Vai al contenuto

TRAPANI

La sinistra si scalda per i processi a Salvini e ignora i migranti: 500 morti in 4 mesi (+200%)

Il Mediterraneo continua ad essere un cimitero liquido e il campo di battaglia di emergenze che spuntano solo quando tornano comode alla sfida politica. L’ipocrisia dei partiti sta tutta in quei numeri che diventano roncole quando servono per attaccare l’avversario e poi scompaiono se richiedono senso di responsabilità. Fra qualche mese, sicuro, comincerà di nuovo la fanfara degli sbarchi incontrollati come accade ciclicamente tutte le estati (con il miglioramento delle condizioni atmosferiche e quest’anno anche con l’allentamento del virus) e intanto sembra impossibile riuscire a costruire una chiave di lettura collettiva su cui dibattere e da cui partire per proporre soluzioni.

Però nel Mediterraneo un’emergenza c’è già, innegabile, e sta tutta nello spaventoso numero di morti in questi primi mesi dell’anno: mentre nel 2020 furono 150 le vittime accertate nel Mediterraneo quest’anno ne contiamo già 500, con un aumento quasi del 200%. A lanciare l’allarme è stata Carlotta Sami, portavoce dell’Unhcr, che ha partecipato al briefing con la stampa del Palais des Nations di Ginevra dal porto di Trapani in Sicilia, dove circa 450 persone stavano sbarcando in seguito al salvataggio da parte della nave della ONG Sea Watch: «Dalle prime ore di sabato 1 maggio – ha spiegato Sami – sono sbarcate in Italia circa 1.500 persone soccorse dalla Guardia Costiera italiana e dalla Guardia di Finanza o da Ong internazionali nel Mediterraneo centrale. La maggior parte delle persone arrivate è partita dalla Libia a bordo di imbarcazioni fragili e non sicure e ha lanciato ripetute richieste di soccorso».

Sami ha anche tracciato un primo quadro degli sbarchi nel 2021: «Mentre gli arrivi totali in Europa sono in calo dal 2015, – ha spiegato Sami – gli ultimi sbarchi portano il numero di arrivi via mare in Italia nel 2021 a oltre 10.400, un aumento di oltre il 170 per cento rispetto allo stesso periodo del 2020. Ma siamo anche profondamente preoccupati per il bilancio delle vittime: finora nel 2021 almeno 500 persone hanno perso la vita cercando di compiere la pericolosa traversata in mare lungo la rotta del Mediterraneo centrale, rispetto alle 150 dello stesso periodo del 2020, un aumento di oltre il 200 per cento. Questa tragica perdita di vite umane sottolinea ancora una volta la necessità di ristabilire un sistema di operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale coordinato dagli Stati».

L’agenzia Onu «sta lavorando con i suoi partner e con il governo italiano nei porti di sbarco per aiutare ad identificare le vulnerabilità tra coloro che sono arrivati e per sostenere il sistema di accoglienza dei richiedenti asilo» ma Sami sottolinea come continuino a mancare «percorsi legali come i corridoi umanitari, le evacuazioni, il reinsediamento e il ricongiungimento familiare devono essere ampliati» mentre «per le persone che non hanno bisogno di protezione internazionale, devono essere trovate soluzioni nel rispetto della loro dignità e dei diritti umani». L’incidente più grave finora è quello del 22 aprile, quando un naufragio ha causato la morte di 130 persone sollevando i prevedibili lamenti che ogni volta vengono spolverati per l’occasione. Solo una questione di qualche ora, come sempre, poi niente. La zona continua a essere completamente delegata alla cosiddetta Guardia costiera libica: «Nell’ultimo naufragio si parla di almeno 50 morti, noi abbiamo la certezza solo di 11 persone.  Quello che sappiamo è che erano in zona una nave mercantile e un’altra barca e che non sono intervenute, nonostante sia stato lanciato l’sos. E questo è molto grave: se c’è un natante in distress si deve intervenire, perché l’imbarcazione può affondare in qualsiasi momento. Ma ormai questa sembra essere una prassi consolidata: nessuno interviene in attesa che arrivi la Guardia costiera libica e riporti le persone indietro. Questo ci preoccupa molto», ha spiegato Carlotta Sami.

Secondo le stime dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) siamo al 60% di persone che tentano la traversata in mare e che vengono sistematicamente riportate indietro: «Almeno una su due è matematicamente riportata in Libia – spiega Flavio Di Giacomo, portavoce Oim, a Redattore Sociale -. Dopo l’ultimo naufragio abbiamo lanciato un appello all’Ue perché si rafforzi il sistema di pattugliamento in mare e si evitino altre tragedie, ma è caduto nel vuoto. C’è un silenzio politico assordante su questo tema. Si parla solo genericamente di un aumento degli arrivi: ma attenzione a evitare narrazioni propagandistiche perché nonostante la crescita i numeri restano bassi. Non esiste un’emergenza in termini numerici ma solo un’emergenza umanitaria, di morti e dispersi in mare».

