Vai al contenuto

partiti

L’eterno tafazzismo del centrosinistra: così l’alleanza Pd-M5S naufraga prima di nascere

Regola numero uno in politica: se decidi di parlare in pubblico di un accordo si presume che a quell’accordo intanto qualcuno ci stia lavorando, che ci siano presupposti che possano renderlo possibile e che ci sia volontà da entrambe le parti. E invece no, per la strana alleanza tra Partito Democratico e Movimento 5 Stelle, un’alleanza annunciata e addirittura votata sulla piattaforma dei grillini, abbiamo assistito e continuiamo ad assistere alle dichiarazioni addirittura di un presidente del Consiglio, del segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti, dell’ex capo politico del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio e intanto dai territori arrivano solo rifiuti se non addirittura calci.

La candidata del M5S in Puglia risponde contrattaccando: “Mi hanno offerto poltrone e prestigio assicurato. Ma la nostra scelta deve essere più importante dei miei vantaggi personali e di quelli del premier”, dice, lasciando perfino intendere che l’accordo tra i due partiti su scala locale sarebbe solo il tentativo di prendere ossigeno nel governo nazionale. Non una gran figura, per niente.

Gian Mario Mercorelli, candidato grillino nelle Marche coinvolge perfino il gran capo dei 5 Stelle Vito Crimi dicendo: “Ho sentito Crimi, e non è in corso nessuna trattativa, né a Roma né qui sul territorio. Capisco le ragioni di Conte, è una posizione dovuta, ma è fuori tempo massimo. Un’entrata così a gamba tesa a 36 ore dalla presentazione delle liste non favorisce di certo l’equilibrio generale”.

Un dato è certo: il matrimonio non si farà e risultano perfino risibili i tentativi di chi preannuncia la richiesta agli elettori di fare voto disgiunto per riuscire comunque a convergere sui candidati presidenti del PD. Il matrimonio giallorosso fallisce ancora prima di essere celebrato e il PD incassa perfino gli strattoni del capo politico pentastellato Crimi, che dice di occuparsi “prima dei contenuti che dei contenitori”, liberando, di fatto, tutte le decisioni dei territori e dichiarando addirittura, in un’intervista proprio ieri al Corriere della Sera, che l’alleanza di cui si discute da giorni non è “alleanza strutturale” e che il voto su Rosseau si riferiva a “quattro Comuni che hanno presentato un progetto”. Proprio così.

E con il senno del poi viene da chiedersi a cosa sia servita tutta questa solfa, a cosa sia servito aprire un dibattito su un progetto che non aveva nessuna possibilità di realizzazione e soprattutto perché logorare i due partiti che sostengono il governo, in questo delicato momento in cui c’è un intero Paese da fare ripartire tra qualche settimana, con un’alleanza sui territori che nei fatti era apparsa subito irrealizzabile. Anche perché ammucchiarsi contro la destra, sperando che i voti si sommino come se gli elettori fossero immobili e acritici, non ha mai portato risultato. Ma qualcuno sembra non avere imparato la lezione.

Leggi anche: 1. Vito Crimi gela Conte: “No all’alleanza M5S-Pd. Il voto su Rousseau riguardava solo 4 Comuni” / 2. Regionali, in Puglia l’alleanza col Pd non piace ai Grillini. La candidata M5S: “Piuttosto tagliatemi la testa”/ 3. Pd-M5S, scoppia la pace in tribunale: “Stop alle cause che ci vedevano contrapposti, cambiato clima politico”. Renzi: “Io non le ritiro”

L’articolo proviene da TPI.it qui

La questione immorale

Salvini che nega la pericolosità del Covid e sdogana idee mostruose e lesive contro i migranti. Meloni e la collusione di dirigenti di Fratelli d’Italia con la criminalità organizzata. Il trasformismo del M5s e il Pd che non mantiene le promesse. Nei partiti più grandi c’è un grave problema di etica, di coerenza e di senso civico

