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l’unità

Staino racconta la verità su l’Unità. E no, non è quella di Renzi.

Ecco cosa scrive Staino, direttore de l’Unità:

LETTERA APERTA A MATTEO RENZI

Sono rimasto profondamente colpito, sfavorevolmente, dalla risposta data da Matteo Renzi alle domanda a lui posta da Massimo Giannini sulla situazione de l’Unità. In pratica il nostro Segretario se l’è cavata spiegando che l’Unità ormai è in mano a privati e che questa scelta di consegnarla in mano a privati non è stata fatta da lui ma da segretari precedenti, per cui tanta solidarietà e comprensione umana per i dipendenti ma che si rivolgano a qualcun altro perché lui non c’entra, arrivederci e grazie. Ho riascoltato quattro volte sul sito di Repubblica questa sua tranquilla e allucinante logica per la quale la riapertura de l’Unità era stata frutto di una iniziativa totalmente privata. Naturalmente ho scritto subito un sms sia a lui che al Vicesegretario Martina chiedendo spiegazioni e proponendo per l’ennesima volta un incontro per discutere insieme delle possibilità superstiti per il salvataggio del giornale. Come ormai capita da mesi, silenzio assoluto.

In altri tempi, a questo punto, avrei sicuramente scritto una lettera ufficiale come Direttore de l’Unità al nostro Segretario, inviandola attraverso i canali istituzionali del partito. Oggi i tempi sono cambiati e di luoghi istituzionali del partito, grazie al disinteressamento continuo dello stesso Renzi, non esiste in pratica più nulla. Non mi resta quindi che affidare questa mia lettera ai canali informativi più tradizionali, non certo affascinanti come quelli del partito, ma sicuramente più efficaci.

Quel che ha risposto Renzi a Giannini è una sonora bugia o, se vogliamo usare termini più amati dal nostro Segretario, una vera e propria fake news. E’ vero che non è stato Matteo il primo Segretario che ha chiesto l’intervento privato nella società proprietaria de l’Unità ma non è vero che lui non abbia la piena responsabilità della nascita e della formazione dell’attuale società proprietaria Unità srl.

L’idea di investire su l’Unità non partì certo dai proprietari della Pessina Costruzioni che invece aderirono al progetto solo dopo le pressanti richieste dello stesso Renzi. Lui, e solo lui, Matteo Renzi, si era speso nei giorni del fallimento della NIE nell’estate del 2014, in una solenne promessa di riaprire l’Unità al più presto. Conservo un sms del 29 luglio 2014 inviatomi da Matteo nel quale, tranquillizzandomi sulla triste sorte de l’Unità, affermava: “Io la tengo aperta. Fosse anche l’ultima cosa che faccio”.

In questo caso mantenne la promessa e dopo aver rifiutato possibili finanziatori sgraditi perché in odore dalemiano e altri impossibilitati a partecipare per imbarazzanti vicende giudiziarie, scelse di puntare su Massimo Pessina e Guido Stefanelli. I due naturalmente non sapevano un bel nulla di editoria, né avevano mai pensato che in vita loro si sarebbero dovuti interessare di questo difficile e particolare settore produttivo. Matteo però li blandì con mille promesse. Loro rischiavano grosso, per cominciare una bella somma (si parla di 10 milioni di euro) come fideiussione sul fallimento della NIE che permettesse loro di utilizzare il marchio “Unità”, e altri milioni per rimettere in piedi organizzativamente la vita del giornale. Non dovevano preoccuparsi, diceva loro Matteo, tutti quei soldi sarebbero stati ben presto rimborsati dal partito; in più il partito avrebbe assicurato loro un buon guadagno, in particolare dalla capillare diffusione del giornale. Subito dai 10 000 ai 30 000 abbonamenti annui raccolti tra i dirigenti, tra gli eletti e dai tanti circoli sparsi in tutta Italia. E poi, naturalmente, iniziative, interviste, forum, qualunque cosa che potesse servire a far conoscere e diffondere il giornale. I due si sono fidati, vogliamo fargliene una colpa?

Come garanzia di tutto questo il PD entrava nella nuova società con il 20% delle quote (quote che ancora conserva) e con una “golden share” che permetteva al Segretario di scegliere gli organi dirigenti del giornale e l’ingresso di nuovi soci. Grazie a questi accordi Matto Renzi in prima persona ha scelto i vari direttori del giornale, da Cuperlo che non volle accettare, a D’Angelis, fino al sottoscritto. Ma per il resto, per tutti gli impegni presi come aiuto oggettivo e soggettivo alla crescita del giornale, niente è stato realizzato. Dei 30 000 abbonamenti promessi, al mio arrivo al giornale ne ho trovati solo 400 (non mila, proprio quattrocento). Non parliamo poi del resto: mai un’intervista al giornale, mai un incontro politico di discussione, mai un forum e perfino messi fuori i diffusori del giornale dalle riunioni della Leopolda.

