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Formigoni e i 31 dirigenti assunti in “gran segreto”

Schermata 2012-12-15 alle 14.46.55Per il Tar e il Consiglio di Stato è tutto illegittimo: il bando di concorso, mai apparso in «Gazzetta Ufficiale», e il provvedimento con cui la giunta ha cercato di rappezzare la situazione. Ciò che stiamo per raccontarvi accade nella più popolosa e ricca Regione d’Italia, che contribuisce per un quarto alla formazione del PiI, ha il primato dei migliori ospedali ed è considerata un modello d’efficienza: la Lombardia. 

La giustizia amministrativa invalida l’atto, ma la Regione «sana» con legge retroattiva Risultato: Giunta condannata al risarcimento dal Tar.

Una delle solite storie di Regione Lombardia marchiata dal formigonismo più becero. Forse quando parliamo tutti del libro della Minetti rischiamo di perdere il nodo politico che più di tutti sarà difficile da estirpare in caso di vittoria: una macchina amministrativa e dirigenziale completamente in mano agli amici degli amici che sarà sicuramente lo scoglio più difficile di qualsiasi inizio di legislatura. Per questo le soluzioni che si propongono per “deforestare” il sistema ciellino dovrebbero essere articolate e raccontate con calma e dovizia di particolari agli elettori. Passare dallo slogan al progetto legislativo e amministrativo è la maturità che gli elettori ci chiedono per risultare credibili nella guida della Regione.

La terrificante storia dei dirigenti lombardi è su Il Sole 24 Ore e la potete leggere qui.

Sto diventando intollerante all'(in)sanità pubblica

Io non sopporto più quest’aria rarefatta che nasconde la torba di un Governo che vorrebbe inculcarci la propria strada come unica possibilità da percorrere.
Non sopporto più questo ripetere che non c’è alternativa per narcotizzare l’elaborazione del pensiero politico, la fantasia, la politica e la speranza. Non sopporto più questo perbenismo conformista che dovrebbe spingerci a tacere che un Premier in un Paese che spende quello che spende in armamenti, corporazioni, prostituzioni finanziarie, lecchinaggi clericali e soldi pubblici per pagare i vizi, in un Paese in questo stato (minuscolo), Mario Monti si permetta di discutere di servizio sanitario nazionale come un privilegio per cui dovremmo ringraziare a testa bassa e mani giunte.
Io non sopporto più di ascoltare la retorica del privato (nei settori che la Costituzione prevedeva e vedeva pubblici) che eccelle nei ruoli che sono dello Stato quando, anche in Lombardia, è stato piuttosto interprete dell’egoismo, del disprezzo sociale e della distorsione di una mission che non può essere consonante nell’etica e insieme nei bilanci.
Io non accetto (ed è un minaccioso consiglio anche per i candidati delle primarie lombarde) che ci si ingegni per trovare “ciò che di buono è stato fatto” nella melma che si può annusare facendo un salto al presidio dei lavoratori appena fuori dal San Raffaele, dalle famiglie sanguinanti dei pazienti del Santa Rita o dagli “esuberi” che pagano la protervia e la bassezza umana della Fondazione Maugeri.
Io non tollero che non si levi una voce collettiva dignitosamente furiosa contro Monti e alcuni suoi Ministri che esibiscono priorità scollegate dalla realtà e con ghigno professorale ci illustrano teorie medievali nella visione dei diritti.
Non mi interessa sedermi dalla parte del torto (perché come diceva Brecht i posti erano già tutti occupati dalla parte della ragione) per elemosinare una poltrona o una carezza dalle segreterie.
Perché alla fine anche la liberalizzazione della dignità della persona ci diranno che è l’unica soluzione possibile.

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A Palazzo Lombardia si manifesta di malasanità

[comunicato stampa]

Dichiarazione del consigliere Cavalli (SEL) in merito alla manifestazione di oggi – 21 novembre 2012 – indetta da FP CGIL e UIL FPL Regionali

“Sono vicino alle lavoratrici e ai lavoratori della sanità pubblica e privata che stamani manifestano davanti all’Assessorato alla Sanità della Regione Lombardia.

Il tanto decantato sistema sanitario lombardo, con le sue eccellenze si sta sgretolando davanti agli occhi di tutti. E così dimostra i limiti e le criticità che abbiamo denunciato in tutti questi 17 anni di mal governo formigoniano.

La libera scelta, la parità del pubblico con il privato che non è mai decollata, il privilegio delle strutture private salite alla ribalta della cronaca con gli scandali che vedono in carcere personaggi vicini al Governatore  – come Daccò – che vedono conseguentemente una sottrazione di risorse alla sanità pubblica sono purtroppo sotto gli occhi di tutti noi.

