Vai al contenuto

Ambiente

#nonmifermo oggi pomeriggio a Brescia, per fare sul serio, su ambiente e Lombardia

Oggi con Non Mi Fermo siamo a Brescia. Dalle 14 e 30  presso l’Oratorio S. Maria in Silva (Via Sardegna, 24 – vicino alla stazione ferroviaria). E parliamo di ambiente e di questa Lombardia così inoffensiva nell’imporre una tutela seria del territorio. E proviamo come sempre a farlo fuori dai denti, senza proclami e con il rispetto e la stima per lo studio delle cose già note che ogni tanto la politica finge di reinventare per appropriarsene. E magari proviamo a capire perché il concetto di “densità” di insediamenti (cave e discariche) sembra così poco urgente, partendo proprio da questa Brescia che guardata dall’alto ha la planimetria di un cumulo di nocività. E, magari, fuori dai denti proviamo a chiederci e risponderci sul perché il fantomatico “comitato ristretto sul consumo di suolo” in Regione Lombardia risulti evaporato per (si può scrivere, è su un verbale di commissione, eh) alcune “frizioni” anche dentro una parte del PD.

Perché ci siamo un po’ stancati dei convegni “cogenti” che non hanno riscontro in aula e commissione. E ci siamo stancati delle primarie che si giocano con le opinioni sulle camice di Formigoni, i suoi libri (presunti, alla Dell’Utri) e su giovanilistici liberismi. E di politica ne vogliamo parlare per davvero. Come al solito facciamo da qualche anno in giro per l’Italia. Ascoltando e declinando in atti amministrativi. Proponendo magari anche gli ordini del giorno che dentro SEL abbiamo preparato sul futuro “piano cave” (qui quello per i consigli comunali e qui per i consigli provinciali) o decidendo com’è l’ambiente e il suolo della Lombardia che vogliamo.

Ci si vede lì per chi è da quelle parti. O ci si trova su twitter. L’hashtag è #nonmifermo

I reati ambientali in serie B

Sto leggendo (e faccio solo un esempio) una sentenza della Corte d’Appello L’Aquila che conferma una sentenza di  condanna del Tribunale di Sulmona; reati di abuso edilizio e collegati. Fatti accertati nel novembre 2005, quindi  verosimilmente applicabile la vecchia prescrizione (4 anni e mezzo). Sentenza di primo grado nel 2008, sentenza di appello 7 giorni dopo la scadenza dei quattro anni e mezzo; prescrizione non dichiarata, con scelta assolutamente non motivata.
Primo motivo di ricorso: mancata estinzione dei reati per prescrizione.
Osservo:
1.  in cinque anni di lavoro in Terza Penale è la prima volta (se non erro) che vedo una sentenza per reati edilizi pronunciata dal Tribunale di Sulmona. Lo stesso potrei dire per molte altre sedi di tribunale;
2. fissare l’udienza di appello sette giorni dopo la scadenza dei quattro anni e mezzo può essere casualità (con quel che ne consegue), se no sarebbe una beffa;
3. non dichiarare i reati prescritti senza alcuna motivazione è da solo elemento che può giustificare un ricorso (e dunque la prescrizione anche quinquennale);
4. l’eventuale dichiarazione di prescrizione in cassazione travolge l’ordine di demolizione.

Ne parliamo sabato, a Brescia, con #nonmifermo alle 14.30 presso l’Oratorio S. Maria in Silva (Via Sardegna, 24 – vicino alla stazione ferroviaria). Partendo dalla riflessione pubblicata sul blog di Non Mi Fermo.

#nonmifermo salvaguardia dell’ambiente come tutela dell’individuo

Luciano mi ha insegnato che la cultura è una sorta di accordo tra cuore, anima e mente, che il concetto di etica può essere applicato a tutti i settori e le forme di vita, mi ha guidato in un percorso teso a sperimentare la possibilità di vivere a contatto ed in armonia con la natura, affinchè riuscissi un giorno ad osservare in profondità persino gli alberi, perché una semplice pianta, costituisce in realtà un “tempio della biodiversità” (senza contare che a volte sono riuscita ad individuarne persino l’anima…). Ho ascoltato Luciano difendere l’ambiente in innumerevoli occasioni, ed ogni volta, mentre discuteva della relazione empatica tra la terra, l’uomo e la natura, nei suoi occhi si accendeva lo stesso stupore, i miei pensieri e quelli degli altri presenti si elevavano verso l’infinito e tutto pareva trascendentale: senza accorgertene facevi parte anche tu del quadro meraviglioso che è la vita. Luciano si è sempre battuto, come molti di noi del resto, per la salvaguardia dell’ambiente, la lotta alle sperequazioni ed alle deturpazioni, e la tutela dell’universo, del quale siamo parte:  per questo occorre custodire il nostro pianeta e le sue bellezze.
Puntiamo sulla salvaguardia dell’ambiente come tutela dell’individuo, la distruzione delle ecomafie ad opera della pubblica amministrazione e della politica, prima ancora che della magistratura, come segno di spessore etico di coloro i quali dovrebbero rappresentarci nelle istituzioni, puntiamo su un legislatore che crea (e soprattutto applica) normative cogenti, e commina (ed esegue realmente), condanne più severe a coloro che non osservano le prescrizioni dettate dalle normative di settore.

