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babbo natale

Il governo “tecnico” non esiste

La definizione di “governo tecnico” è una truffa: è una locuzione che si ritira fuori ogni volta che non si ha il coraggio di assumersi le proprie responsabilità

Per disinfettare la scarsa credibilità che sono riusciti ad accumulare in questi anni i partiti (praticamente quasi tutti) si sono accodati alla narrazione fallace del “governo tecnico”, della “responsabilità”, al feticcio “dell’alto profilo” e al “governo voluto dal Presidente”. Vorrebbero convincerci quindi che siano in pratica “costretti” a partecipare al governo Draghi per condonare qualsiasi azione venga compiuta nei prossimi mesi, in caso di insediamento del governo, e poter poi ricominciare a sparare a palle incatenate contro Draghi l’uomo solo al comando che ritornerà utile abbattere quando calerà il consenso popolare di questo o di quel leader.

La definizione di “governo tecnico” è una truffa: è una locuzione che si ritira fuori ogni volta che non si ha il coraggio di assumersi le proprie responsabilità e viene spalmata da certi giornaloni nella speranza di “sospendere la politica” in un liberi tutti che sospenda ogni giudizio. Eppure il prossimo governo Draghi, com’è giusto che sia, sarà un governo politicissimo: cosa c’è di più politico di decidere una maggioranza in Parlamento che si prenda la responsabilità di guidare un Paese in piena pandemia? Non è politica prendersi la responsabilità di scrivere una legge elettorale? Non è politica l’elezione prossima del Presidente della Repubblica? Non è politica decidere le priorità nella spesa dei soldi che arrivano dall’Europa? Non è politica decidere come e quanto ristorare un Paese in piena crisi occupazionale a causa del virus? Non è politica decidere come provare a fare ripartire un Paese?

Dai, non prendiamoci in giro, su. Questa smania di queste ore che ha colpito taluni capi di partito mentre si mettono in disparte in nome del culto di Draghi come se fosse un Babbo Natale da aspettare solo strizzando gli occhi e sperando di sentire il tintinnio delle renne non ha niente a che vedere con quel senso di responsabilità che viene sventolato in queste ore da tutte le parti. Non si appoggia Draghi perché “calcia le punizioni come Baggio” o perché è un “Ronaldo che non può stare in panchina” (a proposito: avrebbe dovuto essere l’inizio di una politica alta ma il livello dell’analisi è puro bar sport) ma ci si prende la responsabilità di ascoltare e porre i propri temi.

I temi, appunto: la scomparsa dei punti programmatici che fino a qualche giorno fa sembravano imprescindibili dimostra un primo preoccupante effetto Draghi che era facilmente immaginabile ovvero la tentazione dei partiti di nascondersi sotto la sua ombra per poi accoltellarlo alle prossime idi. Se davvero è il momento della serietà allora che si faccia i seri e che questo giro di consultazioni apra un dibattito vero su quali siano gli eventuali punti d’intesa di una maggioranza che potrebbe mettere insieme formazioni politiche inconciliabili fino all’altro ieri.

Perché più continueranno le iperboli sul nome di Draghi senza scendere nella discussione dei punti e più si sente l’odore della truffa. Fingono di prendersi Draghi a scatola chiusa perché sognano di rivendercelo, a scatola chiusa.

Buon venerdì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Rimangono solo l’asinello e il bue

Sono andati a messa, i senatori assenti che hanno affossato lo Ius soli, si sono fatti accarezzare dal loro parroco e hanno pregato a mani giunte in bella mostra con tutta la giunzione che ci si aspetta da un Natale che precede di pochi mesi le prossime elezioni. Staranno inscenando tutta la bontà di cui sono capaci, protagonisti del pranzo in cui loro, da esimi senatori, danno lezioni di mondo come si addice a una classe dirigente sempre diligente alla proiezione che vogliono dare di se stessi.

Faranno foto tutto il giorno stando bene attenti a non inquadrare regali troppo costosi per non inimicarsi “la base”, con qualche spruzzata di qualche nonno ché la vecchiaia ha sempre il suo bell’effetto di tenerezza e, sicuro, inonderanno i propri social con mielose frasi di pace rubate da qualche sito di aforismi trovato grazie a google.

Poi, immancabile, ci sarà il presepe, che di questi tempi è l’olio di ricino a forma di statuette.