Abbiamo di fronte a noi una prospettiva certamente non rosea, ed ad aggravare la situazione arriva la notizia di un taglio di  300 milioni di euro alle risorse regionali, per effetto della manovra Monti.

Che conseguenze avrà?

Porterà inevitabilmente al  blocco del turn over per il personale delle aziende sanitarie e ospedaliere pubbliche; cessazione di tutti i contratti di lavoro a tempo determinato; dichiarazione di licenziamenti (San Raffaele), a esuberi e cassa integrazione (Aiop e Multimedica) per i lavoratori della sanità privata; blocco del rinnovo dei contratti pubblici e privati; taglio delle risorse destinate alla contrattazione integrativa e decentrata; condizioni di lavoro precarie; riduzione dei servizi con conseguente aumento delle liste di attesa.

Dico grazie ai 130.000 operatori, medici, infermieri, tecnici, amministrativi, ausiliari, pubblici e privati, che con la loro professionalità quotidianamente hanno risposto in prima fila ai bisogni di salute delle persone!”

Al San Raffaele le macerie si chiamano tagli

Direbbe Vik che in fondo il segreto è di restare umani. Umani per non perdersi dietro le voci di candidature, di primarie e di tutto quello che si rincorre nei giornali di questi giorni mentre ancora non sono usciti i contenuti e rimangono a galleggiare solo le opinioni (quanto è credibile questo, quello, i capelli lunghi, il figlio di, l’attore, i moderati e tutto il resto su cui oggi comunque avremo modo di tornare).

Però succede altro in questi giorni di parole e piogge, come racconta il Corriere:

Presidio permanente dei sindacati e dei dipendenti del San Raffaele per protestare contro i 244 licenziamenti previsti dalla proprietà (il gruppo della famiglia Rotelli). Dopo una riunione in aula sindacale, dall’Rsu annunciano «una forma di lotta che durerà il tempo di tutta la trattativa». Giorno e notte. Obiettivo della protesta è far «ritirare la procedura di licenziamento per salvaguardare l’eccellenza dell’ospedale». Il piano del San Raffaele (definito un «attacco frontale» dai sindacati) punta ad un risparmio di circa 10 milioni. Le precedenti proposte erano state respinte, tra cui quella di una riduzione degli stipendi del 10%.

Il tema del San Raffaele è il cuore del formigonismo che ha mostrato tutte le sue lacune: non solo in un fallimento politico che ha frantumato la politica Lombarda ma una macelleria sociale di lavoro e lavoratori. Perché se il San Raffaele garantisce “eccellenza” senza tenere conto dei lavoratori, dei bilanci, dell’etica nei rapporti con la politica, della cristianità nelle proprie azioni tra dirigenti allora dovrebbero spiegarmi di che eccellenza si tratta. Ma davvero.

Il silenzio è SLA

E’ una protesta solo con gli occhi. Non è facile essere malati di Sla, nemmeno protestare, del resto. Eppure per richiamare l’attenzione del Governo Monti Sono più di 70 pazienti, tutti in condizioni gravi e gravissime, tracheotomizzati e allettati, che hanno deciso di accendere i riflettori sulla loro condizione per chiedere il diritto ad una vita decorosa. Perché quando si convive con patologie neurodegenerative progressive, come Sla, distrofia muscolare e sclerosi multipla, serve assistenza a ogni ora del giorno.

Un piano per l’autosuficienza. 
C’è chi vive a Roma, chi a Torino, chi a Cagliari. Eppure sono riusciti a superare la distanza e le difficoltà e a formare il Comitato 16 novembre. Fra le priorità di quest’associazione, c’è quella di realizzare al più presto un Piano nazionale per l’autosufficienza. “Il governo ha destinato parte dei 658 milioni della legge sulla Spending Review alla non autosufficienza, ma ancora non c’è un piano per la destinazione delle risorse – spiega da Grosseto Laura Flamini, malata di Sla e presidente del Comitato 16 novembre onlus -. Ora chiediamo che i tre ministeri Finanze-Welfare-Sanità ci incontrino per discutere di un piano organico e strutturale per l’assistenza ai non autosufficienti. Fra le nostre richieste c’è anche la disponibilità di una parte non definita dei 650 milioni del fondo destinato ai disabili gravi per assistenza domiciliare”.

Uno di loro, Alberto Damilano, tiene un diario su La Stampa e descrive il silenzio che c’è tutto intorno:

Sono sinceramente stupito dall’indifferenza dei media. Invece dei tecnici bocconiani che dispensano supposte venefiche e bon ton ho già detto ieri.

