Vai al contenuto

Politica

I temi e le news della politica in Lombardia e in Italia. L’attività politica di Giulio Cavalli in consiglio regionale della Lombardia.

Beppe Sala indagato per appalto Expo

Il sindaco di Milano Giuseppe Sala è stato iscritto nel registro degli indagati dalla procura del capoluogo lombardo nell’ambito dell’inchiesta sulla Piastra di Expo, l’infrastruttura più costosa realizzata nel sito di Rho Pero dalla ditta Mantovani. La notizia emerge dalla richiesta di proroga delle indagini inviata dal sostituto procuratore generale Felice Isnardi, che ha chiesto altri sei mesi di tempo per approfondire la vicenda, dopo aver avocato a sé l’inchiesta. La Procura, al contrario, puntava sull’archiviazione ma il gip Andrea Ghinetti si è opposto. Nell’atto firmato dal sostituto pg Isnardi, da quanto confermato a LaPresse dall’avvocato Federico Cecconi, legale di Antonio Acerbo (indagato insieme al presidente della Mantovani Spa), si parla di possibili “nuove iscrizioni” e della “necessità di sentire altre persone informate sui fatti” e in generale di approfondire ancora le indagini. Da quanto risulta a ilfattoquotidiano.it, invece, tra gli indagati c’è anche un nome più illustre degli altri: quello del primo cittadino Pd di Milano.

Gli investigatori del Nucleo di polizia tributaria, del resto, dopo che la Procura aveva iscritto nel registro degli indagati i primi nomi, avevano scritto tra le altre cose che anche l’allora amministratore delegato di Expo Giuseppe Sala, il responsabile unico all’epoca del procedimento Carlo Chiesa e l’allora general manager Paris non avrebbero tenuto un comportamento “irreprensibile e lineare”. Pur “con gradi di responsabilità diversi – chiariva la Gdf – attraverso le loro condotte fattive ed omissive hanno comunque contribuito a concretizzare la strategia volta a danneggiare indebitamente la Mantovani (impresa che vinse l’appalto con un ribasso di oltre il 40%, ndr) per tutelare e garantire, si ritiene, più che la società Expo 2015 Spa il loro personale ruolo all’interno della stessa”. Sala, poi, come ha messo a verbale l’ex dg di Infrastrutture Lombarde spa Antonio Rognoni, avrebbe detto al manager che “non avevano tempo per potere” verificare la congruità dei “prezzi che erano stati stabiliti da Mantovani” nel corso dell’esecuzione del contratto con l’inserimento di costi aggiuntivi, e “per verificare se l’offerta era anomala o meno”.

L’inchiesta condotta dai pm Paolo FilippiniRoberto Pellicano e Giovanni Polizzi, poi avocata dalla procura generale di Milano, del resto riguarda l’assegnazione alla società Mantovani di un appalto per la realizzazione della Piastra dell’area di Rho Pero, dove si è svolta l’esposizione universale. La base d’asta era di 272 milioni di euro e la Mantovani si era aggiudicata la gara con un ribasso del 42% per 149 milioni di euro. Gli indagati per turbativa d’asta noti fino a ora sono cinque: Piergiorgio Baita (presidente della società Mantovani, già arrestato a Venezia per il Mose), due ex manager Expo già arrestati per altre vicende, Angelo Paris e Antonio Acerbo, e gli imprenditori della società Socostramo, Erasmo eOttaviano Cinque.

Data la mole del materiale raccolto e gli approfondimenti che devono essere ancora effettuati, il sostituto pg Felice Isnardi ha deciso di chiedere che gli vengano concessi altri sei mesi per indagare. Il gip Andrea Ghinetti, a fine ottobre, non avendo accolto la richiesta di archiviazione presentata dalla Procura, aveva convocato le parti per la discussione della vicenda per poi decidere se archiviare o chiedere un supplemento di indagine o ordinare l’imputazione coatta. Nel frattempo, però, la Procura generale ha avocato il fascicolo e ha ottenuto un mese di tempo per nuove indagini, termine poi scaduto. Da qui la richiesta di proroga. Il fascicolo era stato al centro dello scontro tra l’ormai ex procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati e l’ex aggiunto Alfredo Robledo, il quale, su decisione del primo, nel 2014 era stato di fatto estromesso dagli interrogatori ‘centrali’ dell’inchiesta. L’indagine sull’appalto più rilevante di Expo, vinto dalla Mantovani grazie ad un ribasso del 42% su una base d’asta di 272 milioni di euro, era partita nel 2012.

