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donne

Manca poco

“La danza è santa, sensuale, ed è un modo per essere molto potente e un po’ pericoloso, senza essere violento.”

Eve Ensler

Trovate tutto qui

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#apply194 ce lo chiede l’Europa

A proposito di Lombardia, laicità e diritti: sulla legge 194, le sue applicazioni e i troppi obiettori di coscienza in Consiglio Regionale come gruppo SEL abbiamo portato avanti la battaglia fin dall’inizio (soprattutto Chiara Cremonesi, trovate tutto sul suo sito qui) e oggi Il Fatto Quotidiano riporta che alla fine, oltre a Sinistra Ecologia e Libertà, ce lo chiede anche l’Europa:

Questa volta il tema è la legge 194sull’aborto e il tasso abnorme di medici obiettori di coscienza. Il Comitato europeo per i diritti sociali del Consiglio d’Europa ha infatti dichiarato ricevibile il ricorso presentato contro l’Italia dall’ong International Planned Parenthood Federation European Network (Ippf En), cui ha collaborato la Laiga (Libera associazione ginecologi per l’applicazione della l.194). La loro tesi è che l’alto numero di personale medico obiettore non garantisca il diritto delle donne ad avere accesso alle procedure per l‘interruzione volontaria della gravidanza come stabilito dalla legge 194. 

Per l’ong, la 194 non garantisce, come dovrebbe, il diritto all’ivg, e quindi viola il diritto delle donne alla salute e quello a non essere discriminate, sanciti dalla Carta sociale europea. L’Ippf En sostiene nel ricorso che la violazione della Carta sociale è dovuta all’articolo 9 della legge, che nel regolare l’obiezione di coscienza degli operatori sanitari non indica le misure concrete che gli ospedali e le Regioni devono attuare per garantire un’adeguata presenza di personale non obiettore in tutte le strutture sanitarie pubbliche, in modo da assicurare l’accesso alla procedure per l’interruzione di gravidanza. Il numero insufficiente di medici non obiettori, soprattutto in alcune regioni, mina il diritto delle donne alla salute e discrimina quelle che per motivi finanziari non possono recarsi in un’altra regione o in strutture private.

Del resto, che l’obiezione di coscienza sia un fenomeno in continua crescita in Italia, lo confermano anche i dati dell’ultima relazione al Parlamento del ministero della Salute sulla legge 194. Tra i ginecologi si è passati da un tasso di obiezione del 58,7 per cento del 2005 al 70 per cento circa del 2010, tra gli anestesisti dal 45,7 per cento al 50,8 per cento, e tra il personale non medico dal 38,6 per cento del 2005 al 44,7 per cento del 2010. Al sud si raggiungono picchi tra i ginecologi superiori all’80 per cento: è il caso di Basilicata (85,2 per cento), Campania (83,9 per cento), Molise (85,7 per cento), e Sicilia (80,6 per cento)-

Il Comitato europeo, per contro, ha bocciato la richiesta del Governo italiano di dichiarare irricevibile il ricorso, sulla scorta del fatto che uno Stato non può limitare il numero di medici o di altri operatori sanitari che decidono di ricorrere all’obiezione di coscienza. Vista la gravità delle accuse, il Comitato ha deciso di dare precedenza al ricorso e limitare i tempi a disposizione delle parti per la presentazione delle loro tesi sul merito. Il Governo italiano ha tempo fino al 6 dicembre per inviare le proprie argomentazioni, mentre l’Ippf fino al 17 gennaio per rispondere.

#legge40 nel nostro piccolo, un segnale dalla Lombardia

Il paventato ricorso del Governo contro la sentenza della Corte Europea sulla legge 40 è un atto politico che lede lo spirito laico delle istituzioni sancito dalla Costituzione e, ancor di più, la libertà delle donne. Ne avevamo parlato qui e riteniamo doveroso operare, ognuno nel proprio ambito, per affermare con forza questa posizione. L’integralismo sulla pelle delle donne è una pratica non solo contraria ai nostri princìpi ma fuori luogo per un governo legittimato dall’urgenza piuttosto che dalla politica. Però scriverne non basta e, visto che abbiamo l’onore di rappresentare una parte di cittadini nel (desolante) Consiglio Regionale della Lombardia ecco la mozione che proporremo come urgente nella seduta di giovedì 6 settembre:

MOZIONE IL CONSIGLIO REGIONALE DELLA LOMBARDIA

PREMESSO CHE

la Corte europea dei diritti umani (sentenza 28 Agosto 2012) ha bocciato la legge 19 Febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita) nella parte in cui vieta a una coppia fertile ma portatrice sana di fibrosi cistica l’accesso alla diagnosi preimpianto degli embrioni;