L’unica che ogni tanto dice quel che pensa è la Fornero, salvo educatamente adombrarsi quando gli altri dicono quel che pensano di lei.

Mi stupisco invece del silenzio dei grandi quotidiani e dei canali Rai e Mediaset. Intervista mia a parte, peraltro sul tg regionale, so che lunedì sia rai 3 che canale 5 hanno registrato analoghi servizi a casa di due altri malati, salvo poi non mandarli in onda. Qualcuno dei miei compagni di lotta pensa che sia un boicottaggio, un caro amico del mestiere mi ha spiegato che l’ambiente è «intorpidito», fa più notizia la gaffe di un ministro che 62 malati gravi che rischiano la vita (il numero di chi mette in atto lo sciopero cresce di giorno in giorno). Anch’io credo che le cose stiano così. Certo, cinicamente, se «ci scappasse il morto» tutto cambierebbe. Quel che non capiscono è che, poiché facciamo sul serio, «il morto ci scapperà».

Fortunato il paese che non ha bisogno di eroi, diceva Brecht. Aimè, non è il nostro caso.

 

Sul San Raffaele Formigoni come Schettino

Comunicato stampa
“La crisi occupazionale e sanitaria, che attanaglia i resti del San Raffaele, è la polaroid delle macerie create da un ventennio di politica formigoniana in Regione Lombardia.” Giulio Cavalli affida a una nota il commento a quanto emerso oggi dalle audizioni sul San Raffaele in commissione sanità.

“A quasi 200 giorni dall’acquisto è semplicemente imbarazzante che la nuova proprietà non abbia ancora presentato nessun piano aziendale e che non abbia alcuna idea di futuro della gestione se non quella che passa attraverso tagli e licenziamento del personale.” Continua il consigliere di Sinistra Ecologia Libertà “Le audizioni oggi in commissione hanno reso evidente la falsità di quanto affermato dalla proprietà, di come la qualità del servizio reso ai cittadini sarà intaccato dai 450 licenziamenti previsti: si è definitivamente acclarato che le problematiche, contrariamente a quanto fin qui indicato dalle strutture regionali, non sono solo occupazionali ma anche di presidio sanitario.”

“Formigoni dopo aver utilizzato il San Raffaele come serbatoio di voti con un’attenzione più che sospetta” conclude Cavalli “come uno Schettino qualunque scarica qualsiasi responsabilità sulla struttura, senza neppure tentare di aprire un serio tavolo tra le parti in cui Regione Lombardia sia garante.”

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Cosa rischiamo di perderci

Mentre sulla scena nazionale ci beviamo le capovolte di alleanze presunte, strillate, precisate, puntualizzate e poi di nuovo messe in discussione qui in Lombardia succede di tutto.

Succede che l’indagine su Roberto Formigoni continua e diventa sempre più imbarazzante. Non solo per gli aspetti giudiziari (che, per carità, ci interessano) ma soprattutto per il cumulo di inopportunità e prese di posizione.

Lui, il Roberto, dice che non andrà a deporre fino a settembre. È occupato, si vede. E intanto sostituisce in corsa la sua schiera di avvocati. Che non è mai un bel segnale.

Emanuela Talenti è stata chiamata per fare chiarezza su alcuni movimenti bancari. Versamenti, avvenuti tra il 2005 e il 2009 per un totale di oltre 100mila euro che la ex show-girl avrebbe definito un ‘aiuto’ ricevuto da colui con il quale per anni ha avuto una relazione.

Costantino Passerino, ex direttore amministrativo della Fondazione, attacca il presidente della Lombardia: “Solo il corrotto è libero”

E intanto la Lega ha staccato il famoso “tagliando mensile” anche per agosto.

Insomma, va sempre peggio. Ma per noi. Per i Lombardi. E per la politica come la vorremmo vedere.

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Ripensare la sanità: prescrivere salute

Un’idea, un’ispirazione. Lo squarcio di un modello opposto alla lobby (antisociale) della sanità. Anche (e soprattutto) lombarda. Rebecca Onie si pone domande coraggiose: E se le sale d’aspetto fossero luoghi fatti per migliorare le cure sanitarie quotidiane? E se i medici potessero prescrivere cibo, casa, e riscaldamento in inverno? A TEDMED Rebecca Onie parla di Health Leads, un’organizzazione che fa proprio questo — e lo fa attraverso una base volontaria dedicata quanto una squadra sportiva universitaria.

