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Papeete 2 la vendetta: Salvini contro il suo stesso Governo. Ma ormai nella Lega nessuno lo capisce più

È il solito Salvini, solo che non funziona più. L’uomo che fingeva contemporaneamente di essere di lotta e di governo, quello che già nel primo governo Conte faceva il ministro agli Interni e intanto picconava l’esecutivo di cui faceva parte ora riprende la stessa solfa con Mario Draghi prendendosi già una mezza porta in faccia e innervosendo non poco i suoi ministri.

Cerca di tenere in bilico le sue troppe facce, telefona a Draghi per ribadirgli fiducia ma poi ordina ai suoi ministri (piuttosto stanchi di stare al guinzaglio, come dicono anche le voci dentro al partito) di non votare le stesse decisioni che erano state prese in cabina di regia.

Solo che Draghi non casca nel trabocchetto e anzi bacchetta il leader della Lega. “Gli accordi si rispettano”, ha detto il Presidente del Consiglio, come se non fosse chiaro proprio dalla biografia di Salvini che la sua carriera politica sia tutta incentrata proprio sulle giravolte. 

Lui continua con la sua solita cantilena riscaldata, parla di “buonsenso” e finge di occuparsi davvero dei temi quando è solo piegato sulla sua visibilità e sul suo bacino di voti.

Ma intanto crolla.

Crolla nei sondaggi: l’ultimo rilevamento segna la perdita di quasi un punto percentuale (0,8% solo nell’ultima settimana) mentre Giorgia Meloni ha gioco facile nell’accogliere in Fratelli d’Italia la fetta di voti di quell’ala “dura” contraria alla strategia della precauzione e delle chiusure.

Salvini crolla nella credibilità all’interno del suo stesso partito: ieri i ministri Giorgetti e Garavaglia non hanno proferito parola durante il Consiglio dei ministri, niente di più del mettere a verbale la propria astensione con molto imbarazzo. I presidenti di regione leghisti faticano a contenere il malcontento e non si sentono appoggiati dal loro segretario. Nella Lega, Salvini non piace all’ala governativa (che lo accusa di scorrettezza istituzionale) e nemmeno all’ala più estrema che lo accusa di non avere il coraggio di uscire dal governo.

Salvini crolla con i suoi elettori che ormai lo accusano apertamente di un doppio gioco che è sotto gli occhi di tutti: l’hanno mollato prima i ristoratori e poi le altre categorie in difficoltà.

Salvini crolla nel centrodestra con Giorgia Meloni in forte ascesa e Forza Italia che non ne sopporta più le bizze.

E se ci pensate bene riesce ancora una volta a inquinare un dibattito (come quello sull’orario di coprifuoco) che meriterebbe invece di essere affrontato con serietà.

È il confusionario Salvini del Papeete, anche se le spiagge sono ancora chiuse.

Leggi anche: Salvini contro i vaccini ai detenuti in Campania e Lazio, ma dimentica che va così anche nelle Regioni leghiste

L’articolo proviene da TPI.it qui

Rifugiati, dove è la crisi? L’Italia ultima nell’accoglienza tra i big d’Europa

Sono piccoli dettagli ma torneranno presto a essere argomenti. Mario Draghi ha parlato poco, pochissimo, quasi niente di immigrazione se non in una sua replica al Senato lo scorso 17 febbraio e di sfuggita in qualche suo discorso con la solita retorica di un sovraccarico di rifugiati che pesa sull’Italia, eppure appena si placherà la discussione sulla pandemia la politica nostrana si incaglierà ancora lì, c’è da scommetterci. Matteo Salvini, parlando del suo rinvio a giudizio a Palermo per il caso della nave Open Arms, ha già messo il tema sul tavolo annunciando la sua intenzione di confrontarsi con la ministra Lamorgese per “cambiare registro”.

