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Antimafia

Lo schiaffo a cinque mani (e una carezza) sulla guancia di Rosario Crocetta

crocettaLa notizia dell’ennesimo agguato progettato ai danni di Rosario Crocetta è uno schiaffo. Uno schiaffo a cinque mani anche se di mezzo c’è pure una carezza. E’ un polipo che ti sbava in faccia, con la viscosità unta e senza dignità di quel mollusco senza spina dorsale che supplica di continuare a farsi chiamare mafia per farsi forza del marchio.

Il primo  schiaffo ha l’odore sabbioso della polvere da sparo che si ficca in gola asciugandosi sotto la lingua. E’ la polvere dello sbriciolamento delle bande che infilano le idee dentro un buco, di questi mezzi uomini che sanguinano paura perchè se la fanno addosso. Saverio La Rosa e Maurizio Trubia oggi ci consegnano il solito Rosario che brilla con quel suo solito profilo senza macchie di unto ma ci ribadisce che oggi sono La Rosa e Trubia, ieri erano gli Emmanuello e domani saranno un cognome che non importa nemmeno come suoni ma che comunque puzza. Puzza di un ardimento mentale che stona come sempre per gli avidi che giocano solo fuori dalle regole. Il segno delle cinque dita è da incorniciare per ricordarci come giocano sporco.

Il secondo schiaffo ha l’odore acre della perseveranza. Ma la perseveranza marcia di ricondannare chi è già condannato a morte. Per ricordarci che la memoria asfittica che si ricorda di ammazzare non ha i tempi dei rinnovi di scorte, tutele e carte bollate.

Il terzo schiaffo è per la prepotente presunzione ebete di Milano che non vuole saperne. E la base degli assassini a progetto era proprio nel cuore della Milano bella addormentata. Per oliare per bene l’unico ponte che esiste già dalla Sicilia alla culla della finanza. L’unico ponte che si rinsalda anche a forza di spalmare calcestruzzo depotenziato.

Il quarto schiaffo è per l’uomo. Per il Rosario che abita dentro Rosario e che forse in questi giorni si è ranicchiato ancora più forte in un angolino. Il suo primo pensiero alla preoccupazione della madre e delle famiglie degli uomini di scorta è una lezione di lealtà. Quella lealtà che non costruisce la notizia, non lenisce il dolore ma riporta le persone tra le persone e le divide forte dal mucchio degli omuncoli.

L’ultimo schiaffo è quello degli omuncoli. Che non viene dato in faccia ma spesso si presenta con un sorriso di falsa cortesia e una stretta di mano. Profuma di quell’essenza vomitevolmente dolce delle puttane con il boa di struzzo che sorridono con la delazione continua, incapaci di costruirsi un sorriso tutto per loro. Di quei compagni che sparano senza sparare, che s’insinuano tra le pieghe delle ferite che fingono di capire. Quelle lingue di catrame che leccano la suola delle scarpe sperando di poter prendere una forma. Ma che rimangono mollusche, fetide e lumachesche mentre la testa rimbomba e il cuore ammuffisce. Come si conviene agli omuncoli.

Poi c’è la carezza. E quella non ha nemmeno bisogno di parole. Perchè Rosario è abituato agli spifferi,e tra gli spifferi arrivano anche gli abbracci.

Siamo con te, Saro.

