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raffaele cantone

E ora Cantone smutanda il Governo

Corruzione, mafie e malaffare hanno bisogno di una tensione tenuta sempre alta per essere combattute. La storia ci insegna che ogni volta che lo Stato (ma non solo, c’entra anche la tensione della società civile) hanno allentato la presa, più o meno consapevolmente, i poteri criminali ne hanno approfittato per assestare colpi che poi abbiamo scontato per anni.

Persi tra le sceneggiate popolari e populiste di queste settimane “l’affare Cantone” (con la sciagurata seduta del Consiglio dei Ministri da cui l’ANAC è uscita depotenziata) è stato messo nel cassetto delle ripicche come se non fosse il grave segnale che invece è: che sia stato per uno sgambetto (di Renzi o a Renzi) o per altro si tratta comunque di un attacco frontale (e pubblico) all’efficienza anticorruttiva dell’azione di governo.

Ieri Cantone, ospite di Giovanni Minoli, sulla nuova legge per gli appalti all’inizio è stata fatta “una rivoluzione copernicana” solo che poi “si è fatta retromarcia su molte cose e non si è data la possibilità di attuare il codice. Credo – ha detto Raffaele Cantone – che fosse una buona riforma e il fatto di andare avanti e indietro è un classico del nostro Paese. E ci sono tante opere incompiute. Il problema vero è che qualcuno ha pensato che bisogna consentire di realizzare opere pubbliche per smuovere l’economia ma non perchè servano davvero. E non smuovono nulla”.

In un Paese normale e responsabile, capace di riconoscere e rispettare le priorità, una dichiarazione del genere provocherebbe un terremoto politico, una sollevazione popolare e un unanime coro dalle associazioni impegnate nell’azione antimafia.

E invece niente.

Buon lunedì.

Cade anche foglia di fico di Cantone (il buongiorno che oggi non leggerete su Left)

(Tempi duri a Left, come potete leggere dal comunicato di redazione qui. E forse saranno tempi duri anche per il buongiorno che moltissimi di voi hanno seguito, commentato e condiviso in questi anni. Intanto quello di oggi lo appoggiamo qui.)

Dicono che per sbaglio, lo dicono i ministri di governo, hanno cancellato un comma che depotenzia l’azione di Raffaele Cantone e dell’ANAC nel controllo degli appalti. Per sbaglio, dicono loro, hanno “reciso” l’uomo che Reni ci aveva presentato come soluzione a tutti i mali, la faccia che avrebbe dovuto essere la garanzia di una seria lotta alla corruzione. Però dicono che rimedieranno l’errore quanto prima e l’Autorità Nazionale Anticorruzione potrà tornare in sella. Sembra una barzelletta, scritta così.

Raffaele Cantone è un magistrato che ha fatto moltissimo nella lotta alla camorra. Qualche anno fa, anche lui, ha ceduto alle lusinghe del corso renziano sempre in cerca di facce più che di sostanza accettando di presiedere l’ANAC convinto probabilmente di poter mettere al servizio della politica l’esperienza acquisita sul campo: non sapeva, Cantone, che la corruzione è più forte (troppo spesso) anche della propaganda.

Chi ha scavalcato il Parlamento cancellando quel comma fondamentale dalla nuova legge degli appalti durante il Consiglio dei Ministri? Si potrebbe fare come si fa con i bambini: se non viene fuori il colpevole allora fuori tutti, tutti in punizione.

È primavera ma cadono le foglie. Di fico.

Buon venerdì.

Nel merito. Nino Di Matteo: «La nostra Costituzione deve essere applicata piuttosto che modificata.»

«Io sono sempre stato convinto che il vero grande problema italiano sia la forbice tra la Costituzione formale e quella materiale. Il vero problema è costituito dal fatto che molti importanti principi costituzionali non hanno mai trovato applicazione. Da una parte c’è la Costituzione scritta e c’è un’Italia che vorrebbe un progetto politico con alti principi di uguaglianza, di solidarietà e di libertà così come scritti nella Costituzione, e dall’altra parte c’è stata invece la trasformazione e l’elusione della Costituzione nella pratica politica, con un’Italia fondata sulla speculazione, sulla ricerca esasperata del potere e della sua conservazione, sul compromesso e sull’accettazione, perfino, di metodi mafiosi e poteri criminali. Io sono convinto che questo sia il vero grande problema. La nostra Costituzione deve essere applicata piuttosto che modificata.»

