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Arte

La mafia al Nord, Cavalli ne parla a Firenze

«L’articolo 4 della costituzione recita che ogni cittadino ha il dovere di svolgere un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. Quindi in questa battaglia, stare fermi non vale». La guerra non ancora vinta è quella contro le mafie, tutte. La voce è quella dell’attore e autore lodigiano Giulio Cavalli, questa sera ospite del Quinto Forum Nazionale contro la mafia, in programma per oggi e domani all’Università degli studi di Firenze. Un’occasione per guardare da vicino quel complesso sistema di relazioni criminali, connivenze politiche e silenzio che inquina molti settori della vita pubblica ed economica di questo paese. E se l’aspetto più allarmante del fenomeno continua ad essere la sua capacità di condizionare la vita di migliaia di persone, la parola d’ordine, secondo gli organizzatori della rassegna, gli Studenti di Sinistra dei collettivi universitari, continua ad essere «non rassegnarsi ad essere elementi passivi di questo sistema degenerato». Da qui l’idea di coinvolgere magistrati, giornalisti, docenti universitari in due giornata di lavori per indagare sul fenomeno. Nella mattinata di oggi è previsto un dibattito dal titolo “Mafia, sanità ed edilizia”. Nel pomeriggio ci saranno le testimonianze di associazioni, gruppi e individui che, ogni giorno, combattono contro la criminalità. Per le 21 è atteso l’intervento di Giulio Cavalli, che proporrà anche alcune letture dal suo spettacolo “A cento passi dal Duomo” accompagnate da una riflessione sulla diffusione del fenomeno nelle regioni del Nord. «Milano è il nucleo dell’attività affaristica ed economica d’Italia ed è quindi anche un simbolo – spiega l’attore lodigiano – . Nel mio spettacolo parlo della Lombardia, ma tutto il Nord di fronte alla mafia ha più o meno lo stesso atteggiamento. Per questo l’impegno non può finire dopo il giretto turistico nell’antimafia da souvenir che guarda alle disgrazie di altre terre». Non mancherà nell’intervento di Cavalli, un cenno alla situazione della città di Firenze e alle cosche attive in tutta l’area, perché «conoscere è l’unico modo per combattere una battaglia in modo concreto ed efficace».

da il cittadino

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Ndrangheta dentro Milano

Monologo “A cento passi dal Duomo” inaugura la stagione al Teatro della Cooperativa
Giulio Cavalli: “Una realtà che la politica sottovaluta”
“Falso dire, “non vogliamo far entrare la criminalità in città”. Preferiremmo sapere che hanno trovato il modo per estrometterla, è da trent’anni che la mafia è a Milano”. Giulio Cavalli apre stasera la stagione del Teatro della Cooperativa con “A cento passi dal Duomo”, monologo scritto a quattro mani con il giornalista Gianni Barbacetto. “Un teatro giornale sempre aggiornato ch eseguirà l’avvicinarsi dell’expo, sperando che il percorso non diventi una Via Crucis”, sottolinea l’attore, più volte minacciato dalla mafia, ieri sera ospite di Santoro. Rispetto alla versione di quest’estate dove l’attore faceva nomi e cognomi delle persone “coinvolte”, “la versione di oggi”, afferma Cavalli, “mostra anche le facce”. “C’è un video con Vincenzo Macrì, direzione nazionale antimafia, che dice: è da 15 anni che dichiaro Milano capitale della ‘ndrangheta, ma ora che c’è l’Expo non so più come dirlo”. “Sentiremo le telefonate di minaccia subite dall’avvocato Ambrosoli”, anticipa l’attore, “e le testimonianze sulle infiltrazioni criminali alla Malpensa e in viale Sarca, con i Fratelli Porcino. Ci sarà anche il video del sindaco Moratti che dice, “la mafia a Milano non esiste””.  Ma se “A cento passi dal Duomo” è, come conferma Cavalli, “un monito per far sì che la politica prenda posizione”, Renato Sarti, direttore artistico del teatro, ha scelto la sua linea. Con una stagione (35 titoli di cui un quarto novità) dove l’impegno e la comicità doc sono protagoniste. […]

Livia Grossi

 

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Giulio Cavalli in scena contro la mafia del Nord