Una riflessione di Manila sul rapporto ambiente-uomo per prepararsi all’agorà di #nonmifermo di sabato a Brescia.

A Brescia scompaiono i documenti (insieme all’ambiente)

Lo racconta il bravissimo Andrea Tornago. E verrebbe da chiedersi se sia normale un rapporto talmente malato e oscuro tra la politica e l’ambiente. Non solo quando uno dei due comincia a tremare.

La magistratura sta indagando sul responsabile del Settore Ambiente del Comune di Brescia, dopo il sequestro del nuovo svincolo di via Rose, sulla tangenziale Ovest. Secondo la Procura di Brescia le ditte che lavoravano per conto del Comune hanno movimentato terra fortemente inquinata dalle diossine senza adottare alcuna precauzione a difesa dei lavoratori e della popolazione. Il dirigente comunale, Angelantonio Capretti, è indagato per omissione d’atti d’ufficio, insieme ai dirigenti delle aziende che hanno svolto i lavori, Antonio Taini della ditta “Basileus” e Angelo Galeazzi della “Atig” Srl, accusati di traffico e discarica abusiva di rifiuti pericolosi. Il pm Silvia Bonardi ha disposto il sequestro della documentazione agli atti degli uffici tecnici, da cui risulterebbero evidenti responsabilità dell’amministrazione comunale: nella convenzione stipulata con la ditta “Basileus” non verrebbe mai citata la presenza dei pericolosi inquinanti nel terreno e i 3 milioni di euro previsti per l’opera non prevederebbero gli oneri di bonifica, stimati in altri 2 milioni di euro. Eppure l’area dal 2002 è inserita nel Sito Inquinato di Interesse Nazionale “Caffaro”. Ed è proprio il Comune a reiterare da dieci anni un’ordinanza che vieta qualsiasi movimentazione dei terreni. Nel mirino della Procura anche i dirigenti di Arpa e Asl, che dall’inizio dei lavori non avrebbero effettuato alcun controllo. A carico del Comune anche il mistero sulla scomparsa di un documento, destinato al Ministero dell’Ambiente, che sarebbe invece rimasto insabbiato negli uffici del settore Ecologia. Lo stesso ufficio comunale da cui dovevano dipendere i controlli sulle scorie radioattive all’ex cava Piccinelli, sull’omissione dei quali la Procura ha aperto un fascicolo. (Radio Popolare, Metroregione, 31-05-2012)

 

Facciamoci del male: Brescia, ancora.

Ne avevamo parlato ieri. Forse eravamo ottimisti. Depositata l’interrogazione.

A San Polo, il quartiere di Brescia dove l’ASL ha riscontrato un aumento dei tumori del 40%, presto sorgerà anche un nuovo elettrodotto ad alta e altissima tensione della società elettrica «Terna