Sempre a proposito di proporzioni poi ci sarebbe da capire perché le eventuali (gravi) responsabilità penali di Salvini quando fu ministro e lasciò alla deriva le navi delle Ong debbano infiammare più di questo spaventoso numero di morti che sembra non avere responsabili. Forse anche il centrosinistra, se vuole davvero occuparsi di diritti umani e non solo di dialettica politica, dovrebbe avere il coraggio di ripartire da qui.

L’articolo La sinistra si scalda per i processi a Salvini e ignora i migranti: 500 morti in 4 mesi (+200%) proviene da Il Riformista.

Fonte

Giornalisti intercettati, dopo Trapani ne spuntano altri 33 ascoltati per il caso Mimmo Lucano

Ci sono fatti che stanno uscendo in questi giorni che messi in fila fanno spavento, notizie che vengono ingegneristicamente spezzettate per non avere il quadro d’insieme mentre la prospettiva generale è qualcosa di spaventoso, un modus che meriterebbe una riflessione larga su politica e giustizia. Forse proprio per questo conviene rivenderli come singoli casi di cronaca.

Facciamo un passo indietro: è notizia di qualche giorno fa (ormai diventata “vecchia” e quindi facile da scavalcare liscia) che tra le carte della fumosissima inchiesta del 2017 della procura di Trapani che avrebbe dovuto dimostrare i legami illeciti tra Ong e scafisti ci siano centinaia di pagine di intercettazioni trascritte e depositate che riguardano giornalisti ascoltati mentre parlano con le loro fonti, mentre discutono tra di loro, addirittura mentre parlano con i loro avvocati. Una pesca a strascico che non segue nessuna logica procedurale e che sono gravissime violazioni in uno Stato di diritto. La ministra Cartabia ha deciso di inviare gli ispettori per vagliare le carte e le procedure eseguite, al fine di accertare eventuali comportamenti non consoni attuati dalla procura.

Facciamo un secondo passo. Quell’inchiesta è finita in niente, la tesi dell’accusa però è stata il copione di una narrazione politica frequentata sia dall’ex ministro dell’Interno Minniti sia da Salvini che ne fece il plot di tutta la sua campagna elettorale che l’avrebbe portato al Viminale. Anni di criminalizzazioni delle Ong che non hanno nessun riscontro giuridico, nessuna sentenza, nessuna condanna in nessun grado. E non c’è solo l’inchiesta di Trapani: in questi anni sono stati aperti ben 16 fascicoli sulle organizzazioni umanitarie e non si è mai arrivati in nessun caso al processo. Non si parla di assoluzioni, badate bene: non c’è mai stato uno straccio di prova che giustificasse nemmeno un dibattimento. Qualcuno come il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro ha dovuto ammettere di non essere riuscito ad andare oltre la suggestione dei suoi sospetti nonostante ne abbia parlato lungamente sui giornali, in televisione e perfino nelle sedi istituzionali della politica.

La sua inchiesta sulle Ong (la prima in ordine di tempo) è ancora oggi sventolata come “prova” nonostante sia stata chiusa dopo due anni di indagini: la confusione è talmente tanta sotto il cielo che ora basta perfino essere indagati, senza nemmeno essere accusati, per essere “sporchi”, per essere delegittimati e additati come colpevoli che sono riusciti a farla franca. In compenso in questi anni di inchieste abbiamo assistito a presunti scafisti che erano solo scambi di persona, traduzioni sbagliate che hanno incarcerato innocenti e riconoscimenti che si sono rivelati fallaci.
Facciamo un altro passo. Si scopre che tra il 2016 e il 2017 nell’ambito dell’inchiesta “Xenia” che ha portato all’arresto del sindaco di Riace Mimmo Lucano facendolo decadere da sindaco per poi riabilitarlo quando ormai il danno era fatto, 33 giornalisti siano stati intercettati (senza mai essere iscritti nel registro degli indagati), sono stati ascoltati 3 magistrati, uno degli avvocati difensori di Lucano e un viceprefetto. Nel fascicolo dell’indagine (carte praticamente pubbliche) ci sono utenze telefoniche, indirizzi mail e dati di tutti gli intercettati. Lo scopo? Sempre lo stesso: smascherare i buonisti che erano già stati condannati da certa politica.

Lo scenario quindi è questo: politica e magistratura hanno concorso per anni nell’ossessivo sostegno di una tesi che ha portato popolarità e consenso a entrambi, hanno trovato una convergenza nel dipingere una realtà che non ha ad oggi nessun riscontro e hanno usato (resta da capire se di comune accordo) metodi forse non leciti e sicuramente non etici. Una tesi politico-giudiziaria ha modificato il corso di questi anni, una tesi senza nessun riscontro. Questo è l’aspetto più spaventoso e allarmante e su questo bisognerebbe avere il coraggio di aprire una discussione. Funziona un Paese così?

L’articolo Giornalisti intercettati, dopo Trapani ne spuntano altri 33 ascoltati per il caso Mimmo Lucano proviene da Il Riformista.