Mi ha risposto così Nino Di Matteo nella mia lunga intervista per Left nel numero che trovate in edicola (o che potete leggere in versione digitale qui). E ne abbiamo parlato nel merito, punto per punto, articolo per articolo, cercando di analizzare anche gli eventuali effetti sulla magistratura. E l’intervista probabilmente coglie nel segno se Raffaele Cantone oggi  ci dice che sarebbe opportuno che “i magistrati non si espongano sul referendum” e lo dice mentre racconta di votare sì in tutta pagina del Corriere della Sera. Già. Il magistrato Cantone.

Sempre a proposito della favola di Expo perfetto e senza mafia

Ma che ne dicono le diverse commissioni antimafia di Pisapia che hanno tirato la volata all’elezione di Beppe Sala sull’onda di un Expo che dovrebbe essere andato meravigliosamente bene? Ecco l’articolo di Lucio Musolino:

I padiglioni della Cina e dell’Ecuador sarebbero stati realizzati dalla‘ndrangheta. L’ombra delle cosche sull’Expo 2015 emerge nell’operazione Rent della guardia di finanza calabrese che ha sequestrato beni per oltre 15 milioni di euro alle famiglie mafiose Aquino-Coluccio di Marina di Gioiosa Jonica e Piromalli-Bellocco di Rosarno. Un blitz che ha coinvolto diverse province d’Italia tra cui Milano, Reggio Calabria, Catanzaro, Catania, Bergamo, Bologna, Brescia e Mantova. La Dda reggina contesta agli indagati i reati di associazione mafiosa, riciclaggio, estorsione, induzione alla prostituzione, detenzione illecita di armi da fuoco con l’aggravante del metodo mafioso.

L’inchiesta riguarda, in sostanza, un gruppo criminale calabrese che si sarebbe infiltrato nella realizzazione di opere importanti. Si tratta di un sodalizio, dedito al controllo di diverse attività economiche (fittiziamente intestate a soggetti compiacenti) che si sarebbero aggiudicate numerosi appalti e sub-appalti in Lombardia. Nel decreto di sequestro, infatti, compaiono anche alcune “anonime società del nord Italia”  che si sono occupate della realizzazione dei padiglionidella Cina e dell’Ecuador, delle opere di urbanizzazione e delle infrastrutture di base nella fiera Expo 2015, del subappalto per la societàFerrovie del Nord, dell’ipermercato di Arese e del consorzio di Bereguardo(Pavia).

Le fiamme gialle hanno eseguito perquisizioni e sequestrato beni immobili (appartamenti e locali), mobili, mobili registrati (autoveicoli di lusso, motoveicoli e autocarri), società, polizze assicurative e conti correnti bancari e postali, per un valore di oltre 15 milioni di euro. Complessivamente una trentina gli indagati. I soggetti principali sono Salvatore Piccoli, Giuseppe Gentile, Antonio Stefano (già in carcere traffico internazionale di sostanze stupefacenti), Graziano Macrì (pronipote del defunto Antonio Macrì, il boss dei “due mondi” conosciuto con il nome di Barone) e Pasquale Giacobbe.

Erano loro, secondo l’inchiesta coordinata dal procuratore Federico Cafiero De Raho, dall’aggiunto Gaetano Paci e dal sostituto Antonio De Bernardo, gli uomini della ‘ndrangheta che venivano mandati al nord Italia per rilevare società decotte o sull’orlo del fallimento. Stando alla ricostruzione fatta dagli uomini del colonnello Nicola Sportelli, comandante del gruppo Locri della guardia di finanza, una volta in mano alle cosche, queste società (che rimanevano formalmente intestaste ai vecchi proprietari) iniziavano ad accaparrarsi appalti per milioni di euro. Dalle intercettazioni, inoltre, era emerso il metodo mafioso che gli indagati adottavano ogni volta che avevano problemi di natura imprenditoriale.

