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Giulio Cavalli

DUOMO D’ONORE: tra poco si torna in scena. Finalmente.

Ecco il comunicato stampa:

Dopo il successo di “A cento passi dal Duomo”, Giulio Cavalli con i giornalisti e gli scrittori che hanno raccontato la Lombardia e il Nord dopo la maxi operazione Crimine-Infinito, ci illustra cosa è successo, cosa succede e cosa succederà nella Regione che tra riciclaggio e corruzione voleva essere la “locomotiva d’Italia” e si è risvegliata colonizzata dalla ‘ndrangheta.

I nomi, gli atti giudiziari e le amicizie politiche delle “famiglie” sul territorio tornano in scena dall’11 al 16 dicembre al Teatro della Cooperativa di Milano.

Dove eravamo rimasti :

Nella Stagione 2009/10 il coraggioso spettacolo “A cento passi dal Duomo” debutta a Milano al Teatro della Cooperativa. In un momento in cui, la mafia a Milano per i più non esisteva ancora, Cavalli ha raccontato cos’ è Milano per la mafia, partendo dall’omicidio Ambrosoli, passando da Sindona a Calvi, per arrivare alle porte dell’Expo. Uno spettacolo in fieri per sottolineare che Gomorra era già qui, anche se abbiamo continuato a raccontare quella degli altri. Un successo inaspettato, un coraggio che ha premiato per l’attenzione e l’interesse riscosso nel pubblico: solo nelle prime 7 repliche milanesi 1210 spettatori.

Ma se allora la mafia è già qui – e se del resto, forse, la mafia a Milano c’è sempre stata – cos’è successo in quest’ultimo periodo? Cos’è cambiato rispetto a pochi anni fa?

L’operazione “Crimine-infinito” (luglio 2010) ci risveglia da quel torpore che ci ha cullati fin troppo a lungo e con 300 arresti, il sequestro di milioni di euro, il coinvolgimento di esponenti politici segna un punto fondamentale di questa storia: il binomio ‘ndrangheta-Lombardia è più forte che mai.

Il compito di raccontarci i punti salienti di questa operazione, di fare una mappatura della situazione lombarda, ma anche di indicare i collegamenti con la politica e di mettere in luce i punti più insidiosi del grande cantiere EXPO, spetta a Giulio Cavalli che avvalendosi della preziosa collaborazione di diversi giornalisti – Gianni Barbacetto, Cesare Giuzzi, Davide Milosa, Mario Portanova, Biagio Simonetta e Giovanni Tizian – e di Giuseppe Gennari GIP del Tribunale di Milano, porterà in scena i dati, gli atti e i documenti. Ma, dal palco Cavalli ci racconterà anche alcune storie, fatti accaduti e prontamente raccolti da chi in questi anni ha dedicato gran parte del proprio lavoro giornalistico alla criminalità organizzata.

Se dal punto di vista scenico, la componente narrativa sarà sicuramente protagonista, non sono da dimenticare le musiche appositamente composte ed eseguite dal vivo dal fisarmonicista Guido Baldoni che accompagnerà Cavalli sul palcoscenico. A tenere le fila di tutto questo lavoro, ci sarà la sapiente regia di Renato Sarti, personalmente impegnato e attivo nella messa in scena di tematiche civili, abituato a lavorare sulle parole e che dopo il successo della collaborazione registica in “L’innocenza di Giulio. Andreotti non è stato assolto” si appresta a dirigere nuovamente lo spettacolo di Cavalli.

Teatro della Cooperativa (11/16 dicembre 2012)

ORARI: feriali ore 20.45 – festivo ore 16
PREZZI: intero 18 € – ridotti 13/8 €
www.teatrodellacooperativa.it – Via Hermada 8, Milano – tel. 02.64749997

Continuare a scegliere: primarie per i parlamentari. Anche (e soprattutto) in SEL.

Sono sempre stato un sostenitore delle primarie: sfioro il feticismo sull’argomento della partecipazione popolare e credo che anche i risultati politici di questi ultimi giorni sul piano nazionale stiano comunque garantendo un dibattito che almeno evidenzia pregi e mancanze che nel bene o nel male danno un esatto quadro politico (poi su un dibattito durato due ore in prima serata di una rete pubblica non avere mai sentito parlare di cultura e avere ascoltato concetti così approssimativi sulle mafie mi lascia mediamente perplesso, anche). Ho già detto che la partecipazione (se reale e poco condizionata) è un ottimo antidoto all’assuefazione e al disamore per la politica (qui) e anche in Lombardia ho ritenuto indispensabile il passaggio alle primarie anche per il candidato largamente incoronato dalle forze politiche (ma lo sarà davvero?).