L’unico attore sotto scorta. In prima linea come Saviano, combatte con i suoi spettacoli Cosa nostra in Lombardia «A cento passi dal Duomo» debutta al Teatro della Cooperativa di Milano: «È qui la vera capitale della ’ndrangheta»
MILANO –  Torna sul tema mafia Giulio Cavalli, l’unico attore sotto scorta, per colpa di Cosa nostra, appunto. Dopo il coraggioso Do ut des, l’attore e sceneggiatore che dirige artisticamente il Teatro Nebiolo di Tavazzano, nel Lodigiano, ha debuttato ieri sera in prima nazionale con A cento passi dal Duomo scritto con il giornalista Gianni Barbacetto (musiche di Gaetano Liguori). A ospitare lo spettacolo, che sarà adottato dall’associazione Libera, il Teatro della Cooperativa di Milano (fino a domani e poi dal 15 al 18). L’approfondimento sarà sulle famiglie mafiose al Nord. Cavalli, che l’altra sera era ospite di Santoro ad Annozero, spiega: «Il mio nuovo spettacolo, basato su inchieste giornalistiche e atti processuali, ha inizio con il silenzio milanese che ha accompagnato l’omicidio di Giorgio Ambrosoli e il suo funerale. Tra il 1974 e il 1983, in Lombardia ci sono stati 103 sequestri di persona per mano di mafia e ’ndrangheta calabrese. Sono stati dimenticati, come del resto i dieci maxiprocessi vissuti come fenomeni che hanno radici altrove, nel Sud. Anche oggi la nostra regione è intrisa di mafia. Milano è la vera capitale della ’ndrangheta: è parola del pm Antimafia Vincenzo Macrì. Il mio è un atto d’accusa contro il silenzio. Milano non percepisce i nuovi mafiosi in giacca e cravatta, le cui famiglie sono radicate sul territorio. Quando porterò il mio spettacolo a Buccinasco, sarà bello citarli a casa loro».
Come parte la sua vicenda personale? Non ha mai paura?
«No. Parte con amicizie siciliane: Rosario Crocetta (sindaco di Gela) e Giovanni Impastato (fratello di Peppino, il giornalista ucciso dalla mafia nel ’78) vogliono mettere in scena uno spettacolo che andasse a colpire arlecchinescamente Cosa nostra. Questo nel 2006. Nasce così il mio Do ut des, ispirato alle invettive satiriche che Peppino Impastato indirizzava al boss Badalamenti. Lo porto nelle piazze siciliane, ma i boss non hanno il senso dell’umorismo. Ricevo minacce di morte via lettera; fanno disegnare una bara con il mio nome sulla parete esterna del teatro che dirigo… Quindi scatta la protezione. Ho una scorta fissa di due persone da aprile».
Lei traccia nel suo spettacolo una mappa della criminalità organizzata in Lombardia e dintorni oggi.
«Sì, parlo di Piacenza, Cremona, Brescia, persino della tranquilla Lodi, degli arresti proprio di qualche giorno fa. Parlo del pentito Angelo Bernasconi legato alla famiglia gelese che occupa il mercato delle carni al Nord».
La Bergamasca ne è immune?
«Non credo che ci siano casi eclatanti. Tuttavia Vincenzo Macrì dice che non c’è zona lombarda immune. Però è vero che le collusioni tra mafia e politica sono meno evidenti in Lombardia. Dovremmo sfruttare questo stato di cose per fare prevenzione, anche in previsione di Expo 2015. Dobbiamo creare un’alfabetizzazione antimafia».
Come spiega il gesto del sindaco leghista che ha tolto la targa in onore a Peppino Impastato dalla biblioteca di Ponteranica?
«La lotta alla mafia è anche fatta di simboli. Ma non credo che gli amministratori lombardi siano in malafede. È una questione di non conoscenza».
Ha la solidarietà dei suoi colleghi?
«Io mi sento abbandonato dal mondo del teatro. Ho solo l’appoggio di Dario Fo e di Paolo Rossi. Mentre sento la vicinanza affettuosa di giornalisti e magistrati».
Roberto Saviano, debuttando a teatro con La bellezza e l’inferno, ha parlato del bisogno di spazio puro per la sua parola.
«Sono d’accordo con lui. Credo che il teatro sia ancora uno spazio genuino, non manipolabile. Ma altra cosa è l’istituzione teatro. È omertosa. Il teatro viene considerato di serie B. E sempre più spesso si fa un teatro civile spettacolare che non denuncia. E la critica basa tutto su valutazioni estetiche. A me e a Roberto questo non interessa perché siamo caduti dentro le cose che raccontiamo».

