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Patrizia Moretti

«Non riesco a respirare»

Eric Garner, George Floyd, Riccardo Magherini, Federico Aldrovandi… Sono morti che rimangono ai bordi delle strade, riemergono quando l’indignazione scoppia e poi vengono riseppellite di nuovo.

Il 17 luglio 2014, a Staten Island, l’agente Daniel Pantaleo afferrò per il collo fino a soffocare Eric Garner. «Non riesco a respirare», urlava disperato Garner. Morì senza respiro. George Floyd ha ripetuto «non riesco a respirare» negli otto minuti e 46 secondi in cui il poliziotto Derek Chauvin gli premeva il ginocchio sulla gola. I due si conoscevano, erano stati colleghi come buttafuori in un nightclub. Anche questa volta c’è un video che lascia pochi dubbi e che mostra i fatti. Poi c’è la macchina giudiziaria e quella, quando si tratta di forze dell’ordine, si inceppa in declinazioni mostruose: “Non ci sono elementi fisici che supportano una diagnosi di asfissia traumatica o di strangolamento”, dice il referto dell’autopsia, “gli effetti combinati dell’essere bloccato dalla polizia, delle sue patologie pregresse e di qualche potenziale sostanza intossicante nel suo corpo hanno probabilmente contribuito alla sua morte”. Alla fine sarà morto di droga. Sembra una storia già vista, eh?

I neri vengono ammazzati, preferibilmente se adolescenti: nel 2012 il 17enne Trayvon Martin in Florida, nel 2014 il 18enne Michael Brown a Ferguson, Missouri, finisce sempre così: i poliziotti assassini sono assolti, scoppiano le rivolte razziali, arriva la Guardia nazionale e comincia il coprifuoco. Secondo uno studio della National Academy of Sciences in Nord America la sesta causa di morte tra gli uomini di età tra i 25 e i 29 anni è un arresto di polizia per gli appartenenti a uno stesso nucleo etnico: rispetto ai bianchi, gli uomini afroamericani sono 2,5 volte più a rischio, le donne 1,4 volte. Per i nativi uomini, il rischio è di 1,2-1,7 volte maggiore, mentre per le donne tale fattore è compreso tra 1,1 e 2,1. Per gli uomini latini, infine, la probabilità cresce di 1,3-1,4 volte rispetto ai bianchi.

Ma non è tutto. Fatal Encounters è un sito fondato e diretto dal giornalista D. Brian Burghart che attraverso un’accurata rassegna stampa anche di testate minori e locali, ha raccolto in un database gli estremi di oltre 24.000 uccisioni effettuate dalla polizia dal 1° gennaio 2000 ad oggi: alla data del 6 gennaio 2019 venivano elencate 1810 vittime della polizia colpite tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2018. Questo significa che la polizia, prima ancora di un processo, ha ucciso 72 volte più persone di quante ne siano state messe a morte a seguito di una procedura giudiziaria.

Poi c’è il resto: un presidente incendiario che con il sorriso di Nerone osserva le proteste blindato nel suo ufficio spargendo parole di odio e di fuoco. Il mandante morale e morbido dello scontro ha gli occhietti iniettati di Trump.

Poi ci sono gli italiani che si dimenticano i nostri morti che non riuscivano a respirare: «mio figlio Federico è morto nello stesso modo di George Floyd. Schiacciato sotto le ginocchia e il peso di un poliziotto mentre chiedeva aiuto e diceva “non riesco a respirare”», ha scritto Patrizia Moretti, mamma di Federico Aldrovrandi. Urlava la stessa frase Riccardo Magherini, morto la notte del 3 marzo 2014 quando venne fermato dai carabinieri.

Sono morti che rimangono ai bordi delle strade, riemergono quando l’indignazione scoppia e poi vengono riseppellite di nuovo.

Buon lunedì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Quando la gentilezza di una madre senza più il figlio schianta il Giovanardi di turno

patrizia-moretti-aldrovandiGià stamattina mi era capitato di scrivere quanto mi avesse colpito la decisione di Patrizia Aldrovandi (madre di Federico, ucciso dalle botte a 18 anni da alcuni genti di Polizia) di ritirare le querele contro gli avvoltoi che avevano nidificato sulla sua vicenda. E credo che sia nostro dovere custodire questi gesti di gentilezza esplosiva in questi tempi di urlacci. Allora ho voluto parlarle e ne è nata un’intervista che penso mi terrò in tasca a lungo. Che grande madre, Patrizia. L’intervista la potete leggere qui.

(Ah: nella bontà le è scappato solo un vaffanculo. Ma detto di cuore)

Quando le dimensioni contano

A Ferrara mezza città scende in piazza per ricordare Federico, stare vicini alla madre Patrizia e sottolineare l’imbecillità di cani patetici benché feroci, travestiti da poliziotti.

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#peraldro i guasconi in divisa

E’ un sollievo sentire l’indignazione per le offese alla madre di Aldovrandi da parte degli stessi poliziotti che le hanno ucciso di botte il figlio.

Ma anche se non fossero loro e fossero semplicemente poliziotti sarebbe intollerabile lo stesso.

Perché il mascariamento che uccide con le parole dopo avere usato la violenza è una pratica da guasconi di periferia e non da forze dell’ordine. Insomma, la nausea sarebbe la stessa se fosse un vigile urbano di Cantù o Vattelapesca.

E il silenzio dei colleghi, dei comandanti e del Ministro dell’Interno avrebbe gli spigoli dell’omertà. Come in quelle altre brutte storie.