Per esprimere solidarietà sosteniamocrocetta@gmail.com

Radio Mafiopoli 25 – Il negazionismo certificato e l’antimafia pregiudicata

Buongiorno a tutti. Da oggi Radio Mafiopoli viene trasmessa in video direttamente dal nostro studio, che non è ovale ma fecondo, a tratti spassosamente ovulatorio. Del resto a quanto pare basta spesso una cartellonistica di spalle, anche nella forma di una Disneyland in tetrapak, per arrogarsi il diritto di fare informazione e questo a Mafiopoli non è consentito. Ormai sono anni che il principe Cacchiavellico, monarca despocratico della repubblica di Mafiopoli, sta ripetendo che l’informazione è un’infezione virulenta, contraffatta dalla Cina, che sta uccidendo quella meravigliosa coscienza civile mafiopolitana sempre così delicatamente dormiente, assopita, pressoché comatosa: rivedendo l’ultimo decreto legge sembra che siano in molti tra gli eletti reggipancia del re a volerle staccare la spina. Il lupotto Fini ha dichiarato che “ormai l’informazione mafiopolitana non ha più speranze ed è meglio staccare il sondino”. Poi come al solito è stato sculacciato per avere detto una cosa troppo di sinistra. A Mafiopoli non passa una settimana senza che ci sia una di quelle novità che ti facciano addormentare con quel retrogusto al dixan che è tutto un gioco di scambio di fustini due meglio di uno.
Pino Maniaci è stato denunciato. Il che di per sé non sarebbe nemmeno una notizia buona per il settimanale dell’oratorio. È la sua 270esima denuncia, del resto, e non è un segreto da servizi segreti il fatto che Pino sia l’inventore di un nuovo modello di antimafia: l’antimafia pregiudicata. Questa volta è stato denunciato per abuso di professione, che è una forma particolare di reato esclusiva proprio della legislazione di Mafiopoli: tutti coloro che non si allineano agli albi dei soprusi per professione vengono portati davanti alla santa inquisizione della delazione pubblica. Una volta, nell’era paleomafiusa, la delazione era coltivata al bar insieme alle patatine e ai tramezzini dell’aperitivo, mentre al tavolo si davano lezioni sulla legalità rigorosamente quella degli altri. Ora, purtroppo, a causa della nuova legge delle intercettazioni che rende carta straccia qualsiasi dichiarazione che non sia fatta in una notte di luna piena con una coda di gatto nero e un occhio di topo, i delatori devono prendersi la briga di fare le portinaie per denuncia bollata. Arrivata la denuncia il magistrato, dicono, ha dovuto aprire l’inchiesta. Ci sono cose a Mafiopoli a cui la giustizia non può sfuggire: verificare le mestruazioni delle malelingue, prescrivere Andreotti o fingere di trovare 400.000 trascrizioni secretate dentro il calzino di Genchi nel comodino. “L’informazione deve essere fatta di pregiudizi e non di pregiudicati!” ha urlato il Ministro al Giudizio di Stato durante l’inaugurazione del ponte da Messina all’Expo, “ i pregiudicati stiano al loro posto!” ed è scattato l’applauso alla bouvette del Parlamento. Non tutti hanno applaudito, solo i capigruppo, per tenere libere qualche paio di mani a toccarsi i Maroni, senza nessuna allusione a quelli dell’Interno. E così a Pino ci toccherà portarci le arance e le sigarette. Per il caffè magari chissà si offrirà di portarglielo qualcuno dei Fardazza (soprannominati Vitale, famigliola immafusita di Partinico) o della Bertolino (famosa distilleria di querele al Maniaci e famosa per la sua grappa “Scacciacani” ecocompatibile) , il caffè specialità del posto, detto anche “il caffè alla Sindona”.
Intanto, si sono aperti i balli e scaldati i cotechini per la famosa sagra mafiopolitana della negazione: a Lodi in provincia di Mafiopoli la mafia non esiste, non è mai esistita, e non esisterà. Bum bum. Solo una volta all’anno arriva a Lodi vestita da befana per portare una bara ai bambini che sono stati cattivi. A Parma il prefetto Paolo Scarpis ha dichiarato: “da Saviano solo sparate”. Al verbo sparare Riina ad Opera è corso in mensa a giocare ai pirati mentre gli brillavano gli occhi. A Parma la mafia non c’è. Non c’è mai stata e non ci sarà mai. La Moratti sindachessa di Milano, provincia di Mafiopoli, appena sentite le parole magiche “mafia” e “non c’è” si è illuminata e con il parrucchino in erezione ha convocato una conferenza stampa all’urlo “tana libera tutti!”. Un trionfo. Bum bum. A Genova il questore Parenti dichiara “mafia a Genova? A noi non risulta”, ha ragione al massimo un paio di puttane. A Buccinasco intanto il sindaco Ceresa organizza a sorpresa una giornata contro la mafia, titolo dell’iniziativa: “la storia della mafia dai fasci siciliani ai primi anni 50 quando è stata debellata”.
L’onorevole Fini, promosso proprio in questi giorni a onorevole fermacarte sulla scrivania del Re, ha dichiarato “la mafia è una dittatura!”, soddisfazione inaspettata. Poi ha aggiunto “non votate per chi offre un posto di lavoro”, e il Popolp della Pubertà è sceso sotto il 5%. Poi ha aggiunto “non ci sono mafiosi alla Camera”, e a quel punto sono entrati dei signori con un camice bianco che in camicia di forza l’hanno portato via.
C’è stata davanti alle questure d’Italia una manifestazione di solidarietà verso Gioacchino Genchi. L’avete vista? Ne avete sentito parlare? No. Allora non è vero. Ricredetevi. Alla negaziopolitana.

Radio Mafiopoli 24 – Giuochiamo alla Mafia (ma per finta!)

Ascolta la 24a puntata: Giuochiamo alla Mafia (ma per finta!)