Draghi per formazione professionale e per forma mentis dovrebbe essere un uomo che ragiona sulla base dei numeri e allora conviene ripassarle le cifre di una crisi che non esiste: in Italia ci sono 3,4 rifugiati ogni 1000 abitanti, in Svezia sono 25 ogni 1000, 134 in Germania e 6 in Francia. Queste sono le proporzioni, tanto per capire di cosa stiamo parlando. I dati sono contenuti in una ricerca pubblicata da Eurostat che si riferisce alle richieste di asilo nei Paesi europei nel 2020 e il risultato piuttosto sorprendente rispetto alla retorica da cui siamo circondati dice che l’Italia, con 26.535 domande, sia addirittura all’ultimo posto nell’accoglienza di migranti tra gli Stati più grandi, perfino dietro alla Grecia che, nonostante abbia una popolazione pari a un sesto dell’Italia (e un Pil pari a un decimo del nostro) ha ricevuto 40.560 domande nell’anno appena passato.

La Germania, ad esempio, che viene indicata spesso in Europa come la nazione che “scarica” i rifugiati sugli altri Paesi mettendoli in difficoltà, è la meta privilegiata dei migranti in Europa avendo ricevuto il 20% delle richieste totali. Seguono Francia e Spagna, rispettivamente con 93.475 e 88.525 rifugiati, mentre il Regno Unito con 31.410 domande si pone alle spalle della Grecia e precede l’Italia. Se teniamo conto delle dimensioni dei Paesi risultano sorprendenti anche i dati di Belgio, Svezia e Olanda che hanno circa 15.000 domande ciascuno, sono 13.640 per l’Austria e 11.540 per la Svizzera. Cipro, con una popolazione totale che non raggiunge i 900 mila abitanti ha ricevuto 7.000 richieste di asilo.

Ma se rapportiamo il numero di richieste al numero di abitanti la situazione diventa ancora più lampante: per l’Italia siamo allo 0,04% rispetto allo 0,14% di Svizzera e Francia, lo 0,15% di Germania, Belgio, Austria e Svezia, lo 0,19% della Spagna, lo 0,37% della Grecia e addirittura lo 0,79% di Cipro. L’Italia insomma è uno dei Paesi europei che nel 2020 ha accolto meno richiedenti asilo. Sono numeri da tenere portata di mano, appuntarsi su un foglio da tenere in tasca, almeno per evitare le intossicazioni di un tema che non riesce mai ad essere discusso senza diventare bieca propaganda. E di sicuro il presidente del Consiglio, che da sempre usa i numeri per costruire la sua visione di mondo, non cadrà nella tentazione di valutare un’emergenza in base al volume degli strilli. Speriamo.

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Sindaco nega la cittadinanza a Liliana Segre, ma invitava Jennifer Lopez a trasferirsi nella sua città

Uno degli atteggiamenti più ridicoli e osceni di una classe politica inetta e in malafede consiste nel tentativo di dare spessore politico a piccoli odi personali, a deprimenti battaglie di quartiere e decisioni prese per posa senza nessun pensiero dietro. Ogni volta che un politico, di qualsiasi grado, si dimena per giustificare prese di posizione con motivazioni vuote appare per quello che è: piccolo, molto piccolo.

Gualdo Cattaneo è un piccolo comune di 5.000 abitanti in provincia di Perugia. Anche qui, come accade in tutte Italia, in consiglio comunale è arrivata la mozione per assegnare alla cittadinanza onoraria a Liliana Segre come presa di posizione nella lotta all’odio, alla violenza e al razzismo. Il sindaco di Gualdo Cattaneo, tal Enrico Valentini, è contrario. Posizione legittima, certo, solo che ogni volta che si nega di prendere posizione verso un certo periodo storico è curioso sentire le più disparate motivazioni e il sindaco e la sua maggioranza si sono superati.

Durante la seduta di consiglio che ha bocciato la mozione il sindaco, tra risate generali, ha spiegato che Liliana Segre “non può essere cittadina onoraria di Gualdo Cattaneo perché non ha legami storici con il territorio, non rappresenta il nostro Comune, non ha vissuto qui”. Ci sarebbe da discutere sul fatto che la cittadinanza solitamente va data a una persona per i valori che incarna e non per il fatto che abbia una casa per le vacanze nella piazza locale, ma Valentini dice che sulla Segre c’è in corso “una strumentalizzazione”: strumentalizzare la libertà, la lotta al fascismo e al nazismo e la democrazia è un chiodo fisso di certi amministratori. Ma tant’è.

