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Scuola

Mozione per l’autonomia scolastica

La FAISAL (federazione delle scuole autonome lombarde) necessita di 5000 firme per protocollare presso Regione Lombardia la sua proposta di legge che lascerà alle scuole l’autonomia in scelte decisive come la stesura del calendario scolastico, la programmazione degli indirizzi di studio, il coordinamento del trasporto scolastico con gli enti locali e la costruzione dei piani territoriali. La Legge Bassanini del 1997, in realtà, ha teoricamente garantito l’autonomia scolastica, ma sino ad oggi le decisioni sono state prese a livello regionale attorno ai tavoli le scuole non siedono.

A sostegno della proposta di legge della FAISAL abbiamo proposto una mozione al fine di attivare Regione Lombardia per la predisposizione ed attuazione di strumenti idonei a garantire maggiore autonomia agli istituti scolastici.

MOZIONE

IL CONSIGLIO REGIONALE DELLA LOMBARDIA

PREMESSO CHE

tra i numerosi ambiti in cui la Legge Bassanini, meglio conosciuta come legge sulla semplificazione amministrativa, ha inteso esplicare il proprio raggio d’azione v’è anche quello del sistema  scolastico italiano, che viene organizzato sulla base di una rete di istituzioni scolastiche dotate di autonomia funzionale estendendo anche all’organizzazione scolastica il regime delle autonomie funzionali già introdotto, per esempio, per le università;

PREMESSO INOLTRE CHE

la legge Bassanini che ha inteso riformare il suddetto settore permette infatti alle scuole di gestire autonomamente l’organizzazione del servizio trasporti con gli enti locali, il calendario scolastico, la programmazione degli indirizzi di studio e la costruzione dei piani territoriali;

CONSIDERATO  CHE

nonostante tale legge, sia in vigore dal 1997,  di fatto, in Lombardia, quanto disciplinato dalla stessa non ha ancora trovato attuazione in una apposita legge regionale;

CONSTATATO CHE

quanto sopra determina che le decisioni vengono prese a livello regionale senza la partecipazione degli interessati, o meglio, dei veri e principali attori ovvero le scuole;

CONSTATATO INOLTRE CHE

auspicabile e doveroso sarebbe che gli istituti possano avere finalmente una riconosciuta autonomia, decisionale ed organizzativa, in scelte importanti e rilevanti per far sì che l’anno scolastico possa svolgersi nel miglior modo possibile in tutti i propri ambiti;

IMPEGNA IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA DELLA REGIONE LOMBARDIA, ROBERTO FORMIGONI, LA GIUNTA REGIONALE LOMBARDA NONCHÈ IL CONSIGLIO REGIONALE LOMBARDO

ad attivarsi nella predisposizione ed attuazione di tutti quegli strumenti più idonei al fine di garantire una maggiore autonomia decisionale, funzionale e organizzativa agli istituti scolastici lombardi.

 

Milano, 24 maggio 2011

Giulio Cavalli (IDV)

Francesco Patitucci (IDV)

Gabriele Sola (IDV)

Stefano Zamponi (IDV)


Schieriamoci per la difesa della scuola pubblica

A causa della nefasta azione sulla scuola pubblica di questi ultimi anni, l’istruzione pubblica sembra destinata a consumarsi e a morire con assoluta indifferenza nei confronti dei precetti costituzionali. I continui tagli della spesa e la scarsa considerazione da parte del Governo dei lavoratori della scuola pubblica obbligano a una protesta comune. In Lombardia, del resto, anche a livello regionale si continua ad alimentare la scuola privata a danno di quella pubblica. E’ il momento di affermare l’importanza e la valenza costituzionale dell’istruzione pubblica. Non possiamo permettere che sottraggano a tutti i cittadini, anche i meno abbienti, la possibilità di avere un’istruzione degna e gratuita! Per questo ho deciso di aderire al presidio che si terrà mercoledì 1 settembre davanti all’USR di Milano.

