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Giulio Cavalli

Bonifica Caffaro a un’impresa indagata per i fondi neri a Nicoli Cristiani

Un’impresa coinvolta nell’inchiesta sui fondi neri a Nicoli Cristiani si occuperà della bonifica di un’area Caffaro. Per la bonifica dei giardini di via Nullo, contaminati da diossine e Pcb, lo scorso 29 novembre il Comune di Brescia ha incaricato la ditta “Vezzola” di Lonato, il cui consigliere delegato, Stefano Vezzola, è indagato dai magistrati di Brescia per aver versato illecitamente 20mila euro all’ex vicepresidente del Consiglio Regionale del Pdl Franco Nicoli Cristiani. La “Vezzola” è una delle imprese impegnate nella costruzione dell’autostrada “Brebemi”, per cui starebbe effettuando lavori per un appalto superiore ai 50 milioni di euro. Ora si dovrà occupare di asportare terreno contaminato da Pcb fino a 140 volte oltre i limiti su un’area di 7mila mq accanto all’industria chimica “Caffaro”. La bonifica dei giardini di via Nullo era già stata fermata dalla magistratura nel 2009, perché la ditta “Moviter”, incaricata dal Comune, falsificava le bolle di trasporto per smaltire illegalmente il terreno in una cava nella bassa bresciana. L’amministratore della “Moviter” è stato poi condannato per smaltimento illecito di rifiuti, e del caso si è occupata nel maggio scorso anche la Commissione parlamentare d’inchiesta presieduta dall’onorevole Gaetano Pecorella. Dopo il caso “Moviter” era stato chiesto al Comune di non affidare i lavori a chi offre il massimo ribasso sull’importo dell’asta pubblica: ma il nuovo appalto è stato vinto dalla “Vezzola” grazie a un’offerta al ribasso del 28%, addirittura superiore al 25% offerto a suo tempo dalla “Moviter”.

Andrea Tornago

Radio Popolare, Notizie da Milano e dalla Lombardia, 10-12-12

Il centrosinistra secondo Ken Loach

“In Gran Bretagna si prepara a vincere, ma non credo che il centrosinistra esista: se si è a favore del mercato e della deregulation si è di destra, se si crede nell’economia pianificata e nella proprietà comune si è di sinistra, chi rimane al centro della strada di solito viene investito. Non so in Italia, ma da noi il centrosinistra si dice d’accordo a mantenere le misure di austerità e a proseguire le privatizzazioni, solo più lentamente. Ma se dovete essere comunque strangolati, il tempo non fa la differenza”. (Ken Loach)

‘Tracce nel villaggio’ intervista Giulio Cavalli

L’intervista originale la trovate qui.

Giulio Cavalli è consigliere regionale della Lombardia. Eletto inizialmente come candidato indipendente nelle liste di IDV ha aderito, successivamente, al gruppo diSINISTRA ECOLOGIA E LIBERTA’.
Oltre che con la politica, Giulio Cavalli, esprime la sua passione civile e lo spirito di appartenenza attiva ad una comunità attraverso la sua multiforme attività di narratore, artista, autore e scrittore.
I suoi libri, “LINATE 2001: la strage” – “Nomi Cognomi ed Infami” – “L’innocenza di Giulio” e gli spettacoli teatrali che scrive e mette in scena sono contaminati da un impegno civile forte ed appassionato.
Le produzioni artistiche ed intellettuali di  Giulio Cavalli sono la declinazione più naturale della sua partecipazione umana ed emotiva  ai grandi temi della vita civile.
Nei suoi spettacoli ha “sbeffeggiato” la mafia ed, a causa delle minacce ricevute dalle cosche,  vive sotto scorta.
Nel dicembre 2009, Giulio Cavalli è stato ricevuto dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che gli ha manifestato la propria solidarietà.

Ho chiesto al consigliere regionale lodigiano di SEL di aiutarci a ragionare sulla situazione politica attuale e sugli scenari futuri dell’Italia che verrà. Lo ringrazio molto per la disponibilità.