L’aspetto grottesco però è che quel Enrico Valentini è lo stesso Enrico Valentini che un anno fa in un suo post su Facebook si era esibito in una lunga lettera a Jennifer Lopez in cui invitava la star americana a trasferirsi nel suo paese elencandole tutte le caratteristiche del luogo, dalla “gianna” che tira, al tartufo bianco e nero, le lumache alla pomontina, la porchetta, la frittella di Pozzo, il presepe di Marcellano. “Per ovvie ragioni legate alla distanza , ‘scelte lavorative e di vita differenti’ non ci conosciamo direttamente anche se ,da qualche parte, credo di averti visto nonostante fatichi a ricordare il dove”, scrive il prode sindaco, tutto barzotto e simpatico (e con evidenti problemi di punteggiatura).

Quindi funziona così: evidentemente Jennifer Lopez incarna lo “spirito” del sindaco, Liliana Segre no. E non c’è altro da aggiungere, mi pare.

L’articolo proviene da TPI.it qui

Sono già in campagna elettorale

Il governo dei migliori incassa le bordate di alcuni scienziati, dice il professor Galli che «Draghi non ne ha azzeccata una sul virus» e dice Andrea Crisanti che «purtroppo l’Italia è ostaggio di interessi politici di breve termine, che pur di allentare le misure finiranno per rimandare la ripresa economica» definendo le riaperture una «stupidaggine epocale» ma su queste questioni ci si accorge di chi aveva ragione sempre dopo. E quindi tra qualche mese qualcuno potrà dire “l’avevo detto”.

Intanto però la maggioranza freme perché la politica, l’abbiamo ripetuto più volte anche qui, è una continua ricerca di consenso, più della responsabilità di governo e così Matteo Salvini (dopo essersi intestato il merito delle progressive aperture) ora spinge ancora di più sull’acceleratore chiedendo ancora di più. È normale, il suo elettorato gli chiede questo, per esistere lui deve fare questo: spingere, spingere, spingere e non dare il tempo di ragionare. Così ora la richiesta è di aprire anche i locali al chiuso e di togliere il coprifuoco. Sia chiaro: la discussione è legittima ma non chiedete a Salvini di dare delle indicazioni in base ai dati in nostro possesso. Il suo ragionamento non esiste e quindi la giustificazione è sempre quella del “buonsenso”. A ruota, ovviamente, ci sono i renziani che chiedono di riaprire le palestre (anche al chiuso) e gli impianti sportivi prima del termine di giugno fissato dal governo. È una guerra ad accalappiarsi ognuno il proprio settore. Avanti così.

Salvini intanto riesuma Berlusconi per parlarci del suo rinvio a giudizio sulla vicenda Open Arms: «Silvio ha dovuto affrontare 80 processi, io per ora solo 5-6 … Ma è evidente che la sinistra vuole vincere in tribunale le elezioni che perde nelle urne. In nessun Paese al mondo si mandano un processo gli avversari politici». Intanto ne approfitta per leccare un po’ anche Eni e Finmeccanica: «In Italia – dice – si fanno tante inchieste che poi finiscono nel nulla. Come quelle che hanno riguardato grandi società come Eni e Finmeccanica. Difendere gli interessi dell’Italia significa anche difendere le aziende italiane». Per lui difendere le aziende italiane significa non indagare. Chiaro, no?

Poi ha un’illuminazione: una commissione d’inchiesta sulla pandemia (che in effetti potrebbe fare luce su molte responsabilità che meritano di essere indagate) ma anche qui riesce a buttarla in caciara sparando sulle «responsabilità del ministro Speranza», come al solito trasformando tutto in guerriglia ad personam, la stessa di cui si lamenta. E a chi pensa per trovare i voti di un’operazione del genere? Lo dice lui stesso: il centrodestra e Italia Viva di Renzi. E intanto getta l’amo.