A Brescia non c’è pace per il quartiere avvelenato di San Polo: alle tante fonti di inquinamento ora si aggiungerà anche un nuovo elettrodotto da 380 kV che interesserà anche i comuni confinanti di Rezzato e Castenedolo: si tratta di un progetto presentato nel marzo del 2011 dalla società «Terna Rete Italia», che gestisce la rete elettrica nazionale. Il piano, pensato per le grandi utenze industriali, prevede la costruzione di due nuove stazioni elettriche ad altissima tensione, la stazione “Brescia Sud-Est”, nel territorio di Rezzato; e la stazione “Alfa Acciai”, all’interno dell’omonima acciaieria. Saranno costruiti inoltre due raccordi aerei con cavi di alta (132 kV) e altissima (380 kV) tensione e una linea con cavi interrati, sempre di altissima tensione, che scorrerà sotto tutta via San Polo. Grazie alla «dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza» del Ministero dello Sviluppo Economico la società elettrica potrà procedere con gli espropri delle proprietà private e pubbliche; il progetto non sarà nemmeno sottoposto a Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), perché il tratto con i cavi dell’alta tensione a cielo aperto non supera i 3 km (è infatti di 2,95 Km). La stazione “Alfa Acciai” verrà costruita vicino a un deposito di materiale radioattivo privo dei requisiti previsti dalla legge. Il dott. Morando Soffritti, direttore dell’Istituto Ramazzini di Bologna, ha precisato ai nostri microfoni che i cavi di altissima tensione (oltre i 350 kV), anche se interrati, sono pericolosi per la salute, e ha chiesto un’attenta analisi del progetto da parte delle istituzioni. Il termine per le osservazioni però scadrà il prossimo 20 maggio. Radio Popolare, “Metroregione” 03-05-2012 Andrea Tornago

#nonmifermo Ripensare il suolo, ripensare il cemento, ripartire dall’analisi

Proprio ieri sera in Feltrinelli a Milano, in occasione della presentazione del libro di Luca Martinelli “La caduta di Stalingrado” su Sesto San Giovanni e l’ex Area Falck che vi consiglio, discutevo con l’amico Mario Portanova e con il rappresentante di Legambiente Lombardia, Damiano Di Simine, della carente analisi dei numeri: del consumo di suolo in Italia si parla molto, si fa troppo poco e interpreta pochissimo. Per questo credo che la riflessione di Claudio per #nonmifermo possa essere uno strumento da cui partire per le proposte. Per prendere il proprio lavoro sul serio, leggere i numeri per costruire una chiave di lettura e trovare la sintesi dell’agire. Insieme. Politica, insomma.

Sul cemento, invece, vale la pena fare qualche riflessione in più. Anzitutto, sui numeri. Infatti, si potrebbe pensare che l’aumento del numero degli edifici sia proporzionale a quello rilevato per la popolazione italiana. Purtroppo, non è così. All’11% di incremento (pari a oltre 1.500.000 edifici in più rispetto a 10 anni fa), la popolazione italiana è cresciuta solo del 4,3%. Più o meno la stessa proporzione che si rileva considerando un altro denominatore, quello delle abitazioni, cresciuto meno del 6%.

Con ciò l’Istat non fa altro che confermare una condizione allarmante che da molto tempo associazioni e movimenti politici (molti dei quali però fuori dal Parlamento) denunciano instancabilmente. Solo pochi mesi fa, FAI e WWF avevano ricostruito la drammatica situazione del consumo di suolo in un dossier intitolato “Terra Rubata – Viaggio nell’Italia che scompare”. Nel rapporto appare ancora più evidente la gravità delle ripercussioni determinate da politiche pro-cemento; in particolare, attraverso il graduale smantellamento da parte dei governi Berlusconi non solo di auspicate “logiche pianificatorie” (vengono in mente le parole di Adriano Olivetti: “L’urbanistica reclama la pianificazione”), sostituite dal concetto di “mera realizzazione” (alla base della c.d. “Legge Obiettivo” e dei provvedimenti approvati dal 2001 al 2006), ma anche di un rigido sistema di controlli e verifiche. Un’Italia letteralmente erosa, che al ritmo di consumo attuale nei prossimi 20 anni rischia di perdere altri 600mila ettari di suolo. In altre parole, un quadrato di 6.400 Kmq.

Nel post anche le linee guida per le proposte.

20120503-161021.jpg

Morire di nocività. A Brescia

scritto per IL FATTO QUOTIDIANO

Da giorni a Brescia semplici cittadini si sono organizzati in un comitato spontaneo per alzare la voce sulla città più inquinata di Lombardia.  Dalle conclusioni del loro intervento in Commissione Ambiente durante la loro audizione in Regione Lombardia si apprende che nelle zone di San Polo, San Polino e Buffalora della città di Brescia è diffuso un intenso inquinamento di aria, acqua e suolo tanto che recenti dati dell’Asl bresciana dimostrano una grave diffusione di patologie respiratorie più alte rispetto al resto d’Italia. Solo nel quartiere di San Polo, inoltre, i bambini dai 6 ai 14 anni soffrono di malattie respiratorie per il 30% in più rispetto ai residenti nelle altre circoscrizioni della città.