Fotograferanno, ignoranti, quell’immagine che rappresenta la nascita di un bambino palestinese rifugiato in Egitto, i tre Magi (un uzbeko, un somalo e un siriano), i pastori pieni di cenci e portatori di malattie, quella madre e quel padre che da irresponsabili hanno pensato bene di avere un figlio senza nemmeno avere una casa e nemmeno un lavoro e in più fotograferanno le pessime condizioni igieniche in cui sono abituati a vivere perché è “la loro cultura”.

Poi racconteranno ai figli e ai nipotini di Babbo Natale, di minoranza etnica lappone che vorrebbe fingersi finlandese.

E alla fine rimangono solo il bue e l’asinello. E l’ipocrisia, a fiumi, insieme al prosecco.

Buon Natale.

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui https://left.it/2017/12/25/rimangono-solo-lasinello-e-il-bue/ – e solo con qualche giorno di ritardo qui.

Babbo Natale seduto sul tavolo

nata2Non mi ricordo più chi diceva che il Natale era un terrificante microscopio che ingrandisce le solitudini e che accarezza le carezze per leccarsi le ferite. Forse non è mai nemmeno esistito qualcuno che dicesse una cosa del genere, ho sempre avuto un pericolante senso della citazione. Però a Natale ci si sveglia sempre con un senso di polvere in testa. Forse più borotalco che polvere.

Ecco, stamattina pensavo a tutti questi auguri che si srotolano come una sfilata di corsa di modelli scalzi e affannati che ci passano tra le mille passerelle che collegano le persone nel mondo. Auguri prestampati come un biglietto da visita banale stampato a cinque euro nella cabina della stazione, auguri urlati come le mani che sventolano in piazza mercato, auguri che si infilzano come un conato di qualcosa che speravi di avere dimenticato, auguri fatti con gli occhi che ti guardano negli occhi appena apri gli occhi, auguri che tutti gli anni sono una richiesta di aiuto per perdere quel tono degli auguri di tutti gli anni, auguri soli come sono soli gli auguri che si sforzano di sorridere, auguri di passaggio che per un giorno sostituiscono il buongiorno, auguri che stanno lì come un presepe scollegati dal resto del mondo, auguri sussurrati come un dovere che si vorrebbe avere il coraggio di sfidare, auguri sussurrati perché si sappiano solo tra loro due, auguri che non arrivano, auguri di padri che disturbano i figli lontani mentre spacchettano i regali di qualcun altro e auguri che rimangono nella penna e te ne pentirai, sicuro.

Stamattina avrei voluto svegliarmi e trovare Babbo Natale con la sigaretta in bocca seduto sul tavolo per bere con noi un buon caffè. Almeno per riuscire a riderci su.

Ah, auguri, eh.

 

Radio Mafiopoli 28 – Lo strano caso dell’ingegnere Lo Verde

Alla fine ce l’hanno insegnato loro che il trucco sta tutto nel leggere i segnali. Sarà per questo, forse, che a qualcuno fa tanto comodo farceli arrivare sempre spaiati i segnali convincendoci poi che siano i modi dell’informazione.