(fonte, ne scrive anche repubblica qui)

Ministra Fedeli, ormai è una saga: non è nemmeno diplomata

(Nota a margine: sì ci sono cose più importanti e sì il tema non è il titolo di studio ma la fumosità della toppa peggio del buco. Comunque ne scrive l’Huffington Post:)

Lo staff del ministro, contattato dall’Huffpost, ha confermato: “Lo avevamo già spiegato nei giorni scorsi, lei ha fatto una scuola per conseguire il diploma di maestra nelle scuole materne che dura tre anni” e poi l’oramai famosa scuola per assistenti sociali. “Niente di nuovo, Adinolfi esprime legittimamente la sua opinione su quali titoli debba avere o non avere” un ministro dell’Istruzione.

Differentemente dal “diploma di laurea” inserito per “leggerezza” – come lei stessa si è giustificata in un colloquio con il Corriere della Sera – il diploma di maturità non è menzionato nel suo curriculum vitae. Fedeli si è detta “sconcertata” per gli attacchi subiti in questi giorni, difendendo il suo passato di “sindacalista: lo sono sempre stata”. E, ha precisato, “non ho mai avuto alcun beneficio da quel pezzo di carta”.

Tuttavia il fatto che il ministro dell’Istruzione non abbia conseguito il diploma di maturità, pur non essendo un requisito necessario per legge per ricoprire quel ruolo, alimenta nuove polemiche. Non a caso: il settore della scuola ha subito negli anni diverse modifiche nella normativa per l’accesso all’insegnamento, causando non pochi disagi agli aspiranti docenti. L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha confermato ad aprile scorso l’orientamento adottato con diverse sentenze dalla VI sezione consentendo l’accesso alle Gae, le graduatorie ad esaurimento, a coloro che hanno conseguito il diploma magistrale ante 2001/2002. Ma è sempre il Consiglio di Stato ad aver scritto, nel dicembre 2013, che tale titolo non è equiparabile ai diplomi rilasciati a chiusura dei corsi di scuola secondaria di secondo grado di durata quinquennale: solo questi ultimi consentono “l’accesso ai corsi di laurea universitari e alle carriere di concetto presso le Pubbliche amministrazioni e valgono ogniqualvolta la legge richiede il possesso di un diploma come requisito professionale”.

Da qui nascono le (nuove) polemiche sull’opportunità che a Viale Trastevere ci sia un ministro dell’Istruzione senza “maturità”.

Mediaset/Vivendi: liberisti con i diritti degli altri e capitalisti senza capitali

 

Fanno sorridere questi capitalisti turboliberisti che d’improvviso diventano nazionalisti e per niente globali. I Berlusconi si lamentano della scalata di Bolloré al loro impero televisivo e improvvisamente il mercato globale (che hanno alimentato e elogiato per anni) diventa il peggiore dei mali. Insomma, questi sono liberisti solo se riescono a stare sulla cresta dell’onda del liberismo altrimenti diventano subito filocubani.

Coerenti con l’interesse personale, sempre: quando si è trattato di svendere i diritti dei lavoratori ci accusavano di avere uno sguardo troppo limitato e ora basta un francese come Bolloré per sentirli strillare urlando all’invasore.

E poi capitalisti ma per finta: il capitale fondamentale in questo Paese è la possibilità di mischiarsi con la politica rendendola convergente agli interessi della propria azienda. Liberisti a libertà alterna e capitalisti senza capitali. Perfetti. Bene così.

«Nessuno può offrirsi il lusso di ignorare questa situazione»: la lettera dal carcere turco della scrittrice Aslı Erdoğan

5.12.2016
Cari amici, colleghi

questa lettera è scritta dal carcere femminile di Barkirköy, situata fra un manicomio e un vecchio lebbrosario. In questo momento, un numero stimato fra i 150 e i 200 “giornalisti” – un record mondiale – sono imprigionati in Turchia e io sono una di loro.

