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minacce

I vigliacchi che non parlano (pubblicamente) di Nino Di Matteo

Tutti quelli che stanno zitti ci dicano, ci spieghino e ci insegnino che Di Matteo si minaccia da solo, che si costruisce pentiti per la carriera (che però, guarda un po’, nemmeno quella riesce a fare) e che le minacce sono false o non pericolose. Ma non se lo dicano nei bisbiglii davanti al caffè o nei messaggini ridanciani: ce lo dicano in faccia, ne facciano un editoriale e ci mettano la firma.

Se dovesse succedere qualcosa, qualsiasi cosa, comunque vada a finire questa storia almeno rimarranno i nomi e i cognomi, insieme a quest’altra brodaglia di codardi.

Il mio articolo (e le mie domande) sono qui.

Le minacce dei Casamonica al comico Dado sono una possibilità

dado1020Le minacce dei Casamonica al comico Dado per una semplice canzoncina irriverente pubblicata su Facebook ci dicono che la risata funziona e che i clan esistono grazie al generale timore reverenziale. Ma portano anche una buona notizia: ognuno con poco potrebbe risultare fastidioso. E se lo facessimo tutti la mafiosità non sarebbe esibita ma nascosta come una malattia di cui vergognarsi. Ne ho scritto qui.

Perché a furia di disintermediare, l’impalcatura della libertà vien giù.

Questa mattina vale la pena leggere Luca Bottura:

Quando Marco Biagi fu trucidato dalle Brigate Rosse, era in corso uno scontro importante sulla riforma del Lavoro. Conosciamo i colpevoli: i terroristi, e chi, nelle istituzioni, trattò Biagi come un mitomane.

Nonostante queste responsabilità chiarissime, l’attenzione post-attentato si concentrò principalmente su Sergio Cofferati. E sulla Cgil, che sarebbe scesa in piazza (tre milioni o uno, non importa) col lutto nel cuore e l’infamante accusa di esserne la causa.

Non era vero allora. Non è vero adesso.

Criticare le riforme del Governo Renzi, quindi anche il lavoro del professor Taddei, è un esercizio tipico della democrazia. Scioperare pure. Fa parte della dialettica tra classi sociali – sì: ci sono ancora le classi sociali – di un Paese civile. Alzare il livello dello scontro è altro.

Lo sa perfettamente chi vuole sovrapporre la violenza verbale (vagheggiando quella fisica) alla protesta legittima, con lo scopo tra gli altri di mettere i sindacati in un angolo. Tutto già visto.

Intanto però la tentazione di lucrare su queste vicende titilla il Palazzo. Sarebbe facile usare strumentalmente la deriva eversiva come fece, ai tempi, Roberto Maroni, mettendo il cappello (Legge Biagi, invece che Legge 30) su una riforma che snaturava le idee del professore ucciso, mantenendo l’impianto liberista senza attivare le tutele sociali più profonde che Biagi aveva saggiamente previsto.

Sarebbe invece bello e utile se al Governo capissero da subito che una controparte democratica è una garanzia per tutti e che andrebbe legittimata, invece di smontarla a suon di hashtag e battute sui Ponti. In modo da combattere, insieme, i nemici veri.

I nemici di Taddei, della dialettica democratica, di chi ancora interpreta l’informazione come esercizio critico del potere. Perché a furia di disintermediare, l’impalcatura della libertà vien giù.

E ci finiamo sotto tutti.

Vicino a Lirio Abbate

Non sempre sono d’accordo con lui e nemmeno lui con me, credo. Ma di giornalisti così se ne sente tanto bisogno, soprattutto quando mettono le mani in pasta in una criminalità così difficilmente decifrabile come quella romana. L’ultimo episodio è preoccupante, davvero.

Gli strani buchi nella sicurezza di Scarpinato

Siamo alle solite: notizie che fanno venire i brividi.

Prima è arrivata una lettera minatoria che conteneva l’invito a “rientrare nei ranghi”, recapitata direttamente sulla sua scrivania al primo piano del Palazzo di Giustizia di Palermo. Poi una scritta tracciata su una porta impolverata, proprio di fronte al suo ufficio: “accura”, scriveva la mano anonima in dialetto siciliano, ovvero “stai attento”. Adesso le misure di sicurezza del procuratore generale Roberto Scarpinato sono state potenziate: lo ha deciso venerdì il Comitato Provinciale per la Sicurezza pubblica di Palermo.