Il mio primo anno di università mi sono iscritta ad un tirocinio nella divisione immobiliare al Greater Boston Legal Services. Mi sono presentata il primo giorno pronta a preparare caffè e fare fotocopie, invece sono stata assegnata a questo avvocato onesto e profondamente ispirato di nome Jeff Purcell, che mi ha spedita in prima linea fun dal primo giorno.

In quei 9 mesi ho avuto la fortuna di parlare con dozzine di famiglie a basso reddito di Boston che si presentavano con problemi di alloggio, ma alla base avevano sempre problemi di salute. Ho avuto un cliente che stava per essere sfrattato perché non aveva pagato l’affitto. Ovviamente non aveva pagato l’affitto perché pagava le cure per l’HIV e non poteva permettersi entrambi. Avevamo madri che si presentavano con figlie che soffrivano d’asma, che si svegliavano la mattina coperte di scarafaggi. E una delle nostre strategie in tribunale era quella di mandare me a casa di questi clienti con questi bottiglioni di vetro.Raccoglievo gli scarafaggi, li incollavo su questa lavagna che portavamo in aula per i nostri casi. E abbiamo sempre vinto perché i giudici erano sempre disgustati. Ancora più efficace, devo dire, di qualunque cosa io abbia imparato a giurisprudenza.

Ma durante questi nove mesi, è cresciuta la frustrazione per la sensazione di intervenire troppo tardi nelle vite dei nostri clienti — che nel momento in cui venivano da noi, erano già in crisi. Ala fine del mio primo anno di università, lessi un articolo sul lavoro che stava svolgendo il Dott. Barry Zuckerman titolare della cattedra di Pediatria al Boston Medical Center. La sua prima assunzione era un avvocato per rappresentare i pazienti.

Così chiamai Barry, e con la sua approvazione, nell’ottobre del 1995 entrai nella sala d’attesa della clinica pediatrica del Boston Medical Center. Non dimenticherò mai la TV che trasmetteva in continuazione cartoni animati. E lo sfinimento delle madri che avevano preso due, tre, qualche volta quattro autobus per portare i figli dal medico era palpabile.

I medici, così sembrava, non avevano mai abbastanza tempo per tutti i pazienti, facevano quello che potevano. Durante quei sei mesi, io li ho messi continuamente con le spalle al muro, nei corridoi, e ho fatto loro una domanda, ingenua ma fondamentale; “Se aveste risorse illimitate, quale sarebbe la prima cosa che dareste ai vostri pazienti?”

E ho sempre sentito la stessa storia, una storia che da allora abbiamo sentito centinaia di volte. Dicevano: “Ogni giorno arrivano pazienti in clinica — il bambino ha un’infezione all’orecchio, prescrivo antibiotici. Ma il vero problema è che non hanno cibo a casa. Il vero problema è che il bambino vive con altre 12 persone in un appartamento di due locali. Io non faccio domande su questi problemi perché non posso farci niente. Ho tredici minuti a paziente. I pazienti si accumulano nella sala d’attesa della clinica. Non ho idea di dove sia la dispensa più vicina. E non ho nessuno che mi aiuti”. In quella clinica, ancora oggi, ci sono due assistenti sociali per 24 000 pazienti pediatrici, che è molto meglio di tante altre cliniche.

Da queste chiacchierate è nato Health Leads — un modello semplice dove i medici e le infermiere possono prescrivere cibo nutriente, riscaldamento in inverno e altre risorse di base ai propri pazienti nello stesso modo in cui prescrivono medicinali. I pazienti portano le loro prescrizioni alla nostra scrivania nella sala d’attesa della clinica dove abbiamo un gruppo di studenti di legge molto in gamba che lavorano fianco a fianco con queste famiglieper metterle in contatto con lo scenario esistente delle risorse locali.

Abbiamo iniziato con un tavolino nella sala d’attesa della clinica — stile bancarella. Ma oggi abbiamo migliaia di studenti di legge che lavorano per mettere in contatto quasi 9000 pazienti e le loro famiglie con le risorse di cui hanno bisogno per essere in salute.

18 mesi fa ho ricevuto un’email che mi ha cambiato la vita. L’email era del Dott. Jack Geiger, che scriveva per congratularsi per Health Leads e per condividere, come dice lui,un po’ di contesto storico. Nel 1965 il Dott. Geiger ha fondato uno dei primi due centri sanitari comunitari del suo paese, in un’area terribilmente povera nel Delta del Mississipi.Molti dei suoi pazienti arrivavano con tali problemi di malnutrizione che cominciò a prescrivere loro cibo. Loro portavano le prescrizioni al supermercato locale, che le seguivae poi le metteva in carico al budget della farmacia della clinica. E quando all’ufficio per le opportunità economiche di Washington D.C. — che finanziava la clinica di Geiger — lo hanno scoperto, si sono infuriati. Hanno inviato dei burocrati a dire a Geiger che il compito di Gieger era usare i loro fondi per le cure mediche — a cui Geiger rispose notoriamente e logicamente: “L’ultima volta che ho controllato sui manuali, la terapia per la malnutrizione era il cibo”.

