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Spettacoli

Il Cittadino sullo spettacolo “A casa loro”

Lunedì dopo 15 anni sono tornato a Lodi, al Teatro alle Vigne, con lo spettacolo “A casa loro” scritto con Nello Scavo. In scena con me Federico Rama alla chitarra e Ivan Merlini al pianoforte.

Ogni volta che incrociamo il calore del pubblico e ci immergiamo nell’umano sbigottimento di fronte alle testimonianze su ciò che accade in Libia e in Tunisia ci convinciamo ancora di più che anche il teatro può essere uno strumento di resistenza. Insistiamo: non si tratta di questioni politiche. Si tratta di questioni umanitarie, che vengono prima di ogni politica.

Questo non è un Paese con il cuore duro, come scrive qualcuno. Insistiamo attraversando il Paese. Qui l’articolo de Il Cittadino.

Il Cittadino sullo spettacolo “A casa loro”

[Lunedì si torna a casa con lo spettacolo scritto con Nello Scavo. L’articolo di Fabio Ravera per Il Cittadino di Lodi]

«Il mare non uccide. A uccidere sono le persone, la povertà, le politiche sbagliate e le disuguaglianze che rendono il mondo un inferno se nasci dalla parte sbagliata». Dopo l’anteprima di “Odio gli indifferenti”, Giulio Cavalli torna in scena a stretto giro a Lodi, sul palco delle Vigne in via Cavour, con uno spettacolo «molto più teatrale e doloroso». Si tratta di “A casa loro”, un testo scritto insieme a Nello Scavo, giornalista di “Avvenire”, reporter internazionale e cronista giudiziario, portato in tutta Italia durante gli ultimi due anni.

L’appuntamento è fissato per lunedì alle 21 (ingresso gratuito): la serata è promossa da Sai (Sistema di accoglienza e integrazione) del Comune di Lodi – Progetto Insieme ODV ETS, con il sostegno del Comune di Lodi. La prenotazione non è obbligatoria ma è consigliata in caso di gruppi numerosi: per info scrivere a eros.invernizzi@sprarlodi.org o info@sprarlodi.org. «Il tema centrale è quello delle detenzioni illegali in Libia, denunciate più volte dalle organizzazioni internazionali – racconta Cavalli che sul palco sarà accompagnato da Federico Rama alla chitarra e da Ivan Merlini al piano -. Spesso si sente la frase “Aiutiamoli a casa loro”: ci è sembrato importante raccontare cosa succede davvero a casa loro. Il testo raccoglie inchieste condotte sul campo da Nello Scavo per “Avvenire”». Partendo dalle coraggiose inchieste del reporter, il monologo di Cavalli prova a raccontare quella parte del mondo che ci illudiamo di conoscere e di poter giudicare guardando le immagini dei profughi, mentre invece ci viene nascosta nel buio delle notizie non date. “A casa loro” è anche la scelta di versare sul palco quel pezzo di mondo «che ignoriamo per assolverci e invece la storia ce ne renderà conto perché la solidarietà non sta nei regolamenti, nei trattati internazionali e nemmeno negli editoriali – continua l’attore, scrittore e giornalista lodigiano -. E per questo forse anche uno spettacolo teatrale serve: i furbi parlano molto di solidarietà, ma ne parlano troppo con chi avrebbe bisogno di riceverla, piuttosto che parlarne con chi avrebbe bisogno di farla. Il Mediterraneo è il cimitero liquido dei nostri scheletri ma lì intorno, nelle regioni che scendono per l’Africa, quelle sulla rotta balcanica e nella zona impigliata tra i fili spinati della Turchia, ci sono le persone.