E ancora oggi la situazione è la stessa: la società proprietaria divisa fra l’80% a Pessina e Stefanelli e il 20% alla società EYU, diretta emanazione del PD e quindi di Renzi; sito de l’Unità totalmente in mano al PD e non controllato dal direttore de l’Unità. Si può quindi parlare di estraneità del PD e del suo Segretario dalle vicende politiche, culturali e finanziarie del nostro giornale? Certamente no.

So benissimo che le difficoltà attuali del giornale vengono da lontano e che dipendono in larga misura anche dalla gestione che è stata fatta di questo nostro foglio negli ultimi 20 o 30 anni, ma questa eredità del passato non può servire assolutamente a giustificare la superficialità con cui sono state trattate la riapertura e la gestione attuale del giornale. Di tutto questo disagio, proprio per il suo ruolo, Matteo Renzi è il primo dei responsabili.

Lui ovviamente non vuole ammettere questo e ricorre alla più misera delle opzioni umane: la bugia. Di fronte a questo ho un tal senso di disgusto che devo stare molto attento a come continuare questa lettera. Dirò quindi solo una cosa, dirò che negli Stati Uniti, democrazia che il nostro Renzi ama molto, presidenti eletti a furor di popolo, per una bugia sono stati costretti a dimettersi.

Sergio Staino, Direttore de l’Unità

Si sveglia Staino: «Renzi, mi hai profondamente deluso»

Il direttore dell’Unità, Sergio Staino, rende pubblica la mail che ha scritto venti giorni fa al segretario del Pd Matteo Renzi e da cui emerge la delusione per come il Pd sta affrontando la questione relativa alla sorte del quotidiano e di chi vi lavora. In un passaggio della mail Staino ricorda quando Renzi gli disse ‘Voglio un giornale bello, di tante pagine e non preoccuparti per i soldi… quelli ci sono!’, aggiungendo: “Dirti quindi che sono profondamente deluso, e in prima fila deluso da te, è dir poco. Pensavo che il giornale ti servisse per ravvivare quella base che nel territorio si sta disperdendo nell’astensionismo o, peggio ancora, nel grillismo”.

In un comunicato che accompagna la divulgazione del contenuto della mail, Staino scrive: “Io ti ho sempre apprezzato per quel tuo continuo ripetere ‘ci metto la faccia’, è possibile che questo non valga per l’Unità?”. Staino spiega anche che, se oggi il giornale fosse stato in edicola (non è uscito per lo sciopero dei giornalisti, ndr), il suo editoriale sarebbe stato appunto quella lettera indirizzata al segretario del Pd il 23 dicembre, lettera che “mi sembra rileggendola adesso, mantenga tutta la sua attualità. Due giorni fa – prosegue il comunicato del direttore – la situazione di agitazione al mio giornale è esplosa per una comunicazione a ciel sereno da parte dell’amministratore delegato in cui si annunciava la fine delle trattative su una revisione nei ruoli dei giornalisti e dei rispettivi emolumenti, passando di fatto a una riduzione di personale non specificando né in che numero né in che modo. Questa notizia, di per sé molto spiacevole, è stata però superata ieri 12 gennaio, dall’assemblea dei soci proprietari de l’Unità che ha di fatto rinviato al primo febbraio la dichiarazione di liquidazione della stessa società”.

In particolare – prosegue Staino – il socio di minoranza, cioè il PD, ha proposto una ricapitalizzazione dell’azienda di 5 milioni di euro, 1 milione il PD e 4 milioni la Pessina, socio di maggioranza. Quest’ultimo “ha dichiarato la propria disponibilità a ricapitalizzare a patto che il PD cedesse la golden share de l’Unità che appartiene totalmente al socio di minoranza alla stessa Pessina. Tutto questo perché la Pessina imputa al PD una gestione deleteria dello stesso giornale causata soprattutto da uno straordinario assenteismo nei confronti della presenza del giornale nel partito, nella società e nel territorio. In effetti, come ben sappiamo, anche se storicamente il padrone è sempre e comunque una carogna e quindi anche in questo caso la Pessina non può dichiarare la sua totale innocenza nella crisi gestionale ed economica de l’Unità, è ben vero che il problema principale rimane un problema politico. La lettera che qui riproduco evidenzia in modo molto chiaro quali sono le problematiche più gravi di questa gestione”.