Io sono una scrittrice, solo una scrittrice, autrice di otto libri tradotti in varie lingue inclusa quella francese (pubblicati da Actes Sud)*. Dal 1998 ho lavorato come commentatrice cercando di combinare letteratura e giornalismo. Gli ultimi due Premi Nobel mettono in evidenza quanto siano giustamente rimessi in discussione i limiti rigidi della letteratura.

Sono stata arrestata con il motivo, o con il pretesto, di essere uno dei “collaboratori” di Özgür Gündem, considerato “giornale curdo”. Nonostante la legge che regola il giornalismo non dia alcuna responsabilità legale ai collaboratori, e che nessuno fra le centinaia di processi intentati ai giornali abbia mai incluso nessuno di questi simbolici collaboratori, per la prima volta dopo vent’anni, sei di loro sono accusati di “terrorismo”: Necmiye Alpay, linguista e attivista pacifista, Bilge Cantepe, fondatore del Partito Verde, Ragıp Zarakolu, editore e candidato al Premio Nobel per la Pace, Ayhan Bilgen, parlamentare, Filiz Koçali, giornalista femminista. Infatti, fra questi 150 “giornalisti”, ci sono molti scrittori, accademici, critici letterari, ma si trovano tutti imprigionati per il loro lavoro giornalistico.

La situazione della stampa è allarmante. Circa 200 giornali, agenzie d’informazione, radio e televisioni sono state chiuse su ordine del governo negli ultimi quattro mesi. Una “punizione collettiva” è stata inflitta anche a Cumhuriyet, il più vecchio giornale turco, baluardo della social democrazia. Come per Özgür Gündem, tutti i collaboratori e gli editorialisti, compresi un editorialista culturale e un vignettista!, sono stati arrestati con l’accusa di essere fiancheggiatori di due differenti organizzazioni terroristiche. Cumhuriyet ha recentemente pubblicato un coraggioso reportage sui rapporti fra la Turchia e l’Isis e ha duramente contestato il tremendo attacco a Charlie Hebdo. Molti giornalisti, me stessa inclusa, sono stati perseguitati per aver espresso solidarietà a Charlie Hebdo, alcuni sono stati condannati per questo.

Abbiamo bisogno del vostro sostegno, della vostra sensibilità e solidarietà. PEN, che alla base è un’organizzazione per la difesa degli scrittori, si batte attivamente per la libertà dei giornalisti. Quando la libertà di pensiero e di espressione sono in pericolo, non può esserci nessuna discriminazione.

“Liberté, Egalité, Fraternité”: sono concetti che dobbiamo alla Rivoluzione Francese! Più di due secoli sono passati, a dare significato, e realtà, a tali concetti, cresciuti attraverso la riflessione, il pensiero e lo sviluppo letterario, scaturiti da secoli di fatica, di lotte e di sangue… Concetti che devono essere universali, nella teoria e nella realtà, per chiunque, senza eccezioni.

Il mio sentimento è che la recente crisi in Europa, conseguente al problema dei rifugiati e degli attacchi terroristici, non è soltanto una questione politica ed economica. È una crisi esistenziale, che l’Europa potrà risolvere soltanto reinvestendo nelle nazioni che la compongono. Troppi segnali ci indicano che le democrazie liberali europee non possono più sentirsi sicure mentre l’incendio si propaga negli immediati dintorni. La “crisi democratica” in Turchia, a lungo sottostimata o ignorata per ragioni pragmatiche, il crescente rischio di una dittatura islamica e militare, avrà delle conseguenze serie. Nessuno può offrirsi il lusso di ignorare questa situazione, e soprattutto non noi giornalisti, scrittori, accademici, noi che dobbiamo le nostre esistenze alla libertà di pensiero e di espressione.
Vi ringrazio molto.

Cordiali saluti,

Aslı Erdoğan

Prigione di Bakırköy C-9

In Italia aumentano gli stipendi (degli amministratori delegati delle società quotate)

Lo stipendio medio degli amministratori delegati di società quotate in Italia è stato nel 2015 di 1.660.000 euro all’anno, in crescita rispetto al 2014, quando è stato di 1.483.854 euro, e al 2013, quando è stato di 1.451.435 euro. I dati emergono dall’Italy Board Index 2016 di Spencer Stuart. Il rapporto analizza le prime 100 società quotate in Italia.