Fonte

Lo Stato di diritto (e di rovescio)

Non sta facendo il clamore che dovrebbe il fatto che in Italia la giornalista Nancy Porsia, esperta di Libia, sia stata illegalmente intercettata nell’inchiesta di Trapani sulle Ong nel 2017. Partiamo da un punto fermo: Nancy Porsia non è mai stata indagata eppure un giudice, su richiesta della polizia giudiziaria, ha deciso che si potesse scavalcare la legge: nel documento di 22 pagine – datato 27 luglio 2017, firmato Sco, squadra mobile e comando generale della Guardia costiera – ci sono fotografie, contatti sui social, rapporti personali e nomi di fonti in un’area considerata tra le più pericolose dell’Africa del nord. La notizia è stata data dal quotidiano Domani che racconta come indirettamente, oltre a Porsia, siano stati ascoltati anche il giornalista dell’Avvenire Nello Scavo, conversazioni della giornalista Francesca Mannocchi con esponenti delle Ong, il cronista di Radio Radicale Sergio Scandurra mentre chiedeva informazioni ad alcuni esponenti di organizzazioni umanitarie impegnate in quei mesi nei salvataggi dei migranti, Fausto Biloslavo de Il Giornale e Claudia Di Pasquale di Report.

Primo punto fondamentale: in uno Stato di diritto che non venga rispettato il diritto per intercettare giornalisti che parlano con le loro fonti (nel caso di Porsia addirittura vengono intercettate anche telefonate con l’avvocata Ballerini, la stessa che si occupa della vicenda Regeni) significa che il potere giudiziario (su mandato politico, poi ci arriviamo) scavalca le regole per controllare coloro che per mestiere controllano i poteri per una sana democrazia. È un fatto enorme. E non funziona la difesa di Guido Crosetto (il destrorso “potabile” che è il braccio destro di Giorgia Meloni) quando dice che anche i politici vengono intercettati: si intercetta qualcuno dopo averlo iscritto nel registro degli indagati e soprattutto in uno Stato di diritto si proteggono le fonti dei giornalisti, con buona pace di Crosetto e compagnia cantante.

C’è un altro aspetto, tutto politico: in quel 2017 gli agenti di sicurezza presenti a bordo della nave Vos Hestia dell’Ong Save the Children portano foto e prove (che poi si sono rivelate più che fallaci visto che tutto si è concluso in una bolla) prima a Matteo Salvini, prima ancora che alle autorità giudiziarie. È scritto nero su bianco che proprio Salvini su quelle informazioni ci ha costruito tutta la sua campagna elettorale. Un giornalista, Antonio Massari, racconta la vicenda su Il Fatto Quotidiano e costringe Salvini ad ammettere di avere avuto contatti, prima delle forze dell’ordine, proprio con i due vigilantes che puntavano a ottenere in cambio qualche collocazione, magari politica. Salvini, conviene ricordarlo diventerà ministro all’Interno.

Rimaniamo sulla politica: l’ordine di indagare sulle Ong parte dal ministero dell’Interno dell’epoca di cui era responsabile Marco Minniti. Ci si continua a volere dimenticare (perché è fin troppo comodo farlo) che proprio da Minniti parte la campagna di colpevolizzazione delle Ong che verrà poi usata così spregiudicatamente da Salvini e compagnia. Ad indagare sull’immigrazione clandestina viene applicato il Servizio centrale operativo (Sco) della polizia di Stato, il servizio di eccellenza degli investigatori solitamente impegnato in indagini che riguardano le mafie. Anche questa è una precisa scelta politica.

Rimane il sospetto insomma che politica e magistratura si siano terribilmente impegnate per legittimare una tesi precostituita. Di solito (giustamente) ci si indigna tutti di fronte a una situazione del genere e invece questa volta poco quasi niente. Anzi, a pensarci bene la narrazione comunque è passata.

È gravissimo e incredibile eppure accade qui, ora.

Buon martedì.

Commenti

commenti

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Non ce n’è Covvidi!

I dati relativi all’andamento del contagio Covid che Regione Sicilia inviava quotidianamente all’Istituto superiore della sanità venivano alterati diminuendo il numero dei positivi e alzando il numero dei tamponi per rientrare nei parametri che evitano nuove restrizioni. È l’accusa rivolta dalla procura di Trapani ad alcuni dipendenti del Dipartimento regionale per le Attività sanitarie e osservatorio epidemiologico (Dasoe) dell’Assessorato della Salute della Regione Sicilia, indagati per falso materiale e ideologico. Per il giudice per le indagini preliminari si è trattato di un «disegno politico scellerato». E non si tratterebbe di qualche caso isolato: secondo la procura sarebbe accaduto almeno 40 volte. Si tratterebbe di un atteggiamento sistematico.

I dialoghi tra l’assessore alla Sanità della Regione Ruggero Razza (che ieri ha rassegnato le dimissioni) al telefono con la dirigente del Dasoe Maria Letizia Di Liberti sono di quelli che fanno venire la pelle d’oca per la ferocia e per il disinteresse verso la salute pubblica: discutono dei numeri dei morti dicendosi «Ma sono veri?». «Sì, solo che sono di tre giorni fa». «E spalmiamoli un poco…». «Ah, ok allora oggi gliene do uno e gli altri li spalmo in questi giorni, va bene, ok. Mentre quelli del San Marco, i sei sono veri e pure gli altri cinque sono tutti di ieri… quelli di Ragusa, Ragusa cinque! E questi sei al San Marco sono di ieri.. perché ieri il San Marco ne aveva avuti ieri altri cinque del giorno prima, in pratica. Va bene? Ok». «Ok». «Ciao, ci metto questi io».

