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SIAE

Ci vuole Fedez per dire quello che tutti sanno su Franceschini, SIAE e monopolio

E bravo Fedez, quindi. Ecco l’articolo dell’HP:

“Andate a vedere che lavoro fa la moglie di Franceschini”. Duro attacco di Fedez al ministro dei Beni Culturali e del Turismo Dario Franceschin i che, secondo il rapper e produttore discografico, “è palesemente colluso, colluso forse è troppo, è in conflitto d’interessi con i temi che deve affrontare tra Soundreef e Siae perché sua moglie gestisce gli immobili di Siae”. Durante la conferenza “Compose the future” alla Luiss Enlabs di Roma, il musicista non risparmia accuse nei confronti del ministro: “Non è che lo dico io – spiega al moderatore – è un fatto oggettivo, perché se tua moglie gestisce gli immobili e il patrimonio di Siae, è lecito parlare di conflitto di interesse e se l’Europa ti dà una direttiva e tu non la rispetti, ci sono delle domande da porsi ed è legittimo porsele”. Subito la replica dell’onorevole Francesco Boccia (Pd), presente alla conferenza: “Io l’ho visto all’opera su Secondary ticketing e penso che sia stato, in questo quadriennio, un eccellente ministro dei Beni Culturali”, dice a proposito dell’operato di Franceschini. “Voi avete aperto il dibattito sul diritto d’autore, – aggiunge – io vorrei aprirlo su tutta la catena del valore perché se lo apriamo su tutta la catena del valore, forse consentiamo al nostro Paese di fare un salto di qualità”. Ma il rapper, che a margine del convegno ha ironizzato sulle tracce della prima prova dell’esame di maturità, ricordando di non averla mai sostenuta (“Robot? Avrei scelto robot”, ha risposto ai giornalisti), insiste e ribadisce che “per quanto possa essere complesso il discorso e per quanto si possano fare tanti voli pindarici, parliamo di un monopolio che esiste dai tempi di Verdi, da 130 anni, e che ad oggi non cambia”. “Uno può discutere su tante cose – ha proseguito – ma quello che rimane è che l’Europa ha chiesto di togliere il monopolio e la politica non ha tolto il monopolio”.

“Crediamo che sia necessario e importantissimo creare un percorso codificato tra start-up e politica”, ha detto poi l’amministratore delegato di Soundreef Davide D’Atri a margine della conferenza, ideata proprio con l’intento di proporre la creazione di un organismo di tutela per le start-up presso il Mise, per consentire ai giovani imprenditori di interagire con lo Stato e le istituzioni in modo “trasparente e regolamentato”.

“Il monopolio esiste ancora ed è più aggressivo di prima”, afferma l’ad di Soundreef, che oggi conta 25.000 autori a livello mondiale, di cui 8.000 italiani, destinati ad aumentare: “Ci saranno autori americani molto importanti e almeno un altro paio di colpi italiani prima della fine dell’anno – ha annunciato D’Atri, senza lasciarsi scappare un nome ma ribadendo un chiaro interesse “per la fascia giovane”.

Dopo essere sbarcato in Italia nel 2015, l’intento del gestore indipendente di diritti d’autore è ora quello di tornare ad investire all’estero: “Alcuni Paesi ci hanno proposto addirittura di arrivare a sostituire la collecting nazionale”, ha detto Davide D’Atri. “Se in Italia ci rendono la vita difficile – ha proseguito – possiamo fare business fuori dall’Italia riportando i capitali qui”.

“Il mercato non si è ancora aperto, i concorrenti non possono arrivare, – ha concluso Fedez – tutti sappiamo che quando si apre il mercato alla concorrenza chi ne trae beneficio è il fruitore finale: in questo caso si sta cercando di agevolare un monopolio e non gli artisti”.

Idiozia digitale

L’equo compenso decantato dal Ministro Franceschini ha delle tariffe che sono vergognose per un paese che parli di sviluppo digitale. Basta leggere l’articolo di Gianfranco Giardina per farsi un’idea. Vale la pena leggere anche l’opinione di Guido Scorza:

Sono – come peraltro era già dato immaginare dalle anticipazioni contenute nel comunicato stampa del Ministero dello scorso 20 giugno ed in quello, di pari data, della Siae – aumenti tariffari da capogiro che costeranno ai consumatori italiani oltre 150 milioni di euro l’anno e porteranno nelle casse della Siae– solo a titolo di rimborsi di costi di gestione – oltre 10 milioni di euro cui andranno ad aggiungersi importi egualmente esorbitanti grazie agli interessi bancari ed ai proventi finanziari che la Società maturerà avendo in deposito la montagna di denaro in questione.