In questo primeggiare di primarie non deve sfuggire una legge elettorale che probabilmente rimarrà com’è e ci porta in dote anche questa volta i nominati che siederanno in Parlamento. Voglio parlare semplice e chiaro: le primarie per i parlamentari dando voce ai cittadini sono il passo indispensabile per “certificare” il cammino delle primarie nazionali e proseguire sul politicissimo e civilissimo percorso della relazione tra elettori ed eletti. Lo scrive Civati riferendosi al “suo” PD e non potrebbe essere altrimenti per SEL che sulle primarie è nato e per le primarie si batte dalla Presidenza del Consiglio al comune di qualche centinaio di abitanti.

Certo, mi dice qualcuno, il percorso è questo e già segnato. Ma ripetersi conviene. E non essere di “quella partita” mi rende libero di scriverlo con il sorriso.

La prevalenza del cretino

Poco interessanti catene di cause e effetti terapeutici, dietetici, sociali, politici, tecnologici spiegano l’esponenziale proliferazione della “bêtise”. Figlia del progresso, dell’idea di progresso, essa non poteva che espandersi in tutte le direzioni, contagiare tutte le classi, prendere il sopravvento in tutti i rami dell’umana attività. È stato grazie al progresso che il contenibile «stolto» dell’antichità si è tramutato nel prevalente cretino contemporaneo, personaggio a mortalità bassissima la cui forza è dunque in primo luogo brutalmente numerica; ma una società ch’egli si compiace di chiamare «molto complessa» gli ha aperto infiniti interstizi, crepe, fessure orizzontali e verticali, a destra come a sinistra, gli ha procurato innumeri poltrone, sedie, sgabelli, telefoni, gli ha messo a disposizione clamorose tribune, inaudite moltitudini di seguaci e molto denaro. Gli ha insomma moltiplicato prodigiosamente le occasioni per agire, intervenire, parlare, esprimersi, manifestarsi, in una parola (a lui cara) per «realizzarsi».

Sconfiggerlo è ovviamente impossibile. Odiarlo è inutile. Dileggio, sarcasmo, ironia non scalfiscono le sue cotte d’inconsapevolezza, le sue impavide autoassoluzioni (per lui, il cretino è sempre «un altro»); e comunque il riso gli appare a priori sospetto, sconveniente, «inferiore», anche quando − agghiacciante fenomeno − vi si abbandona egli stesso.

Carlo Fruttero, Franco Lucentini – La prevalenza del cretino, 1985

Tra teatro civile, memoria e impegno: sabato ci vediamo nel nostro Piccolo Nebiolo

Per il nostro piccolo e impegnativo (e impegnato) Centro di Documentazione Teatro Civile ci vediamo sabato con Daniele Biacchessi, Tiziana Di Masi, Massimo Priviero (e me) per discutere della bella iniziativa dell’Associazione Arci Ponti di Memoria.

In tempi bui di cultura e teatro forse è davvero il momento di fermarsi a pensare, pensarci e ripensarci se è il caso. Ci si vede lì.

Ecco il comunicato del nostro Piccolo Teatro Nebiolo:

Il prossimo appuntamento con la Stagione del Teatro Nebiolo è SABATO 1 DICEMBRE alle ore 21:00. DANIELE BIACCHESSI, GIULIO CAVALLI, TIZIANA DI MASI E MASSIMO PRIVIERO, diversi ospiti insieme a Tavazzano che, partendo dalle esperienze di teatro, musica e giornalismo, racconteranno il progetto dell’associazione “Ponti di memoria”. Una serata per riflettere sul valore della memoria.

Partendo dal lavoro svolto dal Centro di Documentazione per il Teatro Civile, dagli incontri organizzati, dai temi affrontati, discussi e approfonditi, non poteva mancare a Tavazzano una serata dedicata al valore della memoria. Prendendo spunto dalla nascita dell’Associazione Ponti di Memoria, il Nebiolo dedica una serata alla memoria, strumento fondamentale per leggere e rispondere agli stimoli che ci offre il presente. Memoria storica, ma anche impegno civile e sociale, ne parleranno con il pubblico il giornalista e autore Daniele Biacchessi (presidente della neo nata Associazione), Giulio Cavalli e Tiziana Di Masi che si soffermeranno sulla propria esperienza teatrale e il musicista Massimo Priviero.