La fiducia nella politica e negli uomini che la rappresentano ha raggiunto ormai livelli sconcertanti di impopolarità. Meno del 3% della popolazione è ancora disponibile a riconoscerle un valore positivo. Ci dobbiamo davvero rassegnare alla situazione di rabbia e disaffezione che accomuna indistintamente tutti i politici ?
La rassegnazione non è nel mio vocabolario, sia quello politico che, in modo più largo, in quello professionale e umano. La disaffezione ai partiti è l’effetto di una causa che va affrontata con la voglia di mettersi in discussione sul serio, pensando che la “partecipazione” e la “democrazia interna” non possono essere slogan elettorali ma pratiche reali. Non credo che la disaffezione ai partiti si possa semplicemente risolvere con un “movimentismo” retorico quanto piuttosto con una riforma reale nei bilanci, nei finanziamenti, nella scelta della classe dirigente e nella scuola politica interna. Se il partito viene vissuto come un accrocchio di poche persone che coltivano la propria autopreservazione è normale che i risultati siano quelli che ci si presentano in questo periodo.

A livello nazionale SEL ha aderito formalmente all’alleanza con il PD. Non ritiene che su alcune questioni decisive vi sia una distanza talmente inconciliabile di vedute da disorientare l’elettorato ? Penso ad esempio al giudizio sulle riforme Monti, agli impegni militari internazionali, alla diversa visione sull’utilità delle opere pubbliche (TAV – rigassificatori), ai rapporti con il mondo della finanza e dell’economia.
Il rischio c’è ed è alto. La scelta di SEL è quella di rinunciare a lasciare il campo del centrosinistra scoperto per rivendicare i propri temi in un’ottica di governo. Si può essere d’accordo o meno nella scelta (è la bellezza della politica, del resto) ma resta un segnale chiaro di assunzione di responsabilità in un dibattito con posizioni spesso così diverse. La riuscita del percorso si può leggere nel momento in cui alcuni punti fortemente di SEL sono entrati nel dibattito delle primarie costringendo tutti i candidati a prendere una posizione. La vittoria stessa di Bersani bilancia la coalizione verso l’ala che non vede nessuna possibilità di un Monti bis. I prossimi mesi potranno dirci quanto possiamo riconoscere di avere influito su programmi e alleanze.

Il Movimento 5 Stelle è ormai segnalato come la seconda forza politica del Paese. Non le pare troppo sbrigativo liquidarlo come un fenomeno populista e frutto del sentimento incalzante dell’antipolitica ?
Certamente sì. Spesso sono stato criticato perché considerato troppo vicino al Movimento semplicemente perché ne sottolineo una rappresentatività che è da irresponsabili ricondurre al populismo. Il M5S risponde ad esigenze che non trovano risposte nelle altre forze politiche: questo dovrebbe essere lo spunto da cui partire. Quali dei punti di programma possono essere adottati anche da noi in modo intellettualmente onesto? Ci sono dei meccanismi del M5S che siamo pronti a riconoscere e sviluppare? Se partiamo da queste domande ritorneremo finalmente nel campo della politica.

Il consiglio regionale lombardo è stato falcidiato da una sequenza impressionante di episodi legati all’illegalità, alla corruzione ed alle infiltrazioni mafiose. La domanda è ricorrente: è mai possibile che solo l’intervento della magistratura possa modificare l’andazzo vergognoso della politica ?
E’ la sconfitta del primato della politica che proprio per questo paga pegno nel campo della credibilità. La caduta di Formigoni deve essere la discussione di un nuovo modello politico al di là delle responsabilità di questo o quell’assessore. La magistratura e gli scandali (se visti dall’alto con oggettività e la giusta distanza per giudicare le cose) raccontano un modello amministrativo in balìa dell’etica e della corruttibilità dei diversi interpreti assolutamente incapace di difendersi. Formigoni ha puntato tutto in questi 17 anni sull’accentramento dei poteri alla Giunta svuotando di fatto il Consiglio dei propri diritti e doveri di controllo e indirizzo: solo così infatti ha potuto prolungare un’attività di lobby che in Lombardia ha svenduto diversi settori a questo o quel gruppo di amici da mantenere.