Ma come siamo messi con la questione morale in Italia in questo momento? Meglio: cosa ci dicono i partiti italiani, come svolgono il loro ruolo propedeutico e pedagogico, come era pensato nella politica alta, quella che si prometteva di essere anche un esempio oltre che semplicemente un mezzo di governo. Come siamo messi con l’etica degli organi di rappresentanza, quelli che dovrebbero convincerci a essere migliori, a seguire le regole, a rispettarle, a chiederne la modifica se non risultano abbastanza contemporanee e rappresentative… Siamo messi male, malissimo. E siamo messi male dappertutto, a destra, a sinistra e anche nel famoso terzo polo che era quello che nelle intenzioni avrebbe dovuto spaccare tutto e invece ora come una pianta rampicante si è attaccato ai posti di comando e sembra disposto perfino a rinnegarsi pur di lasciare attaccati alcuni dei suoi. È immorale Matteo Salvini, certo, ne abbiamo parlato spesso su queste nostre pagine e non finiremo di parlarne. È immorale perfino venirci a dire che dovremmo smettere, che attaccarlo di continuo fa il suo gioco: se per un trucco di propaganda fingiamo di non vedere l’orrore che ci circonda sperando che sparisca significa che anche noi ci sdraiamo sulla strategia piuttosto che sull’etica.

L’immoralità di Salvini è un marchio di fabbrica, ce n’è una parte addirittura esibita come se fosse qualcosa di cui andare fieri. Guardate per esempio la sua ultima foto mentre visita un caseificio nel suo lungo tour da food blogger: non ha mascherina, non ha guanti, si butta su una forma di formaggio come un topo, i proprietari dell’azienda lo guardano compiaciuto e probabilmente godono nel pensare alla visibilità inaspettata che potranno avere. Là dentro c’è tutto: l’atteggiamento è quello di chi dice “me ne fotto delle regole perché sono un bullo, voi votate un bullo perché così vi sentite protetti e io raccatto i vostri voti di servi che hanno bisogno di eleggere un padrone”. Messa così sarebbe anche abbastanza ridicola se non fosse che l’immoralità della Lega, quella che Salvini invece non vuole farci vedere e di cui non vuole che si parli, sta tutta nella gestione economica rapace dei fondi pubblici di partito (c’è una condanna, definitiva, che sembra non avere colpevoli), l’immoralità della Lega è nell’avere slacciato le…

L’articolo prosegue su Left del 21-27 agosto 2020

Leggilo subito online o con la nostra App
SCARICA LA COPIA DIGITALE

SOMMARIO

Commenti

commenti

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Sardegna, mentre i contagi aumentano Solinas fa lo scaricabarile col governo (in stile Fontana)

Ricomincia lo scaricabarile e sarà un storia che durerà ancora per molto: mentre in Italia destano preoccupazione i casi di importazione di Covid che stanno facendo alzare il numero dei contagi giornalieri, ora le Regioni partono all’attacco del governo lamentando ritardi e incomprensioni. Sembra di essere tornati ai tempi dello scontro tra governo e Lombardia, quando il presidente Fontana chiudeva qualcosa in meno rispetto ai decreti governativi o apriva qualcosa in più tanto per farsi notare, giusto per chiarire che esistono anche loro.

L’ultimo attacco arriva dalla Sardegna e diventa ancora più incomprensibile alla luce delle testimonianze che arrivano dall’isola, dove al di là delle discoteche ormai chiuse si nota una movida (come in quasi tutte le località vacanziere) assolutamente fuori controllo. Il governatore della Sardegna, Christian Solinas, in un’intervista al Corriere della Sera chiarisce che “la Sardegna non ha mai avuto una circolazione virale autoctona”. “Tutti i casi – dice – sono di importazione o di ritorno, persone già positive testate una volta giunte in Sardegna o sardi infettati durante le vacanze all’estero”.

Come se ancora una volta il punto centrale sia quello di trovare un untore piuttosto che governare una situazione con cui si dovrà convivere probabilmente ancora a lungo, almeno fino all’arrivo del vaccino. Solinas rimarca la sua ostilità al governo: “Se il governo – dice – avesse accolto il modello che avevo proposto già mesi fa per accompagnare l’ingresso sull’isola di ciascun passeggero con un certificato che attestasse l’esito negativo del tampone, oggi non ci sarebbe la recrudescenza del virus”.