Di seguito il comunicato stampa degli organizzatori:

APPELLO IN DIFESA SCUOLA PUBBLICA

Sottoscrivilo!

assembleascuolaprecaria@gmail.com

PREPARIAMO INSIEME UNO SCIOPERO UNITARIO ALL’INIZIO DELL’ANNO SCOLASTICO !

IL 1 SETTEMBRE TUTTI DAVANTI ALL’USR DI MILANO !

ore 10.30

BREVE CONFERENZA STAMPA

ore 15.00

PRESIDIO E PERFORMANCE PRECARIA – recinzione simbolica della “scena del crimine”

INCONTRO PUBBLICO CON LE RAPPRESENTANZE SINDACALI UNITARIE, CON I GENITORI E CON GLI STUDENTI – per organizzare momenti di informazione e protesta già con il primo giorno di scuola, in ogni istituto

Dal prossimo settembre il Governo italiano vorrebbe tagliare 40.000 lavoratori della scuola, tra assistenti, maestre e maestri, professoresse e professori.

E, mentre aumentano i finanziamenti alle scuole private, i debiti del Ministero nei confronti degli istituti statali raggiungono in totale quasi 1 miliardo di euro!

Licenziamenti, crescente precarietà del personale e progressiva dequalificazione delle strutture e della didattica rendono instabile tutta la scuola pubblica, a danno degli alunni e del futuro del nostro Paese.

Occorre quindi ricucire tutte le componenti impegnate nella battaglia in difesa della scuola pubblica ed avviare fin d’ora un percorso che porti ad un’ampia mobilitazione unitaria a settembre.

Per questo:

▪ ci diamo appuntamento il primo settembre davanti al provveditorato: docenti precari e di ruolo, ATA, studenti e genitori

▪ ci impegniamo, ad indire in ogni scuola, con l’avvio delle attività , assemblee aperte di insegnanti, ATA, studenti e genitori

▪ chiediamo e ci impegniamo a costruire dal basso uno sciopero unitario all’inizio dell’anno scolastico, per saldare insieme, in una forte mobilitazione in difesa della scuola pubblica, la protesta dei precari che perderanno il posto di lavoro e la denuncia delle gravi conseguenze (sovraffollamento, impoverimento della didattica…) che i tagli stanno determinando per gli alunni e le alunne delle nostre scuole

Marcisce la scuola ma fioriscono i prezzi dei libri

Anche quest’anno i libri di testo per gli studenti subiscono rincari “inaspettati” che gravano sulle tasche delle famiglie. Se acquistare un libro è da sempre un piacere per la mente e un seme per la cultura, lucrare sui testi “obbligatori” per legge è un giochetto sporco sulla pelle della formazione e dell’educazione.

Dopo i disastri della riforma Gelmini che ha creato una finta “meritocrazia” a suon di burocratismi e tagli rivenduti come riorganizzazione, oggi le famiglie si trovano a pagare profumatamente quello che dovrebbe essere (secondo la Costituzione) un diritto che ha sempre di più le forma di un privilegio. Ora la politica (e la Regione Lombardia) hanno una sola strada. Intervenire immediatamente con un aiuto economico concreto all’acquisto dei testi e (soprattutto) indagare e studiare quanto il business della scuola sia un giochetto in mano ai pochi. La mozione sarà pronta immediatamente al rientro delle vacanze. La responsabilità è un risposta che attendiamo. Subito.

