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Gianni Biondillo scrive a Pisapia

Una cortese lettera sull’orribile progetto urbano di fronte al Monumentale a Milano e sul curriculum del progettista. E sarebbe il caso che Giuliano legga con attenzione. Fare politica urbana significa ragionare a lunga gittata, essere consapevoli di ciò che si eredita e di ciò che si vuole lasciare in eredità. Vogliamo farci ricordare dai nostri figli come i costruttori di questa città senza nerbo, signor Sindaco? Lo chiedo a lei e non solo. Lo chiedo al mio assessore alla cultura, sempre così esuberante in questi pochi mesi di giunta: non reputa, architetto Boeri, che questa sia una battaglia da combattere per davvero nel nome della cultura cittadina, piuttosto che perdersi nel decidere dove esporre il Quarto Stato? Lo chiedo ai docenti del Politecnico: è questa l’idea di architettura che vogliamo insegnare ai nostri studenti? Non dovreste, a questo punto, annullare i vostri corsi, dichiarare il default cognitivo? Lo chiedo ai designer, ai creativi, ai soci dell’ADI: nel nome di una nuova sede espositiva siete pronti ad accettare un tale scempio urbano? Cosa farete quando andrete a godere dei vostri autoreferenziali oggetti da museo? Chiuderete gli occhi, colpevoli, quando passerete in quel vuoto urbano che fronteggia l’albergo? Lo chiedo alle imprese che vogliono costruire nel nostro territorio: non avete ancora capito che è solo con la qualità progettuale che diverrete davvero competitivi? Siete consapevoli che le logiche che hanno retto le vostre fortune sono ormai alle spalle? Che siete destinati a soccombere se non renderete etico il vostro agire? Lo chiedo al FAI, a Italia Nostra, alle associazioni locali, alla cittadinanza. Pasolini si domandava: non sarebbe davvero rivoluzionario un popolo che si ribella nel nome della bellezza? Lo chiedo alla politica, tutta, di destra e di sinistra: cosa muove, per davvero, le vostre scelte? Siete consapevoli del bene e del male che avete fatto e continuate a fare al corpo sfinito di una metropoli che da troppo tempo sogna di rialzarsi ma che subisce di continuo la zavorra del vostro scarso coraggio? Cui prodest? 

La bellezza e Peppino

Peppino Impastato: Sai cosa penso? Che quest’aeroporto in fondo non è brutto, anzi…

Salvo Vitale: Ma che cosa esce?

Peppino Impastato: No ma… Visto così dall’alto, uno sale qua sopra e potrebbe anche pensare che la natura vince sempre,che è ancora più forte dell’uomo e invece non è così! In fondo tutte le cose, anche le peggiori, una volta fatte poi si trovano una logica, una giustificazione per il solo fatto di esistere: fanno ‘ste case schifose con le finestre in alluminio e i muri di mattoni finti… Mi stai seguendo?…

Salvo Vitale: Eeh, ti sto seguendo!

Peppino Impastato: …I balconcini, ‘a gente ci va a abitare e ci mette… le tendine, i gerani, la televisione e dopo un po’ tutto fa parte del paesaggio, c’è, esiste, nessuno si ricorda più di com’era prima, non ci vuole niente a distruggere la bellezza.

Salvo Vitale: Ah bè ho capito, ma allora?

Peppino Impastato: E allora… E allora invece della lotta politica, la coscienza di classe, tutte le manifestazioni e ‘ste fissarie, bisognerebbe ricordare alla gente cos’è la bellezza, aiutarla a riconoscela, a difenderla.

Salvo Vitale: La bellezza?

Peppino Impastato: La bellezza, è importante la bellezza, da quella scende giù tutto il resto.

Come EL PAIS vede la Lega: i barbari del nord

Forse perché non ci stanno in mezzo o forse semplicemente perché servirebbe avere il coraggio (e la forza) di non mediare per innata passione. Ecco cosa scrive EL PAIS:

L’Italia non può contare su di loro. Salvo, logicamente, per battere cassa. Durante gli ultimi dieci anni i governi di Silvio Berlusconi si sono appoggiati alla Lega Nord per governare.
Come se si trattasse di un mostro a due teste, ogni volta che le telecamere inquadravano il Cavaliere alla Camera, assieme a lui emergeva il volto di un tipo inaffidabile e dai modi da osteria di nome Umberto Bossi. Durante l’agonia di Berlusconi la Lega Nord, il cui tratto principale è l’odio verso il diverso, aveva tre ministri al governo.

Uno era proprio Bossi, che nonostante questo non si tratteneva dal minacciare di far cadere Berlusconi se non si fosse sottomesso ai suoi interessi o alle sue tariffe, soprattutto negli ultimi tempi.
Il fatto è che il governo dell’aficionado dei bunga bunga non è caduto per colpa della Lega Nord, ma grazie alla pressione dei mercati, della Merkel, di Sarkozy e del presidente Giorgio Napolitano, che ha messo al suo posto il tecnico Mario Monti.

Ed è ora, con Monti al comando e l’Italia sull’orlo del precipizio, che la Lega Nord è tornata alle proprie radici più barbare e antiche. Senza il filtro della compartecipazione al potere – un partito xenofobo al Ministero degli Interni è come dire la volpe che controlla le galline – i suoi interventi al Senato o alla Camera dei Deputati non hanno nulla da invidiare a quelli della tifoseria più aggressiva dell’Inter.
Mercoledì [14 dicembre 2011, NdT] al Senato hanno urlato, hanno mostrato cartelli reclamando di farla finita con le imposte e hanno insultato – “pagliaccio! pagliaccio!” – il presidente del Senato. Senza Berlusconi preso per il collo né molto più da dire su quella Roma che chiamano ladrona, Bossi e i suoi hanno riesumato il discorso di una Padania indipendente, con una propria moneta, staccata dagli altri italiani con la pella più scura.

Bossi, che aveva chiesto i cannoni contro gli immigrati in arrivo dall’Africa sui gommoni, non si trattiene adesso dal ripetere ai suoi il discorso dell’Italia ricca e imprenditrice – cioè loro – e dell’Italia parassita e scansafatiche, con la quale non hanno nulla in comune.
Per il momento la miccia che si apprestano ad accendere è esplosa a Torino contro gli zingari e a Firenze contro i neri. Da qualche parte bisogna pur cominciare.

[Articolo originale “Los bárbaros del Norte”]

Osare per una Lombardia migliore

Lo dice a chiare lettere Giuliano Pisapia nella sua intervista a Repubblica: «Mi sembra evidente che il modello Milano, quello che si è realizzato con la mia elezione, non può rimanere confinato alla città. L’ipotesi di elezioni in Regione, che sembrava molto vicina fino a qualche settimana fa, forse ora si allontana, ma il centrosinistra, sia a livello nazionale che locale, deve già mettersi in moto per essere pronto al momento giusto». E questo 2012 è l’anno in cui bisogna assumersi il coraggio di osare. Forse quello di avere coraggio è l’augurio migliore che ci possiamo fare tutti per provare ad essere credibili (in questo momento ancora di più) e soprattutto diversi.

Avere il coraggio di non uniformarsi ai compromessi quotidiani e regolari che spesso il palazzo (quello nuovo, quello vecchio e il mausoleo formigoniano) cercano di insegnarti come necessari. Anzi, il compromesso come segno di “intelligenza politica” obbligatoria per godere di stima universale (tra le stanze della politica, ovviamente) e ottenere credito politico tra colleghi per una mezza vicepresidenza di commissione. Avere il coraggio di accettare l’isolamento per i temi su cui non ci si permette sconti: una soddisfazione di etica che “fuori”, tra la gente, viene capita molto più di quello che presumono i politichesi politicanti della moderazione forsennata sempre in campo per salvarsi. Avere il coraggio di dire forte e chiaro che una Lombardia migliore già c’è e non sta per forza tra i banchi dell’opposizione: é in mezzo alle strade, nelle fabbriche, nelle piccole e medie imprese, nell’operosissimo mondo del terzo settore, nella resistenza continua della propria missione pubblica nelle scuole che cadono a pezzi, negli studenti che hanno in testa le architravi per il proprio futuro e nessun tavolo in cui poterselo giocare, nelle centinaia di comitati  e associazioni che difendono il proprio territorio come proprietà dei propri figli, nella meritocrazia che perde sempre contro la lingua a terra o l’amicizia giusta, dove si cura per stare meglio insieme e non per coltivare malattie fatturabili, negli ideali che ci sono anche se continuano a finire nei cassetti dei piccoli ras di partito, nei toni di bianco o nero senza compromessi sui punti fondamentali.

La partita regionale (perché Formigoni sta seduto su una sedia che non vede l’ora di lasciare nonostante il terrore negli occhi dei consiglieri di destra e di sinistra) è la nostra partita. Di quelli che non ci hanno mai creduto che Pisapia, Zedda, De Magistris siano un’onda ancorata ai partiti (come vorrebbero farci credere) e tantomeno ai diversamente democratici che sono stati bravi a rivendersela: è un’onda di politica pratica fatta di problemi reali, risposte chiare, sì o no e promesse da mantenere. Perché sarebbe stata l’occasione giusta per avere il coraggio (che ci auguro a tutti per il 2012) di raccontare le “mediazioni” che invece sono finite sotto il silenzio di polverosi uffici stampa e ogni tanto puzzano di compromessi. Perché la Lombardia migliore non sta nello strapotere di Comunione e Liberazione ma nemmeno nei “sistemi” presunti dell’altra parte politica. Il coraggio di affermare con forza (e con strappi, se servono) che la politica è possibile senza essere la cameriera della cementificazione o della gestione sociosanitaria o delle prebende agli amici. Il coraggio di riconoscere ai partiti il dovere di essere sintesi dei bisogni smettendola  però di volerli aizzare o ammaestrare per convergere sulle proprie esigenze interne.

Il coraggio di volere a cuore pieno una Lombardia con grandi infrastrutture sociali di lavoro e solidarietà, accogliente con i propri cittadini e severa nel rispetto delle regole, mai disposta ad una recessione morale per salvare le speculazioni e lontana dai figli spuri di sistemi falliti e rinviati a giudizio.

La partita lombarda è una partita arancione da cui non possiamo sottrarci. I partiti facciano i civilissimi guardiani del vento senza penose bulimie.

Per questo la Lombardia migliore non può permettersi di non accendersi attraverso le primarie.

(foto “La giostra nera” di Sergio Codogno)

II desiderio struggente di vivere sereni

Nel giugno del 1976 Enrico Berlinguer parlava dei giovani, delle speranze, delle angosce e della felicità. Nei primi giorni dell’anno (e soprattutto nell’anno di questo nostro tempo) è l’inno della politica che vogliamo. Che non arrossisce parlando di speranze e serenità come diritto. Della nostra voglia e impegno di volare. Alto. L’augurio e l’impegno per il 2012 è di trovare il coraggio di osare.

Oggi lo sfruttamento, l’alienazione, l’oppressione, pur mantenndo il loro centro nella condizione del proletariato, pur esercitando contro di esso, in prevalenza, il loro peso, si sono dilatati fino a colpire la condizione umana di altri strati e ceti della società capitalistica, sia pure in modi e in forme diverse.

Ormai infatti una crisi, una decadenza, si manifestano in ogni settore della vita sociale. È ciò che avviene nell’economia dove si assiste o a una caduta produttiva, o all’infla­zione, o a tutti e due i fenomeni insieme (e quando si cerca di superare uno di questi due aspetti della crisi, si cade nell’altro, come ha sperimentato e sta sperimentando da anni l’Italia); è ciò che si manifesta nell’anarchia imperante nella vita delle città, è da ciò che si tocca con mano nella desolazione della vita in campagna; è infine ciò che emerge nel dissesto delle istituzioni culturali e dello Stato, nella disgregazione della vita sociale caratterizzata dalla penuria di attrezzature civili e dalla deficienza dei servizi pubblici e sociali, nella perdita del senso della moralità nella vita pubblica, nel dila­gare della corruzione, che è dato oggi emergente in Italia, ma che non è una caratteristica solo italiana.

Da tutti questi fenomeni nascono non solo crescenti di­sagi materiali per tutti, ma qualcosa di più profondo: cioè malessere, ansie, angosce, frustrazioni, spinte alla dispera­zione, alla chiusura individuale, all’evasione; nasce insomma quella che si può ben definire l’infelicità dell’uomo di oggi.

Per contro, però, da tutto questo nasce anche il desiderio struggente (e insieme, sempre di più, la volontà determinata e consapevole) di cambiare, cioè di vivere in modo diverso, di vivere – possiamo dire con una parola – sereni.

Vivere, intendiamo dire, faticando, lavorando, studian­do, battagliando: ma sereni. Questo vuol dire, cioè vivere con la consapevolezza che la vita ha riacquistato un senso, che c’è qualcosa in cui vale la pena di credere, che ci sono degli scopi degni di essere raggiunti e che si è ristabilita una solidarietà fra gli uomini che consente loro di lavorare insie­me, per dei fini di cui tutti riconoscono la validità.

I giovani dunque, possono essere certi che su questa strada noi andremo avanti, affrontando vie inesplorate con sempre maggiore determinazione, slancio, audacia; da comu­nisti che cercano il nuovo con severità e rigore.

Non da uto­pisti che inseguono chimere o da schematici che si abbarbi­cano ai testi; non da estremisti che si lanciano in velleitarie fughe in avanti, ma neppure da opportunisti che si acconcia­no al presente, naviganti di piccolo cabotaggio che seguono il tracciato delle coste: mentre noi vogliamo affrontare le sconfinate distese del mare aperto per approdare a una nuo­va società a misura dell’uomo.

Enrico Berlinguer

Sabato 7 gennaio, a Roma, alle 17 via P.R. Pirotta 95, Roma, (Succursale Scuola Media Giovanni Verga). zona Prenestina – altezza Palmiro Togliatti (adiacente VII Municipio) ci vediamo per l’evento SOGNANDO BERLINGUER (info qui)


Vuoi vedere che il wi-fi libero a Milano arriva davvero?

Milano potenzia l’offerta di accesso gratuito a Internet. E’ stata approvata dalla giunta di palazzo Marino la delibera che prevede,nel corso del 2012, l’installazione dei dispositivi (access point) in 1.200 luoghi individuati dal Comune, dove la connessione wi-fi sara’ garantita sia all’esterno, sia all’interno.

Si tratta di edifici pubblici o aperti al pubblico, come l’anagrafe, le biblioteche, le scuole, i musei e altri ancora. Dove, entro meta’ febbraio, gli hotspots del Comune saranno sviluppati in modalita’ free Internet, cioe’ saranno accessibili gratuitamente per l’intera giornata e non solo per un’ora e mezza. “Lo stanziamento approvato – spiega una nota del Comune -sara’ di 6 milioni di euro, che potrebbe scendere grazie a bandi internazionali e partnership con i privati”.

Lassini finalmente rinviato a giudizio?

Lo scenario era quello di un premier in carica che andava ai processi in cui è imputato con il codazzo dei fan plaudenti e lui stesso che insultava i pm pur di fare campagna elettorale.
La conseguenza fu che il candidato del Pdl Roberto Lassini, autore dei manifesti, anche se dopo molte esitazioni ed incertezze, fu sconfessato e messo da parte nella corsa per il consiglio comunale milanese. A quel punto toccò alla procura muoversi. Non era passato un mese che a Roma, al ministero della Giustizia, arrivò il plico con cui Ferdinando Pomarici, Armando Spataro e Grazia Pradella chiedevano al Guardasigilli l’autorizzazione a procedere per vilipendio dell’ordine giudiziario, articolo 290 del docile penale, che prevede appunto un via libera specifico del ministro. Indagati Lassini medesimo e Giacomo Di Capua, ex responsabile della segreteria del sottosegretario e coordinatore del Pdl lombardo Mario Mantovani.
Com’era prevedibile, l’ok non arriva. Se ne va Angelino Alfano e arriva Nitto Palma, un magistrato, ex pm a Roma e alla procura nazionale antimafia, ma non succede nulla. A novembre i pm sollecitano l’autorizzazione. Ma sempre nulla si muove. Adesso finalmente, giusto a chiudere l’anno, ecco il sì pieno del ministro della Giustizia Paola Severino. I magistrati potranno andare avanti e chiedere il rinvio a giudizio per chi ebbe una così sordida idea. Lo racconta Liana Milella.