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Migranti

«Non cascateci: il problema della rotta libica dei migranti non sono le presunte amicizie tra Ong e scafisti» (di Francesco Cancellato)

Come al solito vale la pena leggere Francesco Cancellato:

C’è una storia, piuttosto esemplare, che riguarda proprio la nave Iuventa e l’ong tedesca Jugend Rettet, oggi al centro delle indagini della procura di Trapani – che ne ha disposto il fermo – per presunto “favoreggiamento all’immigrazione clandestina”. È una storia datata 16 aprile 2017, domenica di Pasqua nell’Europa cristiana. Quel giorno, con un tempismo simbolico niente male, anche se il mare era agitato, gli scafisti libici decidono di mandare in mare, alla deriva, duemila persone.

Una scelta omicida. Solo 24 ore prima ne erano state salvate altre quattromila dalle Ong più grandi e non c’erano che le navi delle Ong più piccole, a presidiare la linea delle 12 miglia dalla costa libica. Una di loro era proprio la Iuventa, che può ospitare a bordo non più di quattrocento persone: «Altri milleseicento restavano aggrappati ai gommoni – aveva raccontato a La Stampa il dottor Paolo Narcisi, che insieme alla Ong Rainbow For Africa, si trovava proprio sulla Juventa, quel giorno -. E intanto il mare diventava burrascoso. Sono state ore tragiche. La Guardia costiera italiana, di cui dobbiamo essere orgogliosi, ha fatto miracoli. È stata dirottata in zona una petroliera che s’è messa di traverso e ha fatto da scudo contro le onde. Poi sono arrivati pescherecci e mercantili. E quella gente è stata salvata».

La mettiamo giù dritta: se non ci fossero state barche come Iuventa, se non ci fossero triangolazioni e comunicazioni tra i gommoni, i membri dell’equipaggio della motonave e la Guardia Costiera italiana ci sarebbero state duemila persone annegate, deliberatamente mandate a morire per rovinarci la digestione dell’agnello di Dio che toglie i peccati dal mondo.

Ficcatevela bene nella zucca questa storia, quando sentite blaterare di Ong che fanno accordi con gli scafisti, di patti del diavolo tra la feccia libica e la buona borghesia radical chic dell’Europa, di pull factor, di «salvataggi di vite umane che non ci possiamo permettere». Con tutto il rispetto, sono forzature degne di un bar sport ed è la stessa procura di Trapani del resto ad affermare, testuale, che «un collegamento stabile tra la Ong e i trafficanti libici è pure fantascienza» e che le finalità dell’equipaggio di Iuventa (nessuno di loro è indagato per associazione a delinquere) fossero «motivi umanitari».

La realtà è un‘altra e dovremmo dircela forte e chiara: che i guai veri, nel canale di Sicilia, sono cominciati quando abbiamo deciso che non volevamo più tenere le mani nella merda. Quando abbiamo sacrificato Mare Nostrum, allontanando le nostre navi dalle coste libiche e delegando le operazioni di search and rescue alle organizzazioni non governative. Quando abbiamo smesso pure di intercettare e arrestare gli scafisti

La realtà è un‘altra e dovremmo dircela forte e chiara: che i guai veri, nel canale di Sicilia, sono cominciati quando abbiamo deciso che non volevamo più tenere le mani nella merda. Quando abbiamo sacrificato Mare Nostrum, allontanando le nostre navi dalle coste libiche e delegando le operazioni di search and rescue alle organizzazioni non governative. Quando abbiamo smesso pure di intercettare e arrestare gli scafisti. In altre parole, quando abbiamo delegato a Frontex e all’Europa, per qualche spicciolo in più, la gestione di un problema che stavamo gestendo meglio da soli.

(continua qui)

Sempre per capire: ecco perché Medici Senza Frontiere non ha firmato

(dal sito di MSF)

Nel corso di queste ultime settimane MSF ha avuto una serie di scambi e discussioni aperte e costruttive con il Ministero dell’Interno sul Codice di Condotta. Durante questi incontri abbiamo espresso una serie di preoccupazioni sul documento, richiedendo chiarimenti su temi specifici e sollecitando sostanziali cambiamenti che ci avrebbero messo nelle condizioni di poterlo firmare.Riconosciamo che sono stati fatti sforzi significativi  per rispondere ad alcune delle osservazioni presentate da MSF e dalle altre organizzazioni, tuttavia dopo un’attenta valutazione della versione conclusiva del codice, permangono una serie di preoccupazioni e richieste lasciate inevase.