da http://www.tecnicadellascuola.it

Malgrado i rigidi tetti ministeriali, i blocchi sessennali di rinnovo e l’introduzione graduale delle versioni on line, anche quest’anno con l’avvio della nuova stagione scolastica si torna a parlare di aumenti dei libri di testo. A lanciare l’allarme è bastata una piccola inchiesta, pubblicata il 18 agosto su un quotidiano nazionale: confrontando le liste dei testi di dieci istituti superiori di tutta Italia con i tetti imposti dal Miur, Il Messaggero’ha dovuto prendere atto che “su 78 classi visionate ben 48 superano il limite indicato da viale Trastevere, oltre il 60% del totale. Si va da pochi spiccioli, 10-20 euro di sforamento, a oltre 100, una mazzata per mamma e papà. Avviso ai genitori: in vista della ripresa della scuola dovranno armarsi di calcolatrice, santa pazienza e un pizzico di rassegnazione. Il caro-libri, infatti, quest’anno sarà pressoché inevitabile, in particolar modo per chi ha un figlio iscritto in prima superiore , dove partono i nuovi indirizzi della riforma Gelmini con nuovi programmi e, dunque, anche libri nuovi di zecca”. E a ben poco è servita la novità, prevista dalla Legge 133/08, che nel 2011 avrebbe dovuto portere all’adozione di testi completamente, o in parte, scaricabili da Internet. Per il quotidiano l’editoria elettronica si starebbe rivelando, almeno sino ad oggi, a dir poco deludente. “L’anno scorso fu il flop del libro misto, quest’anno ce ne sono di più, soprattutto per le materie scientifiche, confermano dalle librerie. Ma costano più o meno quanto un libro normale. Anche per questo ci sono liste che sforano di molto i tetti ministeriali come quella della I B del liceo Albertelli di Roma: per 19 testi parliamo di 426,6 euro, oltre 100 sopra il limite. Sempre a Roma, al liceo scientifico Kennedy, la spesa ammonta, in I A, a 397,45 euro, il che fa quasi 93 euro di sforamento”. La ciliegina sulla torta dei rincari è poi arrivata con i nuovi programmi delle superiori, che ha portato fuori commercio tutti i testi sinora utilizzati dagli studenti.

l prezzo dei libri di testo: un gioco logico

di Reginaldo Palermo

Il tetto di spesa c’è, ma gli editori sono liberi di fissare il prezzo di copertina: lo sostiene il Ministero, Sembra un paradosso logico, ma le famiglie non hanno nessuna voglia di scherzare.

Puntuale come un orologio svizzero arriva anche quest’anno la consueta polemica post-ferragostana sulla questione del costo dei libri di testo.

Il copione è quello solito: le associazioni dei consumatori denunciano che in molte, troppe, scuole il tetto di spesa non è rispettato, il Ministero annuncia controlli e ispezioni e rassicura le famiglie. Il Ministero parla addirittura di risparmi fino al 30% , ma le associazioni non ne sono affatto convinte.

Quest’anno, però, il consueto comunicato del Ministero contiene una novità importante rispetto al passato.

Questo il passaggio curioso e del tutto nuovo: “A differenza di quanto previsto per la scuola primaria, la normativa per la scuola superiore non attribuisce al Ministero alcun potere di fissare il prezzo dei libri scolastici, che negli ultimi tre anni è rimasto invariato, e che è invece soggetto alle scelte degli editori”.

Detto in parole più semplici il Ministero chiarisce un punto centrale di tutta la questione: il tetto di spesa c’è, ma gli editori sono liberissimi di fissare il prezzo di copertina seguendo le regole di mercato. Insomma: il prezzo di vendita è libero (e non potrebbe essere diversamente), ma le scuole devono stare dentro il tetto ministeriale. Sembra uno scherzo, un gioco di parole o di prestigio, un problema logico (“Io mento sempre”: ma se mento sempre anche la frase “io mento sempre” è una menzogna; e quindi: sto mentendo o sto dicendo la verità ?) da affrontare dopo aver studiato qualche buon libro di Bertrand Russell.

Peccato che il comunicato ministeriale non è un gioco enigmistico da risolvere sotto l’ombrellone o seduti a tavolino, armati di un manuale di logica.

Il comunicato tocca direttamente le tasche delle famiglie che, soprattutto in questo momento, non hanno nessuna voglia di giocare con il proprio portafoglio.

