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Michele Emiliano

Banalizzare, criminalizzare, purché non se ne parli: il metodo No Tav applicato ai No Tap

Accade così: si alza la polvere facendo in modo di convincerci che la polvere sia il lascito dei violenti, si formano le squadriglie di picchiatori politici contro “quelli che dicono no a tutto”, si scialacqua solidarietà un po’ a caso in favore delle forze dell’ordine anche quando non ci sono disordini e si sventola il feticcio del progresso inevitabile (o del thatcheriano “non c’è alternativa”) per chiudere il discorso.

Ma il discorso, quello vero, quello che parte delle analisi e che per svilupparsi dovrebbe comprendere anche la possibilità che i decisori diano risposte convincenti, quel discorso in realtà non avviene mai. Ora ci manca solo che si faccia male qualcuno e poi anche i “No Tap” sono cotti a puntino per diventare la forma contemporanea dei “No Tav” in salsa pugliese. Le mosse piano piano si stanno incastrando tutte e anche l’ultimo tweet del senatore del PD Stefano Esposito (“Ogni giorno che passa i #NOTAP assomigliano drammaticamente ai #notav un grazie alle nostre #FFOO”) certifica che il processo si avvia a dare i suoi frutti.

Negli ultimi due giorni risuona soprattutto la barzelletta degli ulivi: “i no Tap? ambientalisti preoccupati per qualche manciata di alberi che verranno prontamente rimessi al loro posto” dicono più o meno i banalizzatori di partito. E fa niente se le ragioni della preoccupazione siano tutte scritte in un parere del 2014 di ben 37 pagine dell’Arpa protocollato dalla Regione Puglia (lo trovate qui); non importa che l’Espresso abbia raccontato come (ma va?) gli interessi particolari delle mafie abbiano messo qualcosa in più degli occhi sul progetto (è tutto qui) e non importa nemmeno che le motivazioni della protesta non siano contro il progetto in toto ma sulla località di approdo che era la peggiore delle soluzioni possibili: l’importante è che la protesta No Tap possa essere messa velocemente nel cassetto dei signornò e si divida subito tra le solite fazioni.

A questo aggiungeteci l’italica inclinazione alla servitù (come nel caso della viceministra Bellanova, PD, che si diceva contraria da candidata e ora seduta sulla poltrona da viceministro se la prende con Michele Emiliano perché si occupa più della sua regione piuttosto che della fedeltà agli ordini del capo) e vi accorgerete che di tutto si parla tranne che dell’analisi del dissenso.

 

(continua su Left)

Michele Emiliano: “Ho scritto in Procura per il miliardo di euro promesso da Renzi per Taranto. Quei soldi non ci sono”

(L’intervista a Michele Emiliano di Alessandro De Angelis per l’Huffington Post. Leggetela con attenzione perché in un Paese normale una situazione del genere sarebbe sulle prime pagine di tutti i giornali. Tutti.)

Presidente Michele Emiliano, il premier ha annunciato un miliardo di euro per Taranto. Ma quel miliardo c’è? 
Credo che il Premier abbia parlato solo per sentito dire… Magari dagli avvocati che stanno lavorando in questa direzione. Andiamo con ordine. La famiglia Riva è sotto processo per reati gravissimi, tra cui disastro ambientale per inquinamento dell’Ilva.

Il miliardo a cui si riferisce Renzi sarebbe frutto proprio della transazione con i Riva.
Mi lasci proseguire. Il processo sui Riva si svolge a Taranto e ora l’Ilva è sotto la gestione del governo e con il decreto del governo la fabbrica può continuare a funzionare nonostante sia nociva.

E questa è la premessa. 
Ecco, siamo al punto: fino a che il patteggiamento non viene accettato dalla Procura e poi ratificato dal Giudice terzo non esiste quel miliardo di cui parla Renzi. Se tali richieste fossero state già presentate nelle cancellerie dei giudici probabilmente ne avremmo già avuto notizia certa.

