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mondo

Chi voto

Me lo chiedete in tanti. E poiché amo le preferenze le uso sempre con attenzione e parsimonia. Sulla mia scheda ci saranno i nomi di Civati, Druetti e Rinaldi. Due donne e un uomo. E il simbolo di Europa Verde. Perché i miei figli il venerdì scendono in manifestazione e mi chiedono di preparagli un mondo migliore con gli strumenti che ho a disposizione.

A voi auguro un buon voto antifascista. E di lasciare perdere la manfrina del voto utile. Ma davvero.

“Ovunque voi mi chiuderete, io viaggerò lo stesso per il mondo”

Sto scrivendo nella cella di una prigione.
Prima di cominciare ad impietosirvi, però, ascoltate ciò che ho da dire.
Sì, sono stato rinchiuso in una prigione di alta sicurezza in mezzo al nulla.
Sì, vivo in una cella le cui porte di ferro si aprono e si chiudono con rumori pesanti.
Sì, i pasti mi vengono serviti attraverso una fessura nella porta.
Sì, anche il piccolo cortile con il suo pavimento di pietra dove cammino avanti e indietro, è coperto da sbarre.
Sì, non posso vedere nessuno tranne il mio avvocato e i miei figli; non mi è nemmeno concesso di scrivere ai miei cari.
Tutto questo è vero, ma non è tutta la verità.

Ahmet Altan è un giornalista ed è un grande scrittore. Uno di quelli che con le parole, ance poche, anche semplici, colpisce nel segno e disegna sensi, stimola istinti, fotografa le bugie del potere. Per questo il regime turco non lo ama. Ma questa non è una novità. Scommetto che Ahmet non sarebbe amato nemmeno qui, nemmeno negli Usa: fa parte di quei giornalisti che non lisciano il popolo o il potente di turno o il potere vigente. Eppure avremmo bisogno di milioni di Ahmet.

Invece Ahmet sta rinchiuso in cella in Turchia (che qualcuno si ostina a ritenere europea come se l’Europa non sia anche una comunità che si riconosce nei diritti fondamentali) perché colpevole di essere critico nei confronti del presidente Erdogan: è stato condannato all’ergastolo con la risibile accusa di aver favorito il risibile tentato colpo di Stato del luglio 2016.

Eppure Ahmet Altan ha continuato. E scrive. Scrive. Scrive. Come se fosse una necessaria benedizione che qualcuno vorrebbe maledire. E i suoi scritti fanno il giro del mondo.

C’è un suo verso bellissimo:

Ho amici in tutto il mondo che mi aiutano a viaggiare, anche se non ho mai conosciuto la maggior parte di loro.
So di essere uno schizofrenico finché tutte queste persone abitano solo nella mia testa. Ma so anche che sono uno scrittore e che un giorno tutti si ritroveranno tra le pagine di un libro.
Sono uno scrittore. Ovunque voi mi chiuderete, io viaggerò per il mondo sulle ali dei miei pensieri.

Ed è un augurio talmente bello che andrebbe rivolto a tutti noi, che ci pensiamo liberi.

Buon mercoledì.

L’articolo “Ovunque voi mi chiuderete, io viaggerò lo stesso per il mondo” proviene da Left.

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui https://left.it/2019/03/06/ovunque-voi-mi-chiuderete-io-viaggero-lo-stesso-per-il-mondo/ – e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Come spesso accade cercano il superboss in tutto il mondo e lui è a due passi da casa