(Risate)

Quando ho ricevuto questa email dal Dott. Geiger, sapevo di dover essere fiera di fare parte di questa storia. Ma la verità è che ero distrutta. Eccoci qui, 45 anni dopo che Geiger ha prescritto cibo ai suoi pazienti, ci sono dottori che mi dicono: “Per questi problemi applichiamo la tecnica ‘non chiedere niente, non dire niente'”. 45 anni dopo Geiger, Health Leads deve reinventare la prescrizione per le risorse di base. Ho passato ore e ore a cercare di dare un senso a questo strano Giorno della Marmotta. Com’è possibile che, per decenni, abbiamo avuto uno strumento semplice per mantenere in salute i pazienti, in particolare i pazienti a basso reddito, e non l’abbiamo mai usato? Se sappiamo cosa ci vuole per avere un sistema sanitario che cura anziché un sistema che fa ammalare, perché non lo facciamo?

Queste domande, nella mia testa, non sono difficili perché le risposte sono complicate, ma sono difficili perché dobbiamo essere onesti con noi stessi. Io credo che sia fin troppo doloroso esprimere le nostre aspettative nei confronti dell’assistenza sanitaria, o anche solo ammettere che ne abbiamo. Perché se lo facessimo, verrebbero contraddette dall’attuale realtà. Ma non cambia la mia convinzione che tutti noi, nel profondo, qui in questa sala e in tutto il paese, condividiamo gli stessi desideri. Se siamo onesti con noi stessi e ascoltiamo in silenzio, nutriamo tutti un’incrollabile aspettativa nei confronti dell’assistenza sanitaria:che ci mantenga in salute.

Aspirare a che il nostro sistema sanitario ci mantenga in salute è straordinariamente efficace. E ne sono convinta perché credo che il sistema sanitario sia come qualunque altro sistema. È una serie di scelte che la gente fa. E se decidessimo di fare scelte diverse? E se decidessimo di prendere tutte le parti dell’assistenza sanitaria che ci hanno allontanato da noi stessi e ci fermassimo a dire: “No. Queste cose ci appartengono.Verranno utilizzate per i nostri scopi. Verranno utilizzate per realizzare le nostre aspirazioni”? E se tutto quello di cui avessimo bisogno per capire quello a cui puntiamo per il sistema sanitario fosse proprio davanti a noi in attesa di essere rivendicato?

Ecco dove è iniziato Health Leads. Abbiamo cominciato con il blocchetto delle ricette — un comune pezzo di carta — e ci siamo chiesti, non ciò di cui hanno bisogno i pazienti per essere in salute — antibiotici, inalatori, farmaci — ma prima di tutto, di cosa hanno bisogno i pazienti per rimanere in salute, per non ammalarsi? E abbiamo scelto di usare le prescrizioni per quel motivo. A qualche chilometro da qui al Children National Medical Center, quando i pazienti arrivano nello studio medico, vengono fatte loro alcune domande.Viene loro chiesto: “Ti manca cibo alla fine del mese?” Hai una casa sicura?” E quando il medico inizia la visita, conosce altezza, peso, se c’è cibo a casa, se la famiglia ha un riparo. E solo quello porta a migliori scelte cliniche, ma il medico può anche prescrivere quelle risorse al paziente, utilizzando Health Leads come specialista di riferimento.

Il problema è che una volta provato quello che significa rendersi conto di quello che si vuole dal sistema sanitario, si vuole di più. Allora abbiamo pensato: se si possono spingere i medici a prescrivere queste risorse di base ai loro pazienti, possiamo portare l’intero sistema sanitario a cambiare i propri assunti? Abbiamo provato.

Ora all’Harlem Hospital Center quando i pazienti arrivano con un Indice di Massa Corporea elevato, le cartelle cliniche elettroniche generano automaticamente una prescrizione per Health Leads. E i nostri volontari possono poi lavorare con loro per far accedere i pazienti a cibo sano e programmi di esercizi nelle loro comunità. Abbiamo creato un assunto: se sei paziente in quell’ospedale con un Indice di Massa Corporea elevato i quattro muri dello studio medico probabilmente non avranno da offrire tutto quello che ti serve per essere in salute. Avete bisogno di qualcosa di più.