E, quando gli si fa notare che i controlli sono partiti solo ad agosto inoltrato, il governatore risponde: “Questo deve chiederlo a Roma. Quando noi lo abbiamo proposto a maggio, tutti si sono stracciati le vesti, attaccandomi con una violenza inaudita da tutti i fronti: politico, mediatico e scientifico”. E siamo al punto di partenza, ancora una volta, dopo tutti questi mesi: nonostante il ministro Boccia insista nel dire che il grado di collaborazione tra governo e Regioni è alto, continuiamo ad assistere al sovranismo del contagio, alla rivendicazione dell’uno contro l’altro come in una brutta operetta con tutti gli attori in commedia, con strali lanciati sui giornali piuttosto che nelle sedi opportune. Con la politica che diventa solo polemica. E mentre la polemica infiamma le diverse fazioni il virus gira, continua a girare.

Leggi anche: 1. Dopo i runner e i migranti, tocca alla discoteche: perché siamo sempre a caccia dell’untore? (di G. Cavalli) / 2. Il Governo decida: conta più la salute o il lavoro? (di G. Cavalli)

L’articolo proviene da TPI.it qui

Un Ferragosto dedicato

Ai morti di coronavirus, ai malati, ai lavoratori che stanno in bilico. Nel giorno di festa di metà agosto, quest’anno, è inevitabile riservare loro un pensiero

Un Ferragosto dedicato agli invisibili che non sanno che farsene del Ferragosto, in questo duemila e venti che è una ferita che molti vorrebbero rimarginare e che invece sanguina ancora.

Mi viene in mente, per questo Ferragosto, a quanto presto ci siamo dimenticati dei nonni che se ne sono andati. Sarà che il caso ha voluto che fossi nel mezzo della pandemia eppure il Ferragosto qui, più di tutto, sono i genitori anziani e i nonni che mancano al pranzo di Ferragosto, quelli che se ne sono partiti senza l’occasione di salutare, quelli che avrebbero tenuto il vino buono in fresca, quelli che avrebbero preparato il piatto che ti piace tanto e che invece adesso sono un posto lasciato vuoto, un piatto e un bicchiere in meno.

Il duemila e venti è l’anno degli spazi che si stringono e pare che qualcuno voglia rimuovere il lutto e lo sfacelo come se fosse una pellicina disturbante sopra un dito. Il Ferragosto dedicato ai genitori che devono spiegare ai propri figli la partenza del nonno o della nonna che sono partiti senza una ciao, incellophanati come nei film, tornati a casa solo a forma di un tetro certificato.

Un Ferragosto dedicato a chi aveva pensato che questo Ferragosto forse avrebbe potuto ritagliarsi qualcosa che somigliasse a una vacanza e invece conta le macerie. Lavoratori e professionisti che stanno in bilico davvero, che assistono sgomenti alle discussioni di questo giorno mentre si aggrappano e continuano a aggrapparsi consapevoli che a settembre scivoleranno. Sono molto più di quelli che si raccontano, anzi a guardare bene non li racconta nessuno e invece ne siamo pieni. Sono sopravviventi che non rientrano nelle statistiche finché non mollano la presa.

Un Ferragosto dedicato alle coppie che sono scoppiate, le famiglie che questo Ferragosto pensavano di meritarsi un po’ di tranquillità e invece raccolgono i cocci. Un Ferragosto dedicato ai disabili che hanno passato mesi ancora più da invisibili. Un Ferragosto dedicato ai malati bloccati, quelli che hanno dovuto aspettare mentre la loro malattia non aspetta mica.

Un Ferragosto dedicato a quelli che scelgono di non rimuovere e invece vivono tutto, se lo vivono addosso, con tutti gli attrezzi per costruirsi speranza tutti i giorni.

Buon Ferragosto.

Commenti

commenti

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Fratoianni a TPI: “Governissimo con Berlusconi? Non con noi. Ci sono interessi economici dietro”

Il rifinanziamento della Guardia Costiera libica ha spaccato il governo. Sono in molti a lamentare un cambio di rotta sull’immigrazione. Ne abbiamo parlato con il deputato Nicola Fratoianni di Leu, per TPI.it.