C’era una volta l’Italia dell’ingegnere Lo verde. Non è l’inizio dell’ennesima fiction sugli ingegneri in corsia o una puntata di Fantozzi che latita tutti, l’ingegnere Lo verde è una delle chiavi di quel bordo scivoloso del 1992 su cui a Mafiopoli si è costruita la seconda repubblica. Una repubblica a forma di buccia di banana. L’ingegnere Lo verde telefonava abitualmente a don Vito Ciancimino, e questo sarebbe di per sé abbastanza normale. Ciancimino era il re Mida ingegneristico di Palermo, l’unico uomo che riusciva anche per un vaso di gerani a farsi dare l’abitabilità. Quell’artista futurista incompreso che aveva buttato giù dei vecchiardi e inutili palazzi liberty per sostituirli con delle belle case a forma di pacco, molto meno ricchione. Molto più moderne e meno ricchione. Anzi Vito Bros Ciancimino si incontrava con un certa regolarità presso la sua abitazione Roma con l’ingegnere Lo Verde. E tutti e due sul tappeto della sala progettavano con i mattoncini del lego un’Italia a forma di sbriciola. Chissà che ridere. Ma c’è un però. Dietro le spoglie del metafisico ingegnere Lo Verde c’era una temibile prostata con attaccato Binnu Provenzano tutto intorno. La prostata più ricercata d’Italia. Quella che si dice un prostata latitante (e qui i doppi sensi si sprecherebbero). Ci raccontano di questi amplessi adulteri e furtivi nel processo Gotha a Palermo, di cui a Mafiopoli nessuno parla perché sono tutti impegnati a recensire l’ultimo modello di bambola gonfiabile del re. Le malelingue (che a Mafiopoli sono necessarie come il buco in fondo alla schiena) dicono che non si può dare credito ad un testimone solo perché è omonimo Ciancimino di Don Vito Bros, e solo perché suo figlio, e solo perché ha pianto a lungo mentre l’ingegnere Lo Verde gli rubava la gru dei Playmobil con la cicoria tra gli infissi dei denti. “Del resto – dice il principe cacchiavellico durante l’inaugurazione del ponte da Messina a Pattaya – solo con una libera circolazione di soldi, papelli e di persone si può affermare di essere un popolo libero! E giù un applauso scrosciante come lo sciacquone del cesso.

Intanto le forze dell’ordine (nonostante sia in discussione nel parlamento mafiopolitano di provvedere ad una loro veloce sostituzione con le nuove “truppe di Barbarossa” che finalmente risolveranno una volta per tutte il problema dei gattini sugli alberi) hanno arrestato prima “Cicciotto ‘e Mezzanotte” Raffaele Bidognetti figlio del boss Francesco, Bidet-Gnetti se ne stava mellifluo in quel di Castel Volturno, assorto a finire una partita al cubo di Rubik iniziata nel 1986.

Passa il tempo di uno starnuto e nella settimana del “gomorra libera tutti” viene arrestato Diana, nonostante il cognome, un bel ragazzone di 54 anni masculo al 100%. Dicevano che si fosse trasferito al nord e invece Raffaele Diana detto anche Rafilotto o 2 Cavalli se ne stava a Casal di Principe. Ma siccome è scaltro come una faina latitava in via Torino per confondere le indagini che però non si sono confuse. Sul comodino tenve in bella vista i vangeli, il libro di Padre Pio, la bibbia di Riina ‘u Curtu e gli scritti apocrifi de “Il Padrino”. Il cubo di Rubik no, l’aveva sparato dopo 13 anni che non riusciva a finire il lato rosso. Diana è accusato, tra l’altro, di danno morale alla regione Emilia Romagna per aver fatto sparare il 7 maggio 2007 a Giuseppe Pagano in quel di Riolo di Castelfranco Emilia. Un danno morale incalcolabile per una regione dov’era appena stato messo per iscritto che la mafia non esiste. L’azienda turistica si costituirà presto parte civile. Il ministro alla Sensazione della Sicurezza esulta trionfante in conferenza stampa, poi qualcuno gli sussurra all’orecchio che il sindaco di Castel Volturno Francesco Nuzzo si dimette perche “troppo solo di fronte alla camorra””. Il ministro si scurisce in volto, interrompe il party per un secondo e ordina di spedire anche a lui una bambola di lattice. Bum bum.

Oliviero Toscani, assessore all’omino del cervello del sindaco Sgarbi di Salemi, mette in vendita accendini e magliettine del nuovo marchio brevettato M.a.f.i.a. Qualcuno giù a Mafiopoli si indigna, lui risponde che crea più danni il Grande Fratello. La vecchia storia dell’asino che dice cornuto al bue. Intanto il sindaco Sgarbi dichiara di essere stato minacciato. Sì, dal buongusto.

Ad alcuni amici dei Lo Piccolo per gli amici Lo Pippolo sono stati sequestrati 300 milioni di euro. Nel carcere duro si è passati dal proverbiale champagne per le gemelle Kessler di Cosa Nostra a del più modesto Pinot in offerta.