Asia, Sudamerica, Emirati Arabi ed Europa: lo hanno cercato dovunque ma alla fine era a Napoli a due passi dal suo quartiere di Secondigliano, in un’abitazione del quartiere Piscinola-Chiaiano in via Emilio Scaglione. Cosi è finita la latitanza di Marco Di Lauro, inserito nell’elenco dei ricercati del Ministero dell’Interno al secondo posto subito dopo Matteo Messina Denaro. Oggi ha 38 anni ma era solo un ragazzo quando fece perdere le sue tracce, 14 anni fa nel corso della “notte delle manette” quando mille uomini dello Stato invasero i quartieri Scampia e Secondigliano coadiuvati dagli elicotteri ed eseguirono 53 ordinanze. Ricercato anche in campo internazionale, secondo gli inquirenti, Marco Di Lauro avrebbe intrapreso la ricostruzione del clan guidato dal padre Paolo Di Lauro detto Ciruzzo o’ Milionario.  Marco Di Lauro, 38 anni, e’ latitante del 7 dicembre 2004, quando si sottrasse a un maxi-blitz, era ricercato per associazione a delinquere di stampo mafioso e diversi altri reati. Dal 17 novembre 2006 era ricercato anche in campo internazionale perché il suo nome era stato inserito nella lista dei latitanti di massima pericolosità. E’ il quarto figlio del boss Paolo Di Lauro, detto Ciruzzo ‘o milionario, storico capo dell’omonimo clan di Secondigliano. Era sfuggito alla cattura delle forze dell’ordine in due diversi blitz, a dicembre 2016 e a marzo 2017.

(fonte)

Le piccole adozioni che salverebbero il mondo

A Carmagnola cammina, abbastanza spaesato, un bambino di 8 anni. Niente nomi di fantasia in questo articolo: un bambino rende bene l’idea di un bambino senza bisogno di appiccicargli un nome posticcio. Bene così. Il bambino si aggira perché, per i casi terribili della vita (quelli che noi siamo diventati incapace di annusare) si ritrova senza genitori: il padre è sparito e la madre non lo vuole. Dice lei, la madre, che dovrebbero occuparsene i nonni. E invece il bambino è lì, per strada, solo, e il suo sguardo di chi s’è ritrovato orfano incuriosisce vigili urbani. Anche perché, così solo, rischiava ogni passo di finire sotto un’auto.

Ai vigili racconta di sapere parlare bene in italiano. Ne è fiero. Ma non sa scrivere il proprio nome. Anzi, proprio non sa scrivere. Non è mai andato a scuola. La vita gli ha buttato addosso problemi di sopravvivenza più urgenti del rispettare l’orario della campanella.

Adesso grazie all’aiuto del Terzo settore è tornato a sorridere. «Una storia da spezzare il cuore – ha commentato il sindaco di Carmagnola, Ivana Gaveglio al Corriere della Sera -. Il bambino è diventato la mascotte di tutti e in particolare della polizia municipale. Adesso è iniziata una gara di solidarietà per procurargli abiti e beni di prima necessità. Lui sta bene, il suo percorso di crescita è sicuramente in salita, ma l’importante sarà dotarlo degli strumenti per affrontarlo».

Di lui si sa poco. Viveva in una roulotte e racconta di avere avuto una mamma buona (che è la nonna) una mamma cattiva (che è sua madre). «Vi prego non riportatemi da lei» ha supplicato. Ora è in affidamento.

Ed è una storia di accoglienza. Di solidarietà. Ed è anche una storia di tutto quello che ci stiamo perdendo, proprio ora, in giro per il mondo, affollato di bambini per cui, chissà perché, i nostri occhi si sono induriti e si consolano con un bambino dal nome posticcio di Carmagnola. E come sarebbe bello se Carmagnola fosse grande quanto il mondo.

Buon lunedì.

 

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui https://left.it/2019/02/05/le-piccole-adozioni-che-salverebbero-il-mondo/ – e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Le piccole adozioni che salverebbero il mondo

Ed è una storia di accoglienza. Di solidarietà. Ed è anche una storia di tutto quello che ci stiamo perdendo, proprio ora, in giro per il mondo, affollato di bambini per cui, chissà perché, i nostri occhi si sono induriti e si consolano con un bambino dal nome posticcio di Carmagnola. E come sarebbe bello se Carmagnola fosse grande quanto il mondo.

«Il mondo che verrà», cosa ci siamo detti, su Carnaio, a Radio Capital

Questa mattina ospite di Concita De Gregorio e Daniela Amenta ho parlato a lungo del mio romanzo Carnaio, del mondo distopico che c’è nel libro e di quanto ci sia invece fuori. Come già vi dicevo il viaggio di Carnaio sarà lungo (una grossa sorpresa ve la svelo prossimamente) e stiamo ultimando il tour di presentazioni.

A me, intanto, non resta che ringraziarvi per l’apprezzamento e per l’accoglienza.

Se volete riascoltare la puntata è qui.