Tutto ciò è provocato da varie fonti di inquinamento: il termovalorizzatore di A2A; l’acciaieria Alfa Acciai, che ha provocato inquinamento per diossina, scorie e fumi radioattivi; la piattaforma di trattamento di rifiuti industriali speciali e pericolosi della società Systema Ambiente s.r.l. (ex Ecoservizi), che tratta circa 250.000 tonnellate all’anno e che, inoltre, ha richiesto un ampliamento per cui è in corso la VIA di Regione Lombardia; l’AEB, azienda chimica, che produce detergenti industriali nel centro di San Polo; Bonomi Metalli, un deposito di materiali ferrosi che in diverse occasioni ha suscitato perplessità sulla gestione del deposito rifiuti; l’ex cava Piccinelli, una discarica abusiva di materiali contaminati (Cesio 137) e altamente inquinanti, che ad oggi non è ancora stata sottoposta ad un progetto di bonifica e vi è il rischio che il materiale radioattivo  contamini la falda; una discarica di rifiuti speciali tossici nocivi situata in via Buffalora, nella quale sono presenti fango galvanico, fango da acidi, morchia oleosa, morchia di verniciatura, fango di depurazione, acque di verniciatura, rifiuti provenienti dall’abbattimento fumi, dalle tintorie, terre di fonderia e che presenta gravi problemi di percolato; numerose cave di ghiaia che si stanno trasformando in discariche di ogni genere poiché non sono state rinaturalizzate.

In questo contesto drammatico si inseriscono nuovi progetti. Nella zona classificata area critica per la qualità dell’aria e, quindi, non idonea alla realizzazione di nuovi impianti di trattamenti rifiuti a circa 350 metri dell’abitato di Buffalora, è stato concesso il permesso di costruire un nuovo impianto di produzione di conglomerato bituminoso con contestuale recupero di fresato, un impianto di lavorazione e selezione di inerti naturali ed uno di messa in riserva e recupero di rifiuti non pericolosi da costruzione e demolizione. Il predetto progetto prevede la distruzione di un bosco e il ritombamento con rifiuti inerti di un laghetto di falda affiorante.

La Profacta del gruppo Faustini sta realizzando una discarica di amianto, mentre nel Comune di Rezzato (BS), Località Cascina Castella, la ditta Castella s.r.l. è in attesa della V.I.A. di Regione Lombardia  per una discarica di rifiuti putrescibili con impianto a biomasse. Il comitato spontaneo contro le nocività e il Co.Di.S.A. sono intervenuti con proprie osservazioni nella procedura.

Nella zona già destinata dal P.R.G. al Parco delle Cave, infine, l’attuale giunta di Brescia vorrebbe destinare 1.500.000 metri quadrati alla realizzazione dello stadio e della cittadella dello sport e le strutture dovrebbero essere ubicate in una zona non servita dalla metropolitana leggera in corso di realizzazione.

Il nuovo PGT di Brescia prevede la realizzazione di nuovi insediamenti residenziali, commerciali e produttivi in questa zona che sarebbe opportuno venisse bonificata e destinata a parco naturalistico, ovvero il Parco delle Cave.

Bisogna evidenziare che nella zona delle cave, nonostante le molteplici criticità ambientali, coesistono con le zone degradate numerose zone a grande valenza naturalistica e zone umide, ricche di fauna e di flora, preziose per la biodiversità. Appare, quindi, indispensabile tutelare tutte le aree già spontaneamente rinaturalizzate o in corso di rinaturalizzazione.

Il comitato spontaneo contro le nocività a fronte di questa situazione chiede la sospensione di tutte le richieste in corso per nuove escavazioni e discariche; la sospensione dell’autorizzazione alla Profacta; il divieto ad intervenire in aumento dei volumi di escavazione previsti nei piani provinciali cave e la verifica dell’effettiva necessità dei quantitativi da scavare; il recupero ambientale delle cave e la fissazione di un termine per la fine dell’attività di escavazione; la tutela delle zone umide e a valenza naturalistica; il blocco del rilascio di qualsiasi autorizzazione a nuovi impianti inquinanti; il recepimento delle osservazioni Cerani/Ruzzenenti presentate all’ “Atto di indirizzi” per il Consiglio Regionale ai sensi del c. 3 art. 19 l.r. 26/2003 in materia di programmazione della gestione dei rifiuti Delibera Giunta della Regione Lombardia n. IX/2072 del 28 luglio 2011 (pag. 11); lo stanziamento di fondi regionali per la bonifica delle discariche e dei siti inquinati per i quali si renda necessario l’intervento della pubblica amministrazione a tutela della salute pubblica, a fronte dell’accertata inadempienza dei responsabili o dell’impossibilità di individuare una precisa responsabilità; il riconoscimento dello stato di emergenza ambientale per il territorio di Brescia e dintorni.