Vi aspettiamo SABATO 1 DICEMBRE ore 21:00 – Incontro Centro di Documentazione per il Teatro Civile

Ponti di Memoria Con Daniele Biacchessi, Giulio Cavalli, Tiziana Di Masi E Massimo Priviero

Ingresso libero INFO: Teatro Nebiolo, Tavazzano Con V. (Lo) Via 4 Novembre, Snc. BIGLIETTERIA: orario per informazioni e prenotazioni LUN/VEN dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 18. RECAPITI: tel. 0371.761268, cel. 331.9287538, m@il info@teatronebiolo.org  sito www.teatronebiolo.org

 

 

Sto diventando intollerante all'(in)sanità pubblica

Io non sopporto più quest’aria rarefatta che nasconde la torba di un Governo che vorrebbe inculcarci la propria strada come unica possibilità da percorrere.
Non sopporto più questo ripetere che non c’è alternativa per narcotizzare l’elaborazione del pensiero politico, la fantasia, la politica e la speranza. Non sopporto più questo perbenismo conformista che dovrebbe spingerci a tacere che un Premier in un Paese che spende quello che spende in armamenti, corporazioni, prostituzioni finanziarie, lecchinaggi clericali e soldi pubblici per pagare i vizi, in un Paese in questo stato (minuscolo), Mario Monti si permetta di discutere di servizio sanitario nazionale come un privilegio per cui dovremmo ringraziare a testa bassa e mani giunte.
Io non sopporto più di ascoltare la retorica del privato (nei settori che la Costituzione prevedeva e vedeva pubblici) che eccelle nei ruoli che sono dello Stato quando, anche in Lombardia, è stato piuttosto interprete dell’egoismo, del disprezzo sociale e della distorsione di una mission che non può essere consonante nell’etica e insieme nei bilanci.
Io non accetto (ed è un minaccioso consiglio anche per i candidati delle primarie lombarde) che ci si ingegni per trovare “ciò che di buono è stato fatto” nella melma che si può annusare facendo un salto al presidio dei lavoratori appena fuori dal San Raffaele, dalle famiglie sanguinanti dei pazienti del Santa Rita o dagli “esuberi” che pagano la protervia e la bassezza umana della Fondazione Maugeri.
Io non tollero che non si levi una voce collettiva dignitosamente furiosa contro Monti e alcuni suoi Ministri che esibiscono priorità scollegate dalla realtà e con ghigno professorale ci illustrano teorie medievali nella visione dei diritti.
Non mi interessa sedermi dalla parte del torto (perché come diceva Brecht i posti erano già tutti occupati dalla parte della ragione) per elemosinare una poltrona o una carezza dalle segreterie.
Perché alla fine anche la liberalizzazione della dignità della persona ci diranno che è l’unica soluzione possibile.

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Non mi piaccio come attore, mi piace il cuore del pubblico. Conquistarlo sera dopo sera. Fino alla fine.

Sono stato molto più amato di quanto io non abbia amato. Ogni cosa in amore inizia e finisce. È un fatto che gli dei ci invidiano. Mi viene in mente L’Immortale di Borges che è disperato perché non riesce a morire. Perché non c’è più l’attimo fuggente. Gli amori più sono grandi e più sono destinati a finire».

Li rimpiange?
«Sono la mia malinconia: una tristezza che si è fatta leggera. C’è bellezza anche nel decadere degli entusiasmi, nello spegnersi delle attitudini, nel corpo che non ti risponde più come una volta e ti obbliga a stare al suo servizio e non lui al tuo. Cambia la percezione del mondo. Queste parole mi colgono nell’assillo del tempo che passa. E dei progetti che non ho ancora realizzato. E so che vorrei fare ancora tante cose. Non mi piaccio come attore, mi piace il cuore del pubblico. Conquistarlo sera dopo sera. Fino alla fine».

Teatro, amori, vita di Giorgio Albertazzi intervistato per Repubblica.