Quindi da una parte, è soltanto una nuova codifica di base della cartella clinica elettronica.Dall’altro lato, è una trasformazione radicale della cartella clinica elettronica da depositaria statica di informazioni diagnostiche a strumento promotore della salute. Nel settore privato,quando tirate fuori quel tipo di valore addizionale da un investimento a costo fisso, si chiama azienda da un miliardo di dollari. Ma nel mio mondo, si chiama riduzione dell’obesità e del diabete. Si chiama assistenza sanitaria — un sistema dove i medici possono prescrivere soluzioni per migliorare la salute, non solo gestire malattie.

La stessa cosa vale per la sala d’attesa della clinica. Ogni giorno in questo paese 3 milioni di pazienti passano dalle sale d’attesa di 150 000 cliniche del paese. E cosa fanno quando sono lì? Stanno seduti, guardano il pesce rosso nell’acquario, leggono vecchie copie di riviste da casalinghe. Ma soprattutto siamo tutti lì seduti, ad aspettare. Come siamo arrivatia dedicare centinaia di ettari e migliaia di ore all’attesa? E se avessimo una sala d’attesadove non si sta lì seduti solo quando si è malati, ma dove si va per essere più in forma. Se gli aeroporti possono essere centri commerciali e McDonald’s può diventare un parco giochi, certamente possiamo reinventare le sale d’attesa delle cliniche.

Ed è quello che Health Leads ha cercato di fare: recuperare gli immobili e il tempo e usarli come accesso per connettere i pazienti alle risorse di cui hanno bisogno per essere in salute. È un inverno rigido nel Nord Est, vostro figlio ha l’asma, il riscaldamento si è spento, e ovviamente siete nella sala d’attesa di un pronto soccorso, perché l’aria fredda ha scatenato l’asma di vostro figlio. Ma se invece di aspettare per ore con ansia, la sala d’attesa diventasse il posto dove Health Leads vi riaccende il riscaldamento?

E ovviamente questo richiede una più ampia forza lavoro. Ma se siamo creativi, abbiamo già anche quella. Sappiamo che i nostri dottori e le nostre infermiere persino gli assistenti sociali non sono sufficienti, e che i tempi limitati dell’assistenza sanitaria sono troppo restrittivi. Per la salute ci vuole più tempo. Richiede una sfilza di persone al di fuori dell’ambiente medico di assistenti sociali, responsabili dei casi e molti altri.

E se una piccola parte di questa futura forza lavoro sanitaria fossero gli 11 milioni di studenti universitari di questo paese? Sollevati da responsabilità cliniche, non disposti ad accettare un no come risposta da quelle burocrazie che hanno tendenza a schiacciare i pazienti, e con una impareggiabile capacità di recuperare le informazioni perfezionata da anni di ricerca su Google.

Nel caso pensaste improbabile che un volontario universitario possa prendersi questo tipo di impegno, vi dirò solo due parole: Follia di Marzo. Il giocatore di basket medio della I Divisione della NCAA dedica allo sport 39 ore a settimana. Possiamo pensare che sia un bene o un male, in ogni caso è reale. E Health Leads si basa sul presupposto che per troppo tempo abbiamo chiesto troppo poco ai nostri studenti universitari quando si tratta dell’impatto reale su comunità vulnerabili. Gli sport universitari ci dicono “Passeremo dozzine di ore su un qualche campo al campus in assurdi orari mattutini e misureremo i vostri risultati, e i risultati della vostra squadra, e se non siete all’altezza o non vi fate vedere, vi buttiamo fuori dalla squadra. Ma faremo grossi investimenti per la vostra formazione e il vostro sviluppo, e vi metteremo a disposizione compagni straordinari.” E la gente fa la fila fuori dalla porta solo per avere la possibilità di farne parte.

La nostra sensazione è che se va bene per la squadra di rugby, va bene per la salute e per la povertà. Health Leads recluta in maniera competitiva, offre un’intensa formazione,insegna in maniera professionale, richiede molto tempo, costruisce una squadra coesa e misura i risultati — una specie di Teach for America dell’assistenza sanitaria.

Le prime 10 città americane con il più gran numero di pazienti sotto assistenza sanitaria pubblica hanno ciascuno almeno 20 000 studenti universitari. La sola New York ha mezzo milione di studenti universitari. È non è solo una forza lavoro a breve termine per mettere i pazienti in contatto con le risorse di base, è lo sviluppo della prossima generazione del sistema sanitario che ha passato due, tre, quattro anni nella sale d’attesa delle cliniche a parlare con i pazienti dei loro bisogni sanitari di base. Al termine del loro operato hanno ottenuto la convinzione, la capacità e l’efficacia nel realizzare le nostre aspettative di base nei confronti dell’assistenza sanitaria. E il fatto è che ce ne sono in giro già a migliaia.