Intanto, dopo il terremoto abruzzese, in molti con faccia immacolata promettono che nella ricostruzione non arriverà la mafia da sempre esperta nel demolire le ricostruzioni. Errore. Loro ci sono già. Non è mica vero che nel 1999 proprio qui ad Avezzano era stato arrestato Giovanni Spera figlio del boss Benedetto Spera Bel Rosso di Sera? Non è mica vero che, guarda un po’, il Giovannino lavorava nel calcestruzzo? Non è mica vero quel che si dice che i latitanti mafiosi svernino nelle coste adriatiche quando d’inverno le città si svuotano e tranquillizzano? A Mafiopoli la frase “non arriverà la mafia” ormai suona più o meno come “arriverà Babbo Natale”. Amen.

Il senatore Lumia ha ricordato che l’investigatore che “Emanuele Basile è stato un grande servitore dello stato”. In parlamento durante l’applauso tutti a cercare su google.

Per una prevedibile settimana, alla “memoria corta”.

FONTI

http://www.ansa.it/site/notizie/regioni/emiliaromagna/news/2009-05-04_104358329.html

http://napoli.repubblica.it/dettaglio/Camorra-colpo-ai-Casalesi-preso-in-bunker-il-boss-Diana/1627486

http://www.rassegna.it/articoli/2009/04/30/46463/labruzzo-rischia-tra-mafia-e-camorra

http://www.corriere.it/cronache/09_aprile_27/castevolturno_sindaco_dimissioni_7bde7e28-3355-11de-b34f-00144f02aabc.shtml