Allo stesso modo ci si comportava con i nuovi contagi: «61 Agrigento, 75 Caltanissetta, 90 Catania, 508 Palermo…», snocciola il funzionario Salvatore Cusimano, uno dei tre dirigenti regionali finiti agli arresti domiciliari. Dati che fanno saltare sulla sedia Di Liberti, che urla: «Ma che dici? Ma che dici? No, scusa non può essere, se sono quei i dati definitivi, Palermo va in zona rossa subito, subito». E la zona rossa, come è accaduto anche dalle parti di Bergamo in Lombardia a inizio pandemia, deve essere evitata per non perdere soldi.

Allora conviene fare un passo indietro, al 5 novembre scorso, quando il presidente della Regione Sicilia Nello Musumeci sparava fuoco e fiamme contro il governo nazionale per le restrizioni imposte alla sua regione: anche in quell’occasione aveva parlato di un complotto antisiciliano, di un governo che chiudeva tutto senza «evidenza di dati» e di una «Sicilia senza colpe». Accade in Sicilia ma è un refrain a cui ormai siamo abituati: le restrizioni viste come “una punizione” possono essere buone per la propaganda di qualche complottista ma che a lanciare l’accusa siano stati spesso dei presidenti di Regione ha alimentato non poco l’idea di una dittatura sanitaria appiattendo un dibattito che invece meritava (e merita) di essere fatto senza che sia sempre e solo propaganda e scontro.

Non è una questione di profili penali (quelli ci penserà la giustizia a approfondirli): si tratta di un uso spregiudicato del potere che sembra non avere mai la capacità di valutare la salute pubblica serenamente, senza metterla in competizione con il fatturato. Siamo sempre qui, siamo ancora qui. E forse la questione è molto più larga della semplice Sicilia: da mesi molti analisti (gente che i numeri li maneggia per mestiere) segnalano “stranezze” nei dati giornalieri. E il dubbio è che il tempo ci mostri il vero volto del potere in questa pandemia. E non sarà un bel vedere.

Buon mercoledì.

* In foto, l’assessore alla Sanità della Regione Sicilia Ruggero Razza e il governatore Nello Musumeci

Commenti

commenti

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Lamorgese peggio di Salvini, il Pd scelga: Travaglio o accoglienza?

Tenetevi forte perché manca poco al ritorno dello spettro dei migranti clandestini, degli sbarchi sconsiderati e di tutta quell’orrenda narrazione contro le Ong nel Mediterraneo lasciato sguarnito in modo criminale dall’Europa. E preparatevi perché se è vero che conosciamo già perfettamente alcuni personaggi in commedia, a partire da quel Salvini che già da qualche giorno è tornato sull’argomento per provare a frenare lo scontento tra quei suoi elettori affamati di cattivismo e ancora di più incattiviti dalla pandemia, e a ruota ovviamente Giorgia Meloni per occupare quello spazio politico, soprattutto tornerà alle origini quel Movimento 5 Stelle che si è ammantato di solidarietà per incastrarsi nel secondo governo Conte ma che ora è pronto al ritorno delle sue radici peggiori.

La tromba della carica l’ha suonata ovviamente Marco Travaglio in uno dei suoi editoriali che sostituiscono da soli le assemblee di partito e che ha usato tutto l’armamentario del razzismo con il colletto bianco per puntare il dito contro le Ong, per irridere le “anime belle” (che per Travaglio sono la categoria di tutti quelli che non la pensano come lui ma che non possono essere manganellati con qualche indagine trovata in giro) e mischiando come al solito le accuse con le sentenze, gli indagati con i colpevoli, le ipotesi dei magistrati come “fatti” e gli stantii pregiudizi come acute analisi. Così la chiusura delle indagini della procura di Trapani per un presunto reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina nel caso Iuventa basta al suggeritore dei grillini per richiamare tutti alle armi: picchiamo sui migranti, bastoniamo le Ong e chissà che non si riesca spremere qualche voto anche da qui.

E fa niente che sia dimostrato dai dati (e da anni) che “gli angeli delle Ong” (come li chiama Travaglio per mungere un po’ dalla vecchia accusa di “buonismo”) non “attirano e incoraggiano il traffico di esseri umani”: Travaglio trova terribilmente sospetto che delle organizzazioni dedite al soccorso in uno spicchio di mare conoscano perfettamente quel mare e i luoghi dei naufragi. La competenza del resto da quelle parti è vista con diffidente apprensione. Ma agli osservatori più attenti, quelli che semplicemente non si sono fatti infinocchiare dallo storytelling del Conte bis, forse non sarà sfuggito che Di Maio sia proprio quel Di Maio che discettava allegramente delle Ong come “taxi del mare” quando c’era da accarezzare l’alleato Salvini e Giuseppe Conte sia proprio quel Giuseppe Conte, nessuna omonimia, che partecipava allegramente alla televendita dei Decreti Sicurezza che andarono alla grande durante la stagione della Paura.