Persone, semplicemente, con il fardello delle loro storie che hanno l’odore di carne viva, senza valigie ma con quintali di paura, costretti al macabro destino di stare sulle pagine dei giornali o sulle bocche più feroci della politica e poi davvero non avere un posto dove stare». +++ Se volete organizzarlo nel vostro teatro, nel vostro comune, nella vostra scuola, con la vostra associazione o nel vostro festival potete scriverci a organizzazione@giuliocavalli.net

Il Cittadino sull’anteprima di “Odio gli indifferenti”: Il “sogno civile” a occhi aperti di Giulio Cavalli e De Magistris

Una “giullarata politica” che arriva dal futuro. Venticinque aprile 2045: un decreto legislativo obbliga tutti i cittadini, i partiti e le associazioni a rispettare la Costituzione. «In ufficio, nei bar, in casa, sul marciapiede, ovunque», dice Giulio Cavalli in apertura della prova generale di “Odio gli indifferenti – Che Paese saremmo se si rispettasse la Costituzione”, in scena venerdì sera nello spazio del teatrino San Rocco a Lodi grazie alla collaborazione del BarZaghi, il locale dell’omonima piazza che ha organizzato l’evento. Erano anni che l’attore, scrittore e giornalista non si esibiva nella sua città, a causa di vecchi “dissapori” che si sono come dissolti nell’abbraccio del pubblico, numeroso ed entusiasta. Il testo, seppure “in fieri”, è stato accolto da applausi convinti: Cavalli ha scritto un’opera geniale, divertente, a tratti commovente e pure ferocemente provocatoria. E la presenza sul palco di Luigi De Magistris, ex magistrato ed ex sindaco di Napoli, ha garantito ulteriore autorevolezza a un testo sì di fantasia ma che affonda le proprie radici nella realtà, tra gli articoli della legge fondamentale del nostro Stato. Una “carta” a lungo offesa, tradita, pugnalata. «La Costituzione non è un libro da tenere in biblioteca, ma il battito cardiaco di una democrazia», afferma De Magistris: per questo «devono essere processati tutti i traditori, perché fino al 2045 (l a data in cui è ambientata la “giullarata” , ndr) sono stati processati quelli che l’hanno rispettata». Nell’Italia che saremmo se si rispettasse la Costituzione, i poveri, gli immigrati, i diversamente abili e gli sconfitti improvvisamente si sveglierebbero con una dignità che non avrebbero mai potuto nemmeno sognare. E chi vive di rendita perché è “figlio di…” non scamperebbe all’arresto: perché l’Articolo 1, “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”, entrerebbe finalmente in vigore, e soprattutto verrebbe applicato anche l’Articolo 4: “Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. Una società in cui, nel 2045, «sarebbe tutelato il principio di uguaglianza, il principio fondamentale della Costituzione» e in cui, ironizza Cavalli, «nelle carceri finirebbero soprattutto ricchi, istruiti e con la pelle bianca, e non il 90 per cento di poveri con bassa scolarizzazione, come succede oggi». Dal 12 al 21 gennaio lo spettacolo andrà in scena al Teatro della Cooperativa di Milano: per continuare a combattere l’indifferenza (o peggio: la complicità e la connivenza) e non smettere di sognare un Paese più giusto.

(da Il Cittadino)

Giulio cavalli intervistato da La Provincia di Como sullo spettacolo ‘A casa loro’

Giulio Cavalli: «Violenza sui migranti, la colpa collettiva»

Sara Cerrato

L’attualità più drammatica e discussa irromperà, questa sera, martedì 28 novembre, sul palco del Teatro Sociale di Como. Alle 20.30, per il ciclo Prosa Off, va in scena “A casa loro”, un monologo teatrale che Giulio Cavalli, giornalista, scrittore, autore e attore teatrale, ha scritto con Nello Scavo, giornalista di “Avvenire”, nonché reporter internazionale e cronista giudiziario. 

Lo spettacolo è stato scelto anche come primo step dell’abbonamento Under30, pensato per il pubblico tra i 18 e i 30 anni, con spettacoli eterogenei, attorno ai quali sono costruite serate ad hoc. In questo caso, l’appuntamento collaterale si terrà alle 18.30, in collaborazione con FuoriFuoco, collettivo giornalistico composto da ragazze e ragazzi under30 di Como e provincia. Essi presenteranno un proprio lavoro di indagine sul tema della migrazione, nel nostro territorio. (I biglietti per lo spettacolo costano 20 euro più prevendita. Info: 031/270170 e www.teatosocialecomo.it). Con Giulio Cavalli, da sempre impegnato in un teatro che dia voce ai temi dell’oggi, anticipiamo i temi del monologo.