Il suo giudizio sulla Lega 2.0. La convince il nuovo corso targato Maroni ?
Pubblicità allo stato puro e più banale: rimozione del passato per proiettare un futuro di speranza ignorante.

Le grandi opere regionali, la sanità, gli appalti ed EXPO sono materie particolarmente appetitose per la criminalità mafiosa. Dal suo punto di osservazione (da uomo politico, scrittore e conoscitore dei fenomeni mafiosi) qual è il livello di compromissione con la mafia e la corruzione della vita pubblica nella nostra regione ?
Al di là del fattore politico la questione lombarda è una questione morale. Mi rimane il dubbio che i “premiati” di questi ultimi anni siano (e non è un caso) coloro che sono riusciti a misurare con attenzione le proprie spericolatezze. Abbiamo dimenticato di innescare processi etici non solo in politica ma anche nell’imprenditoria, nell’educazione civica e nell’applicazione di una meritocrazia che premi la moralità. Quando ero poco più di un ragazzino coglievo già questo fenomeno tutto lombardo di ammirazione per le carriere “con ombre” come se fossero necessarie per tenere alto il PIL lombardo.

Formigoni non manca di celebrare pubblicamente l’eccellenza di regione Lombardia. Un confronto oggettivo con il resto del Paese ed il raffronto con i più standard avanzati europei depongono a favore della dichiarazione del presidente. Anche i cittadini lombardi riconoscono una elevata qualità complessiva del sistema dei servizi regionali. Qual è la sua opinione ?
Parlare di eccellenza lombarda è offensivo. Formigoni spieghi l’eccellenza della sanità ai parenti delle vittime della clinica Santa Rita o alle famiglie rimaste senza reddito dei lavoratori del San Raffaele. Poi ne riparliamo.

So che non è un argomento di cui parla volentieri, ma può chiarire meglio la vicenda della sospensione della sua scorta ? Le è stata reintegrata ? Come ha vissuto quel passaggio delicato della sua vita personale ? La questione è, a mio parere, di rilievo pubblico perché la sua battaglia contro la mafia è la battaglia della gente perbene e corrisponde al nostro desiderio di Stato e legalità.
Ritengo le questioni di scorte e sicurezza non notiziabili. La mia sicurezza rientra in un “patto” tra me e lo Stato che inevitabilmente ogni tanto si inceppa in alcuni atteggiamenti dei diversi interpreti come succede in ogni burocrazia. Sono e mi sento al sicuro.

Conferma la sua decisione di candidarsi alla guida di regione Lombardia ? Quali saranno i punti qualificanti del suo programma ?
La decisione definitiva è stata quella di appoggiare la candidatura di Umberto Ambrosoli che, tra le altre cose, è anche un amico. Credo che il rilancio etico della Lombardia possa trovare in lui un ottimo volano.

Il dopo Monti è una prospettiva ancora sfocata ed oggi impossibile da rappresentare. Quali sono secondo lei le linee guida che dovranno ispirare la nuova stagione politica ?
L’alternativa a Monti. Uscire dall’angolo in cui ci hanno cacciato tutti coloro che insistono nel convincerci che non esiste alternativa all’austerità per uscire dalla crisi, possibilmente con una sinistra che si prenda la responsabilità di essere di sinistra e di governo.

Dobbiamo davvero considerare concluso il periodo storico che passa sotto il nome di “berlusconismo” ? Che eredità lascia quest’esperienza ventennale al Paese ?
Culturalmente ci vorranno anni per un dipanarsi serio e sincero nei diversi strati sociali e nei modi della comunicazione imprenditoriale e politica. Il berlusconismo è l’amor proprio elevato a dovere antisociale per le legittima difesa, è la banalizzazione dello scontro per creare tifo e annullare le analisi, è nello strizzare l’occhiolino ai furbi che si arrovellano in prepotenze comunque legali e nelle regole privatizzate e vendute al migliore offerente. Purtroppo è un modello politico, imprenditoriale e sociale: ci vorrà un convincente controlavoro per rimettere in rete chiavi di lettura collettive di questi ultimi vent’anni.