PREMESSO INOLTRE CHE

i giudici della Corte di Strasburgo hanno stabilito che la legge 40/2004 ha violato il diritto al rispetto della vita privata e familiare di Rosetta Costa e Walter Pavan, una coppia che desiderava utilizzare la tecnologia riproduttiva e assistita per avere un bambino senza che il feto venisse trovato affetto da fibrosi cistica;

CONSIDERATO CHE

è opportuna una modifica della legge 40/2004 affinché si possa avere una regolamentazione della riproduzione medicalmente assistita in linea con i parametri europei ma, soprattutto, con il rispetto e la tutela dei diritti umani;

INVITA

il Governo a non ricorrere contro la sentenza 28 Agosto 2012 della Corte europea dei diritti umani, ma ad adoperarsi per una concreta e radicale modifica della legge 40/2004 al fine di giungere ad una legislazione in linea con le disposizioni europee e il rispetto dei diritti umani

Milano, 3 settembre 2012 

Giulio Cavalli (SEL)

Chiara Cremonesi (SEL)

 

Riscrivere i femminicidi: l’etica e il giornalismo

Prendete una notizia di Repubblica:

Notizia originale di oggi su Repubblica.it

Fano, uccide la moglie in un raptus di gelosia

L’uomo, di origini albanesi, ha accoltellato la donna, che ha tentato di difendersi inutilmente, dopo un violento litigio davanti ai quattro figli. Poi ha chiamato la polizia che lo ha arrestato

Un albanese ha ucciso la moglie questo pomeriggio, poco prima delle 16, a Fano, nell’abitazione della coppia in via Goldoni. Sembra che l’omicidio sia da attribuire alla gelosia dell’uomo nei confronti della vittima. L’uomo, che è un muratore di 40 anni, incensurato, ha accoltellato la moglie, 32 anni, al culmine di un litigio. La coppia ha 4 figli. L’albanese subito dopo l’omicidio si è costituito alla polizia. Ora è in commissariato in stato d’arresto. La vittima si chiamerebbe Mariola e l’aggressione sarebbe avvenuta davanti ai figli della coppia. L’uxoricida avrebbe infierito più volte con un coltello sulla vittima, che ha cercato inutilmente di difendersi.

Ora immaginatela riscritta con etica e responsabilità. Magari così:

Fano, giovane donna uccisa a coltellate davanti ai suoi figli.

Arrestato l’autore del violento femminicidio: era il marito.

Mariola F. aveva 32 anni e faceva la casalinga. Aveva quattro figli piccoli ed è proprio davanti a loro che oggi alle 16 suo marito S. F. l’ha assassinata alla fine di un litigio per futili motivi, accoltellandola ripetutamente mentre lei cercava senza esito di difendersi. Dopo aver compiuto l’efferato femminicidio l’assassino, un muratore di 40 anni, si è costituito alla polizia e ora si trova in stato di arresto al commissariato di Fano. I figli della coppia sono stati affidati ai nonni materni. Le donne che subiscono violenza psichica o fisica, fuori o dentro le mura di casa, possono denunciare chi le minaccia al numero 06.37.51.82.82 dell’associazioneTelefono Rosa, dove troveranno protezione e supporto legale e psicologico.

L’ha fatto Michela Murgia. E sarebbe un paese più civile. Sicuro.

 

Legge 40: i paradossi sul corpo delle donne

L’Europa ancora una volta mette impietosamente in luce i drammatici paradossi della legge italiana. In questo caso ad essere nuovamente messa in discussione è la legge 40 che viene in parte bocciata dalla Corte Europea perché lederebbe il diritto al rispetto della vita privata e familiare. A scoperchiare il pentolone è una coppia che dopo il pronunciamento di oggi dovrà essere risarcita dallo Stato con 15mila euro per danni morali e 2.500 euro per le spese legali.
Il nocciolo della questione è all’interno della normativa nel punto in cui si sancisce l’impossibilità per una coppia fertile, ma portatrice sana di fibrosi cistica di accedere alla diagnosi preimpianto degli embrioni, quando un’altra legge dello Stato permette alla coppia di accedere ad un aborto terapeutico nel caso in cui il feto fosse affetto da fibrosi cistica. Semplificando nel nostro Paese la donna deve prima farsi impiantare l’embrione, successivamente si può verificare se è affetto da fibrosi cistica e in caso accedere ad un aborto terapeutico con i conseguenti disagi fisici e psicologici per la donna.
Si riapre per l’ennesima volta una discussione che una volta per tutte dovrebbe essere affrontata con serietà e senza strumentalizzazione politica. Temi tanto delicati non dovrebbero essere utilizzati per assicurarsi bacini elettorali ed è per questo che ci auguriamo che l’attuale Governo attui immediatamente provvedimenti concreti che possano correggere le linee della legge 40 in previsione di una riscrittura da parte di un nuovo esecutivo politico e non tecnico.