Mia Lozada è responsabile di medicina interna all’UCSF Medical Center, ma per tre anni, da studentessa, è stata volontaria all’Health Leads nella sala d’aspetto del Boston Medical Center. Mia dice: “Quando i miei compagni di classe scrivono una ricetta, pensano che sia finita lì. Quando io scrivo una ricetta, penso: la famiglia è in grado di leggerla? Ha i mezzi per recarsi in farmacia? Ha cibo per assumere quello che ho prescritto? Ha un’assicurazione per coprire la prescrizione? Queste sono le domande che ho imparato a farmi a Health Leads, non alla facoltà di medicina.”

Nessuna di queste soluzioni — il blocchetto delle prescrizioni, la cartella clinica elettronica,la sala d’aspetto, la schiera di studenti universitari — sono perfetti. Ma non dobbiamo fare altro che prenderli — esempi semplici della quantità di risorse poco utilizzate dell’assistenza sanitaria che, se recuperate e messe in campo, possono realizzare le nostre aspirazioni di base dell’assistenza sanitaria.

Ero al Greater Boston Legal Services da nove mesi quando questa idea di Health Leads ha iniziato a infiltrarsi nella mia mente. E sapevo di dover dire a Jeff Purcell, il mio avvocato,che dovevo andare via, ed ero così nervosa, perché pensavo che l’avrei delusonell’abbandonare i clienti per un’idea folle. Mi sono seduta accanto a lui e gli ho detto: “Jeff, ho in mente che potremmo mobilitare gli studenti universitari per affrontare i bisogni sanitari di base dei pazienti.” E sarò onesta, tutto quello che volevo era che non si arrabbiasse con me. Ma disse questo: “Rebecca, quando hai un’idea, hai l’obbligo di realizzarla. Devi portare avanti quell’idea”. E devo dire, ho reagito con “Wow. Questa è una pressione forte”. Volevo solo una benedizione, non volevo un qualche tipo di mandato. Ma la verità è che da allora ho passato praticamente ogni minuto ad inseguire quell’idea.

Credo che abbiamo tutti un’idea per l’assistenza sanitaria di questo paese. Credo che alla fine la nostra valutazione sull’assistenza sanitaria, non sarà per le malattie curate, ma per le malattie prevenute. Non sarà per l’eccellenza delle nostre tecnologie o per gli specialisti ricercati, ma da quanto raramente abbiamo bisogno di loro. E più di tutto, credo che il nostro giudizio sull’assistenza sanitaria, non dipenderà da quello che era il sistema, ma da quello che scegliamo che sia.

Grazie.

(Applausi)

Grazie.

(Applausi)

Il Faraone del Celeste

Ci sono persone che ti accompagnano per una vita, così come prima hanno accompagnato quella dei padri. Si tratta di figure contornate da uno strano alone di mito, il cui potere si estende per generazioni, confondendosi nella fluida e magmatica oscurità del tempo. Nomi grigi che a volte non hanno nemmeno un volto perché non ne hanno bisogno. Uomini (perché è difficile si tratti di donne) in grado di condizionare l’immaginario pubblico della tua città o monopolizzare per anni i discorsi nei bar.

Ecco, una di queste persone si chiama Gian Carlo Abelli, settantunenne ex-democristiano oggi deputato nelle file del PDL. La sua carriera, esclusivamente politica (perché Abelli, dagli anni ’70, non ha mai avuto una professione indipendente da nomina politica), si sviluppa lungo un percorso piuttosto lineare in termini per così dire politici, benché più volte ostacolato da alcuni spiacevoli inconvenienti.

Claudio riannoda i fili di Abelli e Formigoni su Non Mi Fermo.

Formigoni secondo Fo

L’intervista di Oriana Liso oggi su Repubblica:

Dario Fo: mi ricorda sant’Ambrogio che diceva basta a chi si definisce da solo un santo

“Sta venendo fuori il marcio il governatore ammetta e lasci”

MI­LA­NO — Pre­mio No­bel, uo­mo di tea­tro e lom­bar­do doc. Da­rio Fo, co­sa pen­sa del­le vi­cen­de giu­di­zia­rie che coin­vol­go­no il go­ver­na­to­re For­mi­go­ni?

«Pri­ma di tut­to mi di­ca: con­ti­nua ad as­si­cu­ra­re di non es­se­re in­da­ga­to? Con­ti­nua a di­re che lui non ha fat­to pro­prio nien­te?».