La media dei compensi all’anno totali dei presidenti nel 2015 è stata di 887 mila euro. Il valore massimo è di 5.387.000 euro, quello minimo a 15 mila euro. Un terzo dei presidenti percepisce oltre un milione di euro. Riguardo il compenso medio dei presidenti, l’Italia si posiziona al secondo posto dopo la Svizzera (2.148.120 euro) e prima della Francia (560.666 euro).

Il valore medio a livello europeo dei compensi totali dei presidenti è pari a 457.743. Il numero degli amministratori delegati con retribuzioni oltre il milione di euro è pari al 62% del panel analizzato.

(fonte Ansa qui)

‘Ndrangheta, operazione “Conquista”: decapitato il clan Bonavota

Un’operazione dei carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia è in corso a Vibo e Roma per l’esecuzione di un provvedimento di fermo a carico di sei esponenti della cosca di ‘ndrangheta dei “Bonavota”, con conseguente azzeramento dei vertici del gruppo criminale. Le indagini sono state condotte dai carabinieri del Reparto operativo e coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. I sei sono ritenuti responsabili in concorso, a vario titolo, di omicidio; detenzione e porto di armi comuni e da guerra; danneggiamento; estorsione continuata ed aggravata dal metodo mafioso. Le indagini hanno consentito di individuare presunti mandanti ed esecutori materiali di due omicidi avvenuti nel vibonese nel 2004.

 

I NOMI

Pasquale Bonavota, Domenico Bonavota, Nicola Bonavota, Domenico Febbraro, Giuseppe Lopreiato e Onofrio Barbieri, le persone fermate nell’ambito dell’operazione “Conquista”. Tra le sei persone raggiunte dai provvedimenti ci sarebbero mandanti ed esecutori di due omicidi compiuti nel vibonese nel 2004 e di altrettanti episodi di danneggiamento, a colpi di armi da fuoco, ai danni delle aziende dell’imprenditore Filippo Callipo avvenuti nel 2004 e nel 2016.

Secondo gli investigatori, infatti, è stata fatta luce su dinamiche criminali, coincidenti con l’ascesa della famiglia dei Bonavota, da cui sono scaturiti i due gravi fatti di sangue del vibonese. Ma anche, sono stati individuati mandanti ed esecutori materiali, riconducibili alla famiglia dei ‘Bonavota’, dei danneggiamenti mediante esplosione di colpi di arma da fuoco avvenuti a Maierato nel 2004 all’azienda ‘Callipo Conserve Alimentari S.p.a.’ e nel 2016 al complesso residenziale ‘Popilia Country Resort’. I particolari dell’inchiesta sono stati resi noti nel corso di una conferenza cui hanno partecipato il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri, l’aggiunto Giovanni Bombardieri, il comandante regionale dell’Arma gen. Andrea Rispoli, il comandante provinciale dei carabinieri di Vibo col. Gianfilippo Magro e il cap. Valerio Palmieri.

“Un’operazione importante – ha detto Gratteri – perché banco di prova per le prime dichiarazioni del collaboratore di giustizia Andrea Mantella, un pentito fondamentale”. Proprio Mantella, nelle dichiarazioni rese al pm Camillo Falvo titolare del fascicolo, avrebbe collocato i due omicidi “nella guerra tra cosche per imporre la propria autorità sull’area di Maierato in forte espansione industriale e commerciale”. In quest’ottica devono essere letti, ha spiegato Bombardieri, i due attentati alle aziende dell’imprenditore Pippo Callipo. Prima, nel giugno del 2004 all’azienda Giacinto Callipo Conserve Alimentari e poi, nell’aprile 2016 al complesso residenziale Popilia Country Resort. Il fermo, ha detto ancora Bombardieri, “si è reso necessario per evitare che soggetti pericolosi si dessero alla latitanza”. In alcune intercettazioni, infatti, “è palese la preoccupazione degli affiliati per le dichiarazioni di Mantella”. In una conversazione, intercettata dagli inquirenti, un esponente del clan Bonavota rivela: “Micu se ne va… non subito… appena è pronto”. Sospetti che si sono rivelati fondati questa mattina al momento del blitz. Due degli indagati, infatti, già da alcuni mesi non facevano ritorno alle proprie abitazioni e venivano ospitati da alcuni conoscenti. Oltre alle persone raggiunte dal fermo sono state arrestate altre due persone trovate con documenti falsi e una pistola.

