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Migranti

Dove vanno i buoni quando non sono in stazione?

085635719-7673187f-9df7-4cc6-80e2-27bfa8e1f8d4Sono rimasto incagliato in un paio di inchieste e ho avuto poco tempo per scrivere. Ma ci sono. E la notizia che mi porto in tasca di questi giorni è la grande (quasi ingestibile) solidarietà vista a Milano e Roma per aiutare i migranti arrivati in Italia. Cibo, pannolini, vestiti, giocattoli e accoglienza in tutte le sue forme. Sarà che il nostro giornalismo ha disimparato il vocabolario della tenerezza ma molti articoli che hanno raccontato questa rivoluzione gentile sembrano quasi cigolare d’imbarazzo, come se i sinonimi dell’umanità fossero stati chiusi a chiave convinti di non doverli mai più usare.

Ecco allora io mi chiedo: dove sono tutte queste meravigliose persone? Dove sono state? Chiuse in casa non credo, non avrebbero potuto sopportare il putridume diventato talk-show. Cosa pensano di questa muscolosità lessicale che ha conquistato tutti i “leader” politici? Perché tacciono di fronte a questo razzismo ignorante e proprio perché ignorante ancora più pericoloso? Come rispondono ai luoghi comuni che strisciano negli uffici, sull’autobus, tra la gente? Ma soprattutto: cosa votano?

Perché io sono sicuro che se ci fosse una forza politica che riuscisse a rappresentare quella bontà che abbiamo incrociato fuori dalle stazioni questo sarebbe un Paese migliore. Io voglio iscrivermi al movimento di quelli lì.

La solidarietà è un reato

Dunque i bambini, gli uomini e le donne accatastati uno sopra l’altro lì a Lampedusa nel Centro di Prima Accoglienza sono indagati perché colpevoli.

Dunque i pescatori che solidali hanno prestato soccorso a quel bambino di 11 anni aggrappato ad una bottiglietta sono colpevoli di favoreggiamento.

Insomma gli unici innocenti nel mare di dolore e solidarietà sono i morti.

Non basta questo per valutare la giustizia (umana) che c’è dietro la Bossi-Fini?

Corpi morti allineati

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I corpi di alcuni emigranti italiani sulla spiaggia di Cartagena dopo il naufragio della nave Sirio. Secondo il Lloyd i morti furono 292 ma il bilancio fu contestato dalle controparti che, accusando gli armatori d’aver caricato più persone di quante dichiarate, stimarono le vittime tra le 440 e le 500.

Tredicimilacinquecento

Tredicimilacinquecento morti durante le traversate dei mari che promettono una migrazione a buon fine. I numeri sono di Human Rights Watch.

Tredicimilacinquecento morti sono un genocidio senza padroni negli stessi mari che bagnano le coste dei nostri ferragosto. Dietro ai “flussi”, “respingimenti”, la legge “Bossi-Fini” e tutto il resto ci sono loro: sono due volte il paese in cui apriamo il teatro tutti i fine settimana. E sono un fallimento per tutti. Sicuro.

L’Italia boia del mediterraneo

Notizie del Corriere che passano in secondo piano nel cassetto delle futili fragilità.

L’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (Apce) ha approvato con 108 voti favorevoli su 151 il rapporto con cui si chiamano in causa Italia, Spagna e Malta, oltre che la Nato, per la morte di 63 migranti avvenuta nel Mediterraneo nel marzo del 2011. Nel votare il dossier l’assemblea ha rifiutato la totalità degli emendamenti presentati dai rappresentanti del Ppe della delegazione italiana che miravano a eliminare la parte del testo in cui si asserisce che l’Italia come primo Paese ad aver ricevuto la chiamata di aiuto era da considerarsi responsabile per il coordinamento degli aiuti.

Secondo il blog Fortress Europe, che da anni monitora le morti nel Mediterraneo raccogliendo le storie dei sopravvissuti e dei famigliari delle vittime, «dal 1994 nel solo Canale di Sicilia sono morte almeno 6.226 persone, lungo le rotte che vanno da Libia, Tunisia e Egitto verso le isole di Lampedusa, Pantelleria, Malta e la costa sud orientale della Sicilia. Più della metà (4.790) sono disperse. Il 2011 è stato l’anno più brutto: tra morti e dispersi, sono scomparse nel Canale di Sicilia almeno 1.822 persone. Ovvero una media di 150 morti al mese, 5 al giorno: un’ecatombe. E senza tenere conto di tutti i naufragi fantasma, di cui non sapremo mai niente».