Il suo giudizio sulle elezioni primarie del centro-sinistra.
Partecipate nella discussioni e nell’ampiezza della discussione, sicuramente, ma le primarie si pesano quando si arriva alla sintesi finale che serve per risultare convincenti alle secondarie. E le secondarie da sempre sono le elezioni che mi interessano di più.

 

#primarieparlamentari una bella onda

L’avevamo scritto qualche giorno fa qui. E il discorso vale per SEL e oggi ancora di più per tutto il centrosinistra che si è delineato (guarda un po’) proprio grazie alle primarie. Con questa legge elettorale affrontare una campagna elettorale senza avere scardinato il porcellum con gli strumenti che un partito può praticare sarebbe stupido, egoista e suicida. Ne scrive Pippo da tempo ormai, e oggi mi arriva un appello da sottoscrivere in pieno:

Ricostruire il Paese. Facciamo la nostra parte.

A Pierluigi Bersani, Nichi Vendola, Riccardo Nencini;

Alle assemblee nazionali di Partito DemocraticoSinistra Ecologia e Libertà Partito Socialista Italiano;

Le primarie dei Progressisti appena terminate hanno regalato una bellissima pagina di partecipazione e di festa ad un Paese, il nostro, offeso e ferito da troppi anni di pessima politica che hanno allontanato i cittadini dall’idea di bene comune e ci restituiscono l’immagine di un’Italia che ha scommesso sul proprio futuro affidando al centrosinistra una grande responsabilità: il cambiamento.

Se la crisi economica del Paese e la crisi morale che ha attraversato la politica dipingevano un’Italia rassegnata, impaurita, arrabbiata o disinteressata, il 25 novembre e il 2 dicembre 2012 oltre tre milioni di elettrici ed elettori hanno voluto dare un segnale forte, chiedendo più coraggio, più partecipazione, più volontà di voltare pagina. Insieme, per restituire all’Italia la speranza.

Se, come è prevedibile, le prossime elezioni politiche saranno regolamentate dal Porcellum, una legge infame che ha tolto ai cittadini il potere di scelta, è però nelle nostre possibilità di donne e uomini di centrosinistra fare in modo che al popolo delle primarie, alle nostre elettrici e ai nostri elettori, siano date le chiavi per esprimersi sui rappresentanti in Parlamento che in primavera saranno chiamati a governare l’Italia nei prossimi cinque anni.

Diceva Gandhi: “Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformati in azioni. Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”.

Ecco perché noi, donne e uomini del centrosinistra, chiediamo ai partiti che hanno partecipato alle primarie Italia Bene Comune, PD SEL e PSI, di attivare tutti gli strumenti, dalle primarie alle assemblee popolari, per la discussione e la scelta dei candidati nelle nostre liste. Per restituire a chi ha partecipato alle primarie la fiducia che è stata riposta in noi.

C’è chi il cambiamento lo invoca a gran voce. Noi vogliamo esserlo, davvero.

Lettera a Babbo Natale dall’Ilva

Il testo del mio intervento alla trasmissione “L’Ultima Parola”:

Caro Babbo Natale,

Mi chiamo Tommaso ho 7 anni e abito in un paese in provincia dell’Ilva,

Qui siamo quasi tutti in provincia dell’Ilva che è un provincia che non è mai stata abolita e al posto dei cartelli per segnare i confini ha un tappeto peloso e nero graffettato sotto i bordi del cielo come quelle tettoie abusive in giardino che aspettano solo i tempi del condono.

Caro Babbo Natale,

Questa lettera mi dice mamma che dovevo scriverla alla Befana, perché è lei che di solito si occupa del carbone, e io all’inizio mi ero anche preoccupato, Babbo Natale, ma poi sull’attribuzione dei poteri per le decisioni che contano mi ha detto mamma che in fondo vince chi arriva prima e chi riesce a fare la voce più grossa, e allora mi sono messo di corsa a scrivere questa lettera senza nemmeno perdere un minuto a lavarmi i denti e sto usando il pennarello con la punta più grande che avevo in giro per casa.

