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legge elettorale

Le volte che ti vergogni di stare qui (al Pirellone)

gallery_4b54dd9e37094_PirelloneAl posto dei pacchetti di natale quest’anno in Regione Lombardia sono arrivati gli “spacchetti“:

Grazie alla nuova legge elettorale della Regione Lombardia, approvata il 26 ottobre, il medesimo giorno in cui fu sciolto il Consiglio regionale, i gruppi presenti in Consiglio possono evitare la faticosa corsa alla ricerca delle firme per presentare la lista alle elezioni. Bastano tre consiglieri per formare un gruppo consigliare e così è accaduto che alcuni consiglieri abbiano “spacchettato” i vecchi gruppi e, uscendosene, hanno dato vita a nuove formazioni.

Dal Pdl sono nati “Lombardia popolare” di area formigoniana con Doriano Riparbelli, Angelo Gianmario, e Marcello Raimondi, questi ultimi due indagati per peculato: tutti e tre in appoggio a Gabriele Albertini. Ancora dal Pdl nasce ”Centrodestra nazionale” che ospita gli ex An Roberto Alboni, Romano La Russa e Carlo Maccari, tutti ex An.

Poi ci sono i gruppi autonomi nati dal Carroccio: si tratta di “Tremonti – 3L Lista, Lavoro e Libertà“, di cui fanno parte Massimiliano Romeo, Jari Colla e Roberto Pedretti. Ancora leghisti sono Angelo Ciocca, Ugo Parolo, entrambi indagati per i presunti rimborsi illeciti, e l’inquisito ex presidente del Consiglio, Davide Boni. Hanno creato il nuovo gruppo “Popolo della Lombardia“.

Infine il quinto gruppo, il “Centro popolare lombardo – I moderati“, è stato costituito dagli Udc Enrico Marcora e Valerio Bettoni e dall’Idv Franco Spada. Questo gruppo è in appoggio al candidato presidente di centrosinistra Umberto Ambrosoli.

I cinque nuovi gruppi peseranno sulle casse pubbliche per 100mila euro e l’indennità di un capogruppo è più alta rispetto a quella di un consigliere: fino a 1.300 euro in più al mese. Per i tre mesi che mancano per le elezioni si calcolano uscite supplementari per altri 70mila euro.

Dispiace che Umberto Ambrosoli non abbia speso una parola, una parola una, sul Centro popolare lombardo e sulle dinamiche del parto. Peccato.

#primarieparlamentari una bella onda

L’avevamo scritto qualche giorno fa qui. E il discorso vale per SEL e oggi ancora di più per tutto il centrosinistra che si è delineato (guarda un po’) proprio grazie alle primarie. Con questa legge elettorale affrontare una campagna elettorale senza avere scardinato il porcellum con gli strumenti che un partito può praticare sarebbe stupido, egoista e suicida. Ne scrive Pippo da tempo ormai, e oggi mi arriva un appello da sottoscrivere in pieno:

Ricostruire il Paese. Facciamo la nostra parte.

A Pierluigi Bersani, Nichi Vendola, Riccardo Nencini;

Alle assemblee nazionali di Partito DemocraticoSinistra Ecologia e Libertà Partito Socialista Italiano;

Le primarie dei Progressisti appena terminate hanno regalato una bellissima pagina di partecipazione e di festa ad un Paese, il nostro, offeso e ferito da troppi anni di pessima politica che hanno allontanato i cittadini dall’idea di bene comune e ci restituiscono l’immagine di un’Italia che ha scommesso sul proprio futuro affidando al centrosinistra una grande responsabilità: il cambiamento.

Se la crisi economica del Paese e la crisi morale che ha attraversato la politica dipingevano un’Italia rassegnata, impaurita, arrabbiata o disinteressata, il 25 novembre e il 2 dicembre 2012 oltre tre milioni di elettrici ed elettori hanno voluto dare un segnale forte, chiedendo più coraggio, più partecipazione, più volontà di voltare pagina. Insieme, per restituire all’Italia la speranza.

Se, come è prevedibile, le prossime elezioni politiche saranno regolamentate dal Porcellum, una legge infame che ha tolto ai cittadini il potere di scelta, è però nelle nostre possibilità di donne e uomini di centrosinistra fare in modo che al popolo delle primarie, alle nostre elettrici e ai nostri elettori, siano date le chiavi per esprimersi sui rappresentanti in Parlamento che in primavera saranno chiamati a governare l’Italia nei prossimi cinque anni.

Diceva Gandhi: “Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformati in azioni. Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”.

Ecco perché noi, donne e uomini del centrosinistra, chiediamo ai partiti che hanno partecipato alle primarie Italia Bene Comune, PD SEL e PSI, di attivare tutti gli strumenti, dalle primarie alle assemblee popolari, per la discussione e la scelta dei candidati nelle nostre liste. Per restituire a chi ha partecipato alle primarie la fiducia che è stata riposta in noi.

C’è chi il cambiamento lo invoca a gran voce. Noi vogliamo esserlo, davvero.

Continuare a scegliere: primarie per i parlamentari. Anche (e soprattutto) in SEL.

Sono sempre stato un sostenitore delle primarie: sfioro il feticismo sull’argomento della partecipazione popolare e credo che anche i risultati politici di questi ultimi giorni sul piano nazionale stiano comunque garantendo un dibattito che almeno evidenzia pregi e mancanze che nel bene o nel male danno un esatto quadro politico (poi su un dibattito durato due ore in prima serata di una rete pubblica non avere mai sentito parlare di cultura e avere ascoltato concetti così approssimativi sulle mafie mi lascia mediamente perplesso, anche). Ho già detto che la partecipazione (se reale e poco condizionata) è un ottimo antidoto all’assuefazione e al disamore per la politica (qui) e anche in Lombardia ho ritenuto indispensabile il passaggio alle primarie anche per il candidato largamente incoronato dalle forze politiche (ma lo sarà davvero?).

In questo primeggiare di primarie non deve sfuggire una legge elettorale che probabilmente rimarrà com’è e ci porta in dote anche questa volta i nominati che siederanno in Parlamento. Voglio parlare semplice e chiaro: le primarie per i parlamentari dando voce ai cittadini sono il passo indispensabile per “certificare” il cammino delle primarie nazionali e proseguire sul politicissimo e civilissimo percorso della relazione tra elettori ed eletti. Lo scrive Civati riferendosi al “suo” PD e non potrebbe essere altrimenti per SEL che sulle primarie è nato e per le primarie si batte dalla Presidenza del Consiglio al comune di qualche centinaio di abitanti.

Certo, mi dice qualcuno, il percorso è questo e già segnato. Ma ripetersi conviene. E non essere di “quella partita” mi rende libero di scriverlo con il sorriso.

Se non ora quando?

Siamo (quasi) alla fine. Per capire la schizofrenia del Carroccio bisogna distinguere due piani: quello nazionale e quello lombardo. A livello nazionale Maroni non vorrebbe rompere con il Pdl proprio mentre insieme stanno concordando la riforma della legge elettorale mettendo a rischio anche il governo del Piemonte e del Veneto. In Lombardia però si ragione in un altro modo: Formigoni è finito, presto o tardi arriverà qualche altra novità dalla procura e se la Lega non si sgancia adesso finirà per apparire come quella che lo ha sostenuto fino all’ultimo. Dunque meglio staccare la spina subito e passare dalla parte degli eroi almeno all’ultimo minuto, dopo vent’anni di governo insieme. Per questo i leghisti hanno già organizzato anche una specie di referendum: sabato prossimo nei loro gazebo chiederanno ai cittadini se vogliono che Formigoni resti o vada a casa. La risposta sembra scontata vista l’esultanza con cui la base leghista ha accolto la decisione del consiglio federale.

Un articolo da condividere in pieno di Giorgio Salvetti per Il Manifesto. Comprese le ultime righe.

Dal porcellum al monstrum

Tra le proposte incredibilmente ancora allo studio delle forze politiche c’è anche un proporzionale puro, e persino le liste bloccate (ancora!). Il tema non è dei più affascinanti, me ne rendo conto, ma sono necessarie alcune brevi riflessioni sul punto.

Parafrasando il rag. Ugo Fantozzi, il proporzionale “è una cagata pazzesca”.

Il sistema proporzionale non permette al cittadino di sapere per chi sta votando. O meglio, lo illude di scegliere tra le molte proposte quella che ritiene più vicina al proprio sentire, salvo poi non sapere chi governerà, con quale coalizione e come dovrà adattarsi il programma di governo per non scontentare nessuno. Prima si formerebbe il Parlamento e poi gli schieramenti verificherebbero le possibili convergenze su una coalizione di governo. Delle miserevoli conseguenze per il Paese ha parlato diffusamente Libertà e Giustizia (leggi qui).

Personalmente, se la cosa non disturba, preferirei conoscere, con qualche giorno di anticipo sulla data delle elezioni, il candidato Presidente del Consiglio, quali partiti lo sostengono e quale sia il programma di governo. Magari, se non chiedo troppo, vorrei essere consultato con delle primarie per poter “dire la mia” almeno sullo schieramento per il quale ho intenzione di votare.

Peggio del proporzionale, però, è la lista bloccata. Un vero cancro nel nostro Paese. Se fossimo civili e se i partiti si facessero carico davvero di garantire le migliori condizioni di governo ai cittadini, il sistema in sé non sarebbe negativo. La possibilità di selezionare “a priori” i rappresentanti comporterebbe il vantaggio per il partito di garantire tra i propri parlamentari un livello morale e tecnico elevato.

Ma non è così. I vertici dei partiti hanno dimostrato la loro totale inettitudine a selezionare una buona classe dirigente. Gli esempi sono sotto gli occhi di tutti: Razzi, Scilipoti, Calearo, Barbareschi, Colaninno, Dell’Utri, Cosentino… Nella classifica del peggio, svetta Nicole Minetti. La show girl consigliere regionale è l’emblema della assoluta incapacità di selezione da parte del partito. Nel sistema elettorale regionale i consiglieri vengono scelti attraverso le preferenze. Tutti, tranne quelli del c.d. “listino presidente”. I fedelissimi. Gli eletti a prescindere (purché il candidato presidente vinca la competizione elettorale).

Francesco Arcari apre un dibattito sulla legge elettorale su Non Mi Fermo. L’articolo è da leggere e la discussione sicuramente da sostenere.

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Se una legge elettorale decide le alleanze

Non ci sta bene la mancata possibilità di scegliere i propri rappresentanti. L’abbiamo detto, lo dicono in tanti, l’abbiamo ripetuto in assemblea nazionale e l’abbiamo scritto di continuo. Anche qui, su questo blog. Forse perché detestiamo il servilismo che oggi è la qualità che naturalmente garantisce le posizioni politiche all’interno del proprio partito e, soprattutto, perché non esiste meritocrazia senza avere prima disarticolato la ricattabilità (anche sociale, senza bisogno di stare sul penale) che sta tra i dirigenti che compilano le liste e i candidati. Con Non Mi Fermo ne abbiamo fatto una battaglia culturale, prima che politica.

L’ipotesi di legge elettorale di cui si parla da giorni è immonda ma è anche vincolante dal punto di vista politico: l’ammucchiata è l’unica via percorribile per governare. Lo dice oggi anche uno studio di IPR MarketingDopo la grande coalizione, ancora grande coalizione. Sarebbe questa l’unica formula in grado di garantire oltre 400 deputati a sostegno di un nuovo governo. Lo sostiene Ipr Marketing, che ha simulato lo scenario post-voto se andremo a votare con la legge elettorale su cui sembra ci sia un accordo tra i maggiori partiti. Una maggioranza più debole, invece, sarebbe quella ottenuta da un’alleanza di centro sinistra con Pd, Sel e Udc: circa 360 deputati.

E alla fine diranno che sì, ci sono incompatibilità politiche, ma conta la governabilità. Che fa rima con austerità e responsabilità. Che l’Europa e la crisi non permettono un governo sul filo dei numeri e che il momento storico ci chiede di stare tutti insieme.

Dopo il governo tecnico una legge elettorale che sospenda le differenze, la dialettica e la risoluzione in aula dei conflitti sociali: una legge elettorale che sospende la politica. Ancora.

L’immonda legge elettorale

E nel paese che aveva avuto un regime mediatico ventennale seguito da un successivo governo della Goldman Sachs, per non interrompere il serial si andò alle elezioni inventando un superpremio di maggioranza al primo partito, un inedito mondiale (Grecia a parte). Gli elettori furono chiamati anticipatamente alle urne per volere del capo dello stato che dettò le condizioni di un’alleanza centrista, sfasciando del tutto il già disastrato campo della sinistra. La fantapolitica è spesso anticipatrice della realtà (il 1994 ce lo ricorda) e in Italia potrebbe accadere di nuovo: votare con un sistema frankestein (metà Mattarellum, metà tedesco, metà spagnolo), scelto da partiti al minimo storico del consenso, dopo appartati conciliaboli in comitati ristretti.

Lo scrive Norma Rangeri su Il Manifesto e sembra l’inizio di uno spettacolo di Aristofane ma non fa ridere per niente. La legge elettorale in discussione in questi giorni è l’ennesimo suicidio della politica, se ce ne fosse ancora bisogno. Decidere di imboccare la strada della preservazione della specie mentre spinge la richiesta di partecipazione è una porcata morale immonda: significa reagire all’antipolitica alimentandola con la strada dell’a-politica. Viene il ragionevole dubbio che per qualcuno sia un sturbo insopportabile questa cosa di dovere addirittura votare, nelle democrazie.

Come dice bene Norma: È l’inganno perpetuo: come nel referendum del maggioritario (lo ricorda ai lettori la copertina del ’93 che ripubblichiamo oggi), con l’80 per cento di «sì» il popolo pensò di essersi liberato del vecchio regime, della partitocrazia e invece cambiarono solo le facce (e non tutte), così domani lo strombazzato funerale al bipolarismo potrebbe tradursi, senza soluzione di continuità, in una farsa del proporzionale, con gli stessi partiti, e persino le stesse facce di oggi, al governo di domani.

 

La peggiore legge elettorale possibile

E’ quella di cui si sente parlare in questi giorni. Per sapere di cosa stiamo parlando torna utile l’articolo de Gli Altri:

La riforma elettorale sembra dietro l’angolo. Certo, non si può escludere l’intoppo all’ultimo momento. Non è affatto detto che Berlusconi non ci ripensi decidendo di non concedere un vantaggio troppo cospicuo al Pd. I bookmaker, però, sono unanimi nel dare per fatta la legge e nell’indicare il 25 e il 26 novembre come data delle elezioni.

La legge, si sa, sarebbe un proporzionale coretto da robusto premio di maggioranza del 15%, da attribuirsi al primo partito, con soglia di sbarramento del 5% e probabilmente dell’8% al Senato. Garantita comunque la clausola salva Lega (i partiti che vanno oltre una certa soglia in tre regioni entrano anche senza il 5% a livello nazionale). I parlamentari verrebbero eletti con un mix di collegi e sistema proporzionale.

Mancano ovviamente le limature, che spesso sono tali da alterare profondamente l’equilibrio iniziale. Però, pur con tutto il beneficio d’inventario possibile, si può azzardare una valutazione su chi vince e chi perde con questa legge. Non profetizzando il responso delle urne ma solo valutando chi uscirebbe politicamente premiato e chi punito oggi.

Chi vince e chi perde (su questa ipotesi) è raccontato nell’articolo. Intanto il porcellum sembra piacere proprio a quasi tutti.

2012: l’odissea del Porcellum in Parlamento

Tanto per ricordarsene (ricostruisce Il Fatto Quotidiano):

Legge elettorale e riforme sembravano da mesi una priorità per i leader di Pd, Pdl e Udc. A marzo avevano dichiarato che in 15 giorni sarebbe arrivato il testo. A inizio aprile per Alfano occorreva un anno per la riforma costituzionale, e solo tre mesi per cambiare il Porcellum. A sinistra, da Finocchiaro a Violante, parlavano nelle stesse settimane di “tempi stretti” e “piuttosto rapidi” e Bersani era convinto di trovare un’intesa entro i primi di luglio. Per Casini a giugno l’accordo era imminente, nell’ordine delle “due o tre settimane” e alla fine del mese successivo il leader centrista voleva “subito” la legge elettorale. Cicchitto e Gelmini hanno addossato la colpa del ritardo a Bersani e Rosy Bindi aveva espresso il veto sulle vacanze del Senato se non ci fosse stato il primo voto a Palazzo Madama. Urgenze e tempistiche che non hanno trovato riscontro nei fatti.

27 marzo 2012

Secondo Alfano, Bersani e Casini, riforma della Costituzione e legge elettorale verranno ”incardinate parallelamente” al Senato entro 15 giorni.
Casini: ”Ci è stato chiesto di battere un colpo, l’abbiamo fatto. Se si passerà dalle parole ai fatti la politica avrà dato una buona prova”.

3 aprile 2012

Angelino Alfano (segretario Pdl): ”Noi pensiamo sia meglio partire subito con la riforma costituzionale. Perché, per questa, occorre un anno. Mentre per la riforma elettorale bastano tre mesi. Ma non significa non volere procedere con la riforma elettorale, come invece il Pd ci imputa di voler fare. In ogni caso, ci puo’ anche essere del normale gioco tattico in tutto questo: è possibile cioè che chi imputa a noi di voler mantenere il porcellum, in realta’ sia lui a volerlo mantenere”.

14 aprile 2012

Anna Finocchiaro (Pd): ”Fare polemiche è inutile ma è evidente il rischio, visti i tempi stretti, di venire meno all’impegno, che tutte le forze politiche si sono prese, di cancellare il ‘porcellum’ e di fare una nuova legge elettorale. Il Pd ha a cuore la salvaguardia del bipolarismo e vuole ridare agli elettori la possibilità di scelta dei candidati”.

Luciano Violante (Pd): “La nuova legge elettorale dovrà essere approvata per forza in tempi piuttosto rapidi. Se si andrà a votare nel 2013 le Camere dovranno essere sciolte entro i primi 15 giorni di febbraio”, cioe’ 90 giorni prima del voto. Pertanto ”al massimo entro novembre le riforme costituzionali e la legge elettorale dovranno essere pronte a entrare in vigore”.

24 aprile 2012

Pierluigi Bersani (segretario Pd) sui rimborsi parlamentari: ”Se tutta l’Italia tira la cinghia, la politica deve farlo due volte di più”.

Pierferdinando Casini (segretario Udc): ”Dimezzare i finanziamenti ai partiti ed andare verso un progressivo azzeramento degli stessi è possibile anche con la nostra proposta”.

8 giugno 2012

Bersani: “Io ribadisco no al porcellum che considero la causa principale del distacco dei cittadini dalla politica e non ha consentito la governabilità”. Entro i primi di luglio ”dobbiamo sapere con ragionevole certezza la soluzione e quindi chiedo mandato alla Direzione per metterci a lavoro da domani con le altre forze politiche”.

9 giugno 2012

Enrico Letta (Pd): ”Bisogna fare la riforma elettorale. Nelle prossime tre settimane il porcellum va mandato definitivamente a casa”.
D’accordo Alfano sui tempi: ”L’ho già detto a Bersani”.
Casini: ”Pensavo ci fosse già un accordo. Ora si parla di tre settimane, parliamoci chiaro: qui stiamo a fare sceneggiate , non dico napoletane.. Comunque, due o tre settimane, non è questo il punto”

6 luglio 2012

Bersani: “Bisogna fare la riforma elettorale e bisogna trovare qualcosa meglio del Porcellum”.

9 luglio 2012

Napolitano: ”Mi auguro che l’autorevole opinione dei Presidenti delle Camere, nel loro continuo rapporto con i Presidenti dei gruppi parlamentari, possa concorrere a sollecitare la oramai opportuna e non rinviabile presentazione in Parlamento di una o più proposte di legge elettorale”.

Casini: “Basta con le meline, confrontiamoci in Parlamento”.

24 luglio 2012

Casini: ”[Sulla riforma della legge elettorale] con Alfano e Bersani ci sentiamo ogni giorno, non è un problema di appuntamenti”.

25 luglio 2012

Alfano: ”Faccio un appello a Bersani perché non sia ‘testa dura’ e sia più flessibile perché sennò dovrà spiegare lui ai cittadini che si è voluto tenere il Porcellum”.

Casini: ”Non perdiamo più tempo, non ricadiamo negli errori del passato. Noi vogliamo la nuova legge elettorale e la vogliamo subito senza furberie o rinvii. Auspichiamo che sia largamente condivisa tra i partiti che sostengono il governo”.

28 luglio 2012

Gelmini: ”Finalmente Bersani esce allo scoperto e ammette di non volere cambiare il tanto criticato Porcellum. C’è tutto il tempo per cambiare la legge elettorale”

Cicchitto: “A questo punto le possibilità sono due: o si vota a maggioranza secondo le normali regole della democrazia richiamate anche da Napolitano in materia, oppure – cosa più auspicabile – si lavora per trovare una intesa”

31 luglio 2012

Rosy Bindi (Pd): ”Non si vada in vacanza fino a quando almeno al Senato non ci sia stato un primo voto. Bersani, Alfano e Casini si devono accordare a patto che Berlusconi poi non guasti tutto. Si è lavorato bene fino a quando non è tornato in campo Berlusconi che non vuole cambiare la legge elettorale”. Al Cavaliere, dice Bindi, ”va bene il Porcellum perché gli interessa salvare la sua squadra dal naufragio, si accontenta di perdere bene”

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Come andare al voto, in Lombardia.

Perché dobbiamo tornare al voto. Senza indugi. Perché Formigoni ormai sta precipitando nel ridicolo. E intanto oggi abbiamo illustrato la nostra proposta di legge elettorale. Sperando di approvarla (e soprattutto usarla) prima possibile.

(ANSA) – MILANO, 28 MAG – ”Formigoni si dimetta subito e si vada al voto anticipato in Lombardia”: e’ la richiesta che il gruppo di Sel al Consiglio regionale ha ribadito di fronte ai nuovi particolari emersi sui rapporti fra il governatore del Pdl, Roberto Formigoni, e il faccendiere Piero Dacco’. Secondo Chiara Cremonesi e Giulio Cavalli, ”c’e’ il tempo per approvare una riforma minima della legge elettorale” gia’ in queste settimane ”per poi andare al voto”. Proposta che si inserisce nell’iter avviato la scorsa settimana in commissione Affari Istituzionali e che e’ stata presentata stamani: prevede abolizione del listino e introduzione della doppia preferenza di genere per garantire adeguata rappresentanza alle donne. Una proposta piu’ complessiva di riforma delle regole elettorali in Lombardia, illustrata sempre oggi al Pirellone dal gruppo di opposizione, prevede una piu’ lunga gestazione: fra le ulteriori richieste, quella dell’introduzione del doppio turno per le regionali sul modello delle comunali; la riduzione da 80 a 70 consiglieri; l’estensione del diritto di voto ai cittadini nati in Italia da genitori stranieri e a coloro che sono residenti da almeno 18 anni; la previsione per legge delle primarie; l’ineleggibilita’ anche in presenza di rinvio a giudizio o di sentenze di condanna di primo grado per i reati mafia, contro la pubblica amministrazione e per atti di terrorismo; la definizione del conflitto di interessi; la previsione di un tetto alle spese elettorali.