E’ uscita una nota che parla di accordo tra azienda e gruppo Riva che potrà essere stipulato entro febbraio.
Appunto, “potrà”. Quella nota conferma che le trattative sono in corso, ma le procure non hanno ricevuto i termini dell’accordo. Fino ad oggi si è parlato di cose che non esistono finché non saranno ratificate.

Sta dicendo che quella di Renzi è una trovata da campagna elettorale non supportata da dati di realtà?
Il premier è molto interessato, diciamo così, ai referendum e pensa che tutto quello che succede sia connesso al referendum. Ma non è così. Io invece sono interessato ai problemi della mia terra. E penso che annunciare quel miliardo come cosa fatta sia quantomento inopportuno e sgradevole soprattutto se in questo modo si vuole mettere una pezza ad una vicenda assurda ed inspiegabile come il mancato finanziamento della sanità tarantina con 50milioni di euro.

Appunto, propaganda, come le avevo chiesto.
Ciò detto, per fare chiarezza, ho appena inviato alle Procure di Taranto e Milano una richiesta per conoscere la verità. La Regione Puglia, in quanto persona offesa dai reati commessi dai Riva per i quali procede la Magistratura di Taranto, può legittimamente avanzare questa richiesta.

Aspetti presidente, mi faccia capire. Lei ha scritto alle procure per capire se c’è quel miliardo di cui parla il presidente del Consiglio? 
Ha capito benissimo.

E sono obbligate a risponderle? 
Non sono obbligate a farlo fino a che l’istanza non è formalmente presentata, ma perché il giudice ratifichi l’accordo di patteggiamento tutte le parti devono essere avvisate e possono partecipare all’udienza in camera di consiglio che lo definisce.

A che serve partecipare alla procedura di patteggiamento?
A controllare la legittimità di tutte le operazioni e soprattutto a trasmettere alla Procura ed ai Giudici l’aspettativa della Regione Puglia che il danaro sia utilizzato per decarbonizzare la fabbrica.

Decarbonizzare?
Sì decarbonizzare. Il dramma ambientale di Taranto non è l’acciaio, è il carbone che serve a produrlo almeno con gli impianti pericolosi ed obsoleti esistenti. La Puglia chiede che questi impianti siano sostituti da più moderni forni elettrici alimentati a gas (anche approfittando di 20miliardi di metri cubi che arriveranno in regione grazie al gasdotto Tap) attraverso una tecnologia denominata “preridotto” già realizzata altrove proprio da aziende italiane.

E il governo?
Vorrei ricordare al premier che la decarbonizzazione è il mantra di tutti i governi del mondo impegnati nella limitazione del riscaldamento terrestre. L’Italia sottoscrive protocolli internazionali per la eliminazione del carbone, e poi non li attua. È questo il momento di farlo, Renzi vincoli quei soldi per convertire a gas l’Ilva, l’acciaieria a carbone più grande e inquinante d’Europa.

Il ministro Calenda però dice che nessuna delle offerte di acquisto dell’Ilva comprende una totale decarbonizzazione?
Appunto, nella testa di gente come Calenda il problema non è la salute dei cittadini e soprattutto dei bambini di Taranto, ma quanto costa un sistema produttivo. Ovviamente un combustibile rozzo e pericoloso come il carbone costa meno del gas. Ma la ragione è semplice: chi vende carbone non paga i danni sociali e sanitari che questo provoca. Il sistema di produzione a gas azzera le emissioni nocive che provocano malattie e tumori e riduce ad un quarto in alcuni casi le emissioni di anidride carbonica, micidiale gas serra.

Ma se la fabbrica è fuori mercato come vuole che regga?
Abbiamo pensato anche a questo. La Puglia vuole che il governo vincoli il gas del Tap nella misura di 2miliardi di metri cubi su 20 ad un costo identico o di poco superiore a quello del carbone, per rendere competitivi i nuovi impianti tarantini. Lo sconto sul prezzo ci sembra una giusta compensazione ambientale per l’impatto del gasdotto sul nostro territorio.