Ricca la settimana Incom giù a Mafiopoli: settimana di resti, arresti e giocatori.
Gli arresti: a Trabia, Sciara e Termini Imerese bussano di notte i carabinieri di Monreale. E di notte, con il neurone tipico mafiuso che svegliato di soprassalto sbadiglia cannolicchio, in quindici vanno ad aprire con le ciabatte da boss e lo sbadiglio seduto sulla spalla. Un antico proverbio mafiopolitano dice “se di notte bussa il carabiniere sono calci nel sedere” e, infatti, sono guai per i clan di Trabia, Sciara e Termini Imerese. Pisellati di soprassalto in un mattino senza oro in bocca sono volati a fare compagnia nelle patrie galere con i loro capetti Giuseppe Bisesi, Vincenzo Salpietro e Giuseppe Libreri. Aperta una raccolta fondi per l’iniziativa “Regala anche tu una sveglia con il busso carabiniero al boss del tuo quartiere!”. Appena saputo dell’accaduto quella vecchia volpe di Domenico Raccuglia (della stirpe dei Caccuglia) si dice che nel cuore della notte lieve e latitante sia sceso dal letto per strappare il cognome sul campanello.
A Caserta, provincia di Mafiopoli, alla mattina insieme al latte e al giornale sullo zerbino ci hanno trovato anche le guardie. 28 ingabbiati del clan di Antonio Farina, che nonostante il nome, non vuota il sacco. “ma è una vergogna!” – ha urlato il Farino (per gli amici 00) “a quest’ora del mattino mi si fanno le borse sotto agli occhi!”.  A Marcianise e Casal di Principe ai Casalesi ora tocca trovare altri cassieri con cui spartirsi al 50 il mercato ricco delle estorsioni. Appena saputo il topo Semola per gli amici Setola (sanguinario rosicchia formaggio della zona) si è alzato dal letto ma si è ricordato di essere in gabbia. Aperta una raccolta fondi per denunciare i topi in cattività.
A Cologno, provincia di Mafiopoli, cittadina colognese famosa per gli studi televisivi di Beghe4 e Banale5, la ‘ndrangheta in trasferta ci lascia 22 castrati sul campo. Medagliato sul campo il capetto Marcello Paparo in trasferta da Crotone. Il Paparo e la sua figliola Luana si erano specializzati nella movimentazione terra ed erano così bravi e così veloci che a suon di minacce si sono presi anche il cantiere dell’Alta Velocità nella tratta Pioltello-Pozzuolo Martesana. Tra gli arrestati anche il maresciallo finanziere Giuseppe Russo campione italiano della disciplina olimpica mafiopolitana di “chiudere un occhio”. E con l’occhiolino strizzato ci ha guadagnato una quota del ristorante “Taverna d’Isola” di Villasanta (famoso per il menù fisso  con l’occhiolino e senza scontrino) e un soggiorno vacanziero omaggio a Capo Rizzuto (località nota per il nome afrodisiaco). Per questa mania tutta ‘ndrina di rizzarsi tra una manetta e l’altra gli inquirenti hanno trovato una lanciarazzi in dotazione alla Nato. “E’ una vergogna!” – ha gridato Giancarlo Paparo fratello onomatopeico del suo fratello Marcello – quell’arma ci serviva per importare democrazia!” il giudice per il soggiorno in gabbia ha ordinato di spegnere la televisione agli arrestati.
Intanto a Lodi (cittadina ridente famosa per le Banche Impopolari) due ragazzini, finito il torneo di calcetto all’oratorio, hanno deciso di dedicarsi a giochi nuovi; erano indecisi tra il “lancio dell’opa secondo San Fiorani” oppure il più laico “suona il citofono e poi scappa”. Ingrigiti nella scelta dall’ombra delle logistiche si sono buttati proprio all’ultimo al “Giuoco della Mafia” acquistando via internet un paio di prostate di ricotta per assomigliare a Zu’ Binnu Bernardo Provenzano. Si sono fatti poi prendere la mano e hanno cominciato ad inviare anche lettere anonime per raggranellare un po’ di racket. Arrestati, condannati, derisi e compianti in una delle lettere chiedevano testualmente «la riscossione di una tangente, cioè di una piccola tassa che pur non segnalata tra le tangenti legali dello Stato dovrete lo stesso oblare.» Prima di essere incarcerati sono stati premiati dal Giampy nazionale per la creatività finanziaria. “Faranno strada!” ha urlato il Popolare di Lodi dalla sua nuova attività di serre floreali (Non Fiorani ma opere di bene) “arrestare dei ragazzini che promettono bene già da piccoli di essere i re della finanza!”. Ma la città condanna. Poco, modestamente, quasi niente, com’è nelle corde dei borghi dove la mafia non esiste. Del resto è solo una ragazzata: come quella dei fratelli Antonio e Marcello Reitano che nel 1992 nel lodigiano chiedevano all’imprenditore Daniele Polenghi, per scherzo, 200 milioni. La Sony è già pronta a lanciare sul mercato il gioco “Mafia anche tu!” disponibile per playstation. Bum bum.
Nel gioco dei segnali che non si devono prendere sul serio gli allegri graffitari a Monreale scrivono sui muri “Sonia Alfano infame” mentre Sonia a cento passi perdeva tempo a parlare di legalità. “Ma è uno scherzo!” ha urlato il Principe Macchiavellico mentre inaugurava la prima pietra del ponte da Messina a Infame “è stato scritto in rosso come la temperatura sugli autogrill! Non può essere sul serio! E poi, infame è maschile e Sonia è a e quindi femminile!” è partita la pubblicità e tutti si sono addormentati.
Non tutti si sono addormentati: qualcuno, sovversivo e pericoloso, ancora continua:
Però se continuo a farlo vuol dire che credo – e lo credo fermamente – che le nuove generazioni, le generazioni che verranno, riusciranno a sentire quel fresco profumo di libertà di cui Paolo parlava e per cui Paolo è morto.
Alla Borsellino.