Fratoianni, ancora una volta l’Italia finanzia quelli che sono considerati quasi universalmente dei veri e propri aguzzini. Non le sembra che la gestione di questo Governo, in tema di immigrazione, non si discosti molto dalla gestione con Salvini al ministero dell’interno?
Per la verità non è cambiato molto nemmeno con quello che è successo con i governi precedenti al primo governo Conte: sono stati loro ad avviare la collaborazione con le autorità libiche. Piuttosto la votazione di ieri, con i voti contrari di 14 senatori e 23 parlamentari, indica che i numeri di chi si oppone a questa politica in campo migratorio sono decisamente più alti. Il rifinanziamento è passato con un voto trasversale che ha coinvolto anche i partiti all’opposizione.

E intanto rimangono lì anche i decreti sicurezza…
La discussione sui decreti sicurezza si sta svolgendo con un altro tratto e alla luce del lavoro che stiamo facendo mi sento di dare un giudizio prudentemente positivo perché da quel che vedo credo sia possibile ottenere un risultato assai significativo rispetto all’obiettivo che ci eravamo dati, ossia cancellare gli aspetti più regressivi che quei decreti avevano introdotto in materia di immigrazione.

Cosa ha pensato quando ha letto la notizia di quel cadavere rimasto per 15 giorni in acqua, avvistato ben 4 volte e con nessuna autorità che si è mossa?
Ho pensato che che il comportamento dell’Europa di fronte alla vicenda migratoria che ormai da troppi anni investe il Mediterraneo centrale resta un comportamento ipocrita e troppo spesso indifferente. Io sono stato in quel mare più di una volta, su diverse navi, e so che significa stare su una barca, in condizioni precarie, quando si ha l’impressione che non ci sia nessuna possibilità di arrivare sull’altra sponda.

Possiamo però dire che gli elettori che hanno a cuore la solidarietà possono essere ben poco soddisfatti di questo governo?
Certo non possono essere soddisfatti fino in fondo perché io credo che affrontare in modo radicalmente diverso le politiche migratorie sia la strada migliore per sconfiggere la destra peggiore di questo Paese. Serve un’alternativa radicale molto maggiore di oggi. Nello stesso tempo non sono tra quelli che pensa che le politiche migratorie siano le stesse del governo precedente: non lo sono nelle scelte concrete, nel rapporto con le ONG e nella gestione di porti. E spero di poter dire ben presto, forse a settembre, che non lo sarà più neanche sul terreno della legislazione.

Prodi e De Benedetti invocano addirittura Berlusconi. Che ne pensa?
Il rientro di Berlusconi è una vecchia tentazione che torna in alcuni momenti della politica italiana, la tentazione della trasversalità dell’unità nazionale intesa però come trasversalità di interessi. Penso che sarebbe un errore strategico e per quanto mi riguarda incompatibile con la nostra presenza.

Leggi anche: Rifinanziamento Guardia costiera libica, 23 dissidenti Pd e LeU votano contro il governo; 2. [Retroscena] – Nel Pd è saltato l’asse Zingaretti-Franceschini: ora il governo rischia davvero (di Luca Telese)

L’articolo proviene da TPI.it qui

A volte ritornano

Dove vuole arrivare Prodi quando strizza l’occhiolino al suo acerrimo nemico? Come mai il Pd non si scompone più di tanto di fronte all’ipotesi di una “alleanza” di governo con Berlusconi? Ecco perché le manfrine di Palazzo di queste settimane sono un (brutto) film già visto

Lo sapete cosa accade quando partiti hanno il terrore mettersi davanti allo specchio degli elettori, quando hanno paura di dover cominciare considerare i possibili effetti di un possibile voto e quando soprattutto cominciano a sentire che il governo in carica ha problemi di tenuta nella percezione popolare? Iniziano a frugare dentro, tra gli anfratti dello scacchiere parlamentare, si lanciano in merletti e alambicchi di strategia che da fuori appaiono come spericolate ipotesi senza capo e senza coda e tengono in mano la calcolatrice per immaginare altre pericolanti maggioranze che restino in piedi giusto il tempo di riorganizzarsi di nuovo. Una burocrazia di maggioranze che ottiene di solito l’effetto di disgustare ancora di più gli elettori (di qualsiasi parte politica) che per anni sono stati scagliati contro i giochi di palazzo e che fa schizzare i populisti nei sondaggi. Poi, quando accade, quando ci si mette tutti insieme in un’accozzaglia di partiti che hanno come unico punto quello della loro autopreservazione, insistono nel dirci che l’hanno fatto per senso di responsabilità, di solito mettono come presidente del Consiglio quello che si definisce un tecnico e di solito danno vita a tutte le misure impopolari che hanno succhiato la vitalità del Paese (il governo Monti, per dirne una facile facile, ve lo ricordate?).