Arriva l’allarme: stanno smantellando la “Catturandi” di Palermo

Il comunicato sindacale mi arriva da IMD, amico, scrittore di ottimi libri e poliziotto della catturandi. Per questo vale la pena leggerlo e divulgarlo:

ALLARME: STANNO SMANTELLANDO LA “CATTURANDI” di PALERMO

Quando si crede di aver toccato il fondo, ci si accorge drammaticamente che si può cominciare a scavare. Credevamo di averle viste tutte alla Questura di Palermo. Accordi Nazionali e decentrati ripetutamente violati, colleghi umiliati e vessati con presunte storie di sicurezza (vedasi la storiella dei parcheggi), movimenti interni con improbabili logiche, risorse (Reperibilità, Cambi Turno, Straordinari…) distribuite a mo’ di prebenda ed in maniera tale da causare disparità da ufficio a ufficio, anche se poi i servizi in cui erano occupati i colleghi erano uguali.. 

Tuttavia a questo proprio non potevamo arrivarci, a questa “soluzione finale” non credevamo in nessun modo di poterci arrivare: Questore e Dirigente della Mobile di Palermo iniziano a smantellare di fatto la CATTURANDI. 

Già la mitica CATTURANDI, squadra formata da quegli uomini sulle cui fatiche e sacrifici si sono, anche, fondate le carriere e le fortune di molti Dirigenti (Capi della Polizia, Vice Capi, Questori, Dirigenti Generali e Superiori, Primi Dirigenti). Sarà un caso che lo smantellamento di questa squadra avvenga per mano del primo che non ci ha ricavato un ragno dal buco?

Abbiamo ancora vive le immagini festanti della parte sana della gioventù di Palermo adunatasi sotto la Squadra Mobile. Eravamo lì quando con cori da stadio i giovani, che credevano possibile e volevano una Palermo migliore, inneggiavano alla cattura di Provenzano, dei Lo Piccolo, di Pulizzi, Adamo, Nicchi, Raccuglia.. fino all’ultimo recente arresto in Venezuela di Bonomolo. Segno dei tempi che cambiavano, segno di un mondo in evoluzione di una Palermo ogni giorno più solare. Non era solo un reparto della Mobile da incardinare in un’ottica spartitoria di risorse e compiti, é stato ed é il segno che la mafia poteva essere sconfitta, che i suoi mostri sacri non erano intoccabili, che vincere era possibile, che IL SANGUE DEI TROPPI COLLEGHI CHE CI HANNO PRECEDUTO NON ERA STATO VERSATO INVANO. Sulle fredde scrivanie dei ragionieri delle ragioni dei conti e degli “straordinari” e delle “missioni” tutto ciò non é valso a nulla.

Tutti i Questori che si sono susseguiti a Palermo si sono recati presso la Squadra Mobile per lodare, incitare e festeggiare questa o quella impresa. Capo della Polizia e Ministri di turno andavano a rendere omaggio con tanto di suono del campanaccio e mefisto indossato. Dall’attuale Questore e dal Dirigente della Mobile neppure una telefonata per quegli stessi uomini destinati, obtorto collo, ad altri servizi, spostati das quell’Ufficio che era divenuto un altare su cui sacrificare tempo, salute, famiglia, feste.. tutto insomma! Neppure un tentativo di conciliare le posizioni. Emblema forse che i tempi cambiano e non sempre in bene! Come dire “ieri osannati, lodati e premiati, oggi, siccome non servite più in questa quantità, spostati e destinati ad altro”!

Certo ormai ci aspettiamo le probabili, ma improponibili, risposte: potrete dirci che quasi la metà di questi rimarranno a lavorare alla Catturandi, che non c’erano più latitanti (e Matteo Messina Denaro chi é? Un ladro di polli? ), che non c’erano risorse.. che comunque.. bla bla bla.. A meno che non si voglia sostenere che, poiché oggi non ci sono grandi latitanti di mafia, non c’è bisogno della Catturandi strutturata come è sempre stata e che a Palermo e in tutto il Distretto di Corte d’Appello non ce ne saranno in futuro, che, in una sola parola, “la mafia è stata sconfitta!”

Ma se così fosse allora il Questore di Palermo dovrebbe suggerire allo SCO di Roma ed al Capo della Polizia di cancellare, per Decreto, (perché così è stata istituita insieme ad altre poche “Sezioni Catturandi” di Squadre Mobili d’Italia) la “Catturandi” di Palermo, “Per Cessata Esigenza!”   