Ma di questo, al Ministero, sembrano non rendersi conto e continuano a ripetere che le famiglie risparmieranno e che, al tempo stesso, gli editori non ci rimetteranno neppure un euro.

A sentire questi ragionamenti persino al vecchio Adam Smith, padre dell’economia liberale, verrebbe l’orticaria.

19/08/2010

Si sfilaccia il Governo, fuori i contenuti

Abbiamo passato anni a sentirci dire che nel lato “democratico” del Paese era necessario (e utile) smussare gli angoli e democristianare gli animi per non rimanere schiacciati dal berlusconismo. E mentre tutti si esercitavano in un opposizione sempre più pia e a tratti reverenziale abbiamo reso possibile che un uomo come Mister B. e le sue cricche diventassero un “sistema” stabile, collaudato e proprietario delle istituzioni. In una lenta e nemmeno sotterranea OPA lanciata con successo alla res publica.

Alla mia generazione hanno detto di stare tranquilli, di non fare colpi di testa, di non scialacquare la nostra giovinezza in attesa di ottenere il certificato DOC dello spettatore prematuramente disarmato mentre vede e commenta i giochi di Palazzo. Ci hanno raccontato che non bisognava attaccarlo frontalmente ma giocare di sponda (chissà, forse per un attaccamento alle buone maniere) in un’opposizione che a guardarla oggi ha l’odore acre del “concorso interno”. Ci hanno fatto raccontato che erano tutti impegnati nell’esercitare la propria “vocazione maggioritaria” per costruire visioni e progetti per il paese e oggi, al primo spiraglio, balbettano Tremonti come neo statista salvifico e una coalizione “magna” (nel senso latino e romanesco del termine) con centristi adescatori di niente e neo legalitari con la firma in calce alle leggi-regalo alla mafia e al riciclaggio di questi ultimi anni.

Abusare della pazienza degli onesti è un gioco vile e codardo tanto quanto opprimerli e, ora, la misura è colma. Quello che stiamo vivendo non è né uno sfascio né una crisi: è un’opportunità. Il momento che si aspettava per esporre i modi e i contenuti. In poche parole per raccontare e illustrare la propria identità. E allora dica il PD se è voglioso di andare a braccetto con questo “nuovo” centro che cambia i simboli ma mai le facce, ci dicano i finiani quanto oltre a pentirsi sono disposti a correggere, scendano in campo i movimenti con il proprio diritto costituzionale a manifestare e (finalmente) anche a pretendere.
Con chiarezza, onestà intellettuale e senza remore. Ognuno con la fierezza della propria posizione, se serve. Ma non perdiamo l’occasione del riassestamento per pescare ancora una volta nelle zone d’ombra, ritrovandoci con una valigia di consenso che non possiamo e non vogliamo rappresentare. Il Governo bollito racconta la fine della strategia del grigio e della chiarezza ad intermittenza. Qui fuori c’è il partito più grande d’Italia, senza colonnelli né nominati: il Partito degli astensionisti. Costruiamo coerenza, concretezza e partecipazione e ripartiremo a discutere di lavoro, famiglia, scuola e salute. Con fuori tutti i corrotti e i corruttori di una mignottocrazia che oggi non interessa a nessuno.
È saltato il tappo, fuori i contenuti.

L’ultima eclisse di INAF e una finanziaria che imbavaglia la ricerca

Se un giorno riuscissimo a pensare ad un nuovo PIL che non sia più al chilo ma che venga misurato con il termometro delle prospettive e delle opportunità, oggi saremmo un Paese molto più malato di quello che siamo.

La vicenda dell’INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica) è la fotografia della politica sempre sull’urgenza, con i modi dell’impiegato della cassa che deve far quadrare i conti prima di chiudere e partire per il mare. E’ la memoria corta applicata all’amministrazione parolaia, indecente, comica nella sua tragicità che si contraddice riuscendo a non dare nemmeno una piega.