http://www.ansa.it/site/notizie/awnplus/italia/news/2009-05-04_104363612.html

http://www.ansa.it/site/notizie/regioni/sicilia/news/2009-05-05_105353144.html

http://www.libero-news.it/adnkronos/view/112105

http://www.rainews24.rai.it/notizia.asp?newsid=116991

Radio Mafiopoli 13 – Natale con i buoi

NATALE CON I BUOI

Caro Babbo Natale,
mi chiamo Luigino, quest’anno la letterina di Natale il mio babbo mi ha detto di scrivertela a te e non più ad Andreotti come gli anni scorsi perché ormai, dice il babbo,  quello è fuori di testa e rischiamo che ci arrivi ancora sotto l’albero il sottobicchiere con la faccia di Gelli che il mio fratellino c’è rimasto così male che ha frignato fino ai primi d’aprile. Io gli ho detto al babbo – allora scriviamola al presidente del consiglio! – ma lui dice – lascia perdere… che con il cognome che ci chiamiamo capisce subito che siamo terroni e comunisti e ci regala un corso intensivo di conversione alla fede di Emilio Fede. E io non ho capito se la fede è quella di Fede o intendesse la fede quella maiuscola o la maiuscola era per fede, ma il babbo mi ha detto di smetterla che oramai sto natale ci ha anche la fede, in cassa integrazione.  Allora scriviamola alla minoranza che ci può aiutare! – gli ho detto. E lui ha cominciato a diventare tutto rosso e paonazzo e a ridere come un ossesso che si è subito bevuto con la mamma un bel bicchiere di rosso in due… erano anni che non lo vedevo andare a letto così felice e contento. Allora caro Babbo Natale quest’anno la scrivo a te la letterina, che ormai come dice mio papà sei il candidato più accreditato per farci uscire dalla crisi.
Quest’anno giù a Mafiopoli ci hanno detto a scuola che sarà un natale di crisi nera:  che neanche ci hanno avuto i soldi per stamparci i manifesti per prometterci  più acqua per tutti che facevano tanto aria di natale anche se non ci credeva più nessuno, perché a natale alla fine è il pensiero che conta.
Se passi da Palermo mandaci giù dal camino ai miei amici mafiopolitani uno di quei libri dell’autogrill su come gestire ottimizzati l’azienda 2.0 e tutte quelle storie lì. Perchè proprio in questi giorni la polizia ci ha fatto 99 ingabbiati che volevano rimettere in piedi la nuova commissione mafiopolitana come ai bei tempi di Riina ‘u Curtu (che il babbo dice che era una specie di parlamento ma molto più silenzioso e con gli scuri alle finestre molto più scuri). Ecco se passi di lì almeno s’imparano che se si mettono a fare la commissione in 99 succedono quei naturali problemi di convivenza tipici della democrazia. Pensa, Babbo Natale, che a capo della commissione antiantimafia questi gran geni dei boss ci volevano metter Bernardo Capizzi si vede perché ci aveva il cognome di uno che aveva già capito tutto,  ed è un bel giovanotto di 64 anni. Papà dice che deve essere proprio l’anno santo dei rinnovamenti a favore dei giovani in tutti i campi, questo. Ecco se tu ci regali un bel manuale a questi bei boss mafiopolitani magari cominciano a capirci un po’ di più e magari anche a curare un po’ di più l’immagine e ad affittarsi una sala riunioni decente senza riunirsi sempre in queste casupole tutte sgarruppate con l’arbre magique alla ricotta che viene la tristezza nelle ossa solo a guardarle. Se riesci e non è troppo disturbo a Riina U’Curtu il libro  portaglielo solo con le figure, altrimenti si incaglia al primo congiuntivo che dice che i congiuntivi sono il vero problema di Mafiopoli e che li hanno inventati i comunisti. E se vuoi proprio esagerare e fare un figurone, Babbo Natale, a Zu’ Binnu Provenzano portaglielo su una bella carta intestata a forma di bibbia, che sono così sicuro al cento che si commuove perché ci ha il cuore commuovibile, mica solo la prostata. E magari salutami Raccuglia e Messina Denaro, perchè babbo mi dice che sei l’unico che ha il loro numero di telefono. Perché, dice babbo, quella è gente che se ha bisogno di solito ti chiamano loro.
Se passi da Napoli butta giù un altro problema a caso di quelli tuoi che c’hai nel sacco. Così ci dimentichiamo presto anche questi ultimi e li spediamo insieme a tutti gli altri nella discarica della distrazione. E visto che ci sei, se puoi controllare nel tuo mazzo di chiavi delle porte di tutto il mondo guarda se ti avanzano quelle per la discarica, giù a Chiaiano: che siccome è un posto non pericoloso e sotto controllo come continuano a dirci magari, visto che sono così sicuri e ci rassicurano, gli prepariamo il cenone sopra la montagnola. E voglio vederli che faccia fanno mentre si mangiano gli astici che diventano fluorescenti.
Da Gomorra puoi anche non passare, tanto lì ci passa qualcuno di Sandrocàn Schiavone a darci la mesata e a natale pure con la tredicesima. E poi se ti vedono in centro tutto rosso e con le renne ricominciano a frantumarceli che è colpa di Roberto e del suo libro e ricomincia la tiritera. E magari regala un fiore a Rosaria Capacchione, e prova a convincerla anche tu che in una Mafiopoli civile è normale dover vivere in freezer per aver scritto i fatti degli altri. Che sono sicuro che non ci crede ma almeno le strappi un mezzo sorriso.
Se passi da Buccinasco (occhio alle code in tangenziale) lascia nel camino del sindaco Cereda uno di quei pupazzi cinesi che gli tocchi il pancino e ripetono le parolacce quelleche non si devono mai dire: pipì, pupù, scemo e mafia. Così si tranquillizza e agisce con calma: nei beni confiscati ci può mettere gli uffici della commissione sull’assegnazione dei beni confiscati e ha risolto il problema, alla Macchiavelli, e a Saviano ci sarà poi tempo per dedicargli una via. Come nei paesi civili.
A Milano buttaci giù dal camino una commissione per l’immagine antimafia. Così almeno riescono a convincerci che una commissione antimafia legittima la mafia ed è dannosa, e magari riescono a convincerci anche che la mafia non esiste e il pluripregiudicato Marras che stava nel cantiere qui dietro al ConDuomo fiscale aveva preso un senso unico e stava semplicemente facendo manovra. Così come Liggio era in via Ripamonti perchè fanno lì il bitter campari come non lo sa fare nessuno. E magari ci facciamo anche uno scherzo. Ci scrivi in piazza Duomo che il santo expò è anticipato a settimana prossima, così noi ci mettiamo seduti sulle scale a guardarci bene chi arriva di corsa in comune suonare il campanello.
Caro Babbo Natale, per tutti gli altri facci due regali. Due palle, mica quelle di Natale, due palle di quelle non rimovibili e un sacco di schiene dritte, per sopportarci mentre non ce la facciamo a non dire che disonorarli è una questione di onore.
Per me, Luigino, Babbo Natale, non regalarmi niente, magari, se fosse possibile, vieni a riprenderti qualcuno di questi politici che ci hai portato l’anno scorso e che a me e al mio fratellino ci sembrano un po’ scassati, e magari visto che hanno solo un anno, magari sono ancora in garanzia.