Ecco, quello che sta accadendo in Italia in questi giorni convulsi in cui si torna a parlare di un possibile ingresso nel governo di Silvio Berlusconi corrisponde esattamente alla fase iniziale di un momento del genere, con parte del Partito democratico che non riesce proprio a trattenersi da un filo-destrismo che non riesce proprio a scrollarsi di dosso; con i renziani di Italia Viva che invece Silvio Berlusconi (o meglio: i moderati di destra) lo corteggiano da un bel po’ (quindi niente di nuovo sotto al sole) e con il Movimento 5 stelle che ancora una volta prova le vertigini che procura la sensazione di perdere il potere. Tutto parte da Romano Prodi, icona di un centrosinistra che ha bisogno di idoli in mancanza di classe dirigente, che nel suo ruolo di souvenir del centrosinistra che c’era ci fa sapere che non sarebbe «un tabù l’ingresso di Forza Italia». Dicendolo come ci ha abituato a dire le cose Romano Prodi, a lato di qualche altro evento o mentre viene incrociato per caso da qualche giornalista durante la sua passeggiata mattutina. L’innesco funziona perfettamente: è tutto un profluvio di riabilitazioni politiche e di venute in soccorso verso il Cavaliere caduto in disgrazia con frasi che superano la semplice circostanza e che addirittura mostrano una sfrenata volontà di riabilitare in fretta quella classe dirigente che fu senza l’impiccio del Movimento 5 stelle e senza i populismi di Salvini e di Meloni: il sogno di un centrosinistra e di un centrodestra che rimangano soli nell’arco elettorale e che fingano di farsi la guerra lavorando sotto traccia per la pace è il desiderio recondito di molti dirigenti che ancora non hanno fatto pace con ciò che è successo in Italia negli ultimi dieci anni. In mancanza di un vocabolario per leggere e per scrivere il presente preferiscono rimettere in piedi quel passato in cui nuotavano così agilmente.

Ma, seriamente, cos’è tutto questo baccano sulla riabilitazione di Berlusconi? Proviamo a fare due conti, passo passo, analizzando le diverse situazioni dei personaggi in commedia. Prodi, innanzitutto, è quello che nemmeno troppo segretamente aspira alla presidenza della Repubblica e sa benissimo che per riuscirci ha bisogno dei voti di un centrodestra che in tutti questi anni l’ha demonizzato e l’ha indicato come la causa di tutti i mali europei: per assurdo…

L’articolo prosegue su Left in edicola dal 17 luglio

Leggilo subito online o con la nostra App
SCARICA LA COPIA DIGITALE

SOMMARIO

Commenti

commenti

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

“Addio Benetton. Il governo ha vinto. E anche l’Italia”: Giarrusso (M5S) a TPI

Dino Giarrusso è europarlamentare del Movimento 5 Stelle ma sempre molto attento alle dinamiche nazionali che riguardano il governo Conte. Si dice soddisfatto per l’accordo trovato su Autostrade e fiducioso per la tenuta del governo in futuro.
Onorevole Giarrusso, come valuta l’accordo con i Benetton preso dal governo?
Lo valuto molto positivamente perché per una volta un governo non cede al capitalismo di relazione che secondo me ha inquinato completamente la società italiana negli ultimi decenni, legando grandi capitali a vecchi partiti e sistema dell’informazione. Non era facile estromettere Benetton dal controllo delle Autostrade e questo governo ce l’ha fatta, la ritengo una vittoria per i cittadini.