BIBLIOGRAFIA

http://www.repubblica.it/2009/01/sezioni/cronaca/camorra-7/operazione-caserta/operazione-caserta.html

http://archiviostorico.corriere.it/1992/maggio/05/racket_tre_manette_co_7_9205051075.shtml

http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/09_marzo_12/ragazzini_estorsione_lodigiano_lettere_minacce_commercianti-1501081045223.shtml

http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/09_marzo_16/arresti_ndrangheta_cologno_monzese-1501091237612.shtml

http://www.antimafiaduemila.com/content/view/13936/78/

Pino Maniaci

arton4198-d4320Pino è un Don Quijote  ma i mulini sono cambiati come cambiano i tempi: hanno facce, mani, testa, voce, ferro in tasca, soldi in borsa e avvocati. avvocati bravi, pagati bene. Il mulino che gli è rimasto più di traverso è la Distilleria Bertolino: una distilleria che inquina come vomito di Polifemo sopra Partinico.

Pino è come il calcare, ostinato fino ad indurirsi tanto da fargli male. Di quelli che sorseggiano il gusto di “battersi” come all’inizio di un aperitivo che probabilmente finirà male. Pino appena fuori dal cancello della Bertolino, a fotografarlo dall’alto, è piccolo come un tombino.

Pino è un rubinetto rotto: lavora per erosione, ai fianchi e alle spalle con una televisione larga come un cesso ma che suona martellate di artigianato fino e continuo.

Pino è un immoderabile: nel dubbio getta l’amo ma sempre con la sua faccia in mano.

Pino è la zucca di Cenerentola: si veste sguincio da cerimonia ma non si appiattisce al diktat del valzer della moderocrazìa.

Pino è mezzo nei guai, per una condanna che aggiunta alle altre lo fa arrivare lungo. Ma nei guai ci nuota bene. Perché a mare ci buttiamo in tanti che, poco poco, organizziamo un quadrangolare di pallanuoto.

Perché a raccogliere palle in rete ci abbiamo fatto il callo, ma siamo forti nel contropiede.

Radio Mafiopoli 21- Nani alti e Bassezze basse

ASCOLTA LA PUNTATA

TESTO:

Ci sono tre coccodrilli ed un orango tango, tre piccoli serpenti e tanti piccoli nani. Nani mica per l’altezza nana o per il cappello rosso blando, nani per la prevedibilità con cui li si può aspettare ogni mattina fuori da qualsiasi miniera dove succhiare un po’ di soldi sporchi e impolverati per bene perchè non si vedano per bene. E poi c’è Biancaneve. Ma non quella bianca neve che le ‘ndrine usano spolverata per bene sopra tutta la repubblica di Mafiopoli da nord a sud. No, c’è la Biancaneve quella un po’ mamma e un po’ puttana, quella che ha le gambe larghe da starci dentro tutti, una sorta di “mammasantissima”…
– Ciao a tutti sono un nano di Mafiopoli e mi chiamano Eolo. Eolo, sì, come il vento quello che ti entra nei capelli e ti esce dal ****. Io sono un nano allegro e forte e risiedo a Mazara del Vallo, vi racconto la mia storia. Allora, a Mazara volevamo io e tutti i nani piantarci una bella striscia di pale, per produrre energia, perché a Mafiopoli dal Vallo siamo bravissimi a fare girare le pale! All’appalto hanno partecipato in due, proprio come le pale. ENERPRO (per gli amici eolici ENERPROT) e SUD WIND, che in dialetto mafiopolitano vuol dire “sudo ma vinco”. E, infatti, hanno vinto loro, anche perché si dice che hanno letto il progetto dei concorrenti prima che venisse depositato! Insomma è uscito dall’ufficio del comune! Come mai? Questione di finestre aperte! Questione di venti e di correnti! Come la corrente politica di Vito Martino, che anche se non si capisce qual è il nome e quale il cognome si capisce benissimo da che parte sta. Tanto che Martino (che tra di noi chiamiamo Vitolo Martinolo) con tutto sto vento si è mica ritrovato in tasca trasportati dalla corrente 150.000 euroli per la mediazione tra i venti? Quello che si dice un politico sulla cresta dell’onda. Ma senza surf, che mammasantissima gli ha portato una Mercedes 220 fiammante e veloce come il vento. Storie da Mafiopoli. Storie di nani. Dal profilo basso come i nani. Eolo che sono io, Vitolo Martinolo il consigliere comunale e consigliore, Giovannolo Battistolo Agatolo (detto Agate) già bello che pregiudicatolo, Luigilo Franzinellilo, Melchiorre Saladinolo (che viene dalla zona di Salemi del nano buffo Sgarbolo) e poi c’è Sucamèli. Che l’architetto l’abbiamo messo al plurale perché ci sono anche i bambini. E dietro a tutto come sempre il terribile nano Obolo: per gli amici Matteo Messina Denaro detto Soldino. Evviva, evviva, urrà. Bum bum. Giù il cappello invece al sindaco gaio di Gela Rosario Crocetta, che nonostante il freddo ci crede sul serio che Mafiopoli possa essere pulita. Infatti, lui dice “l’avevo detto!”. E insieme ad un abbraccio gli affibbiamo il nome di Puffo Quattrocchi. Che anche se non è un nano è comunque all’altezza giusta per guardarli negli occhi.
– A Cerveteri ci ha lasciato le penne U Malpassotu Giuseppe Pulvirenti, il nano boss e moralizzatore detto il leone di Belpasso. Moralizzatore e leone, come i Gormiti della foresta. Leone perché si è divertito tanto a difendere il Santo Benedetto nella faida catanese. E fa niente se sono rimasti per terra morti in 100 l’anno, succede sempre nei cartoni animati. Ma Pulvirentolo era famoso per essere il nano più moralizzato della miniera: chiedere a Giuseppe Conti e Angelo Ficarra, sparati dalla pistola del nano perché adulteri. È tipico a Mafiopoli preoccuparsi delle cose serie con la serietà di nano Imbecillilo. Ed è tipico predicare bene e razzolare male. Perché U Malpassatu ci aveva un amante tanto da chiedere aiuto a nano Divorziolo. Ma Biancaneve cornuta era troppo, anche per le storie incredibili della Repubblica di Mafiopoli.
– A Messina in carcere un infermiere preso dalla sindrome di Biancaneve curava i boss del clan di Giostra e di Santa Lucia sopra Contesse con tutte le cure mafiopolitane. Infatti a Gaetano Barbera, Daniele Santovito e Luigi Gallo ci dava l’aspirina, la tachipirina e pure il telefonino per dare ordini all’esterno. Durante l’interrogatorio ha risposto: “telefono – casa”.
– Poi c’è un altro nano. Il principe dei nani. E c’è una storia che è peggio del peggiore cartone animato. Ma con uno sparo solo, in via D’Amelio e poi tutto intorno tanto silenzio. E c’è in via D’Amelio un signore, un capitano mio capitano che di nome fa Arcangioli e che cammina con una valigia in mano. La valigia è di Borsellino e dentro c’è tutto un mondo che non è più e dentro la valigia e dentro c’è tutto un mondo. E Arcangioli lui cammina con la faccia sicura della casalinga che ha assolto l’obbligo quotidiano della spesa per la famiglia. Quella con la F maiuscola. E c’è uno stato, lo stato di Mafiopoli che dice che quell’uomo non va processato. Ma Mafiopoli è uno stato che le cose le dice sotto voce. Piano piano. Con silenzio tutto intorno. Come vuole il Nano. Ma è una storia da raccontare con calma. Perché ogni tanto con i nani bisogna usare i picconi. Alla Disney.

Se ti è sfuggito qualcosa eccoti i link con le relative notizie:

Radio Mafiopoli 16 – Non c’è niente da ridere

Attenzione attenzione! Attenzionatevi! Radio Mafiopoli è inciampata per sbaglio in quel di Palermo. Sempre falsa, fastidiosa, strumentalizzante, strumentalizzabile, sciantosa, sciatta e menefreghista. È inciampata davanti alla Focacceria di San Francesco, anche se Radio Mafiopoli non è santa, ma nemmeno puttana. C’era gente, gentaglia, saccheggiatori di memoria e fastidiosi portatori unici di antimafia certificata. E dietro uomini, donne, ragazzi, contestatori, amatori, illusi e disillusi. Ma tanti. Lì per sbaglio, di sicuro, perchè l’altra strada era un senso unico. Senso unico convinto, creduto e voluto; come il nostro, alla Radio Mafiopolitana.

Radio Mafiopoli 14 – Discorso di Fine Anno

Assessore alla segreteria degli affari dei segretari.