E mia mamma mi ha detto di stare tranquillo, che Babbo Natale capirà, mi ha detto mamma, che ogni tanto tocca a lui farsi carico di una lettera alla Befana che gli arriva per decreto ministeriale, come nelle commedie degli equivoci che fanno tanto ridere alla tivvù.

Vedi Babbo Natale,

Qui a casa nostra aspettiamo il natale per la neve sui balconi che è uno spettacolo da volarci via con la testa, davvero, e il quartiere diventa tutto bianco come il latte versato sopra ai tetti e ai balconi, bianco come i calzini dei pirati, bianco come le dimissioni che ha firmato papà per farsi assumere e bianco come le bare che sono cinquant’anni che ci passano sotto il terrazzo e sono lunghe poco più di me se mi metto sdraiato sul pavimento. Il bianco più veloce del west, Babbo Natale, che dura giusto il tempo prima che atterri di nuovo la polvere di carbone perché qui, Babbo Natale, in provincia dell’Ilva la neve nevica a Natale ma il carbone sono cinquant’anni che nevica tutto l’anno. Siamo bambini fortunati, qui da noi, sempre con l’ombrello aperto come nei film con la nebbia finta a vapore. E il bianco della neve dura il tempo di farci le foto per i parenti e poi si infeltrisce di nero come la coda di un gatto: i balconi, i tetti, i marciapiedi e i calzini bianchi dei pirati. Solo le bare bianche rimangono bianche, strofinate dalle mamme, il papà e i fratelli se ci sono fratelli. Una cosa da volarci via, dovresti vederla, Babbo Natale.

Caro Babbo Natale,

L’altro ieri la maestra ci ha dato un tema come compito a casa sulle cose che ci sono antipatiche e io, Babbo Natale, ci avevo scritto sopra che se c’è una cosa che mi rimane proprio sul gargarozzo, anche se sono solo un bambino cinico di sette anni, sono i morti di lavoro. E lei me l’ha segnato con l’errore del pastello blu e mi ha detto “Tommaso si scrive morti – al – lavoro” mi ha detto, e io le ho risposto che no, maestra, che questi sono morti – di – lavoro, che ne ho conosciuti di amici di papà che sono morti e quando ho chiesto di cosa sono morti lui mi ha detto di lavoro. Proprio – di – lavoro, maestra, mi ha detto così, perché ci sono morti che lavorano per curarsi il lavoro infame che gli hanno cucito addosso e che non riescono mica a pulirsi i polmoni e il sangue mettendolo in lavatrice, come fanno con la tuta.

La maestra, caro Babbo Natale, si è tirata fuori dalla tasca la gomma e mi ha cancellato la riga blu e poi mi ha detto sottovoce di non dirlo troppo in giro. Anche se, caro Babbo Natale, sul foglio del tema, che ci ho preso “bravissimo ma troppo curioso”, sul foglio ci è rimasta la macchia di blu. Perché gli errori gravi non si cancellano con la gomma, lo sanno anche gli asini più asini della mia classe, caro Babbo Natale.

Caro Babbo Natale,

Qui nel mio paese in provincia dell’Ilva ci sono morti che abbiamo solo noi, qui in giro: i morti che muoiono della pioggia di carbone ma non è colpa di nessuno. E quando non è colpa di nessuno, Babbo Natale, la colpa è dei morti che si ostinano a morire senza nemmeno preoccuparsi di chi è la colpa.

E allora, caro Babbo Natale, ti scrivo perché per questo Natale puoi anche fare a meno di portarci i pacchi impacchettati, così eviti di infilarti nel lurido dei nostri camini, e magari come regalo per quest’anno ci porti via il carbone che si è asfaltato sui banchi in questi ultimi cinquant’anni. Magari lo rivendi a prezzo buono alla befana per la sua prossima tournée di gennaio oppure ci fai uno svincolo su a casa tua al Polo Nord. L’importante è che ce ne liberi un po’ perché nemmeno con una tromba d’aria riusciamo a cacciarcelo giù per la gola.