Ma scorrendo il testo del Decreto, oltre ai numeri, ci sono altri aspetti che balzano agli occhi e colorano questa vicenda delle tinte fosche dei peggiori esempi di buona amministrazione.

Cominciamo dal principio. La legge prevede che il Ministro dei beni e delle attività culturali aggiorni – e, non necessariamente aumenti – le tariffe dell’equo compenso, sentito il Comitato permanente sul diritto d’autoree le associazioni di categoria dei produttori di tecnologia. Nessun riferimento, dunque, alla Siae.

Eppure il Decreto che il Ministro Franceschini ha firmato è stato, sostanzialmente, dettato proprio dalla Siae, soggetto che, nella partita, è portatore di un doppio interesse, evidentemente, di parte sia in quanto rappresentante di autori ed editori destinatari ultimi del compenso sia perché, più sono alte le tariffe dell’equo compenso maggiore è l’importo che essa trattiene per sé a titolo di rimborso dei costi di gestione.

Nessun Ministro della Repubblica dovrebbe lasciarsi suggerire cosa scrivere in un proprio decreto da un soggetto portatore di un palese ed evidente proprio interesse di parte.

E se il teatro incassasse quanto il calcio?

Ormai sono anni che lo dico e lo scrivo: il teatro italiano non soffre di nessuna crisi di produttività ma sconta un generale disinteresse (e ignoranza, pure) da parte della politica. Per carità, la politica può permettersi di non muoversi anche perché di fronte ha un’opinione pubblica che s’indigna per il prezzo del caffè alla buvette del Parlamento e non coglie la cultura nel significato più largo: alfabetizzazione dei diritti, coltivazione della memoria, lavoratori coinvolti, indotto turistico e produttività.

Oggi su Pubblico (che ammetto mi piace ogni giorno di più) esce la notizia che il teatro italiano incassa quanto il calcio per presenze e Andrea Porcheddu puntualmente rileva la disattenzione generale:

Però, di fatto, il teatro esiste, e addirittura resiste. Per la crisi, si è registrata nel 2011 una naturale flessione ma, se pure l’offerta di spettacoli segna un -3,1%, gli ingressi hanno toccato i 22,3 milioni. Sono dati Siae per il 2011, e sembrano indicativi. Tanto per intenderci, il blasonato e sponsorizzato calcio ha avuto 22,6 milioni di ingressi.

Calcio e teatro hanno lo stesso pubblico: l’avreste mai detto? Hanno lo stesso spazio in tv e sui giornali?
E anche per quel che riguarda il settore va notato come la crisi abbia avuto effetti minimi: da un attento studio degli oltre 4 milioni di spettacoli censiti dalla Siae, si evidenzia che sono diminuite la spesa al botteghino (- 0,98%) e la spesa del pubblico (- 1,90%), ma è aumentato il volume d’affari (+2,08).

Dunque gli italiani non hanno rinunciato al teatro, al cinema, ai concerti, al ballo. Non hanno rinunciato alla cultura, portando – per quel che riguarda la prosa – almeno 185 milioni di euro al botteghino dei 17 teatri stabili pubblici e dei 14 privati, in un settore che vede più di 100 compagnie finanziate e oltre 100mila soggetti che producono atti- vità. Ma non solo: nel settore spettacolo dal vivo lavorano oltre 200mila persone (più quelli che studiano nei conservatori, nei dams, nelle accademie, che saranno gli artisti di domani), molte più che alla Fiat o Alitalia.

Purtroppo, però, di tutto questo mondo, i politici non si sono mai accorti. E, com’è noto, l’Italia – che esporta artisti, gruppi, spettacoli in tutto il mondo – finanzia con appena lo 0,1% del Pil la cultura, quando la media europea è almeno dell’1%.

SIAE chiede, Mantellini risponde.

 Ieri mattina alcuni quotidiani hanno pubblicato una pagina a pagamento della Società Italiana Autori ed Editori in sostegno alla delibera AgCom sulla pirateria online che è stata molto discussa e criticata nelle scorse settimane. La pagina – firmata da moltissimi iscritti – elencava dieci domande più o meno retoriche sulle questioni care alla SIAE: il Post ha chiesto a Massimo Mantellini, esperto di internet, blogger e piuttosto critico sulla delibera AgCom, di rispondere alle domande della SIAE. Risposte chiare, puntuali. E alla fine a perdere è la rete.