubbliche chiare e tonde.

Anche sul discorso di ieri del Presidente della Repubblica, per citare l’ultimo esempio di un avvenimento politico sul quale non e’ rintracciabile una posizione di merito di Sel, alcune e alcuni di noi hanno detto la loro.

Dunque ben venga questo tuo appello, anche se un poco tardivo, ad aprirsi e a discutere , a non tenere tutto chiuso in una stanza, e a non trattare chi ha opinioni diverse solo come compagni che rompono le scatole; ma non illuderti che con quelle che chiami primarie ( oramai in italia si chiamano tutte primarie…) si possano trovare tutte le risposte che cerchiamo. Se non si rendono esplicite le differenze sul ruolo, sul futuro di Sel, sui suoi programmi rispetto all’Europa e alle riforme che si vogliono perseguire, se non si capisce cosa propone l’uno o l’altro di coloro che ambiscono a dirigere Sel sara’ difficile scegliere anche se fai le benedette primarie. Quello che escludo anch’io e’ che si possa continuare a scegliere i nostri dirigenti con il metodo medievale della spada sulla spalla imposta dal capo: un’ altra strada democratica e partecipata dobbiamo per forza trovarla.

Dunque chiunque intende candidarsi a dirigere Sel si presenti con una proposta politica chiara sull’Europa e sull’ Italia e sul ruolo della sinistra e di Sel nel ricostruire una alternativa al liberismo.

Poi potrà cominciare una discussione che non sia solo di metodo ma di sostanza. Qualcuno ti ha rimproverato il fatto che tu pur essendo nel coordinamento nazionale fino ad ora non abbia mai sollevato problemi: io non ho nulla da dire, se senti il bisogno di sollevarli adesso per me va bene.

E prendo sul serio la tua riflessione.

Fare politica senza la politica

Un intervento di Marco Furfaro, da condividere. Finalmente.

La cosa più grave è che di politico in tutta questa discussione non c’è niente. Tutto diventa una farsa. Persino il referendum sull’articolo 18 diventa propaganda sulla pelle delle lavoratrici e dei lavoratori. Quel referendum non è ammissibile. Perché i referendum non vengono fatti nell’anno delle elezioni. Non lo dico io. Ma ce lo hanno detto costituzionalisti in una riunione in cui erano presenti sindacati e forze politiche e in cui, tutti insieme, compreso l’Idv avevamo deciso di non “giocare” sui lavoratori. Poi spunta il referendum e chi non lo firma perché non si presta al gioco dello sciacallaggio diventa colui che non sostiene i lavoratori. Non va bene niente di questa discussione, è solo propaganda fatta per cercare consenso. E’ ovvio che non andremo alle elezioni con l’UDC (a meno che non diventino antiproibizionisti, laici, antiliberisti, antimontiani e così via… cioè socialdemocratici praticamente), ma è altrettanto ovvio che se questo non viene percepito da tutti dobbiamo rimettere in campo un profilo chiaro e netto, e che qualche passaggio lo abbiamo sbagliato. Come, anche se mi fa orrore il gioco di Di Pietro, fino all’ultimo dobbiamo portare l’IDV all’interno del centrosinistra nel confronto sui contenuti. L’informazione italiana fa schifo, ma lo sapevamo e la comunicazione andava gestita meglio. Lo dico senza fraintendimenti, per me la partita è nel centrosinistra. Perché voglio giocarmela la partita. Ma da oggi dobbiamo parlare chiaro e candidarci alla guida del Paese, dentro e fuori le primarie, sui temi che abbiamo a cuore senza mollare di un millimetro. Perché per me quelli, anche con i rischi connessi, sono la mia discriminante per capire se ne vale la pena. Servono coraggio e chiarezza.