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Migranti

La barca che diventa piazza dei popoli. In mezzo al mare.

VOS Thalassa

La barca è una nave mercantile, sulla fiancata porta il nome AHTS Vos Thalassa scritto con vernice bianca. Tutto in maiuscolo. Il suo lavoro è pattugliare in acque libiche lo spazio tra due piattaforme petrolifere: un avanti e indietro tra salsedine, ferro e caldo.

Finché il 26 maggio alle 8 e 35 del mattino il comandante Cosimo de Candia (sì, italiano) riceve una telefonata dalla centrale operativa di Roma: ci sono due imbarcazioni piene di migranti da soccorrere. Non bisogna avere troppa fantasia per immaginare il battito del cuore di una nave chiamata a ripescare persone in mezzo al mare, gli undici uomini dell’equipaggio abbandonano la rotta consueta per raggiungere i bisognosi. Sì, bisognosi. Perché sarebbe bello ricominciare a dirle e scriverle, certe parole.

Alle tre del pomeriggio, come racconta Cosimo, ritrovano le carrette del mare con sopra la paura a forma di persone. Alcune sono state già salvate da un piccolo rimorchiatore che porta il nome di Ringhio, come nella drammaturgia perfetta di un’epopea. Ma qui senza luci, pellicola ed effetti speciali. Fame vera. Paura stanca. Altro che i film.

(il mio buongiorno per Left continua qui)

Il vescovo ribelle: bucherò il muro anti profughi

Ägidius Zsifkovics

Ägidius Zsifkovics, ha 53 anni, è vescovo, presidente della Commissione episcopale austriaca per l’Integrazione e ‘ministro’ per i Profughi della Comece, l’organismo di rappresentanza dei vescovi dei Paesi dell’Unione europea.

I fatti sono questi. Il ministero degli Interni ha deciso di montare una recinzione metallica lungo un tratto del confine ungherese, in corrispondenza di Körmend, villaggio in territorio magiaro distante un paio di chilometri dall’Austria. Qui le autorità di Budapest hanno allestito un centro di accoglienza. Vienna in piena campagna elettorale per le presidenziali, teme che molti profughi tentino di attraversare la frontiera irregolarmente. E per questo pensa di proteggersi, erigendo una barriera di nove chilometri, più lunga di quella di Spielfeld, al confine con la Slovenia. Prima di piantare i pali e di stendere la rete serve, però, l’ok dei proprietari dei terreni.

Tra questi la diocesi di Eisenstadt, il cui vescovo Zsifkovics non ci sta. Il presule ha vietato alle ruspe di entrare in due proprietà della Chiesa. Intervistato dai media locali, ha ricordato che «anche la sacra famiglia era una famiglia di profughi. Chi non lo capisce vive al di fuori del cristianesimo». E ancora: «Comprendo le paure delle persone. Però sarei un cattivo vescovo, se non sapessi dare a queste paure una risposta cristiana. E questa non è lo steccato. Semmai, in caso di necessità, un buco nello steccato!». In Austria Zsifkovics non è da solo sulla via dell’accoglienza ‘senza se e senza ma’ tracciata dal Papa. Proprio ieri la conferenza episcopale ha bocciato il progetto di muro al Brennero: «Servono decisioni coordinate a livello europeo che tutelino la dignità delle persone»

(fonte)

Finalmente

lampedusa

Sei condanne a pene tra i due e i sei anni e quattro mesi. È quanto ha deciso il gup di Palermo, Angela Gerardi, gli imputati che rispondevano del reato di traffico di essere umani. Si tratta della prima sentenza italiana che riconosce l’esistenza di un’organizzazione che gestiva il traffico dei migranti. Il processo, celebrato in abbreviato, nasce da un’indagine coordinata dal procuratore aggiunto di Palermo, Maurizio Scalia, e dai pm Gery Ferrara e Claudio Camilleri.

I sei imputati, in carcere dal 2014, sono tutti eritrei. Sono la cellula dell’organizzazione che gestiva la permanenza in Italia dei migranti giunti dalla Libia e il loro trasferimento eventuale in altri Paesi europei. Sul banco degli imputati, che rispondono di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, anche il primo pentito tra i trafficanti di esseri umani, Nuredin Atta, condannato a 5 anni, al quale il gup ha riconosciuto la speciale attenuante prevista per i collaboratori di giustizia.

A 4 anni è stato condannato Tesfahiweit Woldu, a 6 anni e 4 mesi Samuel Weldemicael, a 6 Mohammed Salih, a 2 Yared Afwerke, a 2 e 4 mesi Matywos Melles. Assenti sul banco degli imputati, perché irreperibili – il processo a loro carico è sospeso – i capi dell’organizzazione tra cui l’imprendibile Ermis Ghermay, che si nasconderebbe in Libia. Proprio per la mancanza dei tre il gup ha escluso l’aggravante della transnazionalità, ma ha riconosciuto l’esistenza dell’organizzazione. Il processo nasce dall’inchiesta denominata Glauco che ebbe l’input dopo il naufragio del 3 ottobre del 2013 davanti alle coste di Lampedusa in cui persero la vita 366 migranti. I superstiti raccontarono i loro viaggi e diedero agli investigatori gli elementi per risalire ai capi e ai gregari della banda di trafficanti.

(fonte)

La bellezza delle visioni

Visionari sono quelli che senza giri di parole, senza complicate architetture, riescono a rendere immediata e facile una nuova prospettiva. Ecco Banksy cosa disegna a Calais, crocevia di migranti:

banksy3

Qui: dove anche la foto di un bimbo morto scade quasi subito.

Nello sgombero dell’accampamento a Ventimiglia ci sono alcune piccole scene, gesti minori ma simbolici che meritano un’osservazione:

Le ruspe. Davvero. Non si sarebbe mai creduto che potessero diventare qualcosa di più di uno schizzo sulla maglietta o dalla bocca di Salvini e invece eccole proprio a Ventimiglia. La città che era diventata simbolo dell’accoglienza e che davvero sembrava avere preso coscienza di essere semplicemente una zona di passaggio bloccata dalla miopia politica europea. E invece ecco le ruspe: così Toti (il governatore più trasparente delle regioni italiane) potrà ricamarsi una vittoria sul bavero.
I rifiuti: quegli indumenti trattati da stracci, quelle coperte lanciate nei camion della spazzatura sono oggetti portati molto spesso dai cittadini. Doni. Gesti concreti di un’accoglienza che mentre cerca le proprie regole vorrebbe avere il diritto di restare sospesa. Non è stato sgomberato un luogo illegale: è stata spianata la residenza di un bisogno. Come se si potesse usare la discarica come un tappeto e nasconderci la polvere sotto.
I fogli di via. Nei giorni scorsi chi prestava aiuto è stato invitato ad andarsene con un foglio di via. Oggi possiamo dire che era l’antipasto della smobilitazione. Le istituzioni che ritengono pericolosi gli “aiuti” non organizzate sono spesso le istituzione che hanno paura di mostrarsi nude, sguarnite in qualche dovere che gli spetterebbe. Così “via i migranti, via i bisognosi, via i solidali”: a rileggerle tra qualche anno queste cose ci faranno inorridire. Inorridire.
Il vescovo colpevole di dare da mangiare agli affamati. Il sindaco Ioculano ha criticato la scelta del vescovo di Ventimiglia Antonio Suetta di dare qualche migliaio di euro ai volontari per garantire il cibo sufficiente. La misericordia è un ostacolo al buon governo. Aspettiamo con ansia l’incoronazione di Nerone.
Qui: dove anche la foto di un bimbo morto scade quasi subito.

Ne ho scritto qui.