Indagato anche avvocato 

C’è anche un avvocato tra le persone indagate in stato di libertà nell’inchiesta “Conquista”. In particolare il legale, Giuseppe Di Renzo, del foro di Vibo, indagato per favoreggiamento aggravato dall’avere agevolato una cosca di ‘ndrangheta, è accusato di aver portato fuori dal carcere un pizzino di Andrea Mantella, al vertice della cosca Lo Bianco e ora collaboratore di giustizia, destinato a un imprenditore proprietario di un mattatoio nelle cui vicinanze venne ucciso, il 4 maggio 2004, Raffaele Cracolici. Proprio grazie a quella testimonianza Mantella evitò l’arresto. Con l’operazione di oggi gli inquirenti ritengono di aver fatto piena luce su quel fatto di sangue, commissionato dalla famiglia Bonavota per eliminare quello che ritenevano di ostacolo all’espansione territoriale sulla zona industriale della cittadina di Maierato. Nel provvedimento di fermo viene poi contestato un secondo omicidio quello di Domenico Di Leo, avvenuto il 12 luglio 2004, a Sant’Onofrio.

(fonte)

Ci sono anche un avvocato, un parente di Andrea Mantella (attuale collaboratore di giustizia) ed un imprenditore fra gli indagati dell’operazione antimafia denominata “Conquista” contro il clan Bonavota di Sant’Onofrio. In particolare Andrea Mantella, all’epoca detenuto ed accusato di essere stato uno degli esecutori materiali dell’omicidio di Raffaele Cracolici, alias “Lele Palermo”, il boss di Maierato ucciso il 4 maggio del 2004 a Pizzo Calabro, avrebbe consegnato dal carcere un “pizzino” ad un avvocato.

Mantella
Andrea Mantella

Il legale a sua volta avrebbe portato il “pizzino” ad un parente di Andrea Mantella il quale l’avrebbe infine consegnato al titolare di un mattatoio avente sede nella stessa zona del territorio comunale di Pizzo dove è stato ucciso Raffaele Cracolici. L’imprenditore ha poi testimoniato a favore di Andrea Mantella in ordine alla circostanza che all’ora del delitto il futuro collaboratore di giustizia sarebbe stato presente nel suo mattatoio. Anche in virtù di tale testimonianza, Andrea Mantella – unitamente a Francesco Scrugli – è stato prosciolto nel 2009 dall’omicidio di Raffaele Cracolici, nonostante le indagini dei carabinieri basate pure sull’esame dei tabulati telefonici (era stata rilevata la presenza del cellulare di Mantella sul luogo del delitto) e sulle dichiarazioni del pentito Francesco Michienzi di Acconia di Curinga. In particolare, il titolare del mattatoio venne sentito per delle dichiarazioni difensive raccolte dal legale di Andrea Mantella che anche grazie a tale testimonianza ottenne l’annullamento dell’ordinanza a sua carico. L’avvocato è indagato per tale sua attività di “messaggero” della volontà di Andrea Mantella. Lo stesso collaboratore di giustizia ha anche spiegato agli inquirenti di non aver svelato all’avvocato il contenuto del “pizzino”. Il legale è comunque indagato per la trasmissione all’esterno del biglietto da parte del detenuto, con la consegna ad un soggetto – parente di Mantella – vicino ad ambienti criminali affinchè si adoperasse per creare un alibi falso in favore dello stesso Andrea Mantella.

AGGIORNAMENTO. Ecco il nome del legale. Si tratta dell’avvocato Giuseppe Di Renzo del foro di Vibo Valentia, accusato del reato di favoreggiamento personale aggravato dalle finalità mafiose. Il legale, su richiesta di Andrea Mantella, è accusato di aver violato i doveri derivanti dall’esercizio della professione e la disciplina prevista dall’ordinamento penitenziario a seguito del colloquio del 5 novembre del 2007 tenuto nel carcere di Palmi. In particolare, seconco le indagini della Dda di Catanzaro e dei carabinieri di Vibo, avrebbe portato fuori dall’istituto di pena la missiva di Andrea Mantella contenente l’indicazione a Francesco Lo Bianco (cl. ’70) di Vibo Valentia (altro indagato per il medesimo reato) di contatttare Antonio Falbo (altro indagato) al fine di fargli riferire circostanze false in relazione alla ragione per la quale il suo cellulare agganciava la cella di Francavilla Angitola Stazione il giorno dell’omicidio di Raffaele Cracolici (4 maggio 2004) ed anche nei giorni precedenti in cui venivano eseguiti i soprannomi in modo da scagionarlo dal delitto. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, l’avvocato Giuseppe Di Renzo avrebbe redatto il verbale di assunzione ad informazioni nei confronti di Antonio Falbo, atto che verrà depositato al Tribunale del Riesame il 12 dicembre 2007, unitamente all’istanza di Riesame e sulla base del quale sarà scarcerato Andrea Mantella.