Lo scrive Monica CeruttiE, come va di moda, ora ce lo chiede l’Europa.

E voi no: le critiche che ci meritiamo

Un commento che merita di essere un post. Scritto da Patty sotto questo articolo. E che dovremmo leggere e rileggere, stampare per le nostre scrivanie, per i dirigenti e per rispondere che sì, riusciamo a farle subito e portarle a compimento in tempi certi quelle proposte che sono nel nostro dna e che sembra ci facciano così tanta paura da rinunciare a farne una bandiera politica. Di solito si propagano e si mettono in evidenza i complimenti, che fanno curriculum. Questa è una critica che spiega molto di più di tanti sondaggi:

Posso dirti, caro Giulio, che le tue sono domande pleonastiche?
Possibile, davvvero possibile, che anche i migliori tra voi, persone di tutto rispetto come te, Civati, Chiara Cremonesi, la Alicata, Ignazio Marino, non percepiate che noi elettori PD o (come me ) ex PD delusi dal PD che hanno votato Sel, o magari Idv, siamo più avanti, molto più avanti di questi dirigenti del Pd e ora anche di Sel?
Com’è possibile che ancora vi e ci chiediate queste cose così ovvie? Noi vorremmo andare avanti. Siamo già, credimi, molto avanti. Molto oltre. Spaesati, però, e con il cerino in mano. Una bella collezione, di cerini:
Pronti a votare per il MATRIMONIO delle coppie omosessuali, oltre alle unioni civili. E voi, d’un tratto, NO.
Pronti a votare lo ius soli, ma voi, tutti al completo, NO.
Decisi, anzi, ferrei, nel non volere alleanze con l’UDC, a costo di NON governare, perché noi non vogliamo saperne PIU’, MAI PIU’ delle BInetti, dei Formigoni, dei Buttiglione, dei Giovanardi, dei Casini, dei CL e dei cilici e persino dei boyscout e voi, NO. Pensa un pò, Giulio, noi faremmo anche piazza pulita delle giovani marmotte alla Letta Enri, sai, quello che sponsorizzò Ferrandelli? Si accomodi fuori, prego, a casa Casini in Caltagirone, Letta Enri. Che prima o poi tradisce, ci puoi giurare, e noi, nel nostro centrosinistra ideale, ne facciamo anche a meno. Ci portiamo avanti. Siamo avanti. Ma voi no.
Noi, sai, eravamo pronti a REALIZZARE misure concrete per le PARI OPPORTUNITA’, ma voi, boh?
Eccoci, qui, invece, nel 2012, a dover gridare che la legge 194 NON si tocca. E si rispetta. Che il n. dei medici obiettori deve essere reso pubblico e PUBBLICATO in ogni H e NON deve essere superiore a quello dei NON obiettori.
Che la pilloa del giorno dopo NON può essere negata da nessun farmacista. Dei farmacisti obiettori?! Ma siamo matti? E’ illegale! E voi? Boh? Ragazze, donne, intanto, arrangiatevi.
Noi strapronti a votare le donne, tante donne. E dove sono? Dov’è, Giulio, la canditata donna alle primarie del centrosinistra? Dove?
Dove sono le proposte e le leggi nuove e al passo con questi tempi maledetti contro la violenza sulle donne?
Dove sono gli interventi, duri, quotidiani del PD e di Sel, sui Femminicidi giornalieri e sul linguaggio offensivo dei media nei confronti delle donne?
E potrei continuare per giorni.
Sai, siamo molto stanche, noi donne, degli uomini. Dei politici. Di questo paese.
Per dire, noi donne, se avessimo un nostro partito, per prima cosa andremmo avanti, certo, che lo siamo già, di natura, avanti. Siamo nate molto, molto multi tasking noi donne, per forza di cose, ma prima, caro Giulio, torneremmo anche indietro a riprenderci rapide, due o tre cose fondamentali che quando c’erano e funzionavano abbastanza bene, prima dell’osceno governo dei lanzichenecchi del PDL, prima delle Moratti, delle Minetti, delle Gelmini, ci servivano. Ci aiutavano. Tutti.
Sai? quelle due o tre cose PUBBLICHE e garantite a tutti i cittadini che ne determinano il benessere fisico e l’apprendimento. L’Abc di uno stato civile. La salute, l’istruzione e la cultura. Quando il liberismo sfrenato vuol scipparle ai cittadini in nome del profitto, di solito comincia con i soldi ai privati. Poi con i tagli. Poi con le assicurazioni(ne ha appena parlato Monti ) Poi, con i cittadini fuori dal welfare.
Loro, sono andati molto avanti, caro Giulio.
Noi, che una volta votavamo centrosinistra, sai, quegli ingenui che stanno ancora aspettando la legge sul conflitto di interessi, noi, lo sappiamo.