E se ti capita portaci un libretto delle istruzioni sulle priorità della salute e del lavoro, un bugiardino come quello delle medicine che ci dica le dosi giuste per evitare le controindicazioni e la secchezza delle fauci.

Che qui i grandi li vediamo parecchio in confusione e non vorrei che ci facessero altre primarie, della salute contro il lavoro, e il doppio turno con il ballottaggio.

Buon Natale, Babbo Natale, dalla provincia dell’Ilva.

 

 Il video è a questo link oppure qui sotto dal minuto 8 e 47 secondi:

Cosa mi ha promesso Ambrosoli?

Risponde Umberto nella sua intervista a Panorama. E dice cose da leggere con attenzione perché se le presunte incertezze sono una dichiarata e voluta cautela forse ne vale la pena. Potete leggere tutto qui.

 

L’equo Ciro e l’equo compenso per i giornalisti

Ciro Pellegrino è un giornalista campano che oltre a raccontare i fatti attraverso il giornalismo ha deciso di raccontare il giornalismo possibilmente compiendo fatti. Ha contribuito alla sensibilizzazione sull’annoso tema dei compensi (quando ci sono) ai giornalisti per pochi euro al pezzo che fanno la fortuna di troppi quotidiani e oggi riporta un piccolo storico passo sull’equo compenso per i suoi colleghi:

Considero fratello chi con me è stato nel fango del lavoro matto e disperatissimo, nel gorgo delle mortificazioni economiche, nel vortice di rabbia che ti prende perché vuoi che la tua vita, un giorno, prenda una strada diversa, una strada giusta, sostenibile. Sono tutte cose tristi. Ma ogni tanto qualche soddisfazione ci esce.

Oggi, martedì 4 dicembre 2012, è stata approvata la legge sull’equo compenso per i giornalisti. Siamo in Italia, parliamo di una legge italiana sui diritti ai lavoratori, parliamo di giornalisti italiani: capisco gli scetticismi. Ma questa legge dice che sotto un certo livello economico gli editori non potranno più scendere. È è la prima volta che una norma sancisce ciò. L’equo compenso dovrebbe essere un concetto di civiltà, non solo una legge per gli iscritti ad un Ordine professionale. Mi piace pensare a questo come il primo passo. Non sono il solo ad averci creduto, ovviamente. Sono la minima parte di un movimento d’opinione costituito dai coordinamenti dei giornalisti precari italiani (quello della Campania, gli Errori di Stampa, i Re:fusi, i Free CCP romagnoli, i precari del Friuli, quelli del Molise e chi più ne ha, ne metta), dall’Ordine dei Giornalisti – e penso a Enzo Iacopino e Fabrizio Morviducci – da una parte della Fnsi, il sindacato dei giornalisti (l’altra parte sinceramente non ha remato contro, semplicemente se n’è fottuta) e anche da parlamentari italiani che hanno sposato quest’idea.

Non so se riesco a far comprendere la mia soddisfazione: a 35 anni non avrei mai pensato di contribuire, seppur modestamente, a scrivere una legge dello Stato. Eppure l’ho fatto, l’ho fatto diffondendo una idea di fondo, quella che il giornalista è come tutti gli altri lavoratori. Non più “sempre meglio che lavorare”, niente “casta”. Ma lavoratori, con tanti doveri e responsabilità che tutti – lettori e colleghi – non cessano di ricordare ogni santo giorno. Lavoratori con qualche diritto fondamentale che non può, non deve essere esclusivamente legato all’esistenza di un contratto giornalistico, merce ormai rarissima e in mano a pochissimi fortunati. (Altro su: http://www.giornalisticamente.net/blog/#ixzz2E7wiUQw8).
Equo compenso

Scrivere una ferita e chiamarlo spettacolo

Ne ho parlato poco per ora (mi hanno anche sgridato come mi sgridano i miei collaboratori quando comincio le mie passeggiate travestito da estraneo per i sentieri del “fuori davvero” come lo canterebbe Vinicio) ma tra qualche giorno sarò in scena con il mio nuovo spettacolo Duomo d’onore. Ma non è la pubblicità che mi interessa, quella no. Per quella potete guardare qui, prenotare, decidere e fare.