Qualcuno però fa notare, anche all’interno del Movimento 5 Stelle, che la soluzione sia una revoca dolce e ci vorrà molto tempo prima che la soluzione si realizzi…
Io non la ritengo una revoca dolce. Per la prima volta in Italia chi ha commesso delle gravi mancanze (oltre ad avere fatto morire 43 persone, il crollo di un ponte è in sé una ferita per Genova e per l’Italia) non riceve sconti, cosa che ci è stata riconosciuta anche dalla Corte Costituzionale quando abbiamo deciso di non far partecipare la società alla ricostruzione del ponte. Poi…
Cosa?
Poi per i cittadini il pedaggio diminuirà significativamente e anche questa la ritengo una vittoria civile, un lavoro ben fatto. Inoltre ci sarà il risarcimento di 3,4 miliardi di euro, quindi chi ha sbagliato pagherà. Tra l’altro l’accettazione di queste condizioni fa sì che non ci siano contenzosi, ciò che in Italia può durare decenni e far permanere la concessione “in attesa di sentenza definitiva”. Abbiamo anche casi di contenziosi finiti economicamente molto male per lo Stato e quindi per le tasche di tutti noi: questa volta non accadrà.

Tutto bene quindi?
La ritengo una soluzione positiva ed anche un buon esempio per il futuro: val la pena sottolineare anche che scendendo sotto il 10% i Benetton non siederanno nemmeno più nel Consiglio di Amministrazione.
Come legge le fibrillazioni di Italia Viva, di alcuni del PD e addiritutra dello stesso M5S?
I mal di pancia di Italia Viva e minima parte del PD li leggo allo stesso modo in cui leggo che Prodi e De Benedetti insieme propongono di fare entrare Berlusconi nel governo: sono i colpi di coda di un sistema che non ha funzionato, non ha fatto il bene degli italiani eppure non vuole cedere per fini di potere. Nostalgie trasversali in tutti i vecchi partiti (tutti, nessuno escluso, purtroppo, compresi quelli che stanno e che stavano al governo con noi) di esponenti che fanno parte del vecchio sistema e che non vogliono cambiarlo. Per questo ci sono tante resistenze, il cambiamento scontenta molti. Nel M5S non ho sentito voci dissonanti sulla vicenda Autostrade.

Come valuta le tenuta di questo governo alla luce dei retroscena sull’ingresso di Forza Italia e i mal di pancia di Renzi?
Penso che questo governo abbia innegabilmente portato un cambiamento. Poi, per carità, può piacere o non piacere ma il cambiamento in Italia è una dinamica molto difficile. Ci sono state molte persone per bene che nei decenni scorsi hanno fatto battaglie anche importanti in formazioni “pulite”, ma purtroppo non hanno portato nessun risultato concreto se non quello della semplice testimonianza: il Movimento ha invece cambiato delle cose concrete -con tutti i nostri limiti – e questo crea problemi a chi vorrebbe che le cose non cambiassero mai. Il fatto che molti sedicenti antiberlusconiani – e persino storici nemici di Berlusconi come Prodi e De Benedetti – abbiano rivalutato la figura di Berlusconi “pur di togliere Conte e M5S dal governo” la dice lunga su quanto fastidio diamo al vecchio sistema. Questo valeva durante il contratto di governo con la Lega e vale adesso: abbiamo perseguito i nostri obiettivi e il nostro programma politico (penso alla legge Spazzacorrotti, al reddito di cittadinanza, al taglio dei vitalizi…) cercando di tenere la barra di governo quanto più vicina al nostro programma.

Intanto il Movimento ha trovato l’accordo sulla Liguria con il Partito Democratico candidando Sansa…
Non mi risultano accordi chiusi. Ciò detto: io penso che il Movimento sia alternativo a tutti gli altri partiti, dunque riguardo eventuali alleanze vanno valutate solo se rispettano i nostri valori. Ci sono regioni come la Sicilia in cui abbiamo sfiorato il 40% e non governiamo. Prima di parlare di accordi bisogna però decidere insieme programma, valori di riferimento e candidato presidente. In Campania, ad esempio, dove c’è De Luca per quel che mi riguarda non c’è nemmeno da discutere. Altrove si può discutere, ma tenendo sempre la barra dritta. Peraltro son cose che poi decideranno i nostri iscritti come abbiamo sempre fatto.
Ma il nome di Sansa la soddisfa?
C’è un tavolo in corso: se gli attivisti liguri e il capo politico stringono un accordo alle nostre condizioni, potremmo mettere fine alla disastrosa gestione Toti.