Ovviamente nessuna parola sull’omesso soccorso in violazione del Diritto internazionale del Mare che è un crimine di cui il governo italiano e l’Europa si macchiano almeno dal lontano 2014 quando il governo Renzi decise di stoppare l’operazione Mare Nostrum della nostra Marina militare e niente di niente su quella Libia (e qui invece ci sono tutte le prove e tutte le condanne per farci una decina di numeri di giornale) che è un enorme campo di concentramento a forma di Stato, così amico del governo italiano. Ma la domanda vera è chissà cosa ne pensa il Pd, questo Pd che ci promette tutti i giorni che domattina si risveglierà più umano e attento ai diritti e che è sempre pronto (giustamente) per opporsi sul tema a Salvini ma che è stato così terribilmente distratto con i tanti Salvini travestiti che ci sono qui intorno.

Il Pd che ci ha indicato come “punto di riferimento riformista” il presidente del Consiglio che fece di Salvini il più splendente Salvini, il Pd che ancora fatica a riconoscere le responsabilità del “suo” ministro Minniti, il Pd che con il precedente governo prometteva “un cambio di passo” sui diritti dei migranti fermandosi solo alla sua declamazione, mentre la ministra dell’Interno del Conte bis, lo racconta il ricercatore dell’Ispi Matteo Villa, bloccava contemporaneamente ben sette barche delle Ong tra il 9 ottobre e il 21 dicembre 2020 riuscendo a fare meglio perfino di Salvini, rispettando in tutto e per tutto la linea d’azione del leader leghista stando con la semplice differenza di non rivendicarla sui social insieme a pranzi e gattini.

Se il nuovo Pd di Letta vuole recuperare credibilità forse è il caso che ci dica parole chiare su questa irrefrenabile inclinazione dei suoi irrinunciabili alleati perché alla fine Salvini rischia di risultare onestamente feroce in mezzo a tutti questi feroci malamente travestiti.

L’articolo Lamorgese peggio di Salvini, il Pd scelga: Travaglio o accoglienza? proviene da Il Riformista.

Fonte

L’inessenzialità della scuola

Fra pochi giorni in Italia gli studenti sarebbero dovuti tornare in classe. Ma non accadrà. Tra Regioni che procedono in ordine sparso, ritardi nel potenziamento dei trasporti, assenza di visione della politica

Ora ci sono anche i numeri: nel periodo tra il 31 agosto e il 27 dicembre 2020, il sistema di monitoraggio dell’Iss, l’Istituto superiore di sanità, «ha rilevato 3.173 focolai in ambito scolastico, che rappresentano il 2% del totale dei focolai segnalati a livello nazionale». Lo dice il report Apertura delle scuole e andamento dei casi confermati di Sars-Cov-2: la situazione in Italia.

Solo il 2% dei focolai hanno origine in ambito scolastico. Ma il report fissa anche un altro punto: Le scuole non rappresentano i primi tre contesti di trasmissione in Italia, che sono nell’ordine il contesto familiare/domiciliare, sanitario assistenziale e lavorativo».

Fra pochi giorni si dovrebbe tornare a scuola ma non si tornerà, le decisioni verranno prese a macchia di leopardo, i presidenti di Regione ci ricameranno sopra un po’ di retorica elettorale e si ricomincia di nuovo. Si è parlato moltissimo della capacità di osservare il contagio, di convivere con il virus, di conoscere e controllare tutte le variabili in campo ma per le scuole ci si affida alle tifoserie in campo senza che si riesca a studiare un piano complessivo, qualcosa di più dei banchi con le rotelle e le finestre aperte. Sui trasporti si è perennemente in ritardo, sulle precauzioni in classe bene o male si è riusciti a fare qualcosa mentre non si è mai parlato seriamente di risolvere il problema della ventilazione. Ora vi diranno che è tardi. Eppure non sarebbe stato tardi pensarci in tempo, eppure non sappiamo quanto ancora questo elastico di aperture e di chiusure durerà.

Ieri Maddalena Gissi della Cisl Scuola ha rilasciato una dichiarazione che merita attenzione: «Continuiamo a leggere notizie giornalistiche ma con il Ministero non c’è nessun tipo di confronto. I dirigenti scolastici sono stremati; continuano a fare e rifare orari per le attività didattiche in presenza al 50%. Le famiglie sono confuse, i docenti si stanno reinventando modalità didattiche per tenere insieme i gruppi classe e quelli in Ddi (Didattica digitale integrata, ndr). Non è ancora chiaro se alle Regioni sono arrivate le risorse per ampliare la mobilità con mezzi aggiuntivi. In alcuni casi non vengono investiti i finanziamenti assegnati nei mesi scorsi per ritardi burocratici. Ci preoccupa tanto la disomogeneità delle soluzioni».

La Cgil fa notare che «attualmente siamo di fronte a contesti e realtà fortemente differenziate, non solo tra territorio e territorio, ma anche tra scuola e scuola, ecco perché sono necessari monitoraggi e strumenti flessibili finalizzati a fornire le giuste risposte alla varietà delle situazioni, valorizzando l’autonomia delle istituzioni scolastiche e fornendo le risorse necessarie».