Di fatto la CATTURANDI viene smembrata. L’affidabilità, l’esperienza, la professionalità, i sacrifici di alcuni dei suoi uomini e donne, proprio mentre si sta cercando ad un tiro di schioppo l’ultimo grande latitante, vengono destinate altrove. Si doveva aspettare ancora un attimo. Si deve dare la possibilità di chiudere il cerchio a quegli uomini che hanno avuto il gravissimo torto di essere stati troppo bravi, di avere arrestato tutti.

Perché Signor Questore questo non è più un problema sindacale riguardante l’assegnazione di nuovi incarichi al personale, né tanto meno una “semplice riorganizazione del lavoro o delle risorse”, o di spending review “de noiartri”. 

NO!! questa è una questione che riguarda i mezzi per la lotta alla mafia e che quindi riguarda TUTTI  I CITTADINI

Il SIAP di Palermo non arretrerà di un passo. Chi decide di uffici come questo decide delle speranze e delle aspettative della gente e la gente, la Società Civile deve sapere. Nessuna telefonata ambigua riuscirà a fermarci. 

Sig. Questore come vede, questa volta, non si tratta solo di rispetto degli Accordi Sindacali Nazionali e Decentrati, disattesi e spesso vilipesi, non si tratta solo dell’ossequio delle “pari opportunità” che ci siamo tanto sciacquati la bocca in questi anni, ma che ancora una volta  con la complicità di “maggioranze”non ha esitato a gettare alle ortiche, questa volta si tratta della mortificazione della dignità di uomini che a Palermo hanno fatto la storia della lotta alla mafia, hanno costruito la carriera di molti funzionari e costituiscono per il futuro il vero baluardo antimafia del nostro Paese.!!!

E noi, zitti zitti, quieti quieti, non abbiamo trovato di meglio che soffocarla in silenzio e nell’oblio generale!

No, sig. Questore di Palermo, questa volta l’ha fatta veramente grossa!!

 

Palermo 26/11/2012

LA SEGRETERIA PROVINCIALE SIAP 

Segreteria Provinciale SIAP Palermo, tel./fax 091/6569773

www.siappalermo.blogspot.com

siap.palermo@gmail.com

 

Due pensieri sulle primarie

da cadoinpiedi.it

Il segnale positivo di queste è la partecipazione. Diciamo la verità, le primarie funzionano quando vince la partecipazione, questo al di là del vincitore che uscirà poi dal secondo turno.
Io credo che forse i cittadini si sono accorti che c’è la responsabilità di farsi sentire, cioè al di là dell’eventuale vittoria di Bersani o Renzi, quello che emerge è che comunque i temi della Puppato siano entrati nel dibattito politico, i temi di Vendola sono temi che ancora sono considerati importanti. Poi ovviamente, in base alla vittoria, ognuno li declinerà a suo modo. Però penso che da questo punto di vista il meccanismo della polemica, quella buona, costruttiva, si è innescato.

Partecipazione alta, nonostante questa disaffezione dei cittadini verso la politica.

Beh, questa storia della disaffezione alla politica a me sembra una bufala spaventosa. Io considero anche il Movimento 5 Stelle un luogo di attivismo politico, quindi su questo sono in disaccordo anche con molti miei compagni di coalizione.
La gente, secondo me, ha invece voglia di partecipare, però ha voglia di frequentare canali che siano di vera partecipazione. Le primarie lo sono, se poi invece non lo sono i tesseramenti ai partiti allora è questo il tema che dobbiamo proporci. Quando la gente sa di avere un peso reale nella scelta dei temi e delle persone mi sembra che partecipi.

Ballottaggio fra Bersani e Renzi. Giulio Cavalli cosa farà?

Guarda, io in realtà ho alcuni temi che sono difficilmente conciliabili con i modi di Renzi e quindi penso che Bersani sia la persona più rappresentativa, teniamo conto che però oggi al secondo turno sono anche molto curioso di sapere quanto adotteranno del dibattito che è stato aperto dagli altri candidati sia Bersani che Renzi. Alla eventuale vittoria di Renzi marcherebbe una distanza difficilmente conciliabile tra chi, come me, viene da una sinistra di centro e chi invece ha delle modalità di centro, centro, centro, centro… sinistra.