Dagli archivi del palazzo di giustizia siciliano, infatti, sono sparite le registrazioni effettuate dalle telecamere di sorveglianza negli stessi giorni in cui l’ignoto Corvo riusciva a penetrare all’interno dell’ufficio del magistrato per lasciare la missiva intimidatoria per Scarpinato. Le indagini sono affidate, per competenza, alla procura di Caltanissetta guidata da Sergio Lari: gli investigatori hanno acquisito le cassette che corrispondevano a dodici giorni di registrazione, nello stesso periodo in cui la lettera era stata presumibilmente depositata sulla scrivania di Scarpinato (ovvero la notte tra il 2 e il 3 settembre). Visionandole, però, gli inquirenti si sono accorti che le cassette contenevano soltanto cinque giorni di registrazione: e quando sono tornati nuovamente negli uffici palermitani, si sono resi conto del fatto che fosse rimasto materiale con soltanto 24 ore di registrazione. Solo un guasto nel sistema di videosorveglianza? O un furto operato da un infiltrato che ha praticamente colpito al cuore il Tribunale di Palermo? Se lo chiedono gli investigatori, che indagano nelle falle del sistema di sicurezza della procura.

Continua qui.

Vicino a Giorgio

Laggiù dove il Paese non cambia:

E’ il terzo atto intimidatorio contro Giorgio Grimaldi (Sel), il sindaco di San Giorgio ionico, centro a quindici chilometri da Taranto. Durante la notte ignoti hanno dato fuoco ad alcuni pneumatici posti davanti alla porta d’ingresso della sua abitazione e al garage. Le fiamme hanno provocato pochi danni, pareti e marciapiedi anneriti, ammaccature agli infissi e al portone.

Già lo scorso anno venne appiccato il fuoco al portone d’ingresso dell’abitazione di Grimaldi incendiando uno pneumatico. Le fiamme danneggiarono gli infissi e l’ingresso della casa. E ancora l’anno precedente, nel 2012, Grimaldi aveva subito un analogo attentato incendiario.

Sull’accaduto, che segue i precedenti episodi del febbraio 2012 e dell’ottobre dell’anno scorso, indagano i carabinieri della locale stazione. Attenzione puntata sull’attività amministrativa del sindaco che, con cadenza annuale, diventa l’obiettivo di intimidazioni.

(fonte)

Un regalo scoppiettante

“Attenzione è pronto un regalo scoppiettante per procuratore Scarpinato e dirigente carabinieri tribunale”
28 maggio 2014
Palermo. Una lettera di minacce al procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato e al dirigente dei carabinieri del tribunale è stata recapitata questo pomeriggio alla redazione dell’ANSA di Palermo. “Attenzione è pronto un regalo scoppiettante per procuratore Scarpinato e dirigente carabinieri tribunale”, si legge nella missiva firmata P.R.A., sigla finora sconosciuta.

Aggiornamento
Nuovo allarme al palazzo di giustizia di Palermo: alcuni confidenti hanno riferito di un progetto di attentato al tribunale del capoluogo siciliano. La notizia è stata confermata in ambienti giudiziari. Il Comitato provinciale per l’ordine pubblico si è riunito oggi d’urgenza per discutere l’adozione di nuove misure di sicurezza.

ANSA

Patetici fascisti da facebook

L’attacco a Giuliana Sgrena propone un tema che sta diventando un classico: i neofascisti sono bagnanti da social network che non hanno nemmeno la faccia di esistere dal vivo. Il parafascismo diventa una moda sconsolata di figurine da bar mentre ci costringiamo a sopportare questa ignoranza colpevole sul tema della democrazia.

Roba da canzonette, da sagre e salamella, da archeologia dell’idiozia. Basta sopportare le commemorazioni colpevoli, i modi riciclati e le citazione per propaganda. Chi è parafascista anche solo per guadagno e per pochi minuti è feccia.

Si può dire?