Cari e meno cari concittadini dei cittadini amicali per gli amici, cari. Anche quest’anno è finito. E la giunta congiunta di mafiopoli come tutti gli anni vuole augurarvi e malaugurarvi i propri auguri per l’anno che se ne va. Grazie prego tornerò bumbum. E con grande onore che introduco il discorso annuale ed è con grande onore che il mio pensiero rivolgo a tutti quelli che non possono essere qui con noi. Rapiti da uno stato giustizialista e condannati nelle diverse carceri a dover ascoltare dietro le sbarre i botti degli altri. Che è la peggior condanna. Chissà bumbum bagarella come gli prudono le mani. O peggio ancora i nostri compari rapiti da una politica giustizialista che li costringe ad ascoltare i botti degli altri alla bouvette del parlamento. Chissà a cuffaro come gli prude il cannolo. Rubo l’ultimo minuto per augurarvi un anno pieno di collusioni, compromessi, pittoresche intimidazioni, coscienze prostituite e panelle ben cotte. Grazie prego tornerò bumbum.Leggi tutto »Radio Mafiopoli 14 – Discorso di Fine Anno

Radio Mafiopoli 13 – Natale con i buoi

NATALE CON I BUOI

Caro Babbo Natale,
mi chiamo Luigino, quest’anno la letterina di Natale il mio babbo mi ha detto di scrivertela a te e non più ad Andreotti come gli anni scorsi perché ormai, dice il babbo,  quello è fuori di testa e rischiamo che ci arrivi ancora sotto l’albero il sottobicchiere con la faccia di Gelli che il mio fratellino c’è rimasto così male che ha frignato fino ai primi d’aprile. Io gli ho detto al babbo – allora scriviamola al presidente del consiglio! – ma lui dice – lascia perdere… che con il cognome che ci chiamiamo capisce subito che siamo terroni e comunisti e ci regala un corso intensivo di conversione alla fede di Emilio Fede. E io non ho capito se la fede è quella di Fede o intendesse la fede quella maiuscola o la maiuscola era per fede, ma il babbo mi ha detto di smetterla che oramai sto natale ci ha anche la fede, in cassa integrazione.  Allora scriviamola alla minoranza che ci può aiutare! – gli ho detto. E lui ha cominciato a diventare tutto rosso e paonazzo e a ridere come un ossesso che si è subito bevuto con la mamma un bel bicchiere di rosso in due… erano anni che non lo vedevo andare a letto così felice e contento. Allora caro Babbo Natale quest’anno la scrivo a te la letterina, che ormai come dice mio papà sei il candidato più accreditato per farci uscire dalla crisi.
Quest’anno giù a Mafiopoli ci hanno detto a scuola che sarà un natale di crisi nera:  che neanche ci hanno avuto i soldi per stamparci i manifesti per prometterci  più acqua per tutti che facevano tanto aria di natale anche se non ci credeva più nessuno, perché a natale alla fine è il pensiero che conta.
Se passi da Palermo mandaci giù dal camino ai miei amici mafiopolitani uno di quei libri dell’autogrill su come gestire ottimizzati l’azienda 2.0 e tutte quelle storie lì. Perchè proprio in questi giorni la polizia ci ha fatto 99 ingabbiati che volevano rimettere in piedi la nuova commissione mafiopolitana come ai bei tempi di Riina ‘u Curtu (che il babbo dice che era una specie di parlamento ma molto più silenzioso e con gli scuri alle finestre molto più scuri). Ecco se passi di lì almeno s’imparano che se si mettono a fare la commissione in 99 succedono quei naturali problemi di convivenza tipici della democrazia. Pensa, Babbo Natale, che a capo della commissione antiantimafia questi gran geni dei boss ci volevano metter Bernardo Capizzi si vede perché ci aveva il cognome di uno che aveva già capito tutto,  ed è un bel giovanotto di 64 anni. Papà dice che deve essere proprio l’anno santo dei rinnovamenti a favore dei giovani in tutti i campi, questo. Ecco se tu ci regali un bel manuale a questi bei boss mafiopolitani magari cominciano a capirci un po’ di più e magari anche a curare un po’ di più l’immagine e ad affittarsi una sala riunioni decente senza riunirsi sempre in queste casupole tutte sgarruppate con l’arbre magique alla ricotta che viene la tristezza nelle ossa solo a guardarle. Se riesci e non è troppo disturbo a Riina U’Curtu il libro  portaglielo solo con le figure, altrimenti si incaglia al primo congiuntivo che dice che i congiuntivi sono il vero problema di Mafiopoli e che li hanno inventati i comunisti. E se vuoi proprio esagerare e fare un figurone, Babbo Natale, a Zu’ Binnu Provenzano portaglielo su una bella carta intestata a forma di bibbia, che sono così sicuro al cento che si commuove perché ci ha il cuore commuovibile, mica solo la prostata. E magari salutami Raccuglia e Messina Denaro, perchè babbo mi dice che sei l’unico che ha il loro numero di telefono. Perché, dice babbo, quella è gente che se ha bisogno di solito ti chiamano loro.
Se passi da Napoli butta giù un altro problema a caso di quelli tuoi che c’hai nel sacco. Così ci dimentichiamo presto anche questi ultimi e li spediamo insieme a tutti gli altri nella discarica della distrazione. E visto che ci sei, se puoi controllare nel tuo mazzo di chiavi delle porte di tutto il mondo guarda se ti avanzano quelle per la discarica, giù a Chiaiano: che siccome è un posto non pericoloso e sotto controllo come continuano a dirci magari, visto che sono così sicuri e ci rassicurano, gli prepariamo il cenone sopra la montagnola. E voglio vederli che faccia fanno mentre si mangiano gli astici che diventano fluorescenti.
Da Gomorra puoi anche non passare, tanto lì ci passa qualcuno di Sandrocàn Schiavone a darci la mesata e a natale pure con la tredicesima. E poi se ti vedono in centro tutto rosso e con le renne ricominciano a frantumarceli che è colpa di Roberto e del suo libro e ricomincia la tiritera. E magari regala un fiore a Rosaria Capacchione, e prova a convincerla anche tu che in una Mafiopoli civile è normale dover vivere in freezer per aver scritto i fatti degli altri. Che sono sicuro che non ci crede ma almeno le strappi un mezzo sorriso.
Se passi da Buccinasco (occhio alle code in tangenziale) lascia nel camino del sindaco Cereda uno di quei pupazzi cinesi che gli tocchi il pancino e ripetono le parolacce quelleche non si devono mai dire: pipì, pupù, scemo e mafia. Così si tranquillizza e agisce con calma: nei beni confiscati ci può mettere gli uffici della commissione sull’assegnazione dei beni confiscati e ha risolto il problema, alla Macchiavelli, e a Saviano ci sarà poi tempo per dedicargli una via. Come nei paesi civili.
A Milano buttaci giù dal camino una commissione per l’immagine antimafia. Così almeno riescono a convincerci che una commissione antimafia legittima la mafia ed è dannosa, e magari riescono a convincerci anche che la mafia non esiste e il pluripregiudicato Marras che stava nel cantiere qui dietro al ConDuomo fiscale aveva preso un senso unico e stava semplicemente facendo manovra. Così come Liggio era in via Ripamonti perchè fanno lì il bitter campari come non lo sa fare nessuno. E magari ci facciamo anche uno scherzo. Ci scrivi in piazza Duomo che il santo expò è anticipato a settimana prossima, così noi ci mettiamo seduti sulle scale a guardarci bene chi arriva di corsa in comune suonare il campanello.
Caro Babbo Natale, per tutti gli altri facci due regali. Due palle, mica quelle di Natale, due palle di quelle non rimovibili e un sacco di schiene dritte, per sopportarci mentre non ce la facciamo a non dire che disonorarli è una questione di onore.
Per me, Luigino, Babbo Natale, non regalarmi niente, magari, se fosse possibile, vieni a riprenderti qualcuno di questi politici che ci hai portato l’anno scorso e che a me e al mio fratellino ci sembrano un po’ scassati, e magari visto che hanno solo un anno, magari sono ancora in garanzia.