Francesco Lo Bianco, ad avviso della Dda (pm Camillo Falvo), dopo aver appreso il contenuto della missiva a lui consegnata dall’avvocato Di Renzo, avrebbe riportato ad Antonio Falbo quello che lo stesso avrebbe dovuto riferire in ordine alle ragioni di Andrea Mantella sul posto. Antonio Falbo avrebbe invece riferito falsamente all’avvocato Di Renzo, nel verbale di informazioni difensive, che nel periodo aprile-maggio 2004 Andrea Mantella si sarebbe recato nella sua azienda ubicata nella zona dove è stata agganciato il telefonino di Mantella alla cella telefonica di Francavilla Angitola.

Così facendo, tutti gli indagati sono accusati di aver aiutato Andrea Mantella – autore materiale dell’omicidio di Raffaele Cracolici – ad eludere le investigazioni, tanto che lo stesso dopo essere stato arrestato il 19 novembre 2007, veniva scarcerato dal Tdl il 28 gennaio 2008.

(fonte)

Imbecilli e forconi

Cittadini che arrestano Osvaldo Napoli (sfigati, tra l’altro, a prendere un ex parlamentare e non uno in carica, nemmeno quello sono riusciti a indovinare). Il movimento dei forconi: fascistelli invecchiati (male) che tentano di coagulare il malcontento peggiore per un po’ di visibilità.

Difendono la democrazia, dicono. da questo governo non eletto dal popolo.

Ma mi sorge una domanda spontanea? Invece chi ha legittimato loro per “arrestare” qualcuno in nome del popolo e quindi anche a nome mio?

Adesso mi vesto e corro ad arrestarli. Olè.

Pazza idea: evitare il referendum sul Jobs Act

Ne scrive Luca Sappino su Left qui:

La bomba l’ha sganciata Poletti, svelando ciò che Left aveva tristemente subodorato – tant’è che sul prossimo numero in edicola, Tiziana Barillà chiede direttamente a Maurizio Landini cosa farà se il Pd dovesse spingere per far finire la legislatura anticipatamente, con una tempistica utile a far slittare il referendum sul jobs act, quello sui voucher e gli altri quesiti “sociali” su cui la Cgil ha raccolto oltre tre milioni di firme. Perché questa, dice Poletti, è l’idea dei più. «Mi sembra», ha detto il ministro ai cronisti, «che l’atteggiamento prevalente sia quello di andare a votare presto. E se si dovesse andare ad elezioni anticipate diventa ovvio che per legge l’eventuale referendum sul jobs act sarebbe rinviato».

[…]

La legislatura, insomma, dovrebbe finire prima di aprile. O prima della data che si assegnerà alla consultazione. Questo perché la legge 352 del 1970 stabilisce che «ricevuta comunicazione della sentenza della Corte costituzionale, il Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri», indica con decreto il referendum, fissando la data di convocazione «in una domenica compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno». E però, «nel caso di anticipato scioglimento delle Camere», continua la legge, ben chiara nella testa di Poletti, «il referendum già indetto si intende automaticamente sospeso», destinato a slittare ben un anno dopo, almeno, le elezioni. Renzi, così, non rischierebbe di veder demolita, dopo la riforma costituzionale, un’altra sua legge-manifesto.