D’altronde non c’è nemmeno un nome per le mamme che perdono i figli.

Quando si banalizza il senso di famiglia, quando si ritiene di sapere cos’è una famiglia giusta, quale sia quella sbagliata, quando si pensa di regolamentare gli affetti per dogma o per legge, ecco, farebbe bene leggere post umanissimi come questo di Spora:

Alla fine non ho avuto bambini.
Anni fa li volevo ma non ha funzionato.
Credo sinceramente che sarei stata una mamma fichissima.
Una mamma di quelle che trattano i figli come essere umani e li accettano in quanto tali, con le loro idee, anche se sono dei cretini. Perché quando si figlia non si sa mai coqa viene fuori, e non puoi pretendere che facciano le cose fighissisme che immagini tu per forza.
Sono gente normale anche loro.
Ci saremmo divertiti.

A volte non funziona per motivi sconosciuti.
A volte la mente ti sterilizza il corpo.
Non capirò mai perché non ha funzionato.
O forse l’ho capito. Il mio corpo ragiona meglio di me.

Una. Due. Tre.
Quattro. Cinque. Sei.

Sei inseminazioni artificiali. Tre anni a piangere sui test negativi, a farmi le punture nella pancia.
Un utero perfetto. Ovaie trombe e ovuli bellissimi.
Un collo menomato dai tumori, una sterilità stupidissimamente meccanica.
Niente di grave, Madame.
E invece.

Non credo che si possa chiamare lutto, se i bambini non ce li hai.
D’altronde non c’è nemmeno un nome per le mamme che perdono i figli.

Nei commenti al post Aliyah dice che “la vita è breve ma larga, e ci sta tutto ciò che vogliamo”.

Mamma, manager e la terza via

Una sincera, delicata ma decisa riflessione di una mamma tra le correnti ostinate del lavoro e della famiglia. E la rotta da tenere. E’ sul blog di Valentina. Con le parole che dovremmo adottare subito per farle crescere in politica.

Perché ci sono due tipi di conciliazione: quella materiale, fatta di orari, di incastri, di badge e di asili nido, e quella, molto più delicata perché solo mentale, fra quello che hai sempre immaginato di diventare dal punto di vista professionale e quello che realmente riesci ad essere quando al tuo essere manager si aggiunge l’essere mamma.
Perché avrei voluto tanto fare come molti mi consigliavano “tu alle 18 vai a casa, molla tutto e vai, ti dedichi a tua figlia e torni il giorno dopo”, ma il fatto era che da un certo livello di responsabilità in poi non funziona così: il tuo lavoro deve in qualche modo coincidere con la tua passione, e non riesci a staccare semplicemente spegnendo il pc.
Proprio perché l’azienda in cui ero è speciale, avrei anche avuto la possibilità di passare al part-time, ma ad un certo punto il tema, nella mia testa e nel mio cuore, era “che cosa voglio veramente? sono ancora così innamorata della carriera? Ma soprattutto, riuscirei, con il part-time, ad avere ancora il rapporto che ho sempre avuto con il lavoro? riuscirebbe ad essere ancora la mia passione?“. Mantenendo il paragone con la vita di coppia, mi sentivo come quella moglie che, capendo di non amare più il marito, e di essere attratta da un’altra vita, gli dice “rimaniamo insieme. ma vediamoci di meno. ah, e fra l’altro io adesso ti amo solo un po’”.
Perché se la carriera è sempre stato un tuo obiettivo, e se hai sempre amato sopra ogni cosa il lavoro, lo stress e la tensione degli obiettivi, e a quella dimensione hai sempre dedicato anima, cuore, giorni e ore della tua vita, quando ti rendi conto che tua figlia e i tuoi sogni cominciano a farsi largo e a reclamare tempo e spazio, in una realtà come quella italiana, dove la presenza fisica in ufficio (spesso oltre le 18) è ancora fondamentale, scappare alle 18 o addirittura avere una riduzione di ore non serve a nulla, anzi, spesso serve solo a farti sentire ancora più esclusa dai giochi, dalle decisioni, dai momenti importanti, e allora a volte ti ritrovi a pensare “o tutto o niente”. […]