Molti esperti temono la riapertura. Qualcuno sommessamente fa notare che l’Italia è uno dei Paesi che più di tutti ha penalizzato le scuole con la chiusura. Qualche virologo propone che vengano usati i tamponi regolarmente (accade nelle fabbriche, del resto, no?) ma niente.

Una cosa è certa: la frammentazione del dibattito indica chiaramente che no, la scuola non è una priorità come lo è stata l’apertura dei grandi magazzini sotto le feste di Natale. La scuola evidentemente non è un servizio essenziale. E, badate bene, non si tratta di chiedere un dissennato rientro in classe fregandosene della pandemia e della salute ma si tratta ancora una volta di sottolineare come la sicurezza in classe sia un argomento da affrontare sempre e solo qualche ora prima della prevista riapertura. Come accade ora.

L’altro ieri il professore di matematica Riccardo Giannitrapani ha condensato benissimo il concetto: «La gestione della scuola in questi mesi ha un grande valore didattico: insegna a ragazzi e ragazze che il cosiddetto mondo adulto può essere inadeguato. Una preziosa lezione sul fallimento».

Buon martedì.

Commenti

commenti

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Le elezioni a Trapani stanno diventando una barzelletta

Racconta bene la vicenda Il Post:

Negli ultimi mesi le vicende politiche del comune di Trapani, in Sicilia, dove lo scorso 11 giugno si è votato per il primo turno delle amministrative, hanno attirato le attenzioni dei quotidiani nazionali per via di alcune storie di calcolo politico e stratagemmi elettorali insoliti e sorprendenti, che hanno avuto una svolta ulteriormente inaspettata negli ultimi giorni. Il candidato di centrodestra Girolamo “Mimmo” Fazio, che è sostenuto da alcune liste civiche e dall’UdC ed è arrivato primo al primo turno con il 32 per cento, ha detto che se sarà eletto sindaco al ballottaggio rinuncerà all’incarico. Al tempo stesso non si è ritirato formalmente dalle elezioni, impedendo così al terzo candidato più votato al primo turno, il senatore di Forza Italia Antonio D’Alì, di accedere al ballottaggio del 25 giugno. Entro le 12 di oggi Fazio dovrebbe presentare la lista dei propri assessori: se non lo farà – cosa probabile visto che da ieri nessuno riesce a contattarlo e non si sa dove sia – rimarrà candidato per il ballottaggio solo Pietro Savona del Partito Democratico, che al primo turno ha preso il 26 per cento dei voti. Se però l’affluenza al ballottaggio non dovesse superare il 50 per cento, percentuale superata di poco al primo turno, Savona non potrà essere eletto e il comune sarà commissariato.

Le elezioni comunali a Trapani erano già molto strane prima delle vicende dell’ultima settimana: Fazio e D’Alì, due tra i tre principali candidati infatti erano interessati da inchieste giudiziarie, che erano risultate per Fazio agli arresti domiciliari, e per D’Alì all’obbligo di soggiorno. La ragione per cui Fazio – che è stato sindaco di Trapani dal 2001 al 2012 – ha deciso di rinunciare a diventare sindaco riguarda proprio l’indagine dalla procura di Palermo in relazione a un presunto giro di tangenti che riguardano il trasporto marittimo locale. Secondo l’accusa, Fazio avrebbe favorito l’armatore Ettore Morace, amministratore della delegato dell’azienda di trasporti Liberty Lines, che è la più grande compagnia di aliscafi d’Europa, in cambio di tangenti. Morace e Fazio si conoscono e sono legati: la moglie di Morace, Annemarie Collart Morace, era una delle persone indicate da Fazio come futuri assessori in caso di vittoria alle elezioni. A maggio Fazio e Morace sono stati arrestati: Fazio è rimasto agli arresti domiciliari per sedici giorni, fino al 3 giugno, mentre Morace si trova tuttora ai domiciliari.

(continua qui)

Belle notizia di un’antimafia concreta

È stato inaugurato ieri mattina il nuovo spazio famiglia della Casa circondariale di Trapani intitolato ai fratellini Giuseppe e Salvatore Asta e alla madre Barbara, vittime accidentali dell’attentato col quale il 2 aprile 1985 a Pizzolungo la mafia tentò di colpire il giudice Carlo Palermo.

L’iniziativa, promossa dalla direzione del carcere e dall’associazione Euro, rientra nella settimana della memoria “Non ti scordar di me” patrocinata dal Comune di Erice e sostenuta dall’associazione Libera in occasione del 29° anniversario dell’eccidio.

La notizia completa è qui.

Trapani dice di no

Manifesto per Trapani

trapani_dice_no_def2-01 (1)TRAPANI D I C E DI NO

Falcone ebbe a dire qualche tempo prima di morire: “La mafia non è affatto invincibile. È un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio, e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni”.

In qualità di cittadini, facenti parte di associazioni e movimenti, chiediamo che le forze migliori delle istituzioni trapanesi siano tutelate affinché queste possano svolgere il proprio lavoro e possano proteggere i cittadini che ogni giorno combattono personali lotte quotidiane di contrasto alla mafia ed alla mentalità mafiosa.