Torniamo alla sua lettere alle procure? Anche questa può apparire una mossa politica verso il premier.
Nient’affatto. Non è affatto questa la mia intenzione e del resto le trattative riservate svelate dal premier sono effettivamente in corso, questo è evidente. Il problema è un altro. È mio dovere avvisare l’Autorità giudiziaria che il danaro dovuto da coloro che hanno provocato danni ambientali e sanitari devastanti deve essere utilizzato non solo per riambientalizzare la fabbrica – facendo un regalo incentivante a chi vuole comprarla – ma anche per i risarcimenti delle centinaia di parti civili del processo che hanno diritto di soddisfarsi su quelle somme al pari dello Stato e della Regione.

Ecco, la fabbrica se la comprano i privati, il miliardo e 3 è dello Stato e, quando sarà, viene investito nella fabbrica dei privati… E le parti civili restano col cerino in mano.
Tant’è. È chiaro che in questo caso ci opporremo al patteggiamento.

Ma allora dove prendere il danaro per fare i nuovi impianti che lei suggerisce nella sua proposta di decarbonizzazione?
Quel miliardo e 300milioni è utilissimo anche per la ricostruzione dello stabilimento e per la eliminazione dei parchi minerari ormai inutili se non si utilizzerà più il carbone. Ma ribadisco, se quel denaro dovesse essere utilizzato per ammodernare gli impianti esistenti lasciando intatta la alimentazione a carbone, dovremmo opporci per evitare che i reati già commessi siano proseguiti anche dopo il risarcimento dei danni da parte degli autori degli stessi.

E se non si decarbonizza la fabbrica? Sarebbe ancora a rischio di interventi da parte dei Magistrati?
Certamente, lo provano i dati epidemiologici. Con l’aggravante che avremo utilizzato i soldi che mettono definitivamente fuori dal processo i Riva per riattare impianti ancora pericolosissimi per la salute a causa del carbone.

In conclusione, Emiliano, abbiamo fatto una lunga conversazione. Ne ho ricavato l’impressione che sull’Ilva non si fida del governo. E che l’annuncio del premier ha stimolato il suo animus da magistrato.
In conclusione? Basta annunci.

Emiliano nomina assessori a loro insaputa

Michele-EmilianoGiuro che ho sperato fino all’ultimo che fosse uno scherzo. E invece no. Michele Emiliano ha nominato assessori tre consiglieri regionali del M5S senza interpellarli. “Così nessuno può avere il sospetto di qualche inciucio”, ha dichiarato. E allora penso davvero che il neo governatore pugliese creda che siamo tutti un popolo di imbecilli, come se non sapessimo cosa ci sta dietro alla composizione delle liste, come funziona la politica (anche quella buona, delle mediazioni vere e utili).

Insomma anche Emiliano come il suo gran capo Renzi pensa che agli italiani la democrazia basta fargliela annusare.

Complimenti Michele, l’inizio è proprio dei peggiori.

 

A proposito del PD, di Mele, di Emiliano e della parola che funziona

Michele Emiliano (tra le altre cose anche segretario del PD in Puglia), dopo il polverone suscitato dalla “resurrezione” politica di Mele candidato sindaco, frena:

“L’ipotesi è completamente destituita di fondamento. Non risulta che Cosimo Mele abbia fatto richiesta ditesseramento, né che il Pd di Carovigno gli abbia offerto di entrare nel partito”, precisa il segretario regionale del Pd Puglia. “Per quanto riguarda invece la presentazione di liste del Partito Democratico e la concessione da parte della segreteria regionale del simbolo del partito per le prossime elezioni comunali in Puglia – continua Emiliano, confermando la notizia – deve essere chiaro a tutti i militanti del Pd che non può accadere che accordi politici a livello cittadino (che pure potrebbero avere in astratto giustificazione in esperienze amministrative e vicende umane di riscatto personale positivamente constatabili dalla comunità locale), vengano assunti senza tenere conto delle evidenti implicazioni politiche negative su tutto il PD regionale e nazionale. Questa irrevocabile posizione del Pd della Puglia, è stata più volte comunicata ai dirigenti del Pd di Carovigno che sono tenuti ad osservarla”.