Società che operavano non solo in Italia ma anche all’estero. Procura di Reggio Calabria e guardia di finanza (guidata dal colonnello Alessandro Barbera) è riuscita a monitorare i lavori per la realizzazione di un complesso turistico-sportivo, a Arges Pitesti (Romania) e del resort Molivişu, per un valore di 80 milioni di euro di cui 27 a carico dell’Unione Europea, nonché di un immobile in Marocco. Tutti soldi sui quali avrebbero messo le mani soggetti ritenuti vicini alle cosche Aquino-Coluccio e Piromalli-Bellocco.

Alcuni dei destinatari del provvedimento di sequestro sono stati già coinvolti nell’inchiesta “Underground” della Dda di Milano che il 3 ottobre scorso ha arrestato 14 persone che erano riuscite ad ottenere in subappalto i lavori, dal valore di circa 5 milioni di euro, per il collegamento ferroviario tra il Terminal 1 e ilTerminal 2 di Malpensa versando mazzette a Davide Lonardoni, il dirigente di Nord_Ing che progetta e coordina la realizzazione di tutti gli interventi di potenziamento infrastrutturale e di ammodernamento della rete ferroviaria e degli impianti di Ferrovie Nord.

 

Quindi Cantone è per la legalizzazione. E il PD?

In attesa che la Camera riapra i battenti e si torni a discutere in quella sede della proposta di legge per legalizzare l’uso della cannabis, registriamo con soddisfazione anche l’autorevole parere favorevole del presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone. Registriamo soprattutto il fatto che per argomentare la sua posizione abbia utilizzato la parola “laicità”. Imprescindibile per discutere l’argomento in maniera ragionata e senza tifo da stadio. Aspettiamo che anche gli esponenti del maggiore partito di maggioranza facciano lo stesso sforzo e si esprimano chiaramente a favore della legalizzazione. Sarebbe assai bizzarro farsi condizionare da chi parla ancora di “morti da overdose per la cannabis” e di altre fantasiose argomentazioni prive di dati e di basi scientifiche. I fatti esposti da Cantone e prima ancora dalla Direzione Nazionale Antimafia sono le uniche sulle quali discutere: regolamentazione, duro colpo ai traffici delle mafie, vantaggi per l’economia e le casse dello Stato. Il resto è chiacchiericcio da ombrellone.

(ecco, è la dichiarazione che abbiamo preparato oggi, firmata Possibile, che trovate qui)

A proposito di Cantone: avete letto che dice di Sala?

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Oggi che va così di moda sventolare Cantone per fare campagna elettorale vale la pena leggere il documento dell’ANAC da lui presieduto su EXPO 2015. Lo trovate qui. E qualcuno dovrebbe spiegarmi com’è che Sala, nonostante tutto e nonostante anche questo giudizio di Raffaele Cantone, dovrebbe essere il manager che non deve chiedere mai. Dategli un’occhiata.

Non serviva Cantone per capire che il “favore” di Expo a Farinetti non fosse una grande idea

renzi-farinetti-655496Dedicare Expo all’alimentazione e rischiare di lasciare i visitatori senza ristoranti italiani. È lo spettro che accompagna l’amministratore delegato, Giuseppe Sala, da quando martedì ha ricevuto i rilievi dell’autorità anticorruzione presieduta da Raffaele Cantone sull’appalto diretto affidato a Eataly: ottomila metri quadrati, 20 ristoranti e circa 2,2 milioni di pasti da distribuire. Il tutto assegnato senza gara d’appalto.

L’Anticorruzione il 29 gennaio ha chiesto la documentazione relativa al contratto. Sala ha subito spiegato che era stato assegnato direttamente per “l’unicità” della catena di Farinetti e ha consegnato quanto chiesto. Svolti tutti gli accertamenti, Cantone il 7 aprile ha risposto, chiedendo nuova documentazione e sollevando numerosi dubbi sulla legittimità del contratto stesso. In tre pagine che il Fatto ha potuto leggere, Cantone, dopo aver ricordato che l’appalto è stato deliberato dal cda nel giugno 2013, quindi quando ancora l’autorità che presiede non era stata istituita, avanza dieci rilievi specifici a Sala invitando la società a chiarire altrettanti aspetti dell’affidamento diretto sollevando più volte la violazione del Protocollo di legalità.