Cavalli, lo spettacolo che la vedrà in scena, stasera, con il chitarrista Federico Rama, tratta il tema delle migrazioni. Da che punto di vista?

Abbiamo scelto di concentrarci sulle condizioni in cui vengono detenuti, illegalmente (lo sanciscono tutte le organizzazioni internazionali), i migranti in Libia. È la famosa “esternalizzazione delle frontiere” che è tornata in voga anche ultimamente con gli accordi tra Italia e Tunisia e successivamente, tra Italia e Albania. A me e a Nello interessava raccontare cosa significhi veramente “a casa loro”, per avere contezza che si tratta di violenza sistemica compiuta da persone pagate e addestrate da noi e dall’Unione europea. La colpa è collettiva.

Tutto si basa su un’inchiesta giornalistica.

Sì. Noi abbiamo scelto di non dare un giudizio ad una vicenda che è pre – politica. Credo che chiunque possa essere d’accordo sul fatto che questi migranti abbiano il diritto a non essere imprigionati, a non essere vittime di torture e violenze, a non essere uccisi. Persone di sensibilità politica diversa, anche contrapposta, non possono non riconoscere come ingiusta questa situazione, che nega i diritti fondamentali dell’uomo. 

Che tipo di linguaggio avete utilizzato?

Alla base c’è il preziosissimo lavoro di Nello Scavo che propone un giornalismo di qualità che vuole essere testimonianza. Inoltre tra i materiali per la costruzione del monologo abbiamo inserito le voci di molti migranti che Nello ha incontrato. Il registro linguistico è quello del teatro civile. 

Possiamo considerare il tema divisivo?

In realtà, no, almeno per quanto riguarda lo spettacolo. Questo allestimento ha infatti preso una piega inaspettata. Abbiamo avuto il privilegio di “costruire” un circuito teatrale che non esiste e che passa dalle sale comunali alle chiese. Il pubblico è eterogeneo e proviene da mondi diversi che difficilmente, altrimenti, si toccherebbero. Proprio perché proponiamo una questione “pre – politica”, come dicevo, suscitiamo reazioni concordi. Mi è capitato di parlare con gente che non vuole sentir neppure parlare di migranti, non li vuole qui. Eppure tutti comprendono che l’orrore dei campi di detenzione deve finire. Si pretende che l’Italia faccia la sua parte per il salvataggio di queste persone, Mi sembra una vittoria. Eppure questa semplice constatazione viene un po’ furbescamente nascosta dalla politica. 

Crede che ci sia qualche speranza, perché le cose possano cambiare in meglio?

Le vicende a cui assistiamo non fanno ben sperare. Io confido però nella attuazione rigorosa delle convenzioni internazionali.

Il teatro è importante per mettere sotto gli occhi dello spettatore fatti che si vorrebbero ignorare?

Il teatro è sempre una voce importante anche se non è la sede per cambiare il corso degli eventi. Quello spetta, ovviamente, alla politica. 

Un’ultima domanda sul suo ultimo libro, in uscita: “I mangiafemmine”. Un romanzo sul tema, purtroppo, attuale del femminicidio?

Non ho scritto sul femminicidio in senso stretto. Come già in “Carnaio” mi interessava mostrare come sia facile scivolare nell’orrore. È un romanzo iperrealista e disturbante che vuole costringere a pensare.

https://www.laprovinciadicomo.it/stories/premium/cultura-e-spettacoli/giulio-cavalli-violenza-sui-migranti-colpa-collettiva-o_1845167_11/