(l’articolo completo è qui)

Intanto hanno arrestato l’imprenditore vicino a Matteo Messina Denaro

Mafia e appalti, vasta operazione a Castelvetrano: due persone sono finite in carcere, perquisiti anche alcune imprese e l’ufficio tecnico del Comune. Due funzionari raggiunti da avvisi di garanzia

Arrestato l’imprenditore Rosario “Saro” Firenze. Per gli investigatori è vicino al boss latitante Matteo Messina Denaro. Stamane i militari del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Trapani e del ROS hanno eseguito ordinanze di custodia cautelare in carcere, nei confronti dell’imprenditore castelvetranese, Rosario FIRENZE, e il suo collaboratore, il geometra Salvatore  SCIACCA per le ipotesi di associazione a delinquere di tipo mafioso, fittizia intestazione di beni, turbata libertà degli incanti aggravata dal metodo mafioso e trasferimento fraudolento di beni. Le due aziende edili di famiglia di Firenze, che valgono sei milioni di euro, sono state sequestrate.

L’operazione si chiama Ebano. Altri quattro imprenditori di Castelvetrano sono stati raggiunti dalla misura cautelare del divieto di esercitare l’attività d’impresa.  Il divieto ad esercitare attività imprenditoriale è stato emesso nei riguardi dei presunti prestanome di Firenze, Giacomo Calcara, 38 anni, Benedetto Cusumano, 68 anni, Fedele D’Alberti 41 anni e Filippo Tolomeo, 38 anni, sarebbero stati loro ad aiutare Firenze per potersi accaparrare degli appalti, lavori di manutenzione stradale, fognari e demolizioni.

C’è stata anche la notifica dell’avviso di garanzia nei confronti di altri 4 indagati, tra cui due funzionari del Comune di Castelvetrano e due fratelli di FIRENZE.

Avvisi di garanzia per i due fratelli di Saro Firenze, Giovanni e Massimiliano di 44 e 41 anni. Saro Firenze raggiunto da una interdittiva antimafia aveva ceduto, fittiziamente, ai fratelli l’impresa, e sempre nonostante l’interdittiva era riuscito a restare iscritto nell’elenco delle imprese di fiducia del Comune di Castelvetrano. Secondo l’accusa Firenze controllava molti appalti al Comune di Castelvetrano, e con il ricavato finanziava anche la latitanza di Matteo Messina Denaro.Fra i lavori al centro dell’inchiesta quelli per la realizzazione della condotta fognaria, per la manutenzione ordinaria di strade e fognature, per la demolizione dei fabbricati fatiscenti all’interno dell’ex area dell’autoparco comunale.

Due avvisi di garanzia sono stati notificati ad ex dirigenti dell’ufficio tecnico comunale, uno di questi è l’architetto Leonardo Agoglitta: avrebbero permesso agli imprenditori di “truccare” gli appalti.

A tenere i collegamenti tra Firenze e il Comune sarebbe stato il geometra Salvatore Sciacca ufficialmente dipendente dell’impresa di Massimiliano Firenze, intercettato per esempio a preoccuparsi se in sede di gara di appalto l’imprenditore Filippo Tolomeo aveva notificato la sua appartenenza, “tu glielo hai detto a chi appartieni? A posto.2

I dettagli saranno resi noti durante la Conferenza Stampa che si terrà alle ore 11:00 presso il Comando Provinciale dei Carabinieri di Trapani.

La notizia non è proprio un fulmine a ciel sereno, perché già nel 2014 fu revocata l’autorizzazione per lo stoccaggio di inerti in una cava di proprietà di Rosario Firenze, a Castelvetrano. La revoca dell’autorizzazione arrivò dopo le indagini che svelarono i legami del titolare, Rosario Firenze, con la sorella e il cognato del boss Matteo Messina Denaro.

Nei rapporti investigativi  alla base dell’interdittiva della prefettura, e dal successivo provvedimento di revoca si racconta che Rosario Firenze, è «compare» della sorella e del cognato del superiatitante perché «ha battezzato il figlio» e da loro riceveva incarichi di lavoro. Tra le pagine dell’inchiesta c’è anche un’intercettazione in cui due donne parlano del rinvenimento in un fondo agricolo di materiale di risulta proveniente da demolizionl depositato da ignoti su indicazione del «signor Firenze… Saro…», che risulta «legato ai Messina Denaro… sono una cricca». E anche in questa nuova operazione c’è una intercettazione che svela il rapporto stretto tra Saro Firenze e Patrizia Messina Denaro, “idda si sta cazzuliando con Saro”.

(fonte)