Chiediamo che il procuratore Marcello Viola, il pm Andrea Tarondo, il presidente del Tribunale delle misure di prevenzione Piero Grillo, e tutti i magistrati  e giudici che trattano procedimenti di criminalità organizzata, appartenenti alla procura e al tribunale di Trapani, che da mesi sono oggetto di atti intimidatori, siano tutelati e non siano lasciati soli.

Chiediamo che la Commissione Nazionale Antimafia accenda i suoi riflettori su Trapani dove li fenomeno mafioso ha lasciato e ancora oggi continua a lasciare segni indelebili rimasti indecifrati come: le stragi di Pizzolungo; dei carabinieri della stazione di Alcamo Marina;  i delitti del pm Ciaccio Montalto, del giornalista Mauro Rostagno, del giudice Alberto Giacomelli e dell’agente Giuseppe Montalto;  il tentato omicidio del questore Rino Germanà. Non meno rilevante e da chiarire in ogni aspetto è la certificata presenza a Trapani dei centri di Gladio. E ancora: a Trapani la loggia segreta e coperta Iside 2 ha oggi suoi eredi e ci ha lasciato perfettamente in carriera molti colletti bianchi, professionisti e appartenenti a certa politica. Non evochiamo “fantasmi” ricordando la Iside 2 ma denunciamo che a Trapani resta purtroppo imperante l’azione sprezzante di pochi, di pochissimi,che pretendono di determinare  le sorti delle città, di decidere i destini del territorio, l’affidamento di pubblici incarichi, la gestione dei Palazzi delle istituzioni, delle imprese, dell’economia, schiacciando così la Democrazia, il libero mercato, i diritti e i doveri di ogni cittadino. Falcone e Borsellino negli anni ’80 dicevano che:  se a Palermo c’e’ la mafia militare a Trapani c’e’ quella economica. Riteniamo che lo scenario oggi non sia cambiato. La Iside 2 fece da camera di compensazione tra mafia, politica e impresa e guidato la nascita di quella che oggi definiamo mafia imprenditrice, la mafia sommersa che non uccide più ma oggi sa fare ben sentire la propria “pesante” presenza.

Tutti noi  ci impegniamo e ci impegneremo a tenere alta l’attenzione circa il degrado civile, politico ed economico della nostra città; quel degrado che ci fa vivere in un clima di calma apparente, ma nello stesso tempo, come sopra un vulcano, pronto ad esplodere in qualsiasi momento.

E’ doveroso ricordare anche le parole di Pippo Fava : A che serve vivere, se non si ha il coraggio di lottare?”.

Noi vogliamo lottare per una città libera da giochi, ricatti, intimidazioni, poteri forti e colletti bianchi.

Vogliamo che tutti possano essere liberi di manifestare il proprio pensiero, vogliamo che un giornalista che racconta non sia per certuni una “camurria” come i mafiosi dissero di Mauro Rostagno, che nessuno sia più costretto a  pagare il pizzo o qualche altra quota  associative a Cosa nostra per aprire un’attività economica. Che tutti siano liberi di chiedere e ricevere ciò che gli spetta di diritto.

Vogliamo poter godere delle bellezze del nostro territorio, vogliamo che i nostri figli ci rimangano su questo territorio. Vogliamo che i nostri nipoti,  un giorno conoscano della mafia solo il termine, ma non il fenomeno.

Vogliamo dire ai magistrati ed ai giudici trapanesi che la città è con loro, che noi cittadini abbiamo  alzato  la testa, che abbiamo compreso che è tempo di andare avanti, non con sterili declamazioni  e non più confidando sull’impegno straordinario di pochi, ma con il doveroso impegno ordinario di tutti in una battaglia  che può e deve essere vinta.

Vogliamo restituire dignità civile e culturale al territorio di Trapani impegnandoci in prima persona nelle nostre attività quotidiane affinché si passi dal degrado economico, culturale e politico ad un risveglio economico, culturale,  politico e democratico. 

Siamo consapevoli che la lotta contro la mafia è una questione civile  di democrazia che non può essere lasciata solo nelle mani di chi è esposto in prima linea ma che riguarda tutta la società civile.

Vogliamo che questo nostro territorio, insieme con il nostro futuro, piuttosto che essere gestito da uomini di successo sia invece vissuto da donne e uomini di valore!

Lottiamo e non ci arrendiamo!

Trapani 10 Gennaio 2014 Palazzo Cavarretta/Piazzetta Notai

 

Aderiscono:

Fondazione Erice Arte, Associazione M-arte Matta, Associazione Arkè Arte Archeologia, Udi Unione donne in Italia, Trapani Cambia, Trapani per il futuro, Libera numeri e nomi contro le mafie, Movimento Agende Rosse, Movimento 5 Stelle, Articolo 21, Coordinamento Provinciale Sel, Circolo Sel Danilo Dolci, Legambiente Egadi, Osservatorio Civico Paceco, Calcestruzzi Ericina Libera, Amalatesta circolo Arci, Libero Futuro Trapani, Circolo Mauro Rostagno Rifondazione Comunista, Osservatorio per la legalità Trapani, Associazione culturale 50 metri, Associazione Saman, Associazione culturale Marettimo, AlfaOmega associazione culturale universitaria, Fondazione Benvenuti in Italia, Uisp,Comitato “Grazie Sodano”, Castello Libero, Associazione Nino Via-eroe contemporaneo,Addiopizzo,Confindustria Trapani, Cgil Trapani, Azione Cattolica Diocesana, Partito Democratico, Pallacanestro Trapani, Associazione Nazionale Partigiani, Un’Altra Storia, Associazione Antimafia Rita Atria, AlphaOmega onlus, Associazione antiracket Trapani, Wigwam Club Mare Dentro, Lunae Dies Teatro Collettivo di Ricerca Teatrale, Associazione antiracket Marsala, Osservatorio veneto sul fenomeno mafioso, Ossermafia Italia – Uniti in memoria di Paolo e Agnese Borsellino, Ciao Mauro, Alqhamah, Movimento per la difesa del cittadino, Flmu-Cub, Cst Uil Trapani, Antimafia Duemila, Comitato delle Donne, Associazione Pluto Club, Circolo Big Bang – Adesso Trapani , Ordine degli Architetti, Associazione Pantelleria internet, Coordinamento “9 dicembre” Trapani, associazione Peppino Impastato Cinisi, associazione Cotulevi

 

ADESIONI PERSONALI:

 

Prefetto Fulvio Sodano, on. Rita Borsellino, On. Claudio Fava, On. Davide Mattiello, Sen. Vincenzo Maurizio Santangelo, On. Sonia Alfano, Sen. Pamela Orrù, Avv. Marco Campagna, Elisabetta Roveri, Maddalena Rostagno, Salvo Vitale, Pier Vittorio Demitry, Prof. Enzo Guidotto, Dott. Elena Ferraro, Dott. Nicola Clemenza, Dott. Gregory Bongiorno, Prof. Ignazio Buttitta, Avv. Giuseppe Gandolfo, Arch. Vito Corte, Dott. Santo Della Volpe, Avv. Valerio Vartolo, Dott. Francesco La Licata, Avv. Valentina Villabuona, Don Baldassare Meli, On. Baldo Gucciardi, On. Antonella Milazzo, Dott. Marco Rizzo, Dott. Nino Grignano, Avv. Francesco Brillante, Giulio Cavalli, On. Paolo Ferrero, On. Erasmo Palazzotto, Dott. Massimo Fundarò

 

Matteo Messina Denaro che organizza l’America’s Cup

Beni per un valore complessivo di oltre 30 milioni di euro sono stati sequestrati agli imprenditori edili trapanesi Francesco e Vincenzo Morici, padre e figlio, di 79 e 50 anni, ritenuti dagli investigatori appartenenti al ‘cartello’ legato al boss latitante Matteo Messina Denaro e che per un decennio avrebbe condizionato appalti pubblici a Trapani. Il sequestro ha riguardato anche societa’ impegnate nel cantiere del porto di Trapani. Per gli inqirenti, nelle commesse venivano usati materiali non conformi, tali da pregiudicare la durata delle opere.

L’operazione, denominata “Corrupti Mores” ed eseguita dagli agenti della Divisione Anticrimine della Questura di Trapani e dai finanzieri del nucleo di Polizia Tributaria a Trapani, Roma, Milano, Gorizia e Pordenone con la collaborazione dei reparti territoriali delle fiamme gialle e della Divisione anticrimine della Questura di Roma, scaturisce da un provvedimento emesso dal presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Trapani su proposta del questore Carmine Esposito. Il sequestro ha colpito 142 beni immobili, 37 beni mobili registrati, 36 conti correnti e rapporti bancari, 9 partecipazioni societarie e 6 societa’, sequestrate e sottoposte ad amministrazione giudiziaria, tra cui il cantiere sull area portuale di Trapani. Secondo gli inquirenti, i Morici appartengono a un gruppo di imprenditori utilizzati da Cosa nostra per condizionare, a partire dal 2001 e per circa un decennio, le fasi di aggiudicazione di importanti appalti pubblici a Trapani, l’esecuzione di opere e le relative forniture. Gli elementi che hanno portato al sequestro sono emersi dalle carte del processo per concorso esterno in associazione mafiosa a carico del senatore trapanese del Pdl Antonio D Ali’, in corso davanti al gup di Palermo.

Il gruppo dei Morici si sarebbe accordato con Cosa nostra per aggiudicarsi la gara di strutturazione del porto tra il 2001 e il 2005 in occasione della preregata della Coppa America “Louis Vuitton act 8 e 9” e, da alcune intercettazioni, emergerebbe, scrivono gli inquirenti, l’esistenza di intese con il boss mafioso Francesco Pace, esponenti politici e altre imprese partecipanti, per favorire i Morici nell aggiudicazione e utilizzare materiali non conformi, tali da alterare la stabilita’ dell’opera nel tempo. Il vertice mafioso, secondo gli investigatori, avrebbe gestito, tramite i Morici, e altri imprenditori contigui, i meccanismi di controllo illecito sull aggiudicazione dei lavori pubblici e sulla esecuzione del lavori, prevedendo che l’impresa aggiudicataria versasse una percentuale ai funzionari pubblici corrotti ed alla famiglia.