I fatti: L’INAF nasce di fatto nel 2001 dalla fusione in Istituto Nazionale dei 12 Osservatori Astronomici professionali. Nel 2005 per volere dell’allora ministro Moratti nell’INAF confluiscono sette istituti (dal CNR) che si occupano di astronomia e astrofisica. E’ un passaggio importante: a INAF viene riconosciuto il ruolo “unificatore” di tutta l’astrofisica italiana. L’organico viene rimpolpato del 50% e inevitabilmente inizia un difficile processo di riassestamento. Oggi il Governo decide che l’INAF si è preso un po’ troppo sul serio e che merita di tornare allo stato di ente inutile o semi-utile, riconfluendo nel CNR. Avete capito bene, quello stesso CNR da cui era “defluito” cinque anni fa: un osceno entra-esci che non fa godere nessuno. Un travaso di sabbie con la logica di un bimbo annoiato sulla spiaggia.

Non ci stupisce, del resto, sapere per certo e toccare con mano l’ignoranza della classe dirigente di questo Paese. Come dice Margherita Hack “Fermare o bloccare la ricerca che avanza così rapidamente vuol dire riportare il paese a un secolo fa. Ma sono troppo ignoranti per rendersene conto. Oltretutto è un danno anche per l’economia: alla lunga stare indietro nella ricerca vuol dire ridursi a dipendere completamente da brevetti dall’estero e quindi ammazzare l’economia. Quindi che vantaggio hanno? È un progetto masochista anche per loro: la responsabilità di riportare l’Italia indietro di un secolo ricade su di loro.”

Ecco una lettera di un ricercatore dell’Ente:

Sono un ricercatore dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), uno di quegli scienziati che in questi giorni vede il futuro dell’Istituto per il quale lavora sull’ottovolante delle rivelazioni e controrivelazioni di questa finanziaria mediatica, per la quale non possiamo permetterci di spendere 1000 euro per un disabile ma possiamo spendere 1.4 miliardi di euro all’anno per rendere disabili un po’ di afgani. La notizia di oggi e’ che l’Istituto per cui lavoro sara’ accorpato nel CNR: http://oggiscienza.wordpress.com/2010/05/27/ecco-la-lista-nera-provvisoria/#comment-1502 Dopo essere entrato e uscito (come altri istituti scientifici, ma non la “CONI Servizi SpA” o la “DIFESA Servizi SpA”) da questa infame lista di proscrizione, oggi sembra piu’ di la’ che di qua.

L’INAF e’ stato riformato 3 volte negli ultimi 5 anni. Il ministro ha appena nominato 5 saggi perche’ scrivano lo statuto dell’istituto di bel nuovo riformato. Ora mentre i saggi di un ministero scrivono lo statuto gli insani di un altro ministero sopprimono l’intero istituto con un meraviglioso esempio di burocratica inefficienza e spreco del pubblico denaro. L’INAF nonostante la continua chirurgia istituzionale delle riforme “a costo zero” (nei sogni della Moratti!) e del continuo definanziamento della ricerca e’ stato valutato eccellente per produttivita’ e qualita’ della produzione da organismi internazionali, visiting commitee stranieri e chi piu’ ne ha piu’ ne metta (si veda , ad esempio: http://193.206.241.5/ufficio-stampa/comunicati-stampa-del-2006/l2019astrofisica-italiana-sta-benissimo-lo-dice-il-civr/). Ma chi se ne importa? Chi se ne frega se l’accorpamento del CNR fara’ risparmiare (forse) 2 lire inutili e peggiorera’ il lavoro di tutti, falcidiera’ i precari devastando le loro vite e soffocando progetti internazionali? Siamo nel paese del tutto va ben e noi siamo i giocattoli per lo spettacolo magnifico in cui noi perdiamo tutto e loro ridacchiano contenti, nell’incubo della ragione di questa Italia ormai disperata e perduta.

Michele Bellazzini

Quanto è stata privata la scuola pubblica?

