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#occupygezipark l’architettura della protesta

Per un feticista della memoria come me non può che essere una bella scoperta il tumblr di Herkes İçin Mimarlık che decide di lasciare traccia e ripercorrere l’architettura della protesta. Scrivono nella presentazione del progetto:

“Le proteste a Istanbul indicano una cosa semplice per noi: abbiamo bisogno di nuovi paradigmi per definire l’architettura in queste situazioni in cui viene portata via dagli architetti e creata dalle persone”.

“Ciò che ci interessa  è anche il modo in cui queste strutture vengono accettate e diventano parte della comunità”

“Durante #occupygezipark l’architettura è diventata uno strumento di critica, una resistenza passiva. La creazione di una memoria collettiva è molto importante ora che il governo turco sta cercando di cancellare quello che è successo. Noi manteniamo il ricordo degli avvenimenti di piazza Taksim”.

Tutti i disegni sono qui.

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La ciclicità dello Ior

Lo scandalo di oggi è la puntata ennesima di un percorso che spaventosamente si assomiglia da sempre.

Basta leggere:

Scandali recenti

  • Scandalo Enimont

Nel 1993, negli anni di Tangentopoli, il giudice Borrelli del pool di Mani pulite appurò il transito nelle casse dello IOR di 108 miliardi di lire in certificati del Tesoro destinati a quello che fu conosciuto comescandalo Enimont. In quell’occasione, in via del tutto eccezionale, lo IOR decise di rispondere ad una rogatoria richiesta dal pmAntonio Di Pietro che lavorava allora nel pool di Mani pulite ed indagava sul caso. Tuttavia i magistrati hanno poi denunciato che la banca vaticana aveva falsificato i documenti, nascondendo i conti di Giulio Andreotti e non trasmettendo la documentazione su molte altre posizioni. Successivamente, per far tornare i conti, ulteriore documentazione inviata venne ritenuta falsa. Da allora, questo risulta esser stato l’unico caso in cui lo IOR abbia risposto a rogatorie internazionali. Secondo il giornalista Peter Gomez, lo IOR risulta essere l’unica banca del mondo ad aver trasmesso informazioni false alla magistratura italiana[38]. Alti prelati e dirigenti dello IOR, tra cui il presidente Angelo Caloia[9], rimasero immuni da processo o arresto a motivo dell’articolo 11 dei Patti Lateranensi che recita: «Gli enti centrali della Chiesa Cattolica sono esenti da ogni ingerenza da parte dello Stato italiano»[39] .

  • Operazione Sofia

Il giornalista Gianluigi Nuzzi nel suo libro sostiene che lo IOR fosse impegnato nella fondazione di un partito di centro destinato a sostituire la Democrazia Cristiana, crollata in seguito a Tangentopoli[19]. A tal proposito, Giancarlo Capaldo, procuratore aggiunto di Roma, coordinatore dell’inchiesta sul golpe bianco-porpora afferma:

« L’operazione Sofia, vale a dire il tentativo di creare il Grande Centro che avrebbe preso il potere[40]»
  • Caso Fiorani – BPI

Il 10 luglio 2007, uno dei “furbetti del quartierino” Giampiero Fiorani rivelò ai magistrati milanesi la presenza, nella BSI svizzera, di tre conti della Santa Sede da «due o tre miliardi di euro» e di aver versato in nero nelle casse dell’APSA (la Banca centrale vaticana) oltre 15 milioni di euro[9][41].

  • Caso Anemone – Grandi Opere

Nell’inchiesta sulle “grandi opere” del 2010 sugli appalti del G8 a La Maddalena (nota anche come “Caso Anemone”), è stato accertato che Angelo Balducci (ex presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici, arrestato per corruzione) avesse un conto presso lo IOR, dove – secondo i pubblici ministeri – avrebbe trasferito buona parte delle sue rendite[42]. Nel 2006, interrogato dall’allora PM di Potenza Henry John Woodcock, aveva ammesso lui stesso l’esistenza di tale conto, usato per ripagare un debito da 380 000 euro contratto da monsignor Franco Camaldo, prelato d’onore e cerimoniere del Papa, intermediario nell’acquisto di una villa dove avrebbe dovuto avere sede un nuova loggia massonica[42][43][44]. Balducci aveva un conto allo IOR in quanto “gentiluomo di Sua Santità” nonché “consultore” e “supervisore” del patrimonio della Propaganda Fide[44], la quale ha affittato decine di abitazioni a molti dei 412 personaggi inclusi nelle liste dell’imprenditore Diego Anemone[43]. I magistrati sospettano ulteriori collegamenti con lo IOR a seguito di sequestri di documentazione contabile, in particolare a Angelo Zampolini, intermediario della “cricca” di Anemone e Balducci nell’acquisto di un appartamento a Roma per l’ex ministro Claudio Scajola[43]. Gli inquirenti ritengono altresì che parte del denaro accumulato da alcuni degli indagati con le tangenti pagate da Anemone e da altri imprenditori si trovi depositato presso IOR[43].
L’Unità di informazioni finanziarie della Banca d’Italia ha appurato che tra i beneficiari dei bonifici transitati su di un conto dello IOR presso la banca Intesa SanPaolo c’è don Evaldo Biasini, economo dellaCongregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue, coinvolto nell’inchiesta e, secondo i pm perugini, custode dei fondi neri di Diego Anemone[45]. I documenti dei magistrati di Perugia e la contabilità sequestrata a Don Evaldo Biasini svelano come i soldi tenuti da Don Bancomat per conto di Diego Anemone transitassero per i conti IOR della Congregazione del Preziosissimo Sangue[46].

  • Operazioni di riciclaggio

Nel maggio 2010 la procura di Roma ha aperto un’indagine sui rapporti sospetti tra lo IOR e altre dieci banche, fra cui UnicreditIntesa SanpaoloBanca del Fucino[47]. Le quotidiane operazioni da milioni di euro fra questi istituti e lo IOR sotto forma di miriadi di assegni dagli estremi non chiari, avevano destato già nel 2009 i sospetti dell’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia. È stato accertato dai magistrati che lo IOR utilizzava in modo cumulativo un conto aperto presso la filiale 204 della Banca di Roma in via della Conciliazione a Roma, versandovi assegni da parte dei propri clienti senza dare alcuna comunicazione in merito, violando così le norme antiriciclaggio (legge 173/1991 e D.Lgs 231/2007)[47][48]. Attraverso tale conto sarebbero transitati circa 180 milioni di euro tra il 2006 e il 2008, per poi interrompere le operazioni con l’integrazione della Banca di Roma nel gruppo Unicredit[47][48]. I PM sospettano che le transazioni attraverso conti “schermati” intestati allo IOR celino in realtà operazioni per conto di società o singoli individui con residenza fiscale in Italia, volte all’occultamento di reati vari, dall’evasione fiscale alla truffa[47][48]. La Guardia di Finanza ha inoltre accertato casi di beneficiari fittizi fra quelli comunicati agli inquirenti[47]. La magistratura italiana non ha però competenza ad indagare sullo IOR senza una rogatoria internazionale, a causa della sua natura formalmente estera[47][48].
Il 20 settembre 2010 vengono sequestrati dalla procura di Roma (su segnalazione della Banca d’Italia) 23 milioni di euro depositati su un conto del Credito Artigiano Spa intestato allo IOR, per operazioni bancarie effettuate in violazione della normativa antiriciclaggio[49][50]. Le operazioni incriminate sono trasferimenti ordinati dallo IOR di 20 milioni da un conto presso il Credito Valtellinese alla JP Morgan diFrancoforte e di 3 milioni alla Banca del Fucino[50][51]. Restano indagati il presidente dello IOR, Ettore Gotti Tedeschi, e il direttore generale Paolo Cipriani.[49]
Nel frattempo sono venute alla luce anche altre due operazioni sospette, ovvero un prelievo in contanti da 600.000 euro, effettuato nell’ottobre 2009 dallo IOR per finalità non precisate su un conto Intesa SanPaolo, e assegni per 300.000 euro incassati nel novembre dello stesso anno su un conto Unicredit. Dall’analisi degli inquirenti è risultato fittizio il nome del negoziante fornito dallo IOR, mentre la cifra proveniva in realtà da una banca di San Marino[45][52]. Alcuni dei conti di transito presso le banche italiane utilizzati dallo IOR nei recenti scandali legati al riciclaggio sono attivi dai tempi del Banco Ambrosiano.[53]

A seguito di questi eventi, il Papa ha comunicato il 30 dicembre 2010 che verrà finalmente data applicazione alla convenzione monetaria firmata con l’Unione europea il 17 dicembre 2009, attraverso l’adozione di leggi antiriciclaggio che entreranno in vigore il 1º aprile 2011.[10]

Tuttavia “l’emanazione di tale normativa”, come successivamente rappresentato in una comunicazione della Banca d’Italia[54], “di per sé, non modifica il regime applicabile allo IOR quale banca insediata in uno stato extracomunitario a regime antiriciclaggio non equivalente”.

Nel Marzo 2012 la procura di Roma ha avviato una rogatoria internazionale per conoscere i movimenti di denaro del conto corrente dello IOR presso la Jp Morgan di Francoforte[55].

  • Vatileaks e dimissioni di Ettore Gotti Tedeschi
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Vatileaks.

Nel corso dei primi mesi del 2012 si è verificata una sistematica fuga di documenti riservati vaticani riguardanti i rapporti all’interno e all’esterno della Santa Sede. Tali documenti evidenzierebbero, tra l’altro, lotte di potere all’interno del Vaticano e alcune irregolarità nella gestione finanziaria dello Stato e nell’applicazione delle normative antiriciclaggio. Il 24 maggio2012Ettore Gotti Tedeschi, presidente dal settembre 2009, si presenta dimissionario al Consiglio di sovrintendenza e lascia la presidenza con la sfiducia del Consiglio. I quotidiani parlano di posizioni inconciliabili tra lui e altri interlocutori istituzionali riguardo l’attuazione delle norme di trasparenza bancaria[56]. Il giorno successivo gli subentra ad interim, come da statuto, il vicepresidente Ronaldo Hermann Schmitz, con ratifica della Commissione cardinalizia di vigilanza. La Commissione cardinalizia adotta formalmente la sfiducia votata all’unanimità dal Consiglio di sovrintendenza il giorno prima, che addebitava all’ex presidente di «non aver svolto varie funzioni di primaria importanza per il suo ufficio» e forse anche di aver fatto filtrare all’esterno notizie riservate[57]. Il 27 viene diffuso un duro comunicato del Consiglio di sovrintendenza con le motivazioni della sfiducia[58]. Il 2 giugno viene comunicato formalmente per lettera all’ex presidente il trasferimento delle sue competenze al vicepresidente, che diviene presidente ad interim [59].

Il 28 giugno2012 lo IOR ha aperto per la prima volta le porte a un gruppo di giornalisti guidati dal direttore generale Paolo Cipriani con i i quattro membri del Consiglio di Sovraintendenza, Cipriani ha affermato che nello IOR non ci sono conti cifrati e dal 1996 c’è la tracciabilità di tutti i conti, ha controlli interni e esterni antiriciclcaggio (l’Autorità di Informazione Finanziaria e la Deloitte per il bilancio), i conti sono circa 33mila, il capitale totale è di circa sei miliardi di euro, il 70% delle operazioni avvengono in Europa, il 65% è in euro, il 30% in dollari e il resto in altre valute. Dal momento che non è una banca, quindi senza scopo di lucro, gli interessi non sono superiori al 5%. I dipendenti nel 2012 erano 112, cui si aggiungono alcuni consultori esterni per casi particolari. Lo IOR supporta gli enti eccleasiastici in oltre 150 paesi del mondo[60]. (via)

Avete notato il silenzio della politica tutto intorno?

Se armi la pace, ami la guerra

Siamo convinti che anche l’impegno sottoscritto dalla mozione approvata ieri in parlamento di limitarsi alla realizzazione dei tre F35 già acquistati è una decisione errata perché sottrae risorse necessarie ai settori di primaria importanza per la nostra società come educazione, sanità, welfare, ambiente, cultura e occupazione.

Crediamo inoltre che il conseguimento della pace non si raggiunge attraverso l’impiego di nuovi e sofisticati sistemi d’arma, al contrario esige un processo di disarmo e di riduzione delle spese militari, la promozione della giustizia e lo sviluppo sociale, l’impiego di metodi di non violenza attiva e il dialogo. Tutto ciò è suggerito anche dall’insegnamento della dottrina sociale della chiesa cattolica ripetutamente sottolineato anche dai pontefici in questi ultimi cinquant’anni. “La guerra è avventura senza ritorno” – ammoniva Papa Giovanni Paolo II – parole a cui fanno eco quelle di Papa Francesco “La guerra è il suicidio dell’umanità”.

Le risorse impiegate per il riarmo non solo hanno un enorme e ingiustificato costo sociale, sono un ostacolo per la sicurezza e la pace tra le nazioni che mai si possono realizzare con l’uso della forza e la violenza.

Poche parole, chiare da quelli di Nigrizia.

Guarda guarda la ‘ndrangheta a Roma

La Dia di Roma ha rintracciato nella Capitale il pregiudicato ventinovenne Alessandro Mazzullo, originario di Oppido Mamertina (Rc), legato alla cosca calabrese dei Gallico, e dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei suoi confronti dal gip del locale Tribunale, nel mese di gennaio scorso.
Arrestata anche, in flagranza di reato, una 29enne moldava, residente a Roma, responsabile di favoreggiamento personale di Mazzullo e di ricettazione dell’autovettura in suo possesso, sulla quale sono stati bloccati a seguito di un servizio al termine di un’attività di ricerca.
Mazzullo, che era riuscito a sottrarsi alla cattura qualche mese fa, quando furono tratti in arresto, per gli stessi reati Francesco Frisina e Carmine Saccà, è ritenuto responsabile di trasferimento fraudolento di beni, aggravato dal metodo mafioso, insieme ad altri 6 prestanome, indagati.
In aggiunta al provvedimento restrittivo, il giudice aveva anche disposto il sequestro preventivo di numerosi beni (oltre una ventina di fabbricati tra Palmi (Rc) e Roma, più di una cinquantina di appezzamenti di terreno in provincia di Reggio Calabria, una trentina di conti correnti bancari/postali e diverse partecipazioni societarie) per un valore complessivo superiore a 20 milioni di euro.
Con l’arresto di Alessandro Mazzullo, l’operazione coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma ha fatto emergere “l’esistenza di un progetto di infiltrazione nella realtà economico-finanziaria della Capitale tramite il reinvestimento di cospicue somme di denaro dalla provenienza ritenuta illecita”. Lo sottolinea la Dia in una nota, precisando che in particolare, con l’ausilio di prestanome, familiari e non, e attraverso l’indispensabile aiuto di un agente immobiliare romano, indagato in stato di libertà, i sodali avevano acquisito noti locali commerciali della Capitale nonchè svariati immobili e terreni tra Roma e la provincia di Reggio Calabria.
In particolare, l’attività investigativa svolta ha permesso di appurare che gli indagati avevano creato un ‘sistema’ per reinvestire in Roma i proventi illeciti delle attività delittuose della loro cosca di appartenenza. Tale sistema, ideato grazie alla collaborazione offerta da professionisti del settore, prevedeva, in primis, l’acquisto di esercizi commerciali da porre come garanzia per le successive acquisizioni nel campo della ristorazione.
Parte dei ricavi illeciti si ritiene siano stati reinvestiti nell’acquisto di tre unità immobiliari in via Boccea, dal valore ciascuna di circa 500mila euro, che i principali indagati (Frisina e Saccà) hanno intestato fittiziamente a loro familiari e/o parenti per eludere eventuali misure patrimoniali nei loro riguardi.
Dal 2008 il gruppo ha concluso varie operazioni di acquisto e cessioni di società nel settore della ristorazione, palesemente fittizie in quanto intestate a terzi prestanomi (indagati in stato di libertà), acquistate per un valore di gran lunga inferiore a quello di mercato, al fine di ‘coprire’ i loro investimenti illeciti, considerando che hanno ad oggetto attività commerciali situate nelle zone tra le piu’ pregiate di questo centro cittadino.
Le principali sottoposte a sequestro sono: la società ‘Colonna Antonina 2004 Srl’, intestata a Maria Antonia Saccà e Grazia Rugolo, di fatto di proprietà dei mariti Francesco Frisina e Carmine Saccà, società già titolare del noto bar ‘Chigi’ sito nell’omonima via e sottoposto a sequestro preventivo dal Centro Operativo Dia di Roma nel luglio 2011; il bar ‘Antiche Mure’, in via Leone IV, della societa’ ‘Macc4 Srl’, intestata a Maria Antonia Saccà, Alessandro Mazzullo e Claudio Palmisano, di fatto di proprieta’ di Francesco Frisina.

Ministero dei Pari Opportunismi

Insomma il governo del Decreto del Fare;

il governo delle alleanze così ampie da sembrare una circonvallazione di quelle che accontentano tutti: i cementisti, i cantieristi, i centri commerciali, i sindaci e gli automobilisti tutti insieme;

il governo dei sottosegretari e vice ministri scelti con il manuale Cencelli tra le bancarelle del centrodestra e centrosinistra senza preoccuparsi di un filo comune decente;

il governo del rinviare tutto per accontentare tutti e soprattutto non scontentare nessuno;

il governo che “dimette” la Idem per l’Imu e la palestra e si fa tenere per la gola da un condannato e interdetto,

questo governo con premure diaconali che non trova un posto che sia uno per un Ministero delle Pari Opportunità che sarebbe quanto mai opportuno in un conclave di prepuzi inopportuni e opportunisti.

 

A Brescia sgozza la mafia

Quell’omicidio di Brescia del professionista Cottarelli e la sua famiglia di cui avevamo scritto nel 2008 (grazie al bel libro ‘Polo nord’ di Fabio Abati e Igor Greganti) è una strage di mafia secondo la Corte di Assise di Appello di Milano:

La Corte di Assise di Appello di Milano ha condannato all’ergastolo due cugini trapanesi, Vito e Salvatore Marino, 47 e 53 anni, originari di Paceco (Trapani). Il 28 agosto del 2006 fecero strage a Urago Mella (Brescia) di una intera famiglia. Secondo l’accusa, sgozzarono Angelo Cottarelli, la moglie Marzenne Topor di 41 anni e il loro figlio, Luca di 17. Tre delitti al culmine di una diatriba per soldi tra Vito Marino e Angelo Cottarelli, una discussione dove fece da scenario una maxi truffa che era stata ordita da Marino assieme con altri imprenditori trapanesi, ai danni dello Stato e della Regione. Una truffa che inghiottì quasi 40 milioni di euro.

A Vito Marino, Cottarelli aveva garantito, pur stando lontano dalla Sicilia, delle fatture false, ma a un certo punto a Marino venne a mancare un milione di euro, e andò a chiederli indietro a Angelo Cottarelli, svegliando lui e la sua famiglia di buon mattino nella loro villetta a Urago Mella, facendosi spalleggiare da suo cugino Salvatore, al quale secondo la ricostruzione dei pm toccò il compito di sgozzare le tre vittime. I due furono arrestati poco dopo i fatti perché a Trapani gli investigatori della Squadra Mobile si stavano occupando già della truffa e con i colleghi di Brescia ricostruirono i motivi della strage. A casa Cottarelli fu addirittura trovato quel denaro che Vito Marino rivoleva a tutti i costi.

Assolti in primo grado, condannati all’ergastolo in appello, l’anno scorso i due cugini erano tornati liberi per l’annullamento deciso dalla Cassazione. Vito Marino è stato arrestato dalla Polizia in aula dopo la lettura della sentenza. A Trapani i poliziotti della Mobile hanno arrestato suo cugino Salvatore. Spietatezza e brutalità in questa storia. Ma non solo. Vito e Salvatore Marino sono figlio e nipote di un boss ucciso da Matteo Messina Denaro nel 1985 e i vini commerciati da Vito Marino avevano eloquenti etichette, come “Baciamo le mani” con tanto di uomo in coppola e lupara.

Non si festeggiano i rinvii

Sembra che sulla questione della questione degli F35 il PD stia convergendo su un accordo per rinviare la decisione dopo un’indagine conoscitiva (devono scoprire se hanno pale, eliche o reattori, probabilmente).

Mi dice qualche amico che è una vittoria, il rinvio degli F35. Che dobbiamo esserne contenti. E’ una buona mediazione mi dicono. Cioè vogliono convincermi che tenersi il governissimo PD-PDL obbligatorio per le urgenze che decide di rinviare le decisioni faccia bene al paese.

Vi prego: se da anziano comincio a festeggiare anche i rinvii datemi delle gocce per dormire.

Rossetto?

Ho guardato con un certo fastidio di stomaco la manifestazione in difesa di Silvio Berlusconi dopo la condanna del Tribunale di Milano per la il caso Ruby. Ho apprezzato (si fa per dire, eh) ancora una volta l’ignoranza e la superficialità come strumento di consenso coltivato con molta cura e arguzia in questi lunghi anni di berlusconismo iniettato nei diversi alimenti politici, culturali, televisivi e giornalistici. Ho rivisto la Santanché nel suo ruolo migliore: quello della Giovanna D’Arco in groppa al “luogo comune” che riesce ad ammiccare alle casalinghe con tutto il disprezzo che si riesce a scorgere nell’angolo delle labbra. Ho visto Francesca Pascale interpretare la languida compagna davanti ad un pubblico che non avrebbe nemmeno osato di sognare prima di scoprire che le fiction si producono anche “fuori” dalla televisione. Ho visto un PD incapace di sottolineare l’inopportunità questa volta anche se è scritta dentro una sentenza.

E poi ho visto il rossetto. Il rossetto come simbolo dell’essere puttana, nel 2013. E ho pensato che davvero che Giuliano Ferrara ha messo sul barbecue la propria intelligenza pur di riempire la pancia del padrone. Peggio di una puttana: come fanno i servi per vocazione.

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Quel che più spaventa

Quel che più spaventa nei partiti non è quello che dicono, è quello che trascurano o si rifiutano di dire.

(Louis Blanc, Organizzazione del lavoro, 1839)