“Quali sono le circostanze che hanno portato alla proposta di collaborazione avanzata da Eataly?”. Secondo: “Sulla base di quali valutazioni è stata determinata l’unicità tecnica di Eataly, atteso che non risulterebbe effettuata alcuna preventiva ricerca di mercato”. E già questo sarebbe sufficiente a far preoccupare Sala: chi ha deciso, perché e sulla base di cosa? Ma è solo l’inizio. “Qual è l’importo atteso dei ricavi –indicato solo nel verbale del Cda in 44 milioni di euro – e, di conseguenza, su quali basi sono state determinate le royalties che la concessionaria retrocederà, quantificate nel 5% del fatturato, cui si somma un ulteriore 1% per fatturati sopra i 40 milioni”. Esatto: da contratto a Farinetti spetta il 95% del fatturato che servirà anche a coprire le spese vive, ha più volte spiegato il patron di Eataly.

E proprio alle spese Cantone arriva al quarto rilievo chiedendo “qual è l’ammontare stimato dei costi correlati alla concessione, essendo prevista la deduzione delle spese per la realizzazione delle celle frigorifere e risultando ‘a carico di Expo gli oneri derivanti dai consumi di elettricità e di acqua’”. E, in definitiva, “qual è il valore stimato del contratto di concessione da determinarsi ai sensi dell’art. 29 del decreto legislativo 163/2006” che regola gli appalti pubblici?

Leggendo i quesiti dell’Autorità anticorruzione il contratto tra Expo ed Eataly appare piuttosto lacunoso. O forse redatto con leggerezza. Tanto che al nono punto Cantone è costretto a rilevare come “l’inserimento della clausola per cui ‘il presente contratto può essere modificato solo su accordo di entrambe le parti da stipularsi per iscritto’ non appare ammissibile trattandosi di un contratto pubblico”. E manca la “previsione, tra le cause di risoluzione per inadempimento e le clausole risolutive espresse, della violazione agli obblighi derivanti dal Protocollo di legalità”.

Ancora: “Non sono indicate penali legate al livello del servizio reso, nonostante tra le richiamate caratteristiche di unicità vi sia un’offerta alimentare di qualità a prezzi accessibili”. Sulla presunta unicità Cantone però solleva un ulteriore dubbio: l’articolo due del contratto di concessione prevede che “all’interno del perimetro Eataly potrà altresì, previa approvazione da parte della direzione di Expo, organizzare e svolgere specifiche iniziative ed eventi culturali e didattici, volti a valorizzare la propria esperienza, a promuovere e valorizzare il patrimonio enogastronomico nazionale e a diffondere i valori connessi a Expo”.

Ma così, scrive Cantone, “le vantate peculiarità di Eataly non risultano teleologicamente connesse con la prestazione dedotta in contratto, che, per come descritta, consisterebbe genericamente nella ristorazione e somministrazione di alimenti e bevande al pubblico, ancorché di livello qualitativo elevato”.

INFINE:visto che Eataly prevede di dividere gli spazi che ha ricevuto in concessione in 20 aree regionali con il coinvolgimento di circa 100 ristoratori, Expo “come intende regolare i rapporti con tali operatori terzi, anche nell’ambito del Protocollo di legalità?”. Protocollo che prevede, fra l’altro, controlli antimafia anche sui fornitori di vitto. Protocollo, va detto, firmato dallo stesso Sala. Ora la società ha pochi giorni di tempo per rispondere: perché avete affidato la ristorazione a Eataly?

(fonte)

Vergogna Pedemontana: ne parla anche Cantone

211150747-18f9f127-c7a0-4d1c-ab22-5e402ef0450aL’Autorità nazionale anticorruzione boccia la gara d’appalto per l’assegnazione dei lavori della tratta A della Pedemontana, del primo lotto della tangenziale di Varese e di quello di Como. La prima, lunga 15 chilometri, collega da Lomazzo e Cassano Magnago le autostrade A8 e A9 ed è stata inaugurata a gennaio dal governatore lombarde Roberto Maroni. Le altre due dovrebbero essere pronte, rispettivamente, ad aprile e a luglio, per un totale di circa otto chilometri. L’appalto è stato vinto nel 2007 dal gruppo RTI Impregilo per l’importo di 629 milioni 644mila 723,77 euro. Di cui 579 milioni 91mila 163 per lavori.