Da settembre avrò una vita – spero – più flessibile. Che, se vogliamo, è sinonimo di precaria, ma mi piace pensare che sarò semplicemente più padrona del mio tempo.
Non farò solo la mamma, ma cercherò di dedicarmi ai tanti progetti che non ho mai potuto curare fino ad oggi.
Collaborerò con una realtà che mi piace tantissimo.
Scriverò, e credo non solo per me.
Cercherò di raccontare quelle storie che mi girano in testa da tanto tempo, e che hanno bisogno di essere messe su un foglio di word.
Capirò cosa vuol dire fare downshifting, dato che sì, ho la fortuna di poter rinunciare  temporaneamente ad uno stipendio fisso, ma non abbiamo vinto all’enalotto, e ora è tempo di smettere di sprecare (e non vedo l’ora di diventare una di quei cherry picker degli ipermercati, che tanto mi affascinavano quando li studiavo in ufficio).
Cercherò di passare più tempo con Guia perché oggi è il diciottesimo giorno che passiamo insieme 24 ore su 24, e mi rendo conto che i minuti passano velocissimamente e ti addormenti la sera con una bambina e ti svegli la mattina con una ragazzina che ragiona con te.
E, proprio perché dal mondo del lavoro e dei contratti a tempo indeterminato sono uscita in un modo un po’ atipico, continuerò a ragionare, su questo blog, sui temi di mamme al lavoro e conciliazione. Perché ho l’impressione che in Italia, in mancanza di leggi, ma soprattutto di una mentalità che faciliti la vita delle mamme che lavorano fuori casa, le soluzioni per essere felici dovranno per forza essere atipiche e creative.

La donna che morse il cane

Nella prefazione del libro, Alberto Spampinato, direttore dell’associazione Ossigeno per l’informazione, mette l’accento sui rischi e le difficoltà che devono superare i giornalisti “per riferire le notizie più importanti: quelle che nascono in periferia, lontano dalle redazioni dei grandi giornali, e riguardano fatti di mafia, corruzione, malaffare, uso distorto dei soldi pubblici”. Proprio intorno alle redazioni di giornali locali si intrecciano le tre storie dell’e-book. “I giornali locali sono quelli che subiscono maggiormente le minacce e i tentativi di intimidazione, perché raccontano il territorio così come lo vedono”, dice Adinolfi. “Nei giornali locali fare il giornalista è ancora più difficile perché ti trovi ogni giorno a contatto con le persone di cui scrivi”. Adinolfi racconta la sua giornata con Marilena Natale in giro per Casal di Principe: “Entrando in un bar poteva capitare di trovarsi di fronte a un personaggio di cui aveva parlato in un articolo il giorno precedente”.
“I media nazionali dovrebbero attingere dai giornali locali, non lasciarli soli e aiutarli a non essere dimenticati quando accadono queste minacce”, dice. “Spesso c’è la solidarietà del momento ma poi il giornalista si trova a essere solo e a incontrare per strada la persona che l’ha picchiato o minacciato”.

La donna che morse il cane. Storie di croniste minacciate di Gerardo Adinolfi è il libro di tre storie di croniste minacciate: Rosaria Capacchione, Marilena Natale e Marilù Mastrogiovanni. Madri, mogli, figlie, fidanzate. Donne che hanno la sola colpa di aver raccontato con lucidità i fatti e le contraddizioni della loro terra. Ed è un libro importante per non perdere il ‘realismo’ sull’informazione antimafia in Italia. Che è molto più presente di quanto spesso si insista a credere (e far credere) e ha l’odore della minaccia abituale. Ecco, se riuscissimo una volta per tutte a subire meno la fascinazione del pericolo e lo studiassimo come fenomeno da sconfiggere, forse perderemmo un po’ di poesia ma potremo costruire meccanismi di solidarietà difensiva. Militare, istituzionale, civica. Anche perché i dati per le analisi e il dibattito ci sono tutti: l’Osservatorio sui giornalisti minacciati diretto dall’amico Alberto Spampinato da anni monitora gli episodi. E chiede misura e responsabilità. Oltre alla notizia.

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