Vi ricordate quando si diceva che Draghi li avrebbe tenuti tutti in riga? La riga si è già spezzata e vedrete che basterà che si abbassino i numeri drammatici del contagio perché inizi subito la campagna elettorale. In testa, ovviamente, i due Mattei che stanno già muovendo le code sotto traccia.

Buon lunedì.

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Mamma schiava, cucina e lava

A Matera il Consiglio comunale ha deciso di tagliare pesantemente le risorse destinate ai servizi di mensa scolastica ed asili nido: una scelta in netta controtendenza con quello che accade nel resto d’Italia e un po’ dappertutto in giro per il mondo. Ma l’aspetto più inquietante della vicenda sta nelle parole del consigliere comunale Michele Paterino, promotore dell’emendamento di bilancio che è stato osteggiato perfino dalla presidente della Commissione Bilancio, Adriana Violetto: «La gran parte delle madri che fruiscono del servizio sono casalinghe», ha detto Paterino e quindi, a suo dire, possono occuparsi dei figli.

Come fa giustamente notare la segretaria di Filcams Cgil Matera, Marcella Conese: «A parte le svariate riflessioni sulle motivazioni che hanno determinato l’assise comunale a prendere questa decisione e sulla idea inquietante di società che traspare dalle dichiarazioni del consigliere che ha presentato l’emendamento, in cui le donne devono stare a casa a curare bambini e mariti, sfugge un fatto inequivocabile ed oggettivo: la riduzione delle risorse determinerà una riduzione di posti di lavoro (occupati prevalentemente da donne) sia nella mensa scolastica che negli asili nido».

Il consigliere Paterino è l’esempio perfetto di politici (più o meno importanti) che continuano a non rendersi conto (o che non vogliono rendersi conto) che occorre rendere universali servizi che troppo spesso vengono intesi come individuali e che si intrecciano con la condizione femminile: sono moltissime le donne costrette a rinunciare al lavoro proprio perché non esistono servizi di sostegno all’infanzia o perché sono troppo costosi. Poi, volendo, si potrebbe anche discutere del fatto che siano le donne a doversi occupare di questo per una gran parte del pensiero generale. Ma su questo c’è ancora molto da lavorare.

Poi c’è un trucco che viene spesso usato e che vale la pena notare: i servizi vengono rivenduti come “privilegi” concessi dalla politica, con la continua pretesa che i cittadini siano addirittura “grati” per ciò che invece gli spetta. Anzi: la politica è lì proprio per quello. Ed è un gioco sottile che trasforma i diritti in privilegi ed è pericolosissimo. Per questo va combattuto con forza.

Qualcuno dica al consigliere Paterino che è riuscito nella mirabile impresa di essere la sintesi di tutto quello che non ci piace. Bravissimo, complimenti.

Buon venerdì.

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Le assurde parole con cui Giorgia Meloni giustifica l’astensione di Fdi su Patrick Zaki

Sono 24 ore che mi scervello sulle giustificazioni della leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, circa il voto di astensione in Senato per l’ordine del giorno che impegna il Governo “ad avviare tempestivamente le necessarie verifiche” per concedere la cittadinanza italiana a Patrick Zaki, lo studente egiziano dell’Università di Bologna agli arresti nel carcere egiziano di Tora dal 7 febbraio del 2020.

Ho sperato anche che Giorgia Meloni o qualcuno dei suoi spendesse qualche altra parola, che a qualcuno gli scappasse almeno uno sputo di tweet o una cosa qualsiasi per capire come possa una decisione presa in così larga maggioranza essere “un’ingerenza del Parlamento italiano”.

A cosa serve, secondo Giorgia Meloni, il Parlamento, se non proprio a intervenire in fatti di propria pertinenza? Cosa c’è di più significativo, per un Parlamento, dell’occuparsi di diritti da rispettare nei confronti di uno studente che proprio in Italia è stato libero per l’ultima volta e che è illegalmente detenuto in uno Stato che ha ammazzato poco prima uno studente italiano e con cui commerciamo amabilmente armi?