La relazione ispettiva dell’autorità presieduta da Raffaele Cantone, però, contesta che i costi sono saliti del 47 per cento dell’importo contrattuale. Falsando di fatto la gara ai danni degli altri concorrenti. L’aumento, pari a 296 milioni 108mila 351,26 euro, è stato dovuto a due variazioni e ha portato il costo complessivo a 925 milioni 773mila 75,02. Nel rapporto ispettivo – inviato fra gli altri all’ufficio vigilanza dei lavori, al capo della Struttura tecnica di missione del ministero delle Infrastrutture, alla Corte dei conti, al Cipe e alla Procura – si legge che «la fattispecie riscontrata, in virtù del principio di invarianza delle condizioni negoziali, si traduce in una oggettiva alterazione della parità di condizione dei concorrenti e viola il principio di certezza delle situazioni giuridiche sotteso alla immodificabilità della lex specialis; contrariamente il bando di gara perderebbe la sua forza cogente per i soggetti partecipanti, ai quali non è dato interpretare e precisare il senso e la portata di quei parametri di gara la cui immutabilità è posta a garanzia di tutti indistintamente i partecipanti».

Inoltre l’Autorità nazionale anticorruzione fa notare che «la fattispecie riscontrata viola il principio della immodificabilità dell’offerta, teso a garantire, da un lato, la par condicio fra i concorrenti, e dall’altro, l’affidabilità del contraente». La durata dell’appalto era prevista in 2.480 giorni decorrenti dalla data di aggiudicazione. Mentre nel rapporto ispettivo firmato da Cantone si dice che «l’opera è in ritardo e solo con i successivi atti aggiuntivi hanno riportato il tutto entro l’anno 2014», dato che il completamento dei lavori e la messa in esercizio delle opere autostradali in questione «era stata assicurata entro il tempo utile per Expo 2015».

Il documento dell’Autorità anticorruzione si conclude con un’accusa pesante. Rileva che la gestione del procedimento di esecuzione dell’appalto relativo alla realizzazione del primo lotto della tangenziale di Como, del primo lotto della tangenziale di Varese e della tratta della Pedemontana che collega le autostrade A8 e A9 «non appare in linea» con i principi della legge 162 del 2006. Perché «attraverso gli accordi ratificati in corso di esecuzione sono state formulate clausole che variano sostanzialmente sia l’offerta del partecipante sia il contratto principale di appalto con conseguente aumento dei costi di esecuzione e di slittamento nel tempo della conclusione dei lavori, e ciò a danno dell’interesse pubblico e della collettività». Una nuova tegola che arriva sul vertice di Pedemontana in scadenza. Al quale si aggiunge l’audit firmato dal presidente dell’organismo di vigilanza della società autostradale Rodolfo Mecarelli, che suona come un atto di accusa verso l’amministratore delegato di Pedemontana, Marzio Agnoloni, già finito nella bufera per una vicenda di assunzioni e consulenze.

Nel rapporto dell’organismo di vigilanza, che prende in considerazione il periodo dal febbraio 2014 al gennaio di quest’anno, è scritto che «l’intuitu personae è stato considerato come presupposto esclusivo per la scelta dei consulenti». Che «non è dato conoscere se è stato elaborato nel tempo un elenco dei consulenti di fiducia da cui scegliere, a rotazione, quelli in possesso delle professionalità occorrenti di volta in volta alla missione aziendale». Mentre «nei fogli autorizzativi, che attestano l’effettività della prestazione, mancano le causali che dovrebbero coincidere con gli oggetti delle fatture e, a volte, manca il gestore del contratto». Per non parlare del fatto che «gli importi delle prestazioni non sono definiti, ma aperti e fatturati a consuntivo, successivamente; le lettere di incarico fanno rinvio alle precedenti e in un solo caso è emersa una richiesta di più offerte».