Dato il tuo impegno civile contro le mafie, la domanda è d’obbligo: non ti pare che abbiano un po’ tutti dimenticato la lotta alla mafia?

In realtà io ho seguito ovviamente il lavoro di Sinistra, Ecologia e Libertà e su questo abbiamo costruito e mi ci sono messo anche io, un programma. E’ vero che è rimasto sempre troppo nell’ombra del dibattito delle primarie, e questo mi sembra che sia innegabile. C’è una fortuna e anche una sfortuna, sul tema antimafia. Devi per forza avere una preparazione e quindi a differenza di molti altri temi in cui si fa filosofia o poesia o semplicemente brigantaggio elettorale, in questo caso bisogna saperne qualcosa. E quindi speriamo che questo accenda più che una meritocrazia sul tema mafie e legalità, una meritofilia, cioè che iniziamo ad addentrarci nel merito del problema senza rimanere fermi alle parole che ci girano intorno.

Il coraggio di Lea

IL CORAGGIO DI DIRE NO
Lea Garofalo, la donna che sfidò la ‘ndrangheta

di Paolo De Chiara (Falco Editore)
con Prefazione di Enrico FIERRO
con Introduzione di Giulio CAVALLI

[…] la storia di Lea Garofalo, di questo ci parla. Di una vita violenta vissuta in un clima di perenne e quotidiana violenza. Un’esistenza dove la tenerezza, l’affetto, la comprensione non hanno mai trovato spazio. Forse, ma questo lo si avverte leggendo il libro e soffermandosi a riflettere sulle pagine più dense, alla fine della sua vicenda umana. Lea aveva capito che una vita violenta non è più vita e per questo aveva chiesto aiuto. Allo Stato, a questa cosa incomprensibile e troppo lontana per una ragazza di Calabria, allo Stato come unica entità cui aggrapparsi in quel momento. Perché quando rompi con la famiglia, quando vuoi venirne fuori, diventi una infame, una cosa lorda, la vergogna per il padre, i fratelli, il marito. E la vergogna si lava con il sangue. (dalla Prefazione di Enrico Fierro)

Un’altra storia anche nelle parole #GiornatamondialecontrolaviolenzasulleDonne

Oggi è la Giornata Mondiale contro la violenza sulle Donne, finalmente anche in Italia il tema è entrato nell’ordine del giorno dell’opinione pubblica (politica, culturale e sociale) grazie alle tante manifestazioni di sensibilizzazione e, purtroppo, alle troppe morte ammazzate. Sul ruolo della cultura in questo femminicidio continuo ne avevamo parlato qui e qui riprendendo le parole di Michela Murgia che da tempo reclama un’igiene giornalistica che sia all’altezza del problema. Oggi Michela ha scritto per La Stampa di Torino un editoriale di cui conviene farsene carico per chi (come me) con le parole bene o male ci vive e ci convive: farsene carico attraversando il problema, ovviamente, piuttosto che scavalcandolo:

Ma in questo moto evidente di sensibilizzazione è accaduto anche che i professionisti della parola – giornalisti e giornaliste, professionisti televisivi e opinionisti a tutti i livelli mediatici – poche volte abbiano sentito altrettanto forte il desiderio di riflettere sul linguaggio che racconta la relazione tra i sessi e sulle sue conseguenze.

Il modo in cui i quotidiani danno le notizie dei femminicidi è un esempio evidente di normalizzazione della narrazione violenta che riguarda i rapporti tra uomini/cacciatori e donne/prede. Delitto Passionale, Violenza Familiare, Dramma della Gelosia, Raptus di Follia: sono tutte espressioni che ripetono e amplificano l’idea che amore e morte siano apparentati, che familiare sia un complemento di specificazione della violenza, che il sentirsi traditi o deprivati la possa giustificare e soprattutto che gli esiti estremi, quelli che lasciano le donne senza vita sui pavimenti delle loro stesse case, siano gesti fuori dalla ragione, colpe senza colpevoli, buchi neri dove far svanire ogni tentativo di lettura più complessa.

È necessario che i narratori delle trame pubbliche si fermino e si riprendano la responsabilità delle parole. Occorre fare insieme la fatica di confrontarsi per provare a rivedere le storie comuni che tutti abbiamo contribuito a consolidare; solo da una nostra differente volontà narrativa può scaturire la possibilità che il futuro delle donne sia un’altra storia.