Dal nostro punto di vista, il Codice di Condotta non riafferma con sufficiente chiarezza la priorità del salvataggio in mare, non riconosce il ruolo di supplenza svolto dalle organizzazioni umanitarie e soprattutto non si propone di introdurre misure specifiche orientate in primo luogo a rafforzare il sistema di ricerca e soccorso.

Al contrario, riteniamo che per la formulazione ancora poco chiara di alcune parti, il Codice rischi nella sua attuazione pratica di contribuire a ridurre l’efficienza e la capacità di quel sistema. Le linee di riferimento e l’impianto generale del Codice sono rimasti sostanzialmente immutati e, per questa ragione, con enorme dispiacere  riteniamo che allo stato attuale non sussistano le condizioni perché MSF possa sottoscrivere il Codice di Condotta proposto dalle autorità italiane.

Quali sono le principali preoccupazioni di MSF riguardo al codice?

Prima di entrare nel merito delle motivazioni che sono alla base di questa decisione è importante sottolineare che le operazioni di ricerca e soccorso di MSF sono sempre state condotte nel rispetto delle leggi nazionali e internazionali e sotto il coordinamento della guardia costiera italiana (MRCC di Roma).

1) Non riafferma con sufficiente chiarezza la priorità del salvataggio di vite in mare

La responsabilità di organizzare e condurre le operazioni di ricerca e soccorso in mare risiede – come è sempre stato – negli Stati. L’impegno di MSF nelle attività di ricerca e soccorso mira a colmare un vuoto di responsabilità lasciato dai governi che auspichiamo sia solo temporaneo. Non a caso da tempo chiediamo agli stati UE di creare un meccanismo dedicato e preventivo di ricerca e soccorso che integri gli sforzi compiuti dalle autorità italiane. Dal nostro punto di vista il codice di condotta non riafferma con sufficiente chiarezza la priorità del salvataggio in mare, non riconosce il ruolo di supplenza svolto dalle organizzazioni umanitarie e soprattutto non si propone di introdurre misure specifiche orientate in primo luogo a rafforzare il sistema di ricerca e soccorso.

2) Le limitazioni al trasbordo su altre navi riducono l’efficienza e la capacità di salvare vite in mare

La richiesta delle autorità italiane che le navi di soccorso concludano le loro operazioni provvedendo allo sbarco dei naufraghi nel porto sicuro di destinazione, invece che attraverso il loro trasbordo su altre navi, riduce l’efficienza e la capacità di salvare vite in mare. In questo modo si crea un sistema di andata e ritorno di tutte le navi di soccorso verso i luoghi di sbarco, che avrà come conseguenza una minore presenza di quelle navi nella zona di ricerca e soccorso. Le stesse Linee guida per il Trattamento delle persone soccorse in mare raccomandano che le navi impegnate in operazioni SAR portino a termine il soccorso il più presto possibile, anche attraverso i trasferimenti ad altre navi se necessario.

3) Principi umanitari a rischio

Il codice inoltre non fa alcun riferimento ai principi umanitari e alla necessità di mantenere la più assoluta distinzione tra le attività di polizia e repressione delle organizzazioni criminali e l’azione umanitaria, che non può essere che autonoma e indipendente. Il rigoroso rispetto dei principi umanitari riconosciuti a livello internazionale è per noi un presupposto irrinunciabile. Essi rappresentano la sola garanzia di poter accedere alle popolazioni in stato di maggiore necessità ovunque nel mondo, assicurando allo stesso tempo ai nostri operatori un sufficiente livello di sicurezza. Ogni compromesso su questi principi è potenzialmente in grado di ridurre la percezione di MSF come organizzazione medico‐umanitaria effettivamente indipendente e imparziale.