Radio Mafiopoli 12 – Giurin giuretta il bacio ti aspetta

GIURIN GIURETTA IL BACIO TI ASPETTA

MESSAGGIO PUBBLICITARIO

Scoraggio, viltà, disonore, puzzo, feccia. Arruolati anche tu in servizio volontario permanente nelle Mafie. Scegli il reparto che hai sognato per una vita: l’impudicizia di Cosa Nostra, le paranze dei Capa-lesi di Gomorra, la sommersione edilizia-frutticola delle ‘ndrine. Scegli la strada più facile per il successo, riempiti le tasche di euri contanti saluti alla dignità umana, regala alla tua famiglia l’onore di sparire nella melma. In promozione solo fino al 31 dicembre avrai diritto arruolandoti ad una confezione omaggio di appalti pubblici. Servizio volontario nelle Mafie: la soddisfazione di vedere tuo figlio scartare sotto l’albero i regali sporchi di lacrime dei figli degli altri.

[autorizzazione ministeriale richiesta, papello decretativo della collusione governativa]

C’è un esercito che ti aspetta giù a Mafiopoli. Una grande famiglia con grandi problemi di reclutamento. Settimana di carenza del personale giù a Mafiopoli. Mentre di notte i boss mafiopolitani attaccavano le palle di natale (impegnati com’erano a capire qual’era il diritto e il rovescio della palla) gli sbirri con slitte e pantere li hanno caricati nell’operazione “Perseo” dentro i sacchi di iuta pronti per essere assunti dietro le sbarre come aiutanti ad incartare giocattoli. E l’esercito delle mafie si sveglia con quel leggero bruciore di dietro come dopo una cena troppo piccante.