E a Renzi il direttore dell’Unità aveva scritto “perchè credo di essere ormai giunto alla fine delle mie forze. Dopo tre mesi di esperienza alla direzione de l’Unità puoi bene immaginare dove sia finito tutto l’entusiasmo che avevo messo nel fare questo lavoro. Ero abbastanza impaurito perchè immaginavo la quantità di problemi in cui mi sarei ritrovato anche se, devo dirti con sincerità, che mai immaginavo che la quantità fosse così enorme e pesante”.

E quindi l’elenco delle difficoltà. A cominciare da quelle umane:

“Parlare e trattare con il tesoriere del PD Bonifazi e con l’amministratore delegato Stefanelli, ti assicuro è esperienza che non augurerei a peggior nemico. Meglio assai con Massimo Pessina e Chicco Testa che sono persone se non altro trasparenti e razionali. Non parliamo dell’aspetto economico che mi immaginavo grave ma non tale da bloccare ogni pur minima iniziativa di rilancio del giornale. E poi il personale umano e l’isolamento del giornale. Questo è l’aspetto che mi addolora di più: mi sono reso conto – scriveva Staino a Renzi – che non c’è nessuno nel partito che sia interessato a questo foglio. Ho un bel rapporto con i compagni di base più vecchi, ho un buon rapporto con un pò di giovani che si sono avvicinati, ho un buon rapporto con quel che resta dei ‘Giovani Turchi’ e ho un buon rapporto di confronto con alcuni compagni a te non troppo vicini, da Macaluso a Reichlin, a Cancrini, a Cuperlo, Veltroni, Fassino e tanti altri, che lo seguono, lo commentano, mi aiutano. Ma tu e i tuoi? Zero”.

Quindi aggiungeva: “Credo che anche tu sia fra quelli che neanche scorre la prima pagina del giornale”. E ancora: “Pensavo ti servisse uno strumento per ricucire queste forze, per rimetterle in circolo, per far sì che dalla base ti arrivasse quell’ondata di rinnovamento che caratterizzò la tua prima uscita, quella del rottamatore, e che ti avrebbe aiutato a riporre il partito alla centralità del nostro lavoro politico. Per questo ero pronto a fare molti sacrifici, ero pronto a fare un bellissimo giornale mantenendo il livello di spesa dell’attuale o addirittura riducendolo, riducendo il personale (che è un sacrificio politico terribile), riducendo il formato e puntando su un giornale piccolo, brutto e cattivo ma pieno di grande intelligenza e di cose che non si trovano negli altri giornali. Di cose che sono strumenti, conoscenza, elementi di lavoro per chi giorno per giorno nei territori e nelle amministrazioni e nelle aggregazioni culturali e sociali porta avanti il lavoro del partito. Purtroppo non è così. In nessun momento il partito ha dato un segnale nei confronti miei e del giornale”.

Staino scriveva inoltre “speravo che tu mi avresti fatto parlare in piazza del Popolo, almeno due minuti per presentare il rilancio del giornale e dire che il giornale era al tuo fianco ed era lì in piazza a testimoniare la voglia di rinascita. Speravo che tu mi avresti presentato alla Leopolda come nuovo direttore da ascoltare e soprattutto aiutare in questo grosso lavoro. Al contrario, ai diffusori del nostro giornale non è stata neanche data l’autorizzazione per entrare alla Leopolda (nonostante fuori piovesse a diluvio). All’ultima assemblea nessuno ha accennato alla presenza del giornale e a un suo possibile ruolo nel rilancio del partito, al contrario, l’unica volta che è stata nominata l’Unità è stato perché un rappresentante della minoranza ci ha accusati di averli riempiti di vituperi ed offese. E poi adesso. La necessità di un incontro per sapere dove andiamo a finire rinviata di settimana in settimana, sempre cose più importanti de l’Unità, sempre cose più urgenti. È naturale che mi venga una gran voglia di togliere il disturbo”. L’occasione – annunciava Staino – proprio il Cda fissato per oggi (e che c’è stato, ndr) “in cui si sanzionerà l’ennesimo fallimento e l’ennesima chiusura. Cosa ne guadagni questo lo sa solo Dio. Cosa ne guadagni tu, cosa ne guadagna il partito, cosa ne guadagna la sinistra e l’intera società”.