“Falcone, Borsellino e le teste di minchia”. La mia intervista a Il Cittadino

Il titolo varia in base al “liberismo” di luoghi o contesti: “Falcone, Borsellino e le teste di minchia” o “Il ridicolo onore”. La sostanza, però, non cambia. In entrambi i casi si tratta dello stesso spettacolo, una giullarata che ridicolizza e smonta codici, riti e miti mafiosi. Facendo nomi e cognomi. Come è sempre stato nello stile di Giulio Cavalli, scrittore, giornalista e attore lodigiano che ha fatto della lotta a cosa nostra uno dei cardini della sua produzione. Per anni Cavalli ha vissuto sotto scorta, ma non ha mai smesso di scrivere e interrogarsi su un fenomeno quasi scomparso dai radar del dibattito pubblico e della politica, quando invece «i mafiosi sono sempre gli stessi: hanno nomi e cognomi (che non vogliono che vengano pronunciati e invece li pronunciamo), sono goffi e imbarazzanti nelle loro storie e nelle loro intercettazioni (che noi leggiamo sul palco, cosa c’è di meglio?) e abitano tranquilli facendo finta di essere buoni cittadini. Recuperando i canoni dei giullari del ‘500 si percorre la storia delle mafie smontando il presunto onore di presunti boss che si sgretolano di fronte alla risata». 

Dopo una cinquantina di date in tutta Italia, sabato sera (ore 21.30) Cavalli porterà il suo spettacolo nel Lodigiano: l’appuntamento, organizzato dall’associazione Giovani Basso Lodigiano, è in programma nella cornice del castello Douglas Scotti di Fombio. Le prenotazioni dei biglietti (10 euro) sono già aperte: online attraverso il sito www.eventbrite.com oppure via telefono contattando Emanuele Frijio (presidente dell’associazione organizzatrice) al numero 3278392632. 

«Sul tema della consapevolezza mafiosa sembra di essere tornati indietro di trent’anni – racconta Cavalli -. Il candidato sindaco di Palermo, nel trentennale della morte di Falcone e Borsellino, è stato appoggiato da Totò Cuffaro e Marcello Dell’Utri, gli stessi personaggi dei quali i magistrati parlavano negli ultimi anni della loro vita». Cavalli è tornato sul paco dopo un lungo periodo di assenza: «”Il ridicolo onore” (titolo scelto per la serata di Fombio, ndr) è nato con il Teatro della Cooperativa di Milano insieme a Renato Sarti, uno dei miei maestri. Mi ha chiesto di tornare in pista: avevo bisogno di divertirmi e di capire quanta voglia avessi di fare ancora teatro. La “giullarata” mi consente di andare in scena senza avere un copione preconfezionato: è uno spettacolo molto comico, in cui prendiamo in giro le “mitiche” figure mafiose e ci agganciamo all’attualità. Nel corso dei mesi lo spettacolo è cambiato: mi sono molto affezionato a questa produzione, perché inizialmente pensavo fosse solo una parentesi e invece abbiamo già fatto oltre cinquanta repliche. Un fatto curioso è che abbiamo debuttato il giorno dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro», un altro personaggio che ovviamente viene messo alla berlina seguendo «i canoni della commedia dell’arte che già avevo utilizzato a inizio carriera – continua l’attore -. Lo spettacolo viene montato in base alla situazione: nelle scuole portiamo una versione più didascalica, mentre in ambienti dove il pubblico ha già consapevolezza del fenomeno diventa una sorta di gioco carnevalesco». Sul palco, Cavalli sarà accompagnato da due fedeli compagni di viaggio lodigiani: il chitarrista Federico Rama e il tecnico audio e luci Mario Raimondi. «Un ritorno sul palco a Lodi? Per questioni noiose non mi esibisco nel capoluogo da vent’anni. Ma non escludo la possibilità di fare qualcosa, quando e se capiterà l’occasione di chiarirsi con alcuni “pezzi” della città».

(fonte)

A Casa loro in scena a Recanati

A Recanati con “A casa loro”, lo spettacolo scritto con Nello Scavo per raccontare ciò che ci si ostina a non voler vedere: la Libia è il sacchetto dell’umido dei nostri errori e dei nostri orrori. La storia ci giudicherà. 

Portare in tournée la realtà della Libia e del Mediterraneo è un dovere civile. 