Mariella Radaelli

Martedì 13 ottobre Giulio Cavalli all'Università di Firenze per il quinto Forum contro la Mafia

L’aspetto più allarmante del fenomeno mafioso è la sua capacità di condizionare la vita di migliaia di persone. E’ importante non rassegnarsi ad essere elementi passivi di questo sistema degenerato.

Anche quest’anno il Forum Nazionale contro la mafia rifiuta di rimanere in silenzio, ne nascono due giorni ricchi di incontri e dibattiti, alla presenza di esponenti del mondo della giustizia, dell’informazione, e dell’ambito associativo, che hanno fatto della lotta alla mafia un impegno costante ed un’etica di vita.

Martedì 13 Ottobre

[09.30 – 13.30] Mafia, sanità ed edilizia

Molta parte dell’edilizia, soprattutto quella pubblica, è spesso invischiata in rapporti con associazioni mafiose, e questo si riscontra anche (e spesso tragicamente) nell’edilizia sanitaria, a cominciare dagli ultimi scandali che balzano all’attenzione fino alle annose questioni irrisolte che ancora continuano suscitare consistenti dubbi sulla loro legalità.

intervengono:
* Gaetano Paci Magistrato
* Enzo Ciconte Docente Università Roma 3
* Stefano Maria Bianchi Giornalista
* Rosario Cauchi Giornalista

[13.30 – 15.00] Proiezioni

[15.00 – 18.30] La mafia è morta?

Come la società risponde alla mafia? Testimonianze di associazioni, gruppi, ma anche vicende personali, dal Nord e dal Sud Italia, attraverso anche un’analisi generale sul fenomeno mafioso su come esso si presenta ai giorni d’oggi, per capire cosa è cambiato nei suoi metodi e nelle sue strategie, dove attecchisce e perché.
Ripercorreremo e approfondiremo inoltre una nera pagina del nostro paese che continua oggi a far male: fatta di stragi e indagini ancora ad oggi in parte irrisolte.

intervengono:
* Piercamillo Davigo Magistrato
* Giovanna Maggiani Chelli Associazione ‘Tra i familiari delle vittime di Via dei Georgofili’
* Libera Toscana
* Silvano Sarti Presidente provinciale ANPI
* Rino Giacalone Giornalista
* Presidio San Pietro di Rosà

[21.00] Intervento di Giulio Cavalli: letture tratte da  “A cento passi dal Duomo “

 

Mercoledì 14 Ottobre

[09.30 – 13.30] Come si arricchisce la mafia
Come la società risponde alla mafia? Testimonianze di associazioni, gruppi, ma anche vicende personali, dal Nord e dal Sud Italia, attraverso anche un’analisi generale sul fenomeno mafioso su come esso si presenta ai giorni d’oggi, per capire cosa è cambiato nei suoi metodi e nelle sue strategie, dove attecchisce e perché.
Ripercorreremo e approfondiremo inoltre una nera pagina del nostro paese che continua oggi a far male: fatta di stragi e indagini ancora ad oggi in parte irrisolte.

intervengono:
* Giovanna Maggiani Chelli Associazione ‘Tra i familiari delle vittime di via dei Georgofili’
* Fondazione Caponnetto
* Don Alessandro Santoro Comunità di base Le Piagge, Firenze
* Antonio Pergolizzi Legambiente nazionale. Rapporto Ecomafie

[13.30 – 15.00] Proiezioni

[15.00 – 18.30] Informazione, intercettazioni, politica e mafia

Partendo dall’emergenza sul provvedimento del governo sulle intercettazioni, affronteremo un’analisi dei rapporti di silenzio o di collusione con la mafia, sia da parte di esponenti dell’informazione che della politica.

intervengono:
* Antonio Ingroia Magistrato
* Peter Gomez Giornalista
* Pino Maniaci Giornalista, Direttore di Telejato
* Docente di Diritto costituzionale
* Giovanna Maggiani Chelli Associazione ‘Tra i familiari delle vittime di via dei Georgofili’

 

Per ogni informazione visita www.forumcontrolamafia.info.