Mi pare tutto così chiaro, limpido, facile. Ci sono arrivati perfino i leghisti, per dire. Poi mi chiedo come la cittadinanza italiana a Patrick Zaki potrebbe “non aiutarlo” (parole sempre buttate a caso da Giorgia Meloni): ma non è proprio lei che da anni urlaccia sulla sua “patria” che deve farsi rispettare nel mondo? Ma non è proprio lei che da anni se la prende con il governo di turno per lamentare una mollezza sulla politica nazionale che, a suo dire, svergognerebbe tutti gli italiani?

E ora che potrebbe semplicemente schiacciare un pulsante (non le si chiede nulla di eroico, sia chiaro), proprio lei che vorrebbe essere quella del partito dei patrioti senza paura, ora balbetta quattro scuse sconclusionate senza senso?

Poi mi sono detto che forse non è la stessa Giorgia Meloni che, a proposito di “ingerenze”, viaggia in giro per l’Europa e per il mondo per incontrare i peggiori paradittatori sovranisti cercando di coltivare alleanze che mettono in seria crisi la credibilità dell’Italia in Europa e nel mondo. E invece no, è proprio lei.

Eppure Giorgia Meloni si è detta “solidale”. Ma come? Ma quindi non ha nemmeno il coraggio di dire che non gliene frega niente? Almeno sarebbe stata una posizione con una sua logica, qualcosa di comprensibile.

Poi ho pensato che ha un nome l’atteggiamento di Giorgia Meloni, una parola semplice semplice: vigliaccheria politica, condita con un po’ di esigenza di farsi notare.

Leggi anche: Draghi dì qualcosa: ora abbiamo bisogno di una data (e di una soglia) per sapere quando ne usciremo (di Giulio Cavalli)

L’articolo proviene da TPI.it qui

Possibili effetti indesiderati

Gli effetti indesiderati dell’Aspirina, la compressa con vitamina C:

Effetti sul sangue

  • prolungamento del tempo di sanguinamento,
  • anemia da sanguinamento gastrointestinale,
  • riduzione delle piastrine (trombocitopenia) in casi estremamente rari.

A seguito di emorragia può manifestarsi anemia acuta e cronica post-emorragica/sideropenica (da carenza di ferro) (dovuta, per esempio, a microemorragie occulte) con le relative alterazioni dei parametri di laboratorio ed i relativi segni e sintomi clinici come astenia (stanchezza), pallore e ipoperfusione (ridotta irrorazione sanguigna dei tessuti).

Effetti sul sistema nervoso

  • mal di testa,
  • capogiro.

Raramente può manifestarsi:

  • sindrome di Reye (*), una malattia acuta a carico del cervello e del fegato, potenzialmente fatale, che colpisce quasi esclusivamente i bambini.

Da raramente a molto raramente può manifestarsi:

  • emorragia cerebrale, specialmente in pazienti con ipertensione (pressione del sangue alta) non controllata e/o in terapia con anticoagulanti (medicinali usati per rallentare o inibire il processo di coagulazione del sangue), che, in casi isolati, può essere potenzialmente letale.

Effetti sull’orecchio

  • tinnito (ronzio/fruscio/tintinnio/fischio nell’orecchio).

Effetti sull’apparato respiratorio

  • sindrome asmatica,
  • rinite (naso che cola)
  • congestione nasale (naso chiuso) (associate a reazioni allergiche);
  • epistassi (perdita di sangue dal naso).

Effetti sul cuore

  • distress cardiorespiratorio (grave e acuta insufficienza respiratoria) (associato a reazioni allergiche).

Effetti sull’occhio

  • congiuntivite (associata a reazioni allergiche).

Effetti sull’apparato gastrointestinale

  • sanguinamento gastrointestinale (occulto),
  • disturbi gastrici,
  • pirosi (bruciore di stomaco),
  • dolore gastrointestinale,
  • gengivorragia (gengive sanguinanti),
  • vomito,
  • diarrea,
  • nausea,
  • dolore addominale crampiforme (associati a reazioni allergiche).