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Se volete organizzare uno spettacolo nel vostro teatro, nel vostro comune, con la vostra associazione o nel vostro festival estivo oppure potete scriverci a organizzazione@giuliocavalli.net

Cavalli e Scavo “A casa loro” tra inchiesta e palcoscenico

(da Il Cittadino)

La premessa è che «il mare non uccide». E che «ad uccidere sono le persone, la povertà, le politiche sbagliate e le diseguaglianze che rendono il mondo un inferno se nasci dalla parte sbagliata». Parte dalle coraggiose inchieste di un reporter internazionale come Nello Scavo – classe 1972, dal 2001 firma di “Avvenire”, le sue inchieste sono state rilanciate dalle principali testate di tutto il mondo -, per «provare a raccontare quella parte del mondo che ci illudiamo di conoscere e di poter giudicare guardando le immagini dei profughi mentre invece ci viene nascosta nel buio delle notizie non date», lo spettacolo “A casa loro” firmato dal lodigiano Giulio Cavalli, giornalista (La Notizia, Left, Oggi), autore teatrale, attore, questa sera sul palcoscenico del Teatro Bello di Milano (via San Cristoforo 1) insieme a un altro lodigiano, il chitarrista Federico Rama, come lodigiano è anche il supporto tecnico di Mario Raimondo. «Una nuova piccola comunità teatrale in nuce a Lodi – spiega Cavalli che, dopo essersi concentrato sulla scrittura (il suo Carnaio, Fandango Libri, è stato finalista al premio Campiello 2019) ha deciso di tornare al teatro civile e sul palcoscenico -: con la giullarata “Falcone, Borsellino e le teste di minchia” abbiamo fatto il tutto esaurito, e lasciato fuori un centinaio di persone, a Milano. La verità è che la risposta del pubblico in questo ritorno a teatro è stata eccezionale». E con la giullarata pungente per deridere le mafie, con cui Cavalli pesca nel lavoro fatto con Dario Fo, mercoledì è stato anche a Catania, al Piccolo Teatro di Città, nell’ambito dell’iniziativa della Fondazione Fava che si conclude con la consegna del premio Fava Giovani 2023. 

«Al progetto “A casa loro”, nato come un libro per People, io e Nello Scavo abbiamo iniziato a lavorare quando ancora il tema della migrazioni non era risalito come è accaduto poi – sottolinea Cavalli – e attraverso gli stralci di reportage e le testimonianze raccolte da Nello e da me, si concentra sulle condizioni di detenzione illegale che lo Stato Libico applica ai migranti. Dopo la tragedia di Cutro si è diffusa lancinante comprensione del dolore che obbliga tutti a uscire dalla dialettica politica per rendersi conto che si tratta di un’emergenza umanitaria. Il fenomeno delle migrazioni può essere gestito in base alla propria sensibilità da parte delle forze politiche, soccorrere invece è un pre-requisito dell’essere umani. Su questo tema, il mondo della Chiesa si muove con molto coraggio». •

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Quotidiano Di Sicilia sullo spettacolo “Falcone, Borsellino e le teste di minchia”

(fonte)

Lo spettacolo, organizzato dalla Fondazione Fava, in collaborazione con il Piccolo Teatro di Città, è dedicato ai due magistrati

“La parola contro le mafie funziona. Questo significa che possediamo tutti le armi per combatterle”. La tagliente e profonda lingua di Giulio Cavalli ci ricorda che di mafia bisogna parlare, che sulla mafia bisogna riflettere, capire, domandare. E che la memoria va esercitata, sempre. Lo fa dal palco del Piccolo teatro di Catania dove ha portato in scena lo spettacolo “Falcone, Borsellino e le teste di minchia”.

Lo spettacolo al Piccolo Teatro 

Lo spettacolo, organizzato dalla Fondazione Fava, in collaborazione con il Piccolo Teatro di Città, è dedicato ai due magistrati: un monologo pungente che deride le mafie e che porta avanti, al contempo, quella mai sopita esigenza civile di scoprire la verità ancora nascosta sulle stragi del 1992 e su quello che ne è conseguito.

Voce e chitarra per esercitare la memoria 

Accompagnato dalla chitarra suonata da Enzo Pafumi, Cavalli inchioda lo spettatore alla sedia, lo coinvolge e lo bombarda di parole, aneddoti, riflessioni su Cosa nostra, sull’assuefazione di un popolo, quello italiano, capace di indignarsi ma anche di fare dei boss mafiosi modello. Quanto meno televisivo. Cavalli porta in scena, dunque, il teatro civile di Pippo Fava, che ha lasciato un segno indelebile, un messaggio potente e attuale e che sopravvive al giornalista e ne accompagna la memoria.