Già.

«Nel quar­to se­co­lo avan­ti Cri­sto il gran­de scul­to­re Fi­dia fu in­ca­ri­ca­to di rea­liz­za­re una sta­tua di Ate­na ma par­te del­l’o­ro che ser­vi­va per la do­ra­tu­ra del­la sta­tua — rac­col­to con il con­tri­bu­to di tut­ti gli ate­nie­si, an­che dei più po­ve­ri — fu ru­ba­to. So­spet­ta­to, pro­prio Fi­dia. Che al le­gi­sla­to­re So­lo­ne ri­bat­te: “Quan­do avre­te le pro­ve cer­te che ho ru­ba­to quel­l’o­ro,al­lo­ra po­tre­te ve­ni­re a di­stur­bar­mi. Nes­su­no dei vo­stri giu­di­ci può in­di­car­mi co­me col­pe­vo­le, quin­di la­scia­te­mi tran­quil­lo”».

Il ri­fe­ri­men­to sem­bra chia­ro.

«Ri­spon­de So­lo­ne a Fi­dia: “la gen­te ha in­tui­to che tu sei col­pe­vo­le di fur­to ai dan­ni del­la po­po­la­zio­ne in­te­ra. Tu hai la pos­si­bi­li­tà e l’a­bi­li­tà per men­ti­re, ma sai co­sa ac­ca­drà? Tut­ti ti co­no­sco­no co­me un gran­dis­si­mo ar­ti­sta, ma se ti com­por­ti co­me un fur­bo qual­sia­si, nien­te po­trà sal­var­ti dal per­de­re la tua glo­ria. Sce­gli tu, a me fai tan­ta pe­na”. A que­sto pun­to Fi­dia scop­pia a pian­ge­re e di­ce: so­no col­pe­vo­le».

Si aspet­ta che il pre­si­den­te For­mi­go­ni fac­cia lo stes­so?

«Mi pia­ce­reb­be ve­de­re For-mi­go­ni am­met­te­re sem­pli­ce­men­te: “sì, so­no col­pe­vo­le”. Sen­za ar­ro­gan­za, sen­za que­ste iro­nie con­ti­nue, que­sto mo­do sprez­zan­te di ri­ven­di­ca­re fe­ste, pran­zi, ba­gni. Di­ce: “so­no pu­ro co­me l’ac­qua di fon­te”. Ma nean­che Ge­sù ha mai det­to una co­sa co­sì pre­sun­tuo­sa. Quel­lo su Fi­dia è un rac­con­to di­men­ti­ca­to dal­la sto­ria: em­ble­ma­ti­co an­che que­sto di co­me la no­stra cul­tu­ra ab­bia per­so per stra­da va­lo­ri co­me l’o­ne­stà, la tra­spa­ren­za, la cul­tu­ra stes­sa».

Cre­de che le ec­cel­len­ze lom­bar­de — co­me la cul­tu­ra, ap­pun­to, non so­lo la sa­ni­tà — ri­schi­no il de­cli­no?

«Ma lo so­no già, in de­cli­no. Per an­ni ci si è van­ta­ti di una re­gio­ne ai pri­mi po­sti nel pro­dur­re cul­tu­ra, la­vo­ro, ope­re pub­bli­che e tan­to al­tro. Ma è co­me se per an­ni si­fos­se ster­ra­ta so­lo la su­per­fi­cie del ter­re­no, la­scian­do che sot­to pro­li­fe­ras­se il mar­cio. E il mar­cio ora sta ve­nen­do fuo­ri: quan­to so­no gli in­da­ga­ti, in Re­gio­ne? Sia­mo go­ver­na­ti da una strut­tu­ra di cor­rot­ti che re­sta­no at­tac­ca­ti di­spe­ra­ta­men­te al­le lo­ro pol­tro­ne men­tre sta an­dan­do tut­to in ro­vi­na. An­zi, pro­prio chi ci go­ver­na sta man­dan­do tut­to in ro­vi­na».

È una vi­sio­ne mol­to pes­si­mi­sta, la sua. Non c’è mo­do di fer­ma­re que­sta fra­na?

«Bi­so­gne­reb­be riu­sci­re a cac­cia­re i fan­ta­smi, co­me li chia­ma­va San­t’Am­bro­gio. Che di­ce­va, di Mi­la­no: ba­sta con que­sti uo­mi­ni che si tra­ve­sto­no da san­ti, che si de­fi­ni­sco­no da so­li, dei san­ti. Non sem­bra­no le pa­ro­le di For­mi­go­ni, que­ste?».