Raramente possono manifestarsi:

  • infiammazione gastrointestinale,
  • erosione gastrointestinale,
  • ulcerazione gastrointestinale,
  • ematemesi (vomito di sangue o di materiale “a fondo di caffè”),
  • melena (emissione di feci nere, picee),
  • esofagite (infiammazione dell’esofago)

Molto raramente può manifestarsi:

  • – ulcera gastrointestinale emorragica e/o perforazione gastrointestinale con i relativi segni e sintomi clinici ed alterazioni dei parametri di laboratorio.

Effetti sul fegato

  • raramente: epatotossicità (lesione epatocellulare generalmente lieve e asintomatica) che si manifesta con un aumento delle transaminasi.

Effetti sulla pelle

  • eruzione cutanea,
  • edema (gonfiore),
  • orticaria,
  • prurito,
  • eritema (arrossamento),
  • angioedema (associati a reazioni allergiche).

Effetti sui reni e sulle vie urinarie

  • alterazione della funzione renale (in presenza di condizioni di alterata circolazione del sangue nei reni),
  • sanguinamenti urogenitali (dell’apparato urinario e genitale).

Effetti sull’organismo in toto

  • emorragie peri-operatorie (subito prima, durante e subito dopo l’intervento chirurgico),
  • ematomi (raccolte di sangue al di fuori dei vasi sanguigni).

Effetti sul sistema immunitario

  • raramente: shock anafilattico (grave reazione allergica, potenzialmente letale) con le relative alterazioni dei parametri di laboratorio e manifestazioni cliniche.

(tanto per avere le proporzioni, perché sono importanti le proporzioni per costruire un pensiero ampio)

Buon mercoledì.

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Draghi dì qualcosa: ora abbiamo bisogno di una data (e di una soglia) per sapere quando ne usciremo

Se mancano i dati, se mancano i riscontri reali, se mancano le spiegazioni precise allora diventa facile governare e farsi governare dall’emozione. Al netto di chi in questi mesi continua a lucrare sulla disperazione della gente con vergognose operazioni di sciacallaggio si può dire che in questo anno di pandemia abbiamo assistito e continuiamo ad assistere a comunicazioni contraddittorie, confuse e molto spesso lacunose.

È un tema tutto politico: se continuano a mancare informazioni precise sulle misure prese e sugli impatti attesi dalle limitazioni che vengono imposte, l’aspetto emozionale (e il lucrare sulla limitazione di libertà) riuscirà sempre a trovare terreno fertile. 

Per capirci: le scuole sono state riaperte con dati peggiori rispetto a quando erano state chiuse e il ministro Speranza ha dichiarato, riconoscendo la cosa, che la scelta è stata fatta in correlazione con le vaccinazioni fatte (vaccinazioni ad insegnanti che sono state sospese) e per “investire sui giovani”.

La risposta, legittima, però cozza con le iniziative che non sono mai state prese sui trasporti, sulla ventilazione meccanica in classe e soprattutto con un rischio in ambito scolastico che non è mai stato spiegato lucidamente. Abbiamo ascoltato tutto e il suo contrario e la scuola è solo uno dei tanti esempi possibili.

Chi per lavoro ha viaggiato in questi mesi di pandemia sa benissimo che le distanze che vengono imposte sui treni a lunga percorrenza sono molto diverse rispetto ai protocolli di un semplice volo aereo, per non parlare della drammatica situazione del trasporto locale. 

Qui non si discute, sia chiaro, dell’importanza di arginare il virus e di non mandare in tilt il sistema sanitario ma avere un chiaro e periodico flusso di dati a disposizione permette una lucida valutazione delle proporzioni delle restrizioni: se non c’è chiarezza e accesso ai dati viene difficile anche valutare la bontà delle decisioni prese dalla politica.

USA e Gran Bretagna hanno fissato date per le riaperture sulla base di dati chiari e sottoposti ai cittadini. Non si tratta di aprire tutto e subito come chiedono gli sconsiderati ma forse Draghi dovrebbe sentire il dovere di fissare un’asticella (di contagi, di pressione ospedaliera, di numero totale di infetti) sotto la quale allentare i divieti.