Ho incontrato Giulio Cavalli

Ho incontrato Giulio Cavalli. Attore ed autore teatrale che vive attualmente sotto scorta. Per motivi diversi già ci sentivamo per telefono o per email. Ma l’occasione di potergli stringere la mano mi ha permesso di farmi un’idea sull’uomo, sulla cultura, su ciò che accade in Italia. Giulio vive sotto scorta perché minacciato di morte dalla Mafia. Caso unico nel suo genere in Italia e forse in Europa. Nessuna raccolta di firme o vesti che si strappano. Giulio non ne fa un dramma, tantomeno un martirio. Non è piangente su se stesso ne lamentoso. Ecco, forse la spiegazione: se non sei un gadget televisivo o mediatico, non vai bene. Eppure Cavalli non è solo Radio Mafiopoli. I suoi spettacoli toccano diversi temi: Linate 8 ottobre 2001, sulla tragedia che costò la vita a 118 persone. Bambini a dondolo, sul dramma del turismo sessuale che coinvolge i minori. Non solo mafia, ma società italiana con i suoi drammi e le sue tragedie. Ultimamente Cavalli è stato querelato preventivamente da Fiorani (proprio il banchiere ospite di Lele Mora), perdendo, ovviamente, per uno spettacolo sulla Popolare di Lodi. Cavalli è un uomo di cultura, di denuncia, di studio. Ricorda, racconta, tramanda storie, narrazioni, nomi, piccole indegnità del nostro Paese. Eppure non lo sento spesso. Non si ascoltano tante interviste di Cavalli nel circo mediatico. Già, Giulio è posato e non si mette in posa, recita e studia, non blatera slogan. Giulio è cittadino non martire, dice quello che pensa senza fare il conteggio della popolarità mediatica. Cavalli beffa la Mafia con il suo palcoscenico puntato verso le coscienze. Non si trastulla con le parole, ma riflette le angosce di una nazione. Eppure rischia la vita. Per davvero. Non è uno scherzo. Lo vogliono morto. Eppure Cavalli sorride, si preoccupa ma non lo da a vedere. Sarebbe salutare sentirlo parlare, dargli più spazio per i suoi testi scritti, eccellenti nella loro composizione, profondità, semplicità. Ma Giulio pone noi al primo posto e non se stesso. Ma questa è una nazione che gli piace il sangue spettacolo, i martiri mediatici. La normalità della cultura, quella vera, beh è roba da teatranti.

Sergio Nazzaro

DA LEFT

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Giulio Cavalli: “Io, attore sotto scorta”

E’ brutto dover parlare di un artista e di uno spettacolo in termini di “sicurezza e ordine pubblico”. Giulio Cavalli, attore e regista lombardo, dal 2006 vive sottoscorta, proprio come Roberto Saviano. Aveva presentato uno spettacolo Do ut des che metteva in ridicolo i riti e i vezzi della mafia siciliana, in particolare dei mafiosi di Gela. Il risultato lo racconta lo stesso Cavalli: ” Mi sono cominciate ad arrivare lettere anonime, dopo un po’ mi sono trovato il mio nome nel muro sotto il mio ufficio al centro del disegno di una bara. Le minacce sono poi proseguite negli anni via via fino a una escalation che si è fatta più preoccupante e che arriva a pochi mesi fa”.
Oggi Giulio Cavalli vive accompagnato da una scorta, ma non ha smesso di fare spettacoli. “La vicenda personale è diventata tutt’uno con il teatro e così mi son detto se mi sfidate non mi limito a fare un attacco sul vostro costume, voglio capire chi siete”.
Ed ecco il nuovo spettacolo che Giulio Cavalli presenta da domani al Teatro della Cooperativa di Milano, un piccolo e agguerrito teatro diretto da Renato Sarti, in pochi anni diventato un luogo di impegno e dibattito civile. Lo spettacolo (è in scena fino al 18 ottobre) si intitola A cento passi dal Duomo scritto da Cavalli con il giornalista Gianni Barbacetto e le musiche di Gaetano Liguori ed è una ricognizione sulle diramazioni economiche, sociali e politiche della mafia in Lombardia: le famiglie mafiose al nord, con nome e cognome, i loro affari, la collusione con la politica e le infiltrazioni nei gangli di potere.
“Lo spettacolo – racconta Cavalli- riparte dalle famiglie gelesi e arriva a quelle della ‘ndrangheta. Ma quello che a me interessa è soprattutto scalfire l’atteggiamento di una intera classe politica regionale che nega di essere stata intaccata dal fenomeno mafioso. Ci dimostri che non faranno entrare la criminalità organizzata nell’Expo del 2015 e ci dicano come faranno, ci dicano che dopo Ambrosoli, Sindona, Gardini hanno imparato come liberarsi della mafia e delle sue infiltrazioni altrimenti è bene sapere che siamo di fronte a un grande inganno culturale. A Cento passi dal Duomo fa suo il grido di allarme del procuratore generale antimafia, Vincenzo Macrì che nel 2008 ha affermato che “Milano è oggi la vera capitale della ‘ndrangheta” e, tuttavia, la politica sembra non accorgersene”.
Questo sentiremo in scena. Ma fuori scena? Come vive un artista da “controllato”? “Con la scorta convivo con traquillità, non ho perso il sorriso. Tranne quando certi esponenti della destra mi parlano di savianite che contagia gli artisti. Perchè non chiedono a magistrati come Caselli da trent’anni sotto scorta cosa pensano i loro figli?”