Infine l’audit rimarca «la mancata tracciabilità predeterminata delle trasmissioni delle fatture da parte degli studi (a volte a mano, con la posta elettronica, con quella ordinaria)». Anche se dà atto che a ottobre 2015 è stata diffusa una nuova procedura che prevede la richiesta di tre preventivi. Fermo restando la possibilità di selezionare i consulenti solo sul rapporto fiduciario. Equitalia ha inoltre notificato nel 2013 a Agnoloni un atto di pignoramento perché gli contesta un debito nei confronti della società di cui è amministratore delegato di 602mila 880,40 euro.

(clic)

L’irritabile Farinetti e quelle carte di Eataly

ELEZIONI: RENZI, BERLUSCONI TI VENDE PENTOLE A EURO 19.90Il presidente dell’Autorità anticorruzione, Raffaele Cantone, ha chiesto di visionare le carte che hanno portato all’aggiudicazione diretta di uno store di Expo 2015 a Eataly di Oscar Farinetti per capire se le procedure si sono svolte in maniera corretta. “Eataly è una delle più note realtà nel mondo, dopo l’interrogazione parlamentare ho chiesto di vedere le carte”, ha detto Cantone spiegando di essere abituato a esprimersi “sulla base dei documenti”. Quanto la notorietà di Eataly possa aver inciso ai fini della gara (non avvenuta), “mi riservo di verificarlo”. La replica di Farinetti, affidata ai microfoni di Radio Capital, non si è fatta attendere: “Se continuano le polemiche di gente che non fa e che ha un sacco di tempo da perdere per criticare chi fa, noi ci ritiriamo senza problemi”.

Sull’affidamento diretto a Eataly era stata presentata un’interrogazione parlamentare di due deputati di Sel al ministro Maurizio Martina. E il commissario unico del governo per Expo 2015, Giuseppe Sala, ha difeso la scelta: “Possiamo non fare una gara quando c’è unicità. E dal nostro punto di vista, Eataly è unico”, ha detto durante un incontro all’Expo Gate. Un riferimento alla capacità della società fondata da Farinetti e alla sua notorietà internazionale. “Non è facile vendere 24 milioni di biglietti e all’estero quando parli della Scala aperta sei mesi, di Eataly e di Slow Food la gente capisce”. L’idea di Farinetti, che avrà a disposizione due ‘stecche’ da 4mila metri quadrati ciascuna in cui funzioneranno 20 ristoranti, uno per ciascuna regione italiana, è quella di realizzare “l’osteria più grande del mondo”.

(fonte)

E’ secondario

Sono quasi due giorni che ripenso alla dichiarazione di Renzi secondo cui l’aumento dell’astensione è un fatto “secondario”. Mi è capitato anche di leggere in giro le centinaia di analisi che proliferano sui siti e nei social e come ogni elezione sembra che abbiano vinto tutti o perso tutti, tanto alla fine ci dicono che è la stessa storia. Se non ricordo male anche qualche Ministro disse, non molto tempo fa, che le proteste dei lavoratori e della FIOM, sono rappresentative semplicemente di interessi “particolari” e non di tutti i cittadini. Sulle vicende di Tor Sapienza qualche solone del Partito Democratico ebbe a dire che si trattava di vicende “periferiche”, disse così, nel senso di periferia rispetto alle questione importanti. Del resto erano casi particolari e minoranza anche gli esodati, non so se ve ne ricordate, quando si disse che semplicemente si erano sbagliati di qualche migliaio. In fondo anche la vicenda di Di Matteo e del processo sulla “trattativa” è qualcosa che interessa solo a quelli del “settore” (che poi mi dico che settore è? Quello della verità e giustizia? E’ quindi un campo solo per hobbisti?) e le misure anticorruzione sono un compitino dato per le vacanze al buon Raffaele Cantone, parafulmine contro le critiche.

E allora è proprio vero che gli interessi dei pochi sono diventati secondari, ha ragione Renzi. E alla fine dei diritti degli altri ci si interessa solo nei ritagli di tempo e con la dovuta sufficienza. E a quelli che cercano la “sinistra” basterebbe guardare in quel sottoscala lì, quello delle cose “da riprendere se c’è tempo” del circo paninaro e democratico di governo.