Non è solo una questione di virus, è questione di controllo della democrazia, di trasparenza e responsabilità: comunicare con chiarezza tiene in equilibrio il patto sociale, altrimenti diventa solo una questione di pancia.

Leggi anche: Italia, cinema chiusi: ma va bene se un parroco apre la sala per trasmettere in streaming la messa pasquale

L’articolo proviene da TPI.it qui

Quante Malika ci sono in giro?

Sta facendo (per fortuna) molto rumore la storia di Malika, la ragazza di Castelfiorentino (Firenze) che nei giorni scorsi ha rilasciato la sua drammatica testimonianza a Fanpage.it in cui racconta di essere stata cacciata di casa, di essere stata umiliata e di essere minacciata di morte dalla sua famiglia dopo avere raccontato di essersi innamorata di una donna.

La storia ha tutti gli ingredienti della famosa “famiglia tradizionale” che si preoccupa molto più dell’orientamento sessuale dei propri figli che dei figli stessi. «Ti auguro un tumore», «Meglio una figlia drogata che lesbica», «Mi parli di altra gente? Son fortunati perché hanno figli normali, e solo noi s’ha uno schifo così», sono solo alcune delle frasi che la madre di Malika le ha rivolto con dei messaggi vocali. Il fratello da mesi – racconta Malika – la minaccia promettendole di tagliarle la gola. Lei è uscita con niente, solo quello che aveva addosso e da gennaio cerca di volta in volta una sistemazione di fortuna. Ha provato anche a ripresentarsi a casa della madre almeno per recuperare i suoi effetti personali ma la madre, di fronte agli agenti che accompagnavano la ragazza, l’ha addirittura disconosciuta.

Dopo l’uscita della notizia la mobilitazione è stata altissima: il sindaco della città si è subito attivato per aiutare la ragazza, molti cittadini si sono fatti avanti e Malika ha ricevuto anche qualche offerta di lavoro. Intanto la procura di Firenze, dopo 3 mesi e solo dopo l’enorme pubblicità che si è creata intorno all’evento, ha deciso di aprire un’inchiesta. La storia di Malika ha anche riacceso i fari sul Ddl Zan.

Insomma potrebbe sembrare una storia a lieto fine se non fosse che rimane addosso quella sensazione che c’è ogni volta che qualcosa si risolve dopo avere fatto rumore: quante Malika ci sono in giro? E la domanda giusta la pone proprio Malika intervistata da Fanpage quando dice: «Purtroppo ho dovuto sperimentare sulla mia pelle la lentezza della burocrazia italiana, che contribuisce a creare un clima di isolamento intorno a chi è vittima di odio omofobico, di bullismo, di stalking o di qualsiasi altro genere di violenza. Ho sporto denuncia contro i miei genitori il 18 gennaio 2021, ma fino a ieri l’altro non è stato fatto praticamente nulla di concreto. Ho dovuto ricorrere alla stampa per farmi sentire, sono felice che alla fine la mia richiesta di ascolto sia arrivata, ma mi chiedo: quante grida di aiuto si perdono nelle maglie della burocrazia italiana? Io ho dovuto urlare per vedere riconosciuto quello che è un mio diritto, se non l’avessi fatto sarei ancora invisibile».

Eccola, è questa la domanda.

Buon lunedì.

Nella foto un frame dell’intervista a Fanpage.it

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Perché von der Leyen ha incontrato Erdoğan, esecutore materiale della folle politica europea

Fa ancora discutere la sedia non concessa alla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen mentre il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel invece si godeva il suo posto d’onore con il sultano turco Recep Tayyip Erdoğan. Quello sgarbo è stata anche l’occasione di ricordare al mondo come il leader turco stia progressivamente fiaccando i diritti delle donne nel suo Paese, partendo da quel 2016 in cui disse che le donne fossero “da considerarsi prima di tutto delle madri”, relegandole al loro medievale scopo riproduttivo e poi fino ai giorni scorsi in cui il suo governo ha annunciato tronfio il ritiro dalla Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica.