La Lombardia è una delle regioni più ricche d’Italia. Lombardia è la patria del capitalismo italiano, del benessere, del liberismo e delle opportunità. Dicono. Eppure questa opulenta Regione non riesce ad assicurare ai suoi studenti un sistema scolastico dignitoso e accessibile a tutti. Prima di analizzare la situazione delle istituzioni scolastiche lombarde, mi preme citare e ricordare due articoli della Costituzione Italiana:

  • Art. 33: L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali. È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale. Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.
  • Art. 34: La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.

Gli artt. 33 e 34 della Carta Costituzionale dovrebbero essere i pilastri sui quali edificare il sistema scolastico regionale, invece in Lombardia ci si trova di fronte a situazioni opposte al modello costituzionale.

Il comma 3 dell’art.33 è quello che mi colpisce di più, in quanto assolutamente disatteso dall’esecutivo della nostra Regione. Si afferma che enti e privati possono istituire scuole senza oneri per lo Stato. Il bonus scuola dato “per la libertà di scelta” dalla Regione Lombardia per pagare le rette delle scuole private non è un onere per lo Stato? Gli 827 milioni di Euro erogati dal 2001 sotto forma di bonus scuola non pesano sul bilancio regionale?

E poi mi chiedo quale sia la libertà di scelta di cui continua a parlare Gianni Rossoni, l’Assessore all’istruzione della Regione Lombardia. Quale famiglia può scegliere di pagare 8.000, 9.000 Euro all’anno per una scuola paritaria o privata con un contributo regionale di soli 1.050 Euro? Non vi è alcuna libertà di scelta in questo, bensì il bonus rappresenta un dono per famiglie che non ne hanno bisogno.

Vorrei, a questo punto, chiarire che non sono contrario alle scuole private, sono contrario al fatto che i soldi pubblici debbano finanziarle, soprattutto in un momento in cui le istituzioni scolastiche pubbliche stanno crollando. Il crollo della scuola pubblica non è una semplice immagine suggestiva, è quello che realmente accade. Il Liceo classico Rebora di Rho (zona Fiera) quando piove si allaga, sul tetto vi è l’amianto e ci sono tegole di eternit rotte. Da dieci anni alunni e insegnanti aspettano una nuova sede. A Milano in zona San Siro cinque anni fa è stata rasa al suolo una scuola media ad indirizzo musicale, perchè vi era il progetto di ricostruirla in chiave più moderna. La scuola non è stata mai ricostruita e al suo posto vi è un enorme buco di acqua stagnante. Sono solo due esempi, tuttavia rappresentano perfettamente la situazione delle istituzioni scolastiche in Lombardia. Mi chiedo come sia possibile finanziare scuole private, seppur in modo indiretto, e lasciare la scuola pubblica in queste situazioni di estrema difficoltà. Mi chiedo quanto risponda ai principi della politica per la collettività la scelta che uno studente di una scuola privata costi circa 478 Euro, mentre il suo collega alla scuola pubblica solo 3,31 Euro.

Mi sembra fondamentale erogare finanziamenti alla scuola pubblica per farla sopravvivere, vivere, crescere e renderla competitiva anche a livello internazionale. Le risorse che si gettano a fondo perso per i bonus, ovvero per una libertà di scelta che in concreto non esiste, dovrebbero essere opportunamente erogate per le scuole pubbliche.

Molti demagoghi della politica continuano ad affermare che vi è equiparazione tra scuola pubblica e privata, si sdegnano di fronte alle critiche parlando di libertà di scelta. Eppure se vi fosse equiparazione ci dovrebbero essere gli stessi diritti e gli stessi doveri per le scuole pubbliche e per quelle private. Ebbene non è così. La scuola pubblica, ad esempio, non può rifiutare l’iscrizione di un bambino portatore di handicap, mentre le scuole paritarie possono. La direttrice de “La zolla”, scuola privata di Milano, afferma: “ci sono scuole che per scelta non