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Politica

I temi e le news della politica in Lombardia e in Italia. L’attività politica di Giulio Cavalli in consiglio regionale della Lombardia.

Un appello per il centrosinistra pavese

Lo sottoscrivono Claudio, Francesco e Manila di Non Mi Fermo. E vale molto di più che per Pavia:

I cittadini pavesi, così come i loro (i nostri) figli, meritano un’altra città: onesta, trasparente, solidale. E per farlo hanno il diritto (e il dovere) di alzare la testa, provare a contarsi e confrontarsi in modo diverso, non schematico, possibilmente unendosi anziché dividersi. Le risorse ci sono. L’associazionismo laico, l’attivismo civico senza bandiera, i movimenti d’opposizione; insomma, tutti coloro che umilmente e ostinatamente ogni giorno resistono e combattono, fra le altre cose, per città dal respiro europeo, fondata sul lavoro e la conoscenza, non sul cemento.

Tuttavia, proprio perché abbiamo a cuore il futuro di Pavia – la città di Volta e Foscolo, non quella di Abelli e Filippi – riteniamo che sia sbagliato prescindere e dunque escludere a priori chi, per gli stessi valori, si sta battendo anche all’interno del Partito Democratico.

Ci riferiamo a chi, per esempio, ha faticosamente cercato di (ri)unire il disarticolato mondo del centrosinistra creando un tavolo di confronto comunque significativo verso la costruzione di un’alternativa sia all’attuale governo cittadino sia alle disastrose precedenti esperienze targate proprio PD.

Così come abbiamo chiesto in tutte le sedi di dare spazio, voce e dignità ai movimenti della cosiddetta sinistra radicale e alle liste civiche che rappresentano una risorsa importante nella guerra contro la criminalità e il degrado intellettuale, chiediamo a questi di non cadere nell’errore dell’autosufficienza e di proseguire un dialogo con tutti. Non chiediamo subalternità né compromessi (ne abbiamo visti troppi): più semplicemente, nell’interesse di una battaglia – rigorosamente “a carte scoperte” – che vogliamo vincere.

Lo trovate qui.

Dove eravamo? Adesso siamo qui

Giro l’Italia per incontri, presentazioni di libri, spettacoli e conferenza. Sono molto fortunato. Sono molto fortunato perché mi ha insegnato ad ascoltare. E non è facile come sembra: richiede curiosità e fatica. Poi ogni tanto trovo l’eco di una presentazione su qualche frammento sul web. E penso sempre di più che ne valga la pena, sul serio. E che sono tantissime le occasioni in cui avrei bisogno di qualche minuto in più per fermarmi e ascoltare, discutere, parlare. Valeria Grimaldi scrive della presentazione del libro Dove eravamo (Caracò editore) e infonde bellezza e forza:

Una parola usata da Giulio Cavalli mi ha colpito molto: la parola lutto. “Il lutto è già passato” riferendosi alle stragi. Ho sentito un bruciore al cuore, la rabbia che saliva: forse perchè ho vent’anni, forse per un rimorso non dipeso da me ma solo dal tempo, perchè non ho un ricordo personale di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino. Perchè non sono potuta essere lì a sostenerli quando ancora erano in vita. Il mio lutto non è passato, credo non passerà mai: ogni giorno saranno il 23 maggio e il 19 luglio. Ogni giorno mi farò la stessa domanda: dove sono? A combattere. Per loro, per me, per tutti.

Il post completo è qui.

Il funerale ‘food’ del Teatro Smeraldo a Milano /2

Gianmario Longoni, storico direttore artistico del Teatro Smeraldo, risponde all’assessore D’Alfonso (qui trovate la discussione procedente completa). La saga continua. E (per fortuna) anche alcune importanti puntualizzazioni:

Caro D’Alfonso, ti conosco poco (visto che siamo passati al tu in privato continuo in pubblico), ma sicuramente più di quanto tu conosca me, quindi non permetterti di accampare maliziosi sottintesi economici circa la mi a personale tragedia e la perdita del teatro da parte della città, io visto che prima delle elezioni avevo promesso che in caso di vittoria di Pisapia avrei provato a resistere, sicuro dell’aiuto dei miei “compagni”, ho resistito e ho fatto la fine del giapponese sull’isola, non ci sto a farte la figura del fesso o, per me peggio, dello speculatore.

Le banche mi hanno costretto a vendere puntandomi il fucile alla testa e io, visto che pago i miei debiti, ho preso l’unica offerta buona eticamente e possibile; più bassa del 40% rispetto a quelle dello scorso anno per non parlare del passato meno prossimo.

come assessore al commercio e visto il tuo passato professionale direi che di affari te ne intendi più di me e sai bene anche i termini della vicenda, sicuramente la qualità commerciale della vicenda Eataly oggi è innegabile ma non può essere paragonata ad un teatro, soprattutto all’(ex) primo teatro italiano.

oggi lo smeraldo diventa un supermarket di qualità e lusso, gradito a tutti gli amici e i nemici…

domani chissà, di certo è solo che qui un teatro non lo farà più nessuno, soprattutto un teatro non finanziato e partecipato dal pubblico dove nessun politico può piazzare amici in consiglio d’amministrazione o a fare i direttori generali a carico dei cittadini.

Un bene per la politica direi! io non vi ho votati per questo, e credo neppure gli altri milanesi , se volevamo un’ imitazione della Moratti o di Pillitteri guardavamo tra i galeotti e non tra gli avvocati.

il casino in piazza l’hanno combinato i pupazzi del PDL ma nessuno di voi ha posto rimedio e l’imbarazzata (neppure troppo) assenza dell’ultimo anno da parte di una giunta che voglio ancora considerare “mia” è colpevole, inventarsi poi un valore “commerciale” nella morte del mio teatro è davvero qualcosa di qualunquista e grottesco.

Se c’è la volontà politica, come sai, lo Smeraldo può rinascere in zona senza costi pubblici (così i soldi dei milanesi li possiamo dare tutti agli Arcimboldi) e a vantaggio della zona Garibaldi che non è mai stato un “food district” ma è sempre stata la “Smeraldo District”.

con Ossequio

Gianmario Longoni

Minetti, trota e tutto quell’inquinamento intellettuale lì. Per l’ultima volta.

Sì, me lo chiedete. Ho letto del ritorno di Berlusconi. E in fondo lo ripetevo come una litania (ma eravamo in tanti) ultimamente. E in fondo è la mossa che tutti sapevano, che qualcuno fingeva di contrastare e che mi ha sempre lasciato perplesso in alcune scelte degli amici del PD. Però oggi mi interessa altro: questi partiti che si ripuliscono così in fretta. Che a guardarli da fuori ti sembra un gesto da impuniti dell’etica e la morale.
La Lega caccia Renzo Bossi e in Lombardia si erge a moralista. Ci siamo puliti! Festeggiano, pure. E pensi che non possa bastare così poco. Che non sia possibile. Che non ci sarà nessuno che se la beve così facilmente, che la sottrazione di fondi pubblici (pubblici perché di tutti, mica della Lega, eh) non si possa lavare chiedendo al Trota di dimettersi e a suo padre Umberto Bossi di fare l’ammaestrato per qualche mese (perché tornerà anche lui, contateci).
Poi arriva Silvio e decide di fare fuori la Minetti. E pensi che in fondo l’analogia ci sta. Ma siccome Silvio è un fantasista di quelli che fa notizia anche se non tocca mai la palla (come quei talenti inespressi del calcio che chissà perché si sono comunque meritati l’etichetta di “talenti”) decide di chiedere alla sua amichetta del cuore di fare un passo indietro e che basti così.
Mentre l’Europa crolla, il lavoro scompare e i diritti si sgretolano.
Lui, Silvio, si toglie l’ammaliante sassolino dalla scarpa e basta così. Non finge nemmeno un periodo da mansueto in quinta alla Bossi, per intenderci.
E pensi che non possa essere possibile che qualcuno ci creda ancora. Poi guardi gli anni indietro. Però, ti dici, in fondo lì ce l’aveva fatta perché gli altri (cioè noi, di qua, nel centrosinistra) siamo stati sempre timidi e confusi. Timidi, poco credibili, indecisi e confusi.
Timidi, poco credibili, indecisi e confusi.
Timidi, poco credibili, indecisi e confusi.
E ti assale la paura.

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L’ovvietà sotto l’ombrellone

Giornalisti che si lagnano perché sui social i loro articoli vengono commentati in calce da gente che mette commenti da bar, dimenticandosi che da sempre nei bar i giornali vengono letti ogni mattina e commentati.

Sociologi che si stupiscono perché, quando un movimento politico si ingrandisce, toh, arriva un sacco di gente che nei primi anni non c’era, e prima, pure, votava altro.

Politici che dicono che è meglio se i voti che comunque non prendono loro vanno al Pdl che ad altri, invece di chiedersi preoccupati perché quei voti da anni il partito loro se li sogna e non riesce ad intercettarli.

Colonnine di quotidiani nazionali che ogni santo giorno trovano un pretesto diverso per pubblicare le foto di consigliere regionali ed ex ministre in bikini, salvo poi alzare alti lai contro lo sfruttamento dell’immagine delle donne.

La banalità del banale secondo Galatea.

ps: il titolo è ovviamente banale.

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L’ex direttore del DAP: “lo Stato ha ceduto alla mafia”

Nel febbraio del 1993 Scalfaro ha ricevuto dalla mafia una lettera dove si chiedeva il mio allontanamento. Fatto sta che dopo qualche mese fui cacciato”.Nicolò Amato, direttore del Dap dal 1982 al 1993, parla della stagione più nera per le istituzioni italiane in una lunga intervista adAffaritaliani.it: “Il Presidente della Repubblica decise la mia destituzione nonostante la cosa non fosse di sua competenza. Perché fui mandato via? Sapevano che avrei proseguito sulla strada del carcere duro”.

Si può parlare di trattativa? “E’ un fatto che le richieste della mafia siano state accolte“. E sulla versione dell’ex ministro della Giustizia Conso: “E’ impossibile che abbia deciso da solo la revoca del 41 bis. E al Dap più che Capriotti, comandava il suo vice, Di Maggio“. Chi cede non è perseguibile, ma secondo Amato “non si sarebbe mai dovuto cedere alle pressioni di Cosa Nostra”. E sulla Commissione Antimafia che ha deciso di non riconvocarlo: “Ora so molte cose in più di quando sono ascoltato. Se c’è voglia di arrivare alla verità? Bisognerebbe chiederlo a chi la cerca”.

Un’intervista importante di oggi su Affari Italiani.

L’ineleggibile. Del PD.

Se avete tempo e voglia andate a rileggervi questo post (che mi hanno contestato in molti, “alleati”, del resto).

Poi leggete la notizia qui e il comunicato stampa del consigliere regionale del PD Angelo Costanzo che dice:

“Sono sereno – dichiara – perché i 5mila 642 voti che ho ottenuto sono arrivati per consenso politico e radicamento sul territorio e nulla hanno a che fare con la mia presenza nel Consiglio di amministrazione dell’Aler. Il problema sorto sulle mie dimissioni dall’Aler non fa venire meno il consenso avuto. Un risultato, arrivato nelle elezioni regionali nel marzo del 2010 dopo anni d’impegno sociale e politico. Questa è la verità e lo sanno anche gli esponenti del Partito Radicale che dopo un anno dalla mia elezione hanno proposto un ricorso sulla base di una normativa che prevede l’ineleggibilità di candidati che ricoprono cariche nei Consigli di amministrazione di enti regionali perché potrebbero trarne vantaggio rispetto ad altri candidati. Da lì non ho tratto nessun vantaggio. Spiace che i Radicali, con la loro azione, facciano venire meno la rappresentanza del territorio di un esponente dell’opposizione che in questi due anni e mezzo ha fatto del proprio meglio per svolgere il proprio lavoro con serietà e impegno, come a volte è stato riconosciuto anche dagli esponenti della maggioranza”.

Ora, Angelo Costanzo è un collega serio, impegnato e competente. Uno di quelli che nel Consiglio Regionale della Lombardia fa bene il suo lavoro e (secondo me) rende onore ai bisogni dei cittadini lombardi.

Ma qualcuno mi spieghi perché poi abbiamo un atteggiamento bifronte sulle firme false di Formigoni a cui il celeste sempre risponde mettendoci di fronte i voti che sono arrivati per consenso politico e radicamento sul territorio. Dice così anche lui.

Perché dobbiamo metterci d’accordo sul rispetto delle regole. O sì o no. E secondo me sono ineleggibili coloro che non rispettano le regole. Punto. Anche se tra Formigoni e Costanzo mi auguro di avere solo il secondo, presto, nella prossima Regione Lombardia.

Il funerale ‘food’ del Teatro Smeraldo a Milano

Dunque a Milano riapre piazza XXV aprile e festeggiano tutti. Al posto del Teatro Smeraldo nascerà un supermercato. L’assessore D’Alfonso dice che grazie al supermercato che prenderà il posto del teatro, “diventerà un luogo aggregativo del mondo del food“. E festeggia. Ecco io, che un po’ me ne frego delle ‘cortesie di partito’ su frasi del genere mi chiedo proprio cosa ci sia da festeggiare. Sul serio.

(i hate milano, l’appuntito blog di vicende milanesi mi chiede di citare la fonte della notizia, arrivatami via mail copiaincollata da un “gola profonda”, l’aggiungiamo subito ora che ne scopriamo i padri originari: è qui)

*aggiornamento: D’Alfonso risponde nei commenti spiegando l’iter e ridimensionando il termine ‘festeggiamento’.

*aggiornamento/2: mi scrivono i lavoratori ”Il Teatro Smeraldo chiude e circa 25 persone sono rimaste senza lavoro. Ci aspettavamo che il Comune ci desse un’altra area ma finora non si e’ saputo nulla. Per questo abbiamo deciso di listare gli schermi a lutto”.

*aggiornamento/3: riporto la dichiarazione di Pisapia: “Siamo impegnati a trovare una soluzione ma non dipende solo da noi”.Pisapia ha rivolto un saluto ai manifestanti durante la cerimonia e poi personalmente davanti al teatro. “Ho voluto salutarli pubblicamente e personalmente” ha poi spiegato Pisapia: “E’ una sconfitta della città che però non dipende da noi, dipende da un passato che non e’ riuscito a restituire la piazza ai milanesi Noi siamo impegnati a trovare una soluzione, chiaramente non dipende solo da noi”.