–          Ciao mi chiamo Totò Nessuno e anch’io sono entrato arruolato nell’esercito mafiopolitano. La mia vita è cambiata. Ora sono l’idolo dei bambini e non gioco più solo in porta come gli altri bambini ciccioni. La mattina scendo a rubare le merendine ai negozi del quartiere, così un giorno i miei figli potranno anche loro aprirsi un negozio ed essere sfracellati da un altro papà codardo come me. Pranzo pesce, pesce buono, pesce in quantità, usato come fermacarte dal capo del mio mandamento perchè mi vuole bene. Mi vuole bene e mi paga il pesce, finchè servo, qui tutti mi vogliono bene. Qui tutti i servi si vogliono bene. Siamo servi con la schiena dritta come spina di pesce e con le palle da pesce palla. Poi telefono ai miei figli, che escono da scuola, e che sono piccoli e ci credono alla befana e ci credono al mio onore, e allora sono un papà felice che si è fatto da solo e non ha figli sparati, finchè servo. Al pomeriggio scambio un paio di appalti con un assessore schiena dritta, che mi assume la moglie con i soldi del mandamento. Finché serve lui al mandamento, e intanto paga mia moglie. La paga per un favore, come le amiche degli amici, come le puttane. Siamo proprio una bella famiglia, con un papà servo e una mamma puttana a fare le statuine del presepe per il boss del nostro mandamento. Poi alla sera torno a casa per una cena veloce prima di uscire a sparare ai papà degli altri con la faccia da John Wayne. Come sarebbero fieri i miei amici. E torno tardi. Così tutti dormono e nessuno sente che m’infilo nel letto che puzzo di merda e sangue. Arruolatevi anche voi nell’esercito d’onoro delle mafie di mafiopoli.

E allora combiniamoci, con la santa punciuta che NESSUNO SI DEVE PERMETTERE DI PRENDERE IN GIRO. Con la santa punciuta con l’arbre magique alla ricotta. Come ce l’hanno insegnata i Lo Piccolo della stirpe dei Lo Pippolo, che per non dimenticarsela e per non consumare l’unico neurone che da latitanti si rimbalzavano in due se l’erano proprio scritta, più o meno così:

“Giuro giurissimo di averci fatto un giuramento di fede assoluta incommensurabile e che io possa bruciare come la santina impressografata qui scoppiettante nel falò delle mie mani, commendator Padrino!

Giuro di punire i prepotenti per giustiziare i deboli e di rubare ai ricchi per appoverare i poveri  e… magari, se ci capita, anche arricchire un paio di ricchi …

Giuro niente sesso siamo picciotti … infatti giuro che non desidererò mai la donna degli altri, ma che sarò solo fedele alla mia splendida e bellissima moglie, santissima donna … che io non sono sposato.

(Scusi dottor Padrino. E’ possibile che uno se non è sposato, non dico che guardi le donne degli altri, quello mai! Ma che insomma … un paio di volte al mese, uno scufrugliamento con una mignottazza… no? Niente? Neanche un boccaciccio sportivo? No? Vabbeh)

Giuro che rispetterò il padre e la madre, non mi fermerò fino alle quattro del mattino in osteria ma andrò a dormire presto almeno otto ore per notte altrimenti il giorno dopo taglieggio il cricket piuttosto che il racket.

Giuro davanti a questa santina che speriamo bruci in fretta … giuro che non cederò alle tentazioni del dimonio ma che vivrò sempre negli insegnamenti di Nostro Signore, anche se non c’avevo tempo di leggermi proprio tutto tutto ma alla fine ingegner padrino è il pensiero che conta.

E allora io giuro e spergiuro che come questo ramo di arancio mi ha puncicato il dito, allo stesso modo io… io… non mi ricordo più cosa volevo dire … e non so, c’è altro? Allo stesso modo io brucio se mi pentisco, peggio ancora se mi costituisco, e soprattutto se riferisco.

Giuro che è meglio un figlio puttaniere che poliziotto.

Giuro che rispetterò la legge anche se con gli errata corrige della zona, gli omissis della famiglia e i comandamenti dei mandamenti.

Giuro che non mi arricchirò con artifizi se non quel paio che lei sa di cementizi.

Giuro che non sono mai stato qui, non ho mai parlato, non vi ho mai veduto, che se anche fosse mi sono scordato, e anche se fosse ancora sono nella testa gravemente malato e che se insistono sono perseguitato, dal magistrato.

Giuro che non lo sapevo che avrei dovuto saperlo.

Giuro che era un amico, di un amico, che conoscevo di vista, per via di una parentela lontana.

E soprattutto giuro che sono un nullatenente, e che comunque me li sono sudati, e soprattutto che sono un perseguitato.

Finito, le formule di cortesia …

Ringraziandovi colgo l’occasione per porgere i miei migliori ossequi? No? Allora?

Timbro data e firma con lo svolazzo?

No? Allora cosa? Si sa che verba volano e scritta mano …

Cosa?

Ah, devo baciare tutti sulla bocca?

Vabeh… ma tutti tutti?

Non è che qui la cosa che non si va a donne, non si guardano le donne… voglio dire, non è che ho niente in contrario, sono un picciotto moderno. Però solo un bacio e poi amici come prima, vero signor Padrino? No, perché non è che io abbia niente in contrario contro i ricchioni, ma questi picciotti qui non è che sono i miei tipi … a me piace il capello biondo, un po’ nordico …

Ah no … no, mi scusi, no intendevo … avevo frainteso.

Allora bacio. Va bene, bacio. ”

Fortuna che si viene combinati una volta sola, nella vita, nell’esercito di mafiopoli. Alla bersagliera.