A causa della mancanza di risposte e dell’imminente inizio dei lavori della discarica, i membri del comitato spontaneo contro le nocività hanno deciso di organizzarsi in uno sciopero della fame a staffetta per ottenere una risposta. Dopo venti giorni il Comune di Brescia ha deciso di discutere nella prossima seduta di Consiglio Comunale una mozione in cui si chiede di sospendere i lavori della nuova discarica in attesa della sentenza del Consiglio di Stato. Il 2 maggio dalle 18 alle 20 in Piazza della Loggia una manifestazione cercherà di tenere alta l’attenzione. E forse sarebbe il caso di esserci. Perché di ‘Brescia’ ne abbiamo tante, in giro.

Brescia e le nocività

Andrea sul sito di #nonmifermo ci aggiorna sulla battaglia contro le nocività a Bresciauna mozione che verrà votata nel prossimo consiglio comunale, in cui si esprime la contrarietà alla discarica di amianto e si chiede all’imprenditore (Faustini, gruppo Profacta S.p.A.) di sospendere i lavori, almeno fino alla sentenza del Consiglio di Stato. Inoltre è stato redatto un documento con cui i capigruppo incaricano il sindaco di chiedere alla regione Lombardia la revisione dell’iter autorizzativo. Una lotta non semplice che è costata molta fatica ai membri del comitato e a tutti i cittadini che hanno dato il proprio contributo. Una manifestazione civile e pacifica di protesta che è stata anche oggetto di tentativi di intimidazione da parte delle forze dell’ordine che nei giorni scorsi hanno chiesto i documenti a molte persone che si fermavano ad esprimere solidarietà allo scioperante di turno o semplicemente a leggere i manifesti esposti. In seguito a quanto è stato deciso ieri durante il consiglio comunale, il comitato ha deciso di sospendere lo sciopero della fame fino al 7 maggio (prossima seduta del Consiglio comunale). La lotta però continuerà, infatti, da mercoledì 2 maggio il comitato sarà ancora presente in Piazza Loggia dalle 18 alle 20, per ricordare al sindaco ed ai capigruppo il rispetto degli impegni presi.

Noi (nel nostro piccolo) dopo avere chiesto e ottenuto l’audizione del comitato in Regione, stiamo chiedendo chiarimenti su alcune stranezze nell’iter autorizzativo e  “contando” le opinioni. Perché la lezione di indignazione (civilissima e democratica) dei cittadini bresciani arriva al Pirellone come un debole soffio ed è il caso di spalancare le finestre.

Le formiche svizzere e la difesa del territorio

Poche settimane fa in Svizzera si è votato per alcuni referendum (ce lo racconta Massimo Pillera): …riguarda la limitazione a costruire seconde case o case vacanza. Un vero e proprio limite che impedisce di fatto la costruzione nelle zone di montagna e nelle valli, limitando al 20% di un Comune l’area di potenziali costruzioni. Poiché ogni Comune ha già delle seconde case, le possibilità rimanenti in tutta la Svizzera sono molto limitate. Formiche al lavoro quindi che impediscono la cementificazione del territorio già complicata in quel paese. Pensate che prima di farsi approvare un progetto per edificare, è necessario “piantare i pali”, cioè simulare ciò che verrà costruito, con dei pali che descrivono esattamente larghezza, lunghezza ed altezza del progetto. In questo modo chiunque vive nelle vicinanze può capire se la costruzione simulata da questa leggera impalcatura virtuale, può toglierti panorama, o impedirti di vedere altre case, o limitarti ore di esposizione al sole. Il cittadino quindi può impedire la realizzazione di questo progetto oppure, decidere di non ricorrere se il costruttore risarcisce l’eventuale danno. Possono opporsi naturalmente anche organizzazioni di quartiere o associazioni che abbiano interesse culturale a mantenere un assettopanoramico storico. Insomma una Valutazione di impatto ambientale strategica affidata direttamente ai cittadini ed ai residenti della zona. Solo dopo aver superato questo test, è possibile richiedere al Comune tutte le autorizzazioni a costruire. Grazie a questo sistema, oggi esiste in Europa un territorio come l’Appenzell, che visto dall’alto appare come enorme distesa di verde cangiante inframmezzata da cime e laghi, con qualche villaggio e casette inserite qua e là, collegata da piccole striscioline mai lineari che rappresentano le strade. Una regione dove le case sembrano quelle delle favole, poiché le abitazioni non superano l’altezza di un metro e ottanta centimetri (per esigenze di riscaldamento e non spreco energetico). Un posto dove anni fa il megacampione di Formula 1, Michael Schumacher, voleva costruire una villa con annesso circuito di prova per auto e dopo aver “piantato i pali” fu costretto a scappar via perché altrimenti il popolo li avrebbe piantati chissà dove.

Eppure la costruzione avrebbe comportato interessanti investimenti, indotto turistico, esposizione mediatica (pensate alla villa di Clooney sul lago di Como), a fronte di un raro disagio dal suono “roarr” che il pilota avrebbe provocato durante le sue poche permanenze nel luogo. Invece niente, nonostante il clamore austro-elvetico sulla vicenda il Campione non riuscì ad ottenere alcuna autorizzazione. Gli appenzellesi difesero il silenzio e l’aria pulita di quei luoghi, come i loro antichi parenti. Ancora oggi per tradizione, in Aprile, le votazioni cantonali ed i referendum si tengono nella piazza all’aperto e per alzata di mano, anzi di spadino.

Tanto per dire le differenze. No?

Non c’è solo la TAV: grandi opere e piccoli faraoni

Un certo numero di grandi opere, oltre la Torino-Lione, attende una decisione del governo. L’attenzione mediatica è concentrata sul tunnel della Val di Susa, ma è forte il rischio che queste altre opere possano rivelarsi, nel complesso, un affare non migliore per il paese e per gli equilibri di finanza pubblica del prossimo ventennio.

IL CATALOGO (BREVE) È QUESTO

Alcune opere sono già state finanziate in parte, altre hanno passato la cruciale soglia dell’approvazione del Cipe. (2)
Vale la pena riflettere sulle maggiori.
Si tratta del tunnel ferroviario del Brennero, della linea ferroviaria Milano-Genova (nota come “terzo valico”, essendocene già due, e sottoutilizzati), la linea alta velocità Milano-Verona, le nuove linee ferroviarie Napoli-Bari e Palermo-Catania, tecnicamente non ad alta velocità, ma con costi unitari del tutto paragonabili, e il miglioramento in asse della linea Salerno-Reggio Calabria (forse la più sensata). Il costo totale preventivato supera i 27 miliardi di euro. Va segnalato che i preventivi non hanno avuto una verifica “terza”, come sarebbe auspicabile, dato l’ovvio e storicamente verificato incentivo per i promotori dei grandi progetti a sottostimarne abbondantemente i costi.
Vi è anche una forte intesa politica “bipartisan” per la nuova linea Venezia-Trieste, mentre non è chiaro al momento il destino del ponte sullo stretto di Messina.

SOMIGLIANZE

Quali caratteristiche hanno in comune questi progetti? Sommariamente si può dire così:

Non sono stati resi pubblici i piani finanziari: cioè non è noto quanto sarà a carico dei contribuenti e quanto a carico degli utenti. La cosa non sembra irrilevante in un periodo di grande scarsità delle risorse pubbliche.

Non sono in generale note analisi costi-benefici comparative delle opere, finalizzate a determinare una scala trasparente di priorità.

I finanziamenti non sono “blindati” fino a garantire il termine dell’opera. La normativa recente che consente di realizzarle “per lotti costruttivi”, invece che “per lotti funzionali” (vedi “Grandi opere, un pezzo per volta”, e “A volte ritornano, i lotti non funzionali), rende possibili cantieri di durata infinita, come già spesso è accaduto per opere analoghe.

Si tratta di opere ferroviarie, ed è noto che la “disponibilità a pagare” degli utenti per la ferrovia è molto bassa, tanto che in generale se si impongono tariffe che prevedano un recupero anche parziale dell’investimento, la domanda, già spesso debole, tende a scomparire integralmente. Questo aspetto, su cui qui non è possibile dilungarsi, rende problematica la scelta, in presenza di risorse scarse.

I benefici ambientali del modo ferroviario non sono discutibili. Ma non è così in caso di linee nuove: le emissioni climalteranti “da cantiere” rendono il saldo ambientale molto problematico.

Il contenuto occupazionale e anticiclico di tali opere appare modestissimo: si tratta di tecnologie “capital-intensive” (solo il 25 per cento dei costi diretti sono di lavoro), e comunque l’impatto occupazionale è lontano nel tempo, data la durata media di realizzazione.

Per approfondire l’articolo di Marco Ponti è qui.