Info sul Teatro della Cooperativa

Il sito di Giulio Cavalli

da repubblica.it blog teatro


Cavalli ad “Annozero”: «Sotto scorta a Lodi, terra senza memoria»

L’attore lodigiano ospite ieri nella trasmissione di Michele Santoro. «Sotto scorta a Lodi? A Lodi?». Michele Santoro sembra incredulo mentre chiede lumi all’attore che ha di fronte, un attore che mette alla berlina «una regione e un territorio in cui la mafia è connaturata all’economia e alla politica». L’attore è il lodigiano Giulio Cavalli, ospite ieri sera della puntata di “Anno Zero”. La sua testimonianza arriva nella vigilia del debutto milanese di “A cento passi dal Duomo” (al Teatro della cooperativa di Milano da oggi) in cui l’autore denuncia la mafia facendo nomi e cognomi. «Il teatro mi permette di andare oltre l’antimafia da souvenir e di prendere una posizione – ha detto ancora Cavalli dalla tribuna -. È un luogo in cui la memoria non va in prescrizione. Il mio è prendere una parte contro qualcosa in un territorio che è bravissimo nelle cerimonie “colletto a posto e cappello in ordine” e si dimentica dei buchi desolanti della sua storia». Un territorio, sottolinea Cavalli, «che dice che qui non arriveranno i mafiosi, quando sono qui da trent’anni».E se nel suo spettacolo, scritto a quattro mani con Gianni Barbacetto, Cavalli fa i nomi e i cognomi degli uomini d’onore al confino, nell’agorà di Michele Santoro non ha lesinato commenti su una città come Milano e su un territorio come la Lombardia, «colpevole anche dal punto di vista culturale». Al centro della puntata di ieri del celebre programma di Rai Due, le “verità nascoste” di Massimo Ciancimino, figlio di Vito Ciancimino, ex sindaco di Palermo e protagonista di quella trattativa Stato-Mafia che potrebbe avere accelerato la condanna a morte del giudice Paolo Borsellino. Una puntata clamorosa, che si è aperta con l’appello della moglie del giudice ucciso nella strage di via D’Amelio, Agnese Borsellino, che ha chiesto di dire la verità come «azione di grande coraggio, lo stesso coraggio posseduto dai carnefici nell’organizzare ed eseguire un’azione di guerra» per restituire «dignità a questa nazione e renderci liberi da ricatti e da quel sottobosco in cui gli interessi personali coincidono con la cultura della morte».La rivelazione shock però è di Claudio Martelli, ministro di Grazia e Giustizia nei tempi delle stragi. È lui a raccontare che la trattativa fra Stato e antistato parte nel giugno 1992 e che Paolo Borsellino stesso ne era a conoscenza, informato da Liliana Ferraro, magistrato e per dieci anni collaboratrice di Giovanni Falcone. Una circostanza mai attestata prima e che conduce inevitabilmente a valutazioni diverse rispetto a quella che Antonio Di Pietro, leader dell’Italia dei Valori, definisce «una pagina buia della storia di questo paese». In collegamento da Palermo, circondato da un gruppo di uomini e donne con, in mano, un’agenda rossa come quella sparita da via D’Amelio e appartenuta a Paolo Borsellino, Sandro Ruotolo, il giornalista che lavora per la testata di recente oggetto di intimidazioni mafioseIntimidazioni e minacce come quelle che hanno raggiunto, nei mesi scorsi, Cavalli, tanto che l’attore lodigiano vive ormai sotto scorta. Un’esistenza di rinunce e disagi che non impedisce all’autore teatrale di portare avanti le proprie denunce. A Santoro che gli dice, quasi incoraggiandolo «Anche noi facciamo la nostra parte, è un lavoro duro…», Cavalli risponde con un sorriso ironico: «Sì, contando che io lo faccio a Lodi…

Rossella Mungiello

Fabrizio Tummolillo

DA IL CITTADINO L’ARTICOLO QUI