Leggi anche: 1. Autostrade: chi ha vinto e chi ha perso. Tra Conte e i Benetton, passa la linea Gualtieri / 2. Autostrade: dopo il Cdm vicina l’intesa finale. Niente revoca, ma Atlantia sotto il 10%: entra lo Stato

L’articolo proviene da TPI.it qui

Quei migranti che il Governo e l’Europa considerano carne da macello. Proprio come Salvini

Fuori da quelle navi dovrebbero attaccarci un cartello, avere il coraggio di farlo davvero, e scriverci su “carne da maneggiare con cura”. Le persone che continuano a essere alla deriva in questo Mediterraneo così tristemente uguale a se stesso non sono persone come tutti gli altri, non sono gente con un passato e con un presente o chissà perfino un futuro, quelle persone sono carne che non è buona nemmeno da mangiare ma che torna utilissima per il carpaccio della retorica politica e per essere lanciata a fette contro l’avversario di partito.

Se arrivano in Italia, come accade da 12 giorni alla Ocean Viking con a bordo 180 persone, allora sono carne pronta per essere addentata da Salvini e dai suoi amici per raccontare la solita invasione che non c’è e che non c’è mai stata, il tutto condito anche con il terrore del Covid che intanto viaggia per tutto il Veneto nella tasca di un dirigente d’azienda che ha giocato a fare il super eroe. Ma sono carne da macello anche per i partiti di governo, per quelli che vigliaccamente hanno paura di essere considerati troppo buoni, per quelli che invece i migranti li vorrebbero usare come fa certa destra ma non possono per equilibri di governo. E sono carne da macello anche per il presidente del Consiglio, che non riesce a trovare nessuna opportunità fotografica per potersi permettere di parlarne.

Sono carne da maneggiare con cura anche per la ministra Lamorgese, quella che ha usato la ferocia invisibile sui social per contrastare il feroce che è dappertutto sui social: stessi temi, stessi modi, stesso punto di vista ma atteggiamenti diversi che vorrebbero essere rivenduti come una qualità. Che qualità vacua, invece. Sono carne da maneggiare con cura anche i 52 migranti che sono a bordo del mercantile Talia che ha avuto l’ardore di ritardare la consegna del carico per salvare le persone, pensa un po’.

Quella foto di un macchinista che sorregge sulle braccia uno scheletrico profugo molle come un orologio di Dalì è il manifesto dell’Europa che tace e acconsente, che continua a fare i conti per i soldi da sparpagliare in giro ma che non ne vuole sapere di quella carne che arriva dal mare, quella carne che, disdetta, scappa ai carnefici libici che pure paghiamo così tanto e così bene. Non sono più persone, non sono più nemmeno numeri: sono carne da conservare perché non diventi rancida e non puzzi troppo alzando lo sdegno e sono carne a cui trovare un angolo dentro il congelatore senza spostare troppo tutto il resto.

Leggi anche: 1. Salvini e i suoi poliziotti: ma mio figlio ha il coraggio delle sue idee (di Selvaggia Lucarelli) / 2. Beppe Sala a TPI: “Se tornassi indietro, parlerei di meno. Non so se mi ricandido a sindaco di Milano” / 3. Stabilimenti balneari, il Parlamento si inventa il “condono”: concessioni a prezzi irrisori e senza gare

4. Meloni a TPI: “Mentre gli italiani muoioni di fame, il governo pensa a regolarizzare i clandestini” / 5. In Italia crolla la vendita di mascherine: “Calo di due terzi, mentre i contagi aumentano” / 6. Camici per medici forniti da ditta della moglie di Fontana: Procura indaga per turbativa d’asta

L’articolo proviene da TPI.it qui

I candidati del centrodestra alle prossime elezioni regionali: pessime notizie per il Sud e per il Paese

Lo chiamano “accordo nel centrodestra” ma i nomi che sono usciti per le prossime elezioni regionali dicono chiaramente che Salvini ha perso al tavolo delle trattative con Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni e che, probabilmente, non è più l’indiscusso leader che sembrava in grado di dettare legge all’interno della sua coalizione se non addirittura di poterne fare a meno.