(fonte)

Quando ti senti un po’ “middleclass”

classe-media

Il mio buongiorno di oggi per Left:

Devo confessare che ormai leggere l’Unità, nella rassegna stampa quotidiana, ha assunto un non so che di quasi mistico per la spiazzante capacità di essere bollettino di governo come quei fogli ciclostilati di qualche anno fa che venivano stampate nei piccoli paesi del nord Italia per celebrare le gesta del sindaco. Kim Jong, il dittatore della Corea del nord, nelle sue follie autoritarie, in confronto sembrerebbe un dilettante della propaganda di Stato.

Così, questa mattina, in un profondissimo reportage sulla crisi (e ovviamente sulla ripresa) intitolato “Dov’è finita la Middle Class italiana?” i giornalisti del quotidiano pararenziano lanciano un’arguta analisi che dovrebbe spiegarci come in 13 anni le persone “che si autodefiniscono così” siano scese di 28 punti. Per l’appendice renziana a forma di quotidiano, in pratica, già nel 2002 in Italia esistevano dei piccoli borghesi (anglofoni) che vivevano con una naturale consapevolezza di essere “classe di mezzo” e che dopo più di un decennio passato a subire l’onta della crisi solo ora con Renzi stanno recuperando finalmente la fiducia.

Al di là della spassosa foga indagatrice di un reportage sulle persone che si “autodefiniscono” (una modalità che potrebbe eliminare quasi totalmente l’evasione fiscale o la corruzione alla prossima autointervista) l’articolo contiene alcune verità esplosive:

(continua qui)

La nuova Unità riesce ad innervosire anche Mucchetti (PD)

unità-chiusaIo non so se vi è capitato di leggere ultimamente una copia de l’Unità “rinata” nel ventre del renzismo. Se non avete avuto occasione di leggerla, beh, buon per voi e per la vostra ecologia intellettuale ma se ne avete sentito parlare forse vi siete già accorti di come improvvisamente anche Emilio Fede esce riabilitato dal giornalismo sdraiato del quotidiano fondato da Gramsci. Massimo Mucchetti (ex vicedirettore del Corriere della Sera nonché senatore del PD) ha scritto una lettera al direttore. Vale la pena leggerla:

“Caro direttore, perché non ti fai un paio di giri da noi, ai gruppi Pd del Senato e della Camera”. Inizia così una lettera al vetrioli indirizzata dal senatore Democratico Massimo Mucchetti al direttore dell’Unità Erasmo D’Angelis.

“Sai – continua l’ex vicedirettore del Corriere della Sera – i primi giorni della tua direzione hanno suscitato un certo stupore in chi crede che un giornale italiano – anche un giornale di partito – non debba mai dare impressione di imitare la Pravda. E invece il commento di oggi alla bocciatura della delega al governo sul canone Rai ha indotto un mio vecchio collega a chiedermi: “Ma quel Frulletti lì non sarà mica stato a scuola da Cernenco?”. Cernenko, capisci, non Stalin o Breznev: Cernenko”.

“Il direttore de l’Unità – ho ricordato all’immemore – è passato dalla redazione del Manifesto – chiosa Mucchetti – i brividi dell’eresia li ha provati in gioventù. Adesso segue l’etica della responsabilità. I lettori vanno formati, non informati; vanno galvanizzati, mica depressi”.

L’Unità e il “metodo Boffo”

Non sono d’accordo con quanto detto da Piero Pelù dal palco del concerto del 1 maggio. Non mi piace la superficialità del modo e dei contenuti e pur amando la musica di Pelù e nutrendo poca simpatia per Matteo Renzi trovo che  ci sia bisogno di risposte politiche e serie.

Però ciò che mi lascia più basito è la reazione de L’Unità che applica una controffensiva che non ha nulla del giornalismo o di politico. Prima parla (con toni tristi) di una disputa Renzi-Pelù sull’estate fiorentina (e la notizia per carità ci sarebbe ma la narrazione è quello che è) e poi si supera raccontando di un incontro tra Pelù e Gelli (inserito tra l’altro in un vhs dei Litfiba da anni) come se fosse uno scoop nascosto e soprattutto dando per scontata un’ammirazione tra i due.

Peccato che nel numero odierno si siano dimenticati di dare spiegazioni ai lettori su questa lettera che gli stessi giornalisti de L’Unità avevano scritto lanciando accuse ben più urgenti dello scufrugliamento nel passato di un rocker. Povero Gramsci.

Qualcuno lo vorrebbe leader

Nel quartier generale del Grande Centro, Casini espone la sua proposta politica:«Sostantivo femminile. Assumersi, prendersi la erre delle proprie azioni; la erre di quanto è accaduto è tutta tua; ognuno deve accettare la sua parte di erre». «Bravo Pierferdinando, illuminante!». Grandissima Francesca Fornario sull’Unità. Me l’ero perso.