In Turchia tra l’altro si contano in media circa due femminicidi al giorno e le donne, complice anche la pandemia, hanno sempre minor accesso al mondo del lavoro e alla politica. Insomma, quello sgarbo ha radici profonde e ben venga quella sedia che è mancata per ricordarcelo. Nella discussione generale però sembra scomparso il motivo per cui l’Ue ha scelto di incontrare Erdoğan e il fatto non è secondario perché il sultano turco evidentemente può permettersi certi atteggiamenti, forte del suo ruolo internazionale. Allora bisognerebbe avere il coraggio di dirlo, di scriverlo che Erdoğan altro non è che l’esecutore materiale della folle politica europea che ha delegato alla Turchia l’esternalizzazione delle frontiere europee per controllare il flusso migratorio in modi anche poco leciti.

Nel 2016, in piena crisi migratoria, Bruxelles, su spinta soprattutto della Germania, ha firmato un accordo che garantiva 6 miliardi di euro alla Turchia per trattenere i migranti nei propri confini (si stima che siano almeno 4 milioni di persone) e grazie a quell’accordo tutti i migranti irregolari che arrivavano sulle isole greche attraverso il confine turco sono stati riportati in Turchia. Quei soldi hanno lo stesso odore di quelli che arrivano alla cosiddetta Guardia costiera libica (sì, proprio quella che Draghi ha blandito pochi giorni fa) per fare da tappo in Africa. Soldi che rendono ancora più forti governi che non hanno nulla di democratico e che non hanno nulla da spartire con i valori europei eppure tornano utili per essere i sicari dell’Unione europea. C’è qualcosa di più di quella sedia che manca. Giusto un anno fa, a marzo del 2020, Erdoğan ha ricattato l’Europa sulla gestione dei flussi per alcune partite geopolitiche come quella siriana e per reclamare altri soldi.

La Grecia aveva denunciato la Turchia di “spingere” verso la sua frontiera i migranti e alla fine l’Ue per garantire la propria “fortezza” ha deciso di continuare a foraggiare la Turchia: la presidente garantisce «la continuità dei fondi. E se la Turchia rispetta gli impegni, previene le partenze, prevede i rientri dalla Grecia, i fondi Ue garantiranno ancor più opportunità», dice la nota ufficiale. Del resto già a settembre Bruxelles aveva inserito un passaggio significativo nella sua proposta su asilo e immigrazione scrivendo nero su bianco che lo stanziamento di fondi alla Turchia «continua a rispondere a bisogni essenziali. Essenziale sarà perciò che l’Ue dia alla Turchia un sostegno finanziario continuativo». Su quella stessa linea si è assestato anche Mario Draghi che fin dal suo primo discorso pubblico a febbraio disse che gli accordi per esternalizzare le frontiere (che tradotto significa pagare anche Erdoğan) erano fondamentali per controllare l’immigrazione.

Da tempo diverse organizzazioni umanitarie, tra cui anche Amnesty International, giudicano la politica europea sulle frontiere disumana oltre che totalmente fallimentare eppure nessuno è mai riuscito a mettere in discussione questo modello che si annuncia valido anche per il futuro. Ad Ankara l’Ue ha manifestato anzi la volontà di rafforzare i legami economici con la Turchia, ha concesso la revisione del sistema di visti in ingresso nell’Ue e un’unione doganale per favorire il passaggio delle merci. Quando a von der Leyen è stato chiesto dei diritti calpestati in Turchia la presidente ha risposto: «I diritti umani non sono negoziabili. Vorremmo che la Turchia rivedesse la decisione di uscire dalla convenzione di Istanbul e che rispettasse i diritti umani». Insomma, siamo alle raccomandazioni per quanto riguarda il rispetto dei diritti e ai soldi fumanti invece per contenere i disperati. Forse se Erdoğan fa il bullo non è solo colpa sua.

L’articolo Perché von der Leyen ha incontrato Erdoğan, esecutore materiale della folle politica europea proviene da Il Riformista.

Fonte