Giorgia Meloni riesce a candidare Francesco Acquaroli nelle Marche e l’inossidabile Fitto in Puglia lasciando al leader leghista la sola Toscana dove Susanna Ceccardi sembra non avere praticamente nessuna possibilità di vittoria. In Campania, ancora una volta, a sfidare De Luca sarà quello Stefano Caldoro che Salvini ha osteggiato fino all’ultimo minuto e che invece è riuscito a spuntarla. Si sa, del resto, che fu proprio Salvini a promettere mano libera agli alleati in cambio della candidatura delle Bergonzoni in Emilia su cui aveva scommesso tutto. Aveva scommesso tutto e ha perso. Ora paga pegno.

La politica è fatta di rapporti, rapporti che devono essere consolidati, nutriti, curati con attenzione e Salvini fin dall’inizio ha deciso di presentarsi come colui che poteva fottersene di tutto e di tutti, alleati compresi, per figurare come l’uomo forte che non aveva bisogno di nessuno. La sua pessima comunicazione in tempi di pandemia e la sua arroganza hanno finito per facilitare la crescite della sua alleata Giorgia Meloni e non è un caso che anche la sua leadership in vista delle prossime elezioni politiche sia già stata messa in discussione: “vedremo”, ha detto serafica la leader di Fratelli d’Italia.

Ma le candidature del centrodestra alle prossime elezioni regionali ci dicono anche altro: passano i decenni ma i capibastone sui territori rimangono sempre gli stessi, le elezioni sono una fotocopia di quelle precedenti come se non fosse accaduto nulla e come se non si fosse mosso il mondo intorno. La classe dirigente della Lega al sud è praticamente disastrosa ma anche gli altri partiti di centrodestra non trovano di meglio che proporre le stesse facce, con gli stessi modi, con gli stessi cognomi. E questa, comunque la si pensi politicamente, è una pessima notizia per il Paese, mica solo per il sud.

Leggi anche: De Luca vi fa ridere? La sua violenza verbale fa male alla sinistra ed è un regalo a Salvini

L’articolo proviene da TPI.it qui

Sulla Puglia e sulla democrazia

È una storia antichissima, che viene dalla notte dei tempi, quella del voto utile e di doversi presentare uniti alle elezioni. Su questo ogni volta ci si sfonda in contrapposte tifoserie: c’è chi dice che bisogna stare uniti per battere gli avversari e c’è chi dice che stare uniti se poi non si condividono gli stessi progetti e gli stessi ideali serve a ben poco anzi spesso serve proprio a fare votare gli avversari. Ognuno la pensi come vuole, è la democrazia, bellezza, e i pareri diversi e talvolta contrapposti sono il sale del dibattito politico, almeno su questo bisognerebbe essere d’accordo.

Certo le incongruenze dei comportamenti contano, andrebbero comunque ricordate per avere un quadro più chiaro della situazione: quelli che candidano Ivan Scalfarotto alla presidenza della Puglia sono gli stessi che quando stavano nel Pd contestavano addirittura l’esistenza di quelli che chiamavano partitini (li chiamavano proprio così) e condannavano le eventuali candidature al di fuori della coalizione di centrosinistra come personalismi e addirittura boicottaggi.

Sia chiaro: la democrazia consiste nella libertà di unirsi e di dividersi, per fortuna. E quindi da queste parti, dove spesso si è detto e scritto in difesa di quelli che rivendicano il diritto di non assomigliare a una coalizione si difende anche la libera scelta di correre da soli, come farà Scalfarotto in Puglia. Rimane però il dubbio che l’iniziativa politica di Renzi sia, per l’ennesima volta come è nella sua natura, una questione personale che assume connotati politici e a cui si appiccia una giustificazione che appaia come un’idea di governo regionale.

E allora facciamo un patto: i renziani, quelli che sono riusciti per anni a dirci che ogni iniziativa contro il capo Renzi fosse una questione di antipatia o una ricerca di un posto al sole ora ci chiedono scusa e ammettono che in politica capiti di non essere d’accordo, ci sia il diritto di non essere d’accordo.

Per il resto un grande in bocca al lupo a tutti i candidati delle prossime regionali. E un grande in bocca al lupo a questa politica che non riesce a dibattere se non scontrandosi e duellando, sempre pronta a contarsi piuttosto che a contare. Ne abbiamo bisogno, di fortuna, tutti.

Buon lunedì.

Commenti

commenti

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.