Ogni volta che scrivo uno spettacolo butto una scaletta di corda nel burrone delle mie cose peggiori e ritorno in superficie solo qualche giorno più tardi portandomi dietro il mio odore di zolfo. Erano anni che non scrivevo di mafie al nord, da quel A 100 passi dal Duomo che mi ha circuito come una sciantosa infedele e pericolosa che una mattina mi ha fatto svegliare da solo nel letto. Sono passati anni e sembra un’era di rivoluzioni, evoluzioni e qualche involuzione che ci è scappata di mano: la politica, i libri, gli amici persi e poi ritrovati, le reti che abbiamo tirato su all’alba e hanno portato pescato bellissimo, vecchie scarpe e denti pronti a staccarti una mano. Non sarei più capace di tornare in scena con la profumata spensieratezza di quel debutto di qualche anno fa, non ho più nemmeno il pulsante per convincermi che questa storia di fili e paure sia una parentesi breve come un’avventura: torno in scena invecchiato nella botte di questi miei tempi e con un retrogusto barricato amaro di un’abitudine alla solitudine più che alla paura.

Non so promettervi come sarà questo nostro nuovo marchingegno da palcoscenico che smutandiamo insieme settimana prossima nel nostro solito Teatro della Cooperativa lì a Niguarda dove vengo riadottato tutti gli anni. Ma ci sono tutti gli ultimi anni: una valigia con tutti gli ultimi anni piegati, dentro.

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Una concezione della vita che lascia un posto singolare all’humour

Non credo affatto alla libertà dell’uomo nel senso filosofico della parola. Ciascuno agisce non soltanto sotto l’impulso di un imperativo esteriore, ma anche secondo una necessità interiore.

L’aforismo di Schopenhauer: “È certo che un uomo può fare ciò che vuole, ma non può volere che ciò che vuole” mi ha vivamente impressionato fin dalla giovinezza; nel turbine di avvenimenti e di prove imposte dalla durezza della vita, quelle parole sono sempre state per me un conforto e una sorgente inesauribile di tolleranza.

Aver coscienza di ciò contribuisce ad addolcire il senso di responsabilità che facilmente ci mortifica e ci evita di prendere troppo sul serio noi come gli altri; si è condotti cosi a una concezione della vita che lascia un posto singolare all’humour.

(Albert Einstein, Ulm 1879 – Princeton 1955, Fisico tedesco naturalizzato svizzero, poi statunitense. Libertà e determinismo in Come io vedo il mondo, 1934)

Scuola pubblica come modello educativo

Lui, per ora, si cala nel clima prenatalizio addobbando l’albero con i suoi bambini, «che vanno in scuole pubbliche, per una scelta consapevole mia e di mia moglie Alessandra: perché pur sapendo che questo vuol dire lunghi periodi con un maestro in meno, fare la colletta per la carta igienica o per ridipingere le aule, vogliamo per i nostri figli il modello educativo della scuola pubblica».

«Il mio progetto è fatto di parole serie, certo. Rigenerazione, as-sunzione di responsabilità, riscatto morale e etico attraverso le regole per migliorare il futuro di tutti, giovani e anziani, cittadini e imprese. Il mio sogno è un obiettivo: garantire la libertà ai cittadini sapendo che la società tiene solo se c’è la solidarietà, che non vuol dire essere generosi, non è una scelta opzionale. Sono tutte parole di sinistra, a pieno titolo: non metto in dubbio che possanoessere declinate anche solo in chiave tecnica, ma non è la mia idea. Altrimenti non andrei in giro macinando chilometri per la Lombardia a raccogliere pareri, proposte e speranze delle persone. E così rispondo anche a chi pensa che io sia troppo sicuro di vincere».

Umberto Ambrosoli intervistato da Repubblica oggi. Bene.

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