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Politica

I temi e le news della politica in Lombardia e in Italia. L’attività politica di Giulio Cavalli in consiglio regionale della Lombardia.

Il Vangelo secondo Matteo e l’avviso di Grillo

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Le parole sono importanti, diceva Nanni Moretti, e gli slogan sono le tangenziali delle parole buttate lì con la leggerezza di chi sa che funzionano e che nessuno si prenderà la briga di smontarle. Così mentre la Chiesa viene rimandata a cuccia da una (bella) frase di Matteo Renzi tutt’intorno viene facile giovanardare come un Adinolfi qualsiasi: se c’è un buon motivo per essere felici della fresca (mezza) legge sulle unioni civili è la sconnessa reazione dei pretini, l’abbattimento degli jihadisti episcopali e le mendaci contrizioni dei puttanieri censori delle famiglie degli altri. Perché, diciamocelo, il rumore della tradizione che scricchiola nel sarcofago a forma di fede è in queste ore uno strisciare di unghie. E allora ben venga un rinculo di laicità, benché sotto forma di slogan, e lo dico io che con Renzi e renzini non sono mai stato troppo tenero. Con un solo piccolo però: spergiurare sulla Costituzione, quello sì, sarebbe un peccato mortale. Politicamente, s’intende.

Sempre per la rubrica delle “parole che sono importanti” c’è anche l’avviso di garanzia, in senso grillino.

(il mio buongiorno per #Left continua qui)

L’evoluzione del turismo sessuale

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ECPAT, da sempre impegnata nella lotta al turismo sessuale, pubblica nuovi dati:

«È uno scenario “on the move”, in movimento, quello che emerge da “Offenders on the move”, il Global Study on the Sexual Exploitation of Children in Travel and Tourism (SECTT). Due anni di ricerca e coordinamento, con il supporto di  ECPAT Netherlands, 67 partner a livello mondiale, 66 studi e papers di esperti, per tracciare le linee di evoluzione dello sfruttamento sessuale dei minori derivante da viaggi e turismo.

DIFFUSIONE

Il primo dato che emerge è quello riguardante la diffusione territoriale del fenomeno: nessuna regione del mondo sembra essere immune e decadono le distinzioni nette che si riuscivano a fare tra Paesi di provenienza degli offenders e quelli, invece, meta di turismo sessuale.

La diffusione del SECTT rivela la necessità di una visione più ampia. Venti anni fa, sarebbe stato possibile delineare una mappa approssimativa degli spostamenti dei consumatori di turismo sessuale. Oggi il SECTT è ora principalmente un crimine intra-regionale , e può essere trovato sia nel, cosiddetto, mondo occidentale che in parti del mondo meno sviluppate.

OFFENDERS

Cambia anche il profilo degli sfruttatori: proprio una ricerca di Ecpat Italia e dei suoi partner, contenuta nel global study, sottolinea che la maggior parte dei turisti sessuali italiani sono di sesso maschile ( 90 % ) e che la maggior parte sono di età compresa tra 20 a 40 , con una età media di 27 anni.
L’autore del reato non è più, solamente, il tipico turista, ma potrebbe facilmente essere un viaggiatore d’affari, un driver, un operatore umanitario, un espatriato, un membro di una missione di pace, un pensionato. A questi si sommano donne e in aumento anche i minori che sfruttano e abusano di altri minori.
Le prove dimostrano inoltre che esistono trasgressori “situazionali”, che viaggiano senza alcuna intenzione di sfruttare sessualmente minori, ma che si trovino a compiere sesso con minori perché  si trovano in un contesto dove questa pratica è tollerata, se non vista come normale e dove il rischio di arresto – o di qualsiasi conseguenza – è percepito come inesistente.
Tutto questo con la complicità di vere e proprie reti locali che comprendono, oltre agli appartamenti privati, piccoli alberghi e pensioni, spesso con il coinvolgimento dei tassisti che consigliano i “servizi” a potenziali clienti. Proprio in questo caso informazione e sensibilizzazione dovrebbero aiutare e spingere le persone avvicinate da queste richieste, a denunciare.

Queste distinzioni, però, non sono ovviamente fondamentali, quello che conta è dove i bambini sono vittime.»

«Non potete multarmi, sono Salvini»

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Doppiopesismo e tristezza, ne scrive Thomas Mackinson:

«Matteo Salvini e il suo autista sono in corsa per le amministrative di Milano. E in città vanno proprio forte, a 87 chilometri all’ora per l’esattezza. Quando beccano la multa però non fanno i milanesi che pagano, ma mettono in mezzo gli avvocati del partito. Tutto per non sborsare 165 euro di sanzione al Comune che si propongono di amministrare e salvare i punti della patente del dipendente della Lega. Il risultato è un surreale ricorso che fa leva sul “ruolo istituzionale” e sul “rischio sicurezza“. La multa risale al 9 novembre scorso, di prima mattina, mentre l’auto di servizio della Lega passava a gran velocità su viale Enrico Fermi, dove il limite è 70, diretta alla sede della Lega lì a due passi.

Salvini, capolista a Milano nonché candidato a leader di tutto il centrodestra, sta dietro. Davanti c’è Aurelio Locatelli, lo storico autista dei big del Carroccio con licenza di agente di pubblica sicurezza che, scarrozzando Salvini, s’è guadagnato pure lui la sua candidatura. E allora: nessuno rallenti la corsa elettorale dei due compagni di viaggio uniti dal partito, dal motore a scoppio e da un singolare ricorso. In via Bellerio la pensano così ma prendono l’imperativo un po’ troppo alla lettera. Su procura del segretario, i legali del Carroccio hanno infatti chiesto di annullare la sanzione con un ricorso di sei pagine depositato l’11 marzo scorso. Non contestano affatto la violazione, certificata da telecamere ben note ai milanesi, ma rivendicano una sorta di “immunità” da codice della strada per il leader.

In premessa ricordano che il segretario “ricopre incarichi istituzionali e che, per ragioni politico istituzionali, deve presenziare…”. Si tenga cioè presente l’alto valore trasportato. Salvini finisce così nel pubblico registro dei politici furbetti, quelli che prendono le multe come tutti i cittadini ma pretendono di non pagarle, perché al di sopra di regole e leggi buone solo per gli elettori. Un titolo che non farà felice il popolo leghista e mal si sposa con l’immagine da tribuno della rabbia popolare contro i privilegi della Casta. Non solo, giusto sei mesi fa il leghista aveva eletto Napoli “capitale delle multe evase”, attirandosi prevedibili polemiche: ora si scopre che Milano e Salvini non sono da meno, anzi.»

(continua qui)

‘Ndrangheta, Reggio Calabria: avvocati, professionisti e imprenditori, politici e anche un magistrato in pensione.

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Un pezzo da leggere di Lucio Musolino:

«Avvocati, professionisti e imprenditori, politici e anche un magistrato in pensione. Tutti iscritti nel registro degli indagati della Procura di Reggio Calabria. E alcuni anche in manette. La Guardia di finanza ha eseguito sette fermi su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. In carcere è finito l’avvocato Paolo Romeo, ex parlamentare già condannato per concorso esterno in associazione mafiosa nel processo “Olimpia”. L’accusa per lui è estorsione e intestazione fittizia di beni. Con lui sono finiti in carcere l’avvocato Antonio Marra, gli imprenditori Emilio Frascati, Giuseppe Chirico, Natale Saraceno, Antonio Idone e Domenico Marcianò.

Sono questi i nomi della rete di professionisti che, secondo i pm Giuseppe Lombardo, Stefano Musolino, Rosario Ferracane e Luca Miceli, condizionava l’economia di Reggio Calabria. Nell’ambito dell’inchiesta, denominata “Fata Morgana”, le Fiamme gialle ha sequestrato anche dodici società per un valore di circa 34 milioni di euro.

Sono state eseguite, inoltre, numerose perquisizioni. Tra gli indagati c’è anche il presidente della Provincia Giuseppe Raffa, il consigliere provinciale Demetrio Cara, il cancelliere capo della Corte d’Appello Aldo Inuso, l’ex magistrato Giuseppe Tuccio, l’avvocato Rocco Zoccali, l’ex presidente della Reggina Calcio Pino Benedetto, ma anche l’ex assessore comunale Amedeo Canale, Andrea Scordo, Domenico Pietropaolo, Gaetano Tortorella, Saverio Genovese Zerbi, Michele Serra, don Pino Strangio, Domenico Arcò e Giovanni Pontari.

L’indagine, però, ruota attorno alla figura di Paolo Romeo, ritenuto dagli inquirenti la mente della ‘ndrangheta reggina: “Esponente dell’estrema destra sin dagli anni ’70, allorché militava in Avanguardia Nazionale, anello di congiunzione tra la mafia reggina e la politica, massone, ritenuto anche legato a settori dei servizi segreti”. Lontano dai riflettori dopo la condanna per mafia, uscito dal carcere Paolo Romeo ha mantenuto il basso profilo negli ultimi anni. Per gli inquirenti, però, era sempre lui che tirava le fila.

Scrivono infatti i magistrati: “Trascorrono gli anni, mutano gli scenari politici, i dirigenti della pubblica amministrazione, gli imprenditori, si rinnova anagraficamente la classe dirigente, ma è disarmante constatare come Paolo Romeo mantenga (imperterrito ed immarcescibile) il suo ruolo baricentrico nel governo “reale” delle dinamiche cittadine. Seppure la sagacia criminale dell’uomo lo abbia portato a progressive sofisticazioni, volte a rendere meno “ingombrante” ed “imbarazzante” la sua presenza in siffatte dinamiche, occultandola sotto la veste di rappresentante di “improbabili” associazioni ovvero dietro incarichi di consulenza che celavano vere e proprie cessioni di sovranità da parte di chi gli conferiva il mandato”.

Attraverso il Circolo Posidonia A.S.D., infatti, Paolo Romeo “interferisce nelle dinamiche cittadine e provinciali, esercitando l’arte della persuasione ricattatoria. Il Romeo è, agli occhi dei suoi interlocutori, uno dei maggiori rappresentanti del sistema di potere criminale che governa, di fatto, le dinamiche cittadine”. Gli interessi dei colletti bianchi arrestati hanno riguardato anche la grande distribuzione e in particolare il centro commerciale “La Perla dello Stretto”, a Villa San Giovanni, di cui Paolo Romeo era il “dirigente sostanziale del consorzio dei commercianti”.

Ma c’è di più: Paolo Romeo viene indicato dai magistrati come il vertice dell’associazione segreta strettamente collegata alla ‘ndrangheta. Un ruolo che Paolo Romeo ha gestito negli ultimi 20 anni in riva allo Stretto avendo rapporti con numerosi politici come i senatori Antonio Caridi e Giovanni Bilardi. Quest’ultimo, parlamentare del Nuovo Centrodestra e indagato nell’inchiesta “Rimborsopoli” alla Regione Calabria, – scrive la guardia di finanza – “ha presentato emendamenti relativi alle città metropolitane in linea con i pareri e i consigli del Romeo”.

Sempre attraverso Bilardi, inoltre, Romeo “avrebbe sollecitato alla Corte dei Conti la ratifica della nomina di Pietro Emilio a segretario generale del Comune di Reggio Calabria” oggi guidata dal Partito Democratico. Ma con l’avvocato arrestato aveva rapporti anche il senatore Domenico Scilipoti, eletto in Calabria con il Pdl. Scilipoti avrebbe presentato alcuni emendamenti sulle città metropolitane su richiesta di Romeo che personalmente avrebbe predisposto e redatto un’interrogazione parlamentare sulle problematiche del mercato agro-alimentare poi presentata dall’esponente di Forza Italia all’ex ministro Lupi.

“Con l’inchiesta ‘Fata Morgana’ – ha affermato il procuratoreFederico Cafiero de Raho (nella foto)– abbiamo colpito quella parte della ‘ndrangheta che l’ha resa forte anche dal punto di vista economico, che ha rapporti con la politica, con le amministrazioni locali, con dirigenti e funzionari pubblici. È una parte esponenziale della ‘ndrangheta della provincia di Reggio Calabria”.

Non è un caso, secondo il capo della Dda che tra i fermati ci siano i “titolari di supermercati, quindi distribuzione alimentare di alto livello che dal punto di vista economico hanno portato avanti il centro commerciale ‘La Perla dello Stretto’, anche li muovendosi con un metodo sostanzialmente ‘ndranghetista imponendosi al consorzio di imprenditori che avevano aderito a quel gruppo. È una parte molto rilevante dell’economia di Reggio Calabria. I fermi sono stati disposti per il pericolo di fuga di alcune posizioni che abbiamo trattato e che erano strettamente connesse alle altre per le quali siamo dovuti intervenire. Qualcuno stava già traslocando e portando via tutto dalla città evidentemente aveva notizia di questo”.»

(fonte)

A Messina la mafia fa (anche) politica: arrestato un consigliere comunale

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La polizia ha eseguito a Messina 35 ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip Maria Teresa Arena su richiesta dei pm Liliana Todaro e Maria Pellegrino della Dda diretta da Guido Lo Forte: ventisei persone in carcere, nove ai domiciliari, sequestrate 4 società con le quali settori commerciali leciti concorrevano al mantenimento di attività illecite. I reati contestati vanno dall’associazione di tipo mafioso (colpiti dai provvedimenti vertici ed affiliati di tre storiche organizzazioni operanti nei quartieri di “Camaro – San Paolo” e di S. Lucia Sopra Contesse), finalizzata alla commissione di una serie di delitti contro la persona ed il patrimonio, tra cui estorsioni e spaccio di sostanze stupefacenti oltre che all’acquisizione della gestione o del controllo di attività economiche, di appalti e di servizi. In carcere anche Paolo David, consigliere comunale di Forza Italia (ex Pd), già indagato in Gettonopoli e accusato di voto di scambio.

Le indagini della Polizia avrebbero dimostrato che aderenti alle cosche mafiose, in relazione con personaggi del mondo politico locale, ostacolavano il libero esercizio del diritto di voto per le consultazioni elettorali regionali, politiche e comunali che vanno dall’ottobre 2012 al giugno 2013. Le misure cautelari sono state eseguite dalla Squadra Mobile di Messina. Ulteriori dettagli saranno resi noti che si terrà stamani, alle ore 11.00, alla Questura di Messina, nel corso di una conferenza stampa, cui prenderanno parte il Procuratore Capo Dr. Guido Lo Forte, i Sostituti Procuratori della DDA ed il Questore Giuseppe Cucchiara.

Il consigliere comunale Paolo David arrestato stamani dalla polizia a Messina nell’operazione ‘Matassa’ per voto di scambio è un fedelissimo del deputato nazionale di Forza Italia Francantonio Genovese (ex Pd), anche lui arrestato mesi fa per truffa perché coinvolto in un’indagine sugli enti di formazione finanziati dalla Regione siciliana. David è un bancario ed è già indagato nell’inchiesta cosiddetta Gettonopoli che coinvolge alcuni consiglieri comunali accusati di aver percepito illecitamente gettoni di presenza per le attività delle commissioni consiliari. Prima consigliere Pd, è transitato in Forza Italia in coincidenza con il passaggio di Genovese al partito di Berlusconi; ma attualmente il consiglio fa parte del gruppo Grande Sud, formazione politica fondata dall’ex ministro Gianfranco Micciché, da qualche mese diventato coordinatone di FI in Sicilia. David è uno dei promotori del massiccio transito dal Pd a FI di una quindicina di consiglieri comunali. Gli investigatori hanno appreso che, insieme ad altre persone, durante le consultazioni elettorali regionali, politiche e comunali – tra l’ottobre 2012 e il giugno 2013 – d’accordo con esponenti di alcune famiglie mafiose avrebbe cercato di “orientare il voto”.

Chi sono gli arrestati 

Le persone arrestate stamani dalla polizia a Messina e finite in carcere sono Carmelo Ventura, 55 anni; Andrea De Francesco, 45 anni; Lorenzo Guarnera, di 55; Salvatore Mangano, 37 anni; Albino Misiti, 54; Giovanni Moschitta, 57; Adelfio Perticari, 46; Domenico Trentin, 37; Giovanni Ventura, 35; Santi Ferrante, 61; Salvatore Pulio, 45; Fortunato Cirillo, 50; Gaetano Nostro, 47; Raimondo Messina, 43; Giuseppe Cambria Scimone, 52; Giovanni Celona, 46; Francesco Foti, 52; Francesco Giacoppo, 50; Angelo Pernicone, 35; Luca Siracusano, 40; Pietro Santapaola, 52; il consigliere comunale Paolo David, 59 anni; Pietro Costa, 27; Fortunato Magazzù, 27; Francesco Tamburella, 33. Ai domiciliari sono finiti Vincenza Celona, 44 anni; l’ex consigliere comunale Giuseppe Capurro, 61; Giuseppe Picarella, 61; Baldassarre Giunti, 57; Stefano Genovese, 62; Carmelo Catalano, 24; Carmelo Bombaci, 34; Massimiliano Milo, 37; Rocco Miloro, 40. Sottoposte a sequestro preventivo le società “La Piazzetta”, “Consorzio sociale siciliano”, “Ser.Ge.93 servizi Generali”, “Cooperariva sociale Angel”.

(ANSA)

Meglio di niente.

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Sono abbastanza petulanti le discussioni in cui si litiga del meno peggio, del meglio che niente o del si poteva fare di più. Richiedono un grado di attenzione ormai in disuso, quello sopito dalle televendite a forma di fiction e dalla politica emotiva: l’entusiasmo tutto in superficie è l’ultimo prodotto di una stagione politica e culturale che vive solo di nervi, senza nemmeno il bisogno di un briciolo di cuore e di cervello.

Così succede che la stessa legge “schifosa” in Senato diventi una polluzione alla Camera di cui non si potrebbe dire alcunché.

(il mio buongiorno per Left continua qui)

Dove sono i difensori ciellini di Don Inzoli?

Don Inzoli al Convegno organizzato dalla Regione Lombardia per tutelare i valori «della famiglia tradizionale».
Don Inzoli al Convegno organizzato dalla Regione Lombardia per tutelare i valori «della famiglia tradizionale».

Qualcuno li avvisi che quello che era (secondo loro) un perseguitato ha risarcito 5 vittime per violenza sessuale e pedofilia:

«Venticinquemila euro alle famiglie dei cinque minori di cui avrebbe abusato. È il risarcimento consegnato da don Mauro Inzoli, 66 anni, esponente di spicco di Comunione e Liberazione sospeso a divinis da Papa Benedetto XVI nel 2012 con l’accusa di pedofilia.

Il religioso ha consegnato a titolo di risarcimento 25mila euro a testa alle famiglie dei cinque ragazzi parti offese nel procedimento che lo vede accusato di violenza sessuale. Un risarcimento che di fatto evita la costituzione di parte civile da parte delle famiglie nel processo, che verrà celebrato con rito abbreviato. La prossima udienza prevista per il 29 di giugno.»

(fonte)

Caro Cacciari, perché voti una riforma costituzionale sulla quale sputi?

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La domanda che pone Roberta De Monticelli a Massimo Cacciari è forse una domanda che ci siamo fatti in tanti:

«Vengo alla questione che vorrei porti questa sera, 9 maggio, dopo averti ascoltato, ospite di “Otto e mezzo”, sviscerare – anzi, eviscerare, a rapidi colpi di spada, con espressività e vigore assolutamente eloquenti – l’“assurdità” e la sgangherata incongruenza della riforma costituzionale che sarà sottoposta a referendum. Quel ridicolo senato fatto di consiglieri regionali e sindaci non solo non risolverebbe il problema del bicameralismo perfetto, che tu ed altri, dicevi, avevate rivoltato in tutti i suoi aspetti (con ben altra attenzione e competenza, si evinceva dal contesto) prima che gli autori della riforma attuale “fossero al mondo”, ma complicherebbe a dismisura – lo hai ben chiarito – il più profondo errore di sistema della democrazia italiana, al quale tornerò fra poco.

Ecco la domanda: perché allora voterai “sì” al referendum, come hai detto? E’ una domanda sincera e smarrita. E se la faccio, è perché credo che molti se la facciano con il mio stesso smarrimento. Molti di quei non molti che della nostra vita civile si preoccupano, che credono o tentano di credere, con la loro fatica quotidiana, che la Repubblica siamo noi, e che se accettiamo una riforma “assurda”, incongrua, incoerente e inefficiente dei suoi fondamenti, della democrazia sfigurata e monca che ne risulterà noi saremo non passivi, ma attivi complici, dunque colpevoli. E quanti di quelli che ti hanno ascoltato continueranno a credere, come Socrate insegnava ai suoi concittadini, che sia doveroso chiedere ragione di ogni decisione che ci riguarda? Che abbia senso applicare la volontà di evidenza, la logica, il buon senso, alle cose che pure sommamente ci riguardano, della politica?

Se anche il più noto filosofo italiano scorna la logica e l’evidenza in politica, e getta il peso di tutto il suo prestigio nel dire sì a una riforma costituzionale sopra la quale sputa? Quanti che ancora non avevano del tutto perduto la voglia di partecipare, cioè di discutere e deliberare nello spazio delle ragioni, dove le parole hanno un senso e le decisioni una coerenza, perderanno la loro residua fiducia nella democrazia? Perché la democrazia non è solo una forma di governo. E’ una civiltà fondata in ragione, il che vuol dire, sulla fragile forza dei nostri interrogativi, sulla fatica dei buoni argomenti. Una Repubblica democratica è fondata su lavoro – sul nostro lavoro di cittadini, così faticoso, così disprezzato. Anche e soprattutto da chi, “nel paese di Machiavelli”, come hai detto, trova come te che si parli troppo di “questione morale”. Cioè di interesse pubblico!»

(la lettera a Cacciari completa è qui)

Il (mezzo) passo avanti sulle unioni civili

Partiamo da ciò che funziona: è un passo verso i diritti per le coppie gay. Dopo anni di Pacs, Dico e tutto un maramaldeggiare tra sinonimi e contrari il governo Renzi decide di forzare per arrivare al risultato e non è un caso che il portavoce del Family Day Massimo Gandolfini dica che “Renzi va fermato” e che (per ripicca) “a ottobre bisogna dire no al referendum costituzionale” e anche il segretario della CEI Nunzio Galatino abbia definito questa legge “una sconfitta per tutti”. Renzi, piaccia o no, ha accettato di farsi dei nemici per mantenere, in parte, le promesse.

Ma forse proprio perché alla fine è stata necessaria una forzatura viene da chiedersi se il Governo non avrebbe potuto, a questo punto, cercare il risultato pieno: la legge pesantemente modificata dai centristi in Senato (lo stesso Alfano proprio oggi dice di avere “salvaguardato l’istituzione della famiglia”) è molto distante da quella che veniva difesa spada tratta da Renzi a febbraio di quest’anno. «Avanti con la stepchild adoption» diceva Renzi al Corriere della Sera l’8 febbraio 2016, «la linea del Pd è sempre la stessa e non contempla neanche l’ipotesi dello stralcio della stepchild adoption. Si lavora per una maggioranza parlamentare che approvi il testo. Le leggi entrano in Parlamento in un modo ed escono con delle modifiche. Ma la linea del Pd resta sempre la stessa.» assicurava, sempre a febbraio, il capogruppo del PD Ettore Rosato e il 18 febbraio il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Luciano Pizzatti disse senza mezzi termini, riferendosi alla stepchild, che “la parola stralcio è una bestemmia”. Proprio così.

(il mio pezzo per Fanpage continua qui)

Ma Sala è candidabile come sindaco?

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Ne scrive Panorama, ovviamente tutto da verificare:

«L’ultima “amnesia” di Giuseppe Sala potrebbe costargli la possibilità di correre per Palazzo Marino e la poltrona di consigliere d’amministrazione della Cassa depositi e prestiti, la Cdp, che occupa dallo scorso ottobre: nel numero in edicola da domani, giovedì 12 maggio, Panorama rivela che non risulta siano mai state protocollate le dimissioni di Sala da commissario di Expo2015, carica che lo renderebbe ineleggibile a Milano oltre che incompatibile come consigliere di una società pubblica come la Cdp.
Secondo quanto riporta Panorama, Sala il 28 ottobre 2015 ha firmato l’”autodichiarazione di compatibilità”, necessaria alla nomina in Cdp, affermando di non ricoprire incarichi politici nazionali. Ma questo non è vero: in quel momento Sala era commissario straordinario di governo all’Expo, in piena attività, e questo lo rendeva incompatibile con il nuovo ruolo. In seguito, il candidato Pd risulta essersi poi dimesso solo da amministratore delegato della società Expo, atto annunciato il 18 dicembre 2015 e ratificato due mesi dopo, a campagna elettorale già in corso.
Secondo lo staff di Sala, interpellato da Panorama, le dimissioni “inviate al cda di Expo lo hanno fatto automaticamente decadere anche da commissario”. Ma secondo quanto risulta a Panorama in base alla giurisprudenza le due cariche non cessano assieme. Al contrario, la volontà di terminare l’incarico commissariale andrebbe comunicata al governo e dovrebbe comunque seguire un “atto di pari efficacia costituzionale” rispetto a quello d’incarico: poiché Sala è stato nominato da un decreto del presidente del Consiglio, un altro decreto avrebbe dovuto notificare l’accettazione delle dimissioni, nominando contestualmente un nuovo commissario oppure sopprimere la carica.»