4) L’inserimento del Codice nel contesto attuale del Mediterraneo

Le strategie messe in atto dalle autorità italiane ed europee per contenere migranti e rifugiati in Libia attraverso il supporto alla Guardia Costiera Libica sono, nelle circostanze attuali, estremamente preoccupanti. La situazione in Libia è drammatica. Le persone di cui ci prendiamo cura nei centri di detenzione intorno a Tripoli e quelle che soccorriamo in mare condividono le stesse vicende di violenza e trattamenti disumani. La Libia non è un posto sicuro dove riportare le persone in fuga. Una volta intercettate, saranno condotte in centri di detenzione dove, come le nostre équipe che lavorano in quei centri testimoniano ogni giorno, sono a rischio permanente di essere detenute in modo arbitrario e indefinito, trattenute in condizioni disumane e/o sottoposte a estorsioni o torture, comprese violenze sessuali. Ovviamente le attività di ricerca e soccorso non costituiscono la soluzione per affrontare i problemi causati dai viaggi sui barconi e le morti in mare, ma sono necessarie in assenza di qualunque altra alternativa sicura perché le persone possano trovare sicurezza. Contenere l’ultima e unica via di fuga dallo sfruttamento e dalla violenza non è dal nostro punto di vista accettabile. Il recente annuncio dell’operazione militare italiana nelle acque libiche proposta nel momento in cui il Codice di Condotta è stato introdotto costituisce un elemento di ulteriore preoccupazione che ci ha confermato la necessità di marcare l’assoluta indipendenza delle nostre attività di soccorso in mare dagli obiettivi militari e di sicurezza.

MSF continuerà le sue attività di ricerca e soccorso in mare?

Si, MSF continuerà a salvare vite in mare. Anche se MSF non è nelle condizioni di poter firmare il Codice di Condotta, l’organizzazione rispetta le leggi nazionali e internazionali, coopera sempre con le autorità italiane e conduce tutte le operazioni in pieno coordinamento con l’MRCC e in piena conformità alle norme vigenti. Allo stesso tempo comunichiamo la nostra intenzione di continuare a rispettare quelle disposizioni del Codice che non sono contrarie ai punti problematici per MSF, tra cui quelle relative alle capacità tecniche, alla trasparenza finanziaria, all’uso dei trasponder e dei segnali luminosi. Confermiamo inoltre l’impegno a coordinare ogni nostra iniziativa con l’MRCC e anche a garantire l’accesso a bordo di funzionari di polizia giudiziaria, secondo quanto sopra espresso, così come la collaborazione costruttiva con le autorità italiane, nel pieno rispetto degli obblighi di legge.

«Un dibattito indegno»: Andrea Riccardi, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio

“Esseri umani. Bisognerebbe parlare con altri toni del tema migranti, invece di utilizzare quelli della politica politichese, ma purtroppo non è così in nessun Paese europeo”. Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, è stato ministro per la cooperazione e l’integrazione nel biennio del governo Monti, 2011-2013. “Da quel momento, almeno in termini di fondi a disposizione, la cooperazione ha avuto una svolta, non lo dico per vantarmi”.
“È un’invasione”, strepita una certa politica, e adesso addirittura “aiutiamoli a casa loro”, scrive l’ex premier Matteo Renzi…
Non è un’invasione. Per altro il nostro Paese ha un deficit demografico serio. Altri Stati, come l’Ungheria che alza i muri nel 2025 saranno abitati soltanto da vecchi. Anche se siamo di fronte a un’emergenza reale, quella degli sbarchi, non bisogna neppure dimenticare che il problema percepito è più grande di quello reale. Detto questo, non commento un libro che non ho letto.

Resta quella frase: aiutiamoli a casa loro, non evoca il peggiore leghismo?
Aiutarli a casa loro: è un grande tema, vede. L’illusione è quella che si possa fermare sul bordo del Mediterraneo lo spostamento delle popolazioni. I muri o i blocchi sono scelte semplicistiche. D’altra parte il dibattito che ho sentito l’altro giorno al Senato è stato indegno.

Un mese fa Sant’Egidio ha ospitato l’accordo per il cessate il fuoco in Centrafrica e il patto per una roadmap di pacificazione. Questo è aiutarli a casa loro?
Sant’Egidio fa vivere un’importante rete di cooperazione internazionale. La pacificazione è fondamentale. Gli Stati europei investono più su muri e blocchi.

Chiudere i porti sarebbe una fesseria?
Certo tutta l’Africa non può rifugiarsi in Europa. I giovani in Guinea e Costa d’Avorio non hanno più fiducia in un futuro nel loro Paese. Chiudere i porti non serve a niente, ma l’altro aspetto del problema è che non ho mai visto un presidente africano venire a Lampedusa ad inchinarsi di fronte alla sua gente che fugge o ai suoi cadaveri in mare. Servirebbe un piano Marshall per l’Africa.

Quindi non è soltanto colpa dell’Europa?
Premesso che sono orgoglioso dell’impegno italiano nelle operazioni di salvataggio in mare, ma è sbagliato il vittimismo che mostriamo nei confrontidel l’Europa. Anche perché il problema non è Bruxelles che fa quello che può. Ma i singoli governi dei nostri Staterelli alla deriva, incapaci di trovare un’intesa per una politica comune in tema di sicurezza, difesa e integrazione.

In particolare a chi si riferisce?
Quasi a tutti, la Francia non vuole responsabilità, il blocco dell’Est con l’intesa dei tre mari stravolge l’idea stessa di Europa. Poi ci sono degli errori che ancora ci portiamo dietro, devastanti.

Ad esempio?
La follia della guerra in Libia. Ha destabilizzato l’area. Oggi serve una visione Eurafricana, investire nei fragili Paesi del Sahel, il bordo del Sahara. Ma i governi degli Stati d’Europa non sembrano interessati davvero ad impegnarsi davvero, altro che aiutiamoli a casa loro. Eppure è indispensabile, dobbiamo prepararci all’integrazione, non alzare altri muri che prima o poi crolleranno comunque.
(il Fatto Quotidiano, 8 luglio 2017)

I migranti sono “un’emergenza” ma a discuterne al Parlamento Europeo non c’era (quasi) nessuno

Scontro istituzionale senza precedenti in Europa, sintomo di un clima totalmente negativo, su un tema di strettissima attualità come quello dell’immigrazione, che riguarda l’Italia da vicino. Il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker che attacca l’Aula – semivuota – al grido di «siete ridicoli». Antonio Tajani che replica duramente per difendere l’istituzione che presiede: «Non le consento di usare questo linguaggio, è il Parlamento che controlla la Commissione e non il contrario». Juncker insiste: «Siete ridicoli». E rinuncia al suo intervento.

Questa mattina a Strasburgo c’era il premier maltese Joseph Muscat. L’Aula doveva discutere e fare un bilancio del semestre di presidenza maltese che si è appena concluso, con un focus sulla questione immigrazione e in particolare sul piano di redistribuzione dei richiedenti asilo che non funziona. In Aula, però, gli eurodeputati presenti erano solo una trentina (il cinque percento).

Quando ha preso la parola, Juncker è sbottato: «Siete ridicoli. Se avessimo avuto qui Angela Merkel o Emmanuel Macron, avremmo avuto l’Aula piena. Il Parlamento non è serio. Non parteciperò più a questo genere di dibattiti». Tajani lo ha subito interrotto per difendere l’Aula, prendendosi gli applausi dei (pochi) presenti: «Non le consento di dire che il Parlamento è ridicolo». E Juncker: «Siete ridicoli».

(fonte)

Il presidente Toti che rimpatria quelle “bestie straniere”

Sono i più pericolosi. Paciocconi, in giacca e cravatta, fintamente liberali, servetti che simulano autonomia, razzisti capaci però di stare sempre sul filo della potabilità. Giovanni Toti è uno degli esemplari di punta di questi nuovi centrodestristri che fanno l’occhiolino a Salvini ma riescono a sembrarne la parte buona.

E così finisce che su Facebook loro (o i loro social manager, ma in fondo la “linea editoriale” è la stessa che si coglie ascoltandoli) rispondano così:

Poi ovviamente cancellano di fretta e furia. Ma tanto il filo nero è sempre quello.

Tutto normale?

 

La guardia costiera libica spara contro una nave italiana: «ci siamo sbagliati, pensavamo a una barca di migranti»

Raffiche di arma da fuoco contro la motovedetta italiana CP 288 della Guardia Costiera sarebbero state sparate da una imbarcazione della Guardia Costiera libica a 13 miglia al largo delle coste libiche. Lo dice Grnet.it, il sito web su questioni di Sicurezza e Difesa precisando che nessuno degli occupanti della motovedetta italiana sarebbe rimasto ferito.

Fonti qualificate interpellate a Roma hanno confermato l’ episodio, che è avvenuto tre giorni fa, e le successive scuse della guardia costiera libica. “La motovedetta libica – spiega Grnet – avrebbe ordinato via radio all’unità italiana di fermare le macchine ma la CP288 si sarebbe data alla fuga, provocando la reazione della controparte libica che avrebbe sparato una raffica di avvertimento a poppa sinistra della vedetta italiana, che riusciva però a distanziare gli inseguitori”.

Successivamente, dice il sito web, “sarebbe arrivata una telefonata di scuse da parte delle autorità libiche, diretta al Comando generale delle Capitanerie di Porto (Maricogecap), che ha ammesso l’errore dei militari libici, i quali avrebbero scambiato l’unità italiana per un barcone di immigrati“.

La vicenda appare però preoccupante. Sia per il rischio corso dai marinai italiani, sia per il fatto che in qualche modo si ammetta da parte libica di avere voluto sparare sui migranti. Si attendono precisazioni.

(fonte)

Giornata storta per i “taxi del mare” e così muoiono in 34 (almeno)

Da una parte c’è il comunicato stampa della Guardia Costiera italiana:

«Per uno sbandamento verosimilmente causato dalle condizioni meteomarine e dallo spostamento repentino dei migranti su un fianco dell’imbarcazione – si legge nella nota -, circa 200 migranti sono caduti in mare da un barcone con circa 500 migranti a bordo. L’immediato intervento delle navi ‘Fiorillo’ della Guardia Costiera e ‘Phoenix’ del Moas ha consentito di trarre in salvo la maggior parte dei migranti caduti in acqua. Trentaquattro, invece, i corpi senza vita recuperati in mare dai soccorritori».

Dall’altra c’è la testimonianza di Medici Senza Frontiere:

«Due guardacoste libici, in uniforme e armati, sono saliti su uno dei gommoni. Hanno preso i telefoni, i soldi e altri oggetti che le persone portavano con sé”, racconta Annemarie Loof di Msf. “Le persone a bordo si sono sentite minacciate e sono entrate nel panico. Molti passeggeri, che fortunatamente avevano già ricevuto i giubbotti di salvataggio prima che iniziassero gli spari si sono buttati in acqua spinti dalla paura».

Piccolo promemoria: da settimane qualcuno dice che le ONG (quelli come Medici Senza Frontiere, appunto) avrebbero sporchi interessi sulla pelle dei migranti. Da qualche settimana quegli stessi rimestatori nel torbido, in mancanza di riscontri, citano la guardia costiera libica come fonte dei loro sospetti.

Ecco. Tirate voi le somme.

 

(continua su Left)

La lezione di Antonio

Antonio Prisco ha subito nei giorni scorsi un’aggressione a Napoli. Un tentato furto finito a suon di botte. I due aggressori erano marocchini, probabilmente, e la sua vicenda ovviamente è stata usata per gettare merda nel ventilatore dai soliti che giudicano i reati per razza (che poi chissà allora di che razza è la camorra, per dire, che spara in pieno giorno in città). Ma i razzisti sono sempre pronti a sfruttare ogni spunto. Si sa.

Ebbene, oggi Antonio, ha risposto sul suo Facebook così:

Riesco a scrivere solo ora dopo quanto accaduto. La #paura è stata tanta, sono ancora un po’ ammaccato però già sto meglio. #Violenze del genere non sono mai solo fisiche, ma tutta l’onda di #amore e di affetto che mi sta travolgendo in queste ore mi fa capire che non sono solo. #Ringrazio quanti mi sono stati vicino, perché sono stati lo spiraglio di luce che anche esperienze così forti possiedono: chi c’è sempre e chi ho ritrovato al mio fianco senza che me l’aspettassi. A chi sta #strumentalizzando quanto accaduto, invece, rispondo che no, non ho cambiato assolutamente idea. Ho già comunicato ai miei avvocati (Anna Starita, Domenico Di Paola, Roberta Nobile, Luna Bussone, Alessio Portobello, Michele Bonetti) di avere l’intenzione di denunciare quanto è accaduto e sta accadendo sui social e sui giornali(offese, itilizzo improprio e non autorizzato della mia immagine ect. etc…) gli eventuali rimborsi ricevuti creeranno un fondo per la creazione di un centro per la formazione e l’integrazione dei giovani #migranti. Sono sempre io, Antonio convinto che la violenza non abbia a che fare col colore della pelle ma con il male insito nel cuore delle persone a prescindere dal luogo dove sono nate. Sono sempre io, quello che crede che siamo tutti fratelli nelle diversità, figli di un unico mondo e ciò che ci unisce è lottare per il Bene di tutti.

#Napoli #SoloPerPassione

Il video completo dell’audizione di Zuccaro alla Camera, sulle ONG.

Questa mattina, nel mio consueto buongiorno per Left (qui), ho riportato alcuni stralci dell’audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania, dottor Carmelo Zuccaro presso  il “Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’Accordo di Schengen, di vigilanza sull’attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione”.

Ne sono nati diversi commenti, favorevoli e ostili. Più di qualcuno però ha dimostrato interesse per conoscere a fondo prima di deliberare (che è sempre una buona notizia) e altri hanno (giustamente) sottolineato come delle frasi estrapolate possano essere fraintendibili. Un bel dibattito, comunque. Sano. Ecco il video completo, senza tagli: