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Giulio Cavalli

Formigoni e i 31 dirigenti assunti in “gran segreto”

Schermata 2012-12-15 alle 14.46.55Per il Tar e il Consiglio di Stato è tutto illegittimo: il bando di concorso, mai apparso in «Gazzetta Ufficiale», e il provvedimento con cui la giunta ha cercato di rappezzare la situazione. Ciò che stiamo per raccontarvi accade nella più popolosa e ricca Regione d’Italia, che contribuisce per un quarto alla formazione del PiI, ha il primato dei migliori ospedali ed è considerata un modello d’efficienza: la Lombardia. 

La giustizia amministrativa invalida l’atto, ma la Regione «sana» con legge retroattiva Risultato: Giunta condannata al risarcimento dal Tar.

Una delle solite storie di Regione Lombardia marchiata dal formigonismo più becero. Forse quando parliamo tutti del libro della Minetti rischiamo di perdere il nodo politico che più di tutti sarà difficile da estirpare in caso di vittoria: una macchina amministrativa e dirigenziale completamente in mano agli amici degli amici che sarà sicuramente lo scoglio più difficile di qualsiasi inizio di legislatura. Per questo le soluzioni che si propongono per “deforestare” il sistema ciellino dovrebbero essere articolate e raccontate con calma e dovizia di particolari agli elettori. Passare dallo slogan al progetto legislativo e amministrativo è la maturità che gli elettori ci chiedono per risultare credibili nella guida della Regione.

La terrificante storia dei dirigenti lombardi è su Il Sole 24 Ore e la potete leggere qui.

Ne resterà solo uno

Primarie-Kustermann-e-Di-Stefano-per-Bersani.-Ambrosoli-per_h_partb“Ne resterà solo uno” mi scrive simpaticamente (ma drammaticamente) Agostino su twitter: si parla di quaranta consiglieri indagati per peculato al Pirellone. Lo scrive La Stampa, Il Fatto Quotidiano e in questi minuti un po’ tutti stanno riprendendo la notizia.

E’ la fine degna di una legislatura indegna nei comportamenti, nelle politiche e nella rappresentanza della classe dirigente. Per predisposizione e per passione mi hanno sempre appassionato più gli inizi piuttosto che l’analisi del disfacimento e per questo aspetto domenica perché le primarie (civiche, mi raccomando) dicano chi può essere il candidato per la Lombardia che guidi una coalizione di centrosinistra (meglio di sinistracentro, possibilmente) per segnare una discontinuità etica oltre che politica.

E devo ammettere che queste primarie hanno almeno toccato i temi che per troppi anni sono sembrati un tabù anche dalle nostre parti come l’eccessiva privatizzazione di scuola e sanità, il consumo di suolo, un diverso pensare alle infrastrutture fino al welfare e alle politiche sociali sgretolati dal montismo e dal formigonismo. L’augurio che possiamo farci è che tutti i temi vincano le primarie e rimangano in agenda, sostenute dalla responsabilità di farsene carico chiunque sia il vincitore.

Ho molto apprezzato lo spirito “evoluzionario” di Di Stefano che conoscevamo per competenza e passione. Ho ascoltato con molta attenzione la competenza di Alessandra Kustermann in campo sanitario e risentito finalmente belle discussioni, collegate e dirette con i diversi movimenti e comitati del territorio.

Conosco Umberto Ambrosoli da anni e con lui ho condiviso impegni e serate dove una diversa interpretazione dell’etica pubblica era davvero possibile. Sono d’accordo (come mi succede ultimamente molto spesso) con Pippo Civati quando scriveCredo però che la figura più competitiva per sconfiggere la destra – soprattutto se questa si presenterà unita – sia quella di Umberto Ambrosoli. E non solo e non tanto perché Ambrosoli sia stato indicato come loro candidato da tutti e tre i principali partiti che comporranno la coalizione o perché goda di un consenso molto largo tra le forze civili della città di Milano, ma perché credo che Ambrosoli possa vincere le elezioni e dare alla Lombardia un governo molto distante da quello che ci ha preceduti. Fin dallo stile, dalle modalità di selezione delle persone che lo accompagneranno, dalle scelte politiche di fondo che la maggioranza della Prossima Lombardia vorrà interpretare.

L’importante è che dalle nostre parti dopo queste primarie non ne rimanga solo uno ma esca una pluralità: a partire dai tre contendenti per allargarsi alla Lombardia tutta in un percorso che mi ostino a vedere fortemente politico senza perifrasi di cortesia.

Per quanto riguarda me sono in molti in questi giorni a chiedermi lumi su queste ultime mie settimane politiche (dalla candidatura ritirata in poi) e mi conforta l’interesse e la stima. Per ora rimango a svolgere il mio ruolo di parte attiva a queste primarie e poi avrò modo di pensare, ripensare a piccoli vizi antichi e indegni incrociati per strada, dire e spiegare. E decidere.

Perché ogni tanto le primarie succede che si facciano con la propria coscienza, anche.

Babel: intervista su ‘Duomo d’onore’

Duomo d’Onore, a cento passi dal Duomo capitolo secondo. Ritorna Giulio Cavalli con la seconda parte del suo spettacolo dedicato alle mafie milanesi e del nord Italia, scritto con Gianni Barbacetto, Cesare Giuzzi, Giuseppe Gennari, Giovanni Tizian e Biagio Simonetta. Da domani al 16 dicembre al Teatro della Cooperativa, Via Hermada 8.

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La Gomorra lombarda capitolo secondo

Adriana Marmiroli per LA STAMPA

Schermata 2012-12-13 alle 11.34.04Per qualcuno fino all’altro ieri non esisteva. Non esisteva che mafia e le sue «sorelle» alloggiassero comodamente all’ombra della Madonnina. Sono occorse clamorose azioni di polizia e svariati delitti eccellenti (o solo tragici e vergognosi) per far svegliare dal sonno infinito i bravi lümbard convinti dell’intangibilità del loro territorio. Perché mafia, ‘ndrangheta e camorra da noi stanno benissimo e fanno ottimi affari. Ancora più lucrosi, ora che c’è l’Expo in dirittura. L’attore Giulio Cavalli aveva già raccontato pochi anni fa in «A cento passi dal Duomo» questo «brodo di cultura», misto di affarismo, politica e criminalità apparentati, in cui faceva nomi&cognomi, business e atti giudiziari delle «famiglie» della mala organizzata. Era partito da lontano (Ambrosoli, Sindona, Calvi) per parlare della Gomorra meneghina: ne aveva guadagnato minacce e una scorta di polizia. Uomo ostinato e coraggioso, dopo la breve deviazione di «L’innocenza di Giulio. Andreotti non è stato assolto», torna ora con «Duomo d’onore. A cento passi dal Duomo, capitolo secondo» a ricucire gli eventi del presente a partire da quei fatti lasciati in sospeso nel 2010 e dalla maxioperazione «Crimine Infinito», che aprì qualche squarcio di verità e le porte di parecchie celle: l’Expo, il Pirellone e altri politici, il territorio lombardo da razziare, gli imprenditori conniventi e s(pa)ventati… Un racconto che è in progress quotidiano sull’onda della cronaca nera e giudiziaria. In scena sul palco del Teatro della Cooperativa che lo aveva ospitato anche allora, con l’accompagnamento dell’espressiva fisarmonica di Guido Baldoni, facendosi aiutare e ricorrendo al lavoro di diversi giornalisti «esperti» del settore – Gianni Barbacetto, Cesare Giuzzi, Davide Milosa, Mario Portanova, Biagio Simonetta e Giovanni Tizian – e del magistrato Giuseppe Gennari, Gip del Tribunale di Milano, per la regia di Renato Sarti, prosegue quella sua narrazione per cercare di capire se qualcosa sia cambiato dopo retate, arresti e processi. O il fenomeno sia così radicato e profondo da necessitare di bisturi ancora più incisivi.

Teatro della Cooperativa,

via Hermada 8, fino al 16 dicembre,

ore 20.45 (dom. 16),

18 euro, tel. 02-64749997

Omnimilanolibri su DUOMO D’ONORE

“Siamo la regione con più morti di mafia e non li sappiamo nemmeno contare”, ma sappiamo contare 100 passi, e tutto quello che Giulio Cavalli racconta nel suo spettacolo “Duomo d’onore – A cento passi dal Duomo”, da ieri per 7 sere in prima nazionale al Teatro della Cooperativa. Lea Garofalo, “morta ammazzata”, raccontata fino alle ultimi recenti notizie del ritrovamento del corpo, l’operazione “Crimine-Infinito” con gli intrecci “tutti casuali”, Loreno il paninaro di Città Studi, e le patetiche, se non ridicole amnesie dei suoi colleghi davanti ai giudici, Expo, e tutti gli interessi lì nascosti, “ma neanche troppo nascosti”. “Anche a Milano c’è l’irraccontabile, ma fa meno paura se ci parli su” e l’attore, consigliere regionale uscente di Sel, “l’unico ad esser ascoltato dal Gip senza essere stato arrestato” – togliendosi sassolini dalle scarpe e senza tralasciare nomi e particolari -, ieri sera è partito con il suo viaggio aprendo il sipario di via Hermada. Nella valigia, invisibile, di cartone, come l’essenziale scenografia, tante storie raccolte con l’aiuto del gip di Milano Giuseppe Gennari e diversi giornalisti (Gianni Barbacetto, Cesare Giuzzi, Davide Milosa, Mario Portanova, Biagio Simonetta e Giovanni Tizian) . Date, numeri, nomi che hanno fatto titolo nei Tg, forse per qualche ora, a teatro, nel secondo capitolo di “A cento passi dal Duomo”, prendono forma e diventano organici se spiegati con la mimica e la grinta di Cavalli, accompagnato dal fisarmonicista Guido Baldoni in scena con lui, ad eseguire musiche appositamente composte e da improvvisare seguendo flash back e divagazioni appassionate Come l’ultima storia, che arriva perfino dopo i ringraziamenti, concessa ad un pubblico che non ha fiatato “ed è venuto ad ascoltare queste cose, il martedì sera, in un teatro di periferia, pure” scherza attore. L’appendice fuori programma dello spettacolo ha il rumore dei 14 spari, 3 a segno, arrivati all’altezza del secondo lampione della passeggiata domenicale con il cane, che uccisero il magistrato Bruno Caccia, il 26 giugno 1983, a Torino. Cavalli, dopo il successo del primo capitolo, risalente alla stagione 2009-2010, torna a raccontare, aggiorna, riprende il filo del discorso lombardo, a pochi mesi dalla questione Zambetti, immancabile: “e con 50 euro a voto, si è fatto anche fregare sul prezzo”. Suscitando anche risate, risate consapevoli, risveglia tutti dal torpore, un torpore meno torpore di quelli in cui irruppe in scena con il capitolo primo, ma non manca di sottolineare che a Milano “di queste cose non si parla” con l’ironia che sa ben dosare punzecchiando senza offendere. “Sono fantasie, illazioni, supposizioni”. Intanto, attorno al palco, al pubblico, a cento passi da lì, ci sono “case a forma di case che sono soldi vestiti da case, invendute. Soldi, a forma di capannoni e di bar. Mafia a forma di bar, in centro, con consumazione obbligatoria. Strade, asfalto. E sotto: merda. Pensioni buttate in videopoker. E in ipermercati ogni 5 km”. C’è altrettanta potenza, ma meno spensieratezza, di due anni fa, ammette lui stesso, a sipario che sta per chiudersi, mentre ringrazia la sapiente regia di Renato Sarti: “ci sono state evoluzioni e rivoluzioni, e c’è scappata anche qualche involuzione, scusate”. In ogni caso ieri il suo viaggio è cominciato, ricominciato, dal capitolo due, senza perdere il segno, e neanche la voglia di raccontare quel binomio ‘ndrangheta-Lombardia sempre più forte ma anche sempre più noto.

L’articolo è qui

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#primarieparlamentari

NQstWPVeEYDzKFK-556x313-noPadForse ce la facciamo. Il dado sembra essere tratto (nel PD voci molto interne lo danno per vicinissimo) e viene da immaginare che SEL non sia da meno. Si moltiplicano gli appelli che raccontano perfettamente perché non ci si può permettere di non farle, tra cui la petizione di Pippo e Vassallo che vi invito a sottoscrivere. Per democrazia, mica per niente.

A: 
Anna Maria Cancellieri, Pierluigi Bersani, Nichi Vendola 
La repentina crisi del Governo Monti ha già messo a repentaglio la stabilità finanziaria e la credibilità internazionale che l’Italia aveva faticosamente ricostruito negli ultimi mesi. Ma il rapido ricorso alle elezioni, senza che sia stato rimosso il vulnus delle liste dei nominati, rischia di produrre un ulteriore disastro: di mortificare ancora la legittimità del Parlamento e con esso di chi sarà chiamato a governare nella prossima legislatura. Non possiamo permetterlo!

1. Qualora la data delle elezioni sia fissata per il 17/18 febbraio, chiediamo al Presidente della Consiglio e al Ministro dell’Interno di stabilire con decreto che la presentazione delle liste possa avvenire, anziché fino al 34°, fino al 31° giorno antecedente alla data delle elezioni, anche al fine di rendere più agevole lo svolgimento di elezioni primarie per la scelta dei candidati. 

2. Chiediamo al segretario Bersani e alla Direzione Nazionale del PD di convocare in ogni caso primarie per i parlamentari, aperte a tutti i nostri elettori, per il 13 gennaio o, qualora non sia emanato il decreto di cui sopra, per il 12 gennaio, e di adottare il regolamento già presentato alla Assemblea Nazionale all’inizio di quest’anno, qui di seguito riproposto con pochi adattamenti che lo rendono immediatamente applicabile.

3. Auspichiamo che Nichi Vendola e i leader delle altre forze politiche della coalizione “Italia Bene Comune” che intendano presentare proprie liste decidano di convocare, per la stessa data, elezioni primarie per la scelta dei loro candidati, in modo che tutti gli elettori di centrosinistra, ciascuno per le liste del proprio partito, possano partecipare in un’unica giornata e negli stessi luoghi a questa necessaria e fondamentale prova di democrazia, che completa il percorso avviato insieme con le primarie per il candidato comune a Presidente del Consiglio.

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Regolamento per le primarie dei candidati PD al Parlamento

1. fatta eccezione per la candidatura del Segretario Nazionale, i candidati al Parlamento del PD per la XVII legislatura vengono selezionati per mezzo di elezioni primarie convocate per il giorno 13 gennaio 2013;

2. a tal fine, ogni provincia costituisce un collegio; su proposta della Direzione provinciale e delibera della Direzione regionale, nelle province con più di 1.000.000 abitanti possono essere costituiti collegi sub-provinciali eventualmente corrispondenti ad unioni territoriali del PD, quelle con popolazione inferiore a 500.000 abitanti possono essere aggregate a collegi territorialmente contigui;

3. al fine di assicurare un leale e corretto rapporto dei candidati con il partito, la presentazione delle candidature è accompagnata dalla sottoscrizione di almeno il 5% dei componenti della Direzione provinciale ovvero di almeno il 3% degli iscritti al partito nel medesimo ambito territoriale;

4. i candidati si impegnano a rispettare lo Statuto, il Codice etico, il Regolamento per le primarie ed a presentare un rendiconto dettagliato dei contributi e delle spese sostenute per la propaganda elettorale delle primarie, i quali non potranno comunque superare il limite di 20.000 euro; è fatto in ogni caso divieto ai dirigenti e ai quadri del PD di utilizzare risorse finanziarie e organizzative, mezzi di comunicazione interna o personale dipendente del partito per promuovere specifiche candidature; il mancato rispetto di tali norme comporta l’esclusione dalla candidatura al Parlamento nelle liste del Partito Democratico;

5. le candidature sono presentate in maniera indistinta per la Camera e per il Senato;

6. possono votare tutti i cittadini che il giorno delle primarie si recano al seggio del territorio in cui risiedono, esibiscono il loro certificato elettorale ed un valido documento di identificazione, sottoscrivono un documento in cui dichiarano di essere “Elettori del Partito Democratico”, autorizzano l’inclusione dei loro dati anagrafici nel relativo “Albo degli elettori”, versano la somma minima di un euro come contributo alle spese delle primarie e della campagna elettorale del PD;

7. ciascun elettore può esprimere fino ad un massimo di due voti, purché siano espressi per candidati di genere diverso;

8. per stabilire l’ordine in cui, nell’ambito di ciascuna regione, i candidati alle primarie hanno diritto ad essere inseriti in lista, si suddivide innanzitutto il totale dei voti validamente espressi in ciascun collegio a favore del PD in occasione delle elezioni per la Camera dei Deputati del 2008 per 1, 3, 5, 7 e così via ottenendo una serie di quozienti di entità decrescente; la prima candidatura viene assegnata al collegio che dispone del primo quoziente più alto e, nell’ambito del collegio, al candidato alle primarie che ha ricevuto il maggior numero di voti; le successive candidature sono assegnate al collegio con il quoziente non ancora utilizzato più alto e, all’interno del collegio, al candidato alle primarie non ancora selezionato che ha ottenuto il maggior numero di voti;

9. i candidati esercitano l’opzione per la Camera o per il Senato nell’ordine in cui sono stati selezionati e vengono quindi collocati nella lista prescelta immediatamente dopo il candidato che aveva esercitato prima di loro l’opzione per la medesima lista.

Pippo Civati – Salvatore Vassallo
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Su Twitter #primarieparlamentari

Milano connection

In scena, da Repubblica
Giulio Cavalli debutta alla Cooperativa con “Duomo d’onore”, monologo con la regia di Renato Sarti
Milano connection
“La mafia è sotto casa al bar e al supermarket”
SIMONA SPAVENTA
«NON bisogna aver paura di ciò che non si conosce, ma di quello che si crede vero ma non lo è». Cita Mark Twain Giulio Cavalli che, dopo aver raccontato la mafia a Milano tre anni fa in A cento passi dal Duomo, quando ancora le indagini non avevano smascherato le infiltrazioni della ‘ndrangheta in città, oggi porta a teatro un nuovo capitolo di quella inchiesta, svelando la criminalità invisibile che si cela nel nostro quotidiano. Lo fa con Duomo d’onore, da stasera al teatro della Cooperativa. Un monologo scritto con l’aiuto un gruppo di giornalisti — daGianni Barbacetto a Mario Portanova — per la regia di Renato Sarti.
Lei è stato profetico: nel luglio 2010 l’operazione Crimine Infinito ha portato a 300 arresti di mafiosi in Lombardia.
«Parto proprio da lì. Prima si negava l’esistenza della ‘ndrangheta a Milano, da Crimine Infinito si sono scatenati sdegno e preoccupazione. Ora, però, ci vuole “occupazione”: bisogna occuparsene. Il lavoro nasce per questo. Qui non c’è più la bulimia di dare informazioni, né l’obbligo al teatro-giornale. Torno a fare il narratore puro».
Che cosa racconta?
«Racconto delle storie, dei pezzi di quotidianità. Tutti abbiamo mangiato dagli “unti”, ma non tutti sanno che dietro a quegli hot dog c’è la ‘ndrangheta, il racket dei paninari. Entro nei bar, dove ci sono i videopoker controllati dai Casalesi, parlo dei compro oro, del riciclaggio, dei bar e dei ristoranti comprati e rivenduti, degli ipermercati così vicini da non aver clienti, assediati dal racket del facchinaggio».
La mafia è sotto casa, insomma.
«Il nostro è sano terrorismo psicologico. Vorrei che le signore tornassero a casa e leggessero i nomi dei vicini sui citofoni, sarebbe un bene in una regione narcotizzata come la nostra. Perché la mafia è tra di noi. E non bisogna essere profeti né eroi per mantenere allenato il muscolo della curiosità».
Lei, però, continua a vivere sotto scorta.
«Le minacce sono una cosa continua, ma per fortuna i miei tre bambini non lo sanno, vivono con serenità. Chi me lo fa fare? La volontà di essere intellettualmente onesto. E, gramscianamente, la gioia di non essere indifferente».
I casi di collusione con la politica sono stati eclatanti. Li tocca?
«Impossibile non parlare di Zambetti, uno che piange minacciato dai boss da cui aveva comprato voti, peraltro facendosi fregare sul prezzo. Una di quelle storie che se accade in Calabria o in Sicilia, noi sorridiamo superiori e distaccati. Invece è accaduto qui. Lo tratto come fosse un argomento da bar, perché le quote comiche non mancano nello spettacolo. E ogni risata su un boss fa bene, ne sgretola l’onore».
Lei è consigliere regionale per Sel. Non c’è il rischio comizio?
«Dopo un ventennio di conflitti d’interessi anti-etici rivolti a lobby ristrette e poco legali, trovo bellissimo e coltivo volentieri un conflitto d’interesse tra palcoscenico e bellezza, dove la lobby è quella degli spettatori. Sulle primarie della sinistra preferisco non far commenti, ma le dico una cosa: continuerò a far politica. Sarò uno “scassa minchia”, per dirla con Impastato».

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Teatro, Giulio Cavalli racconta la “Gomorra”milanese

da Giornale Metropolitano

MILANO – Le ramificazioni della mafia in Lombardia. Il teatro e l’arte come linguaggio di denuncia e divulgazione.

«Duomo d’onore», il nuovo spettacolo di Giulio Cavalli di scena al teatro della Cooperativa da martedì 11 a domenica 16 dicembre, racconta l’evoluzione della mafia a Milano e dintorni.

In «A cento passi dal Duomo», tre anni fa, Cavalli narrava le radici del fenomeno malavitoso all’ombra della Madonnina. Adesso l’attenzione si focalizza sugli sviluppi successivi all’operazione “Crimine infinito”, che nel luglio 2010 ha portato all’arresto di 300 persone e al sequestro di milioni di euro.

Adesso che più nessuno sano di mente può osare dire che «a Milano la mafia non esiste», emerge la virulenza del binomio ‘ndrangheta-Lombardia, con tanto di coinvolgimento di esponenti politici e di insidie nascoste nel grande cantiere Expo 2015. La regione che aspirava al ruolo di locomotiva d’Europa si è risvegliata, tra riciclaggio e corruzione, colonizzata dalla criminalità.

Giulio Cavalli si vale della collaborazione di diversi giornalisti – Gianni Barbacetto, Cesare Giuzzi, Davide Milosa, Mario Portanova, Biagio Simonetta e Giovanni Tizian – e di Giuseppe Gennari Gip del Tribunale di Milano. Porta in scena dati, atti e documenti.

Da sottolineare le musiche appositamente composte ed eseguite dal vivo dal fisarmonicista Guido Baldoni.

A tenere le fila la regia di Renato Sarti, ancora una volta impegnato nella messa in scena di tematiche civili.

A cura di Vincenzo Sardelli

da martedì 11 a domenica 16 dicembre 2012 – al Teatro della Cooperativa – prima nazionale

produzione Bottega dei Mestieri Teatrali

DUOMO D’ONORE, a cento passi dal Duomo – capitolo secondo

testo di Giulio Cavalli

in collaborazione con Gianni Barbacetto, Cesare Giuzzi, Davide Milosa, Mario Portanova, Biagio Simonetta, Giovanni Tizian e Giuseppe Gennari Gip del Tribunale di Milano

con Giulio Cavalli

musiche in scena di Guido Baldoni

regia Renato Sarti

Teatro della Cooperativa (11/16 dicembre 2012)

ORARI: feriali ore 20.45 – festivo ore 16

PREZZI: intero 18 € – ridotti 13/8 €

www.teatrodellacooperativa.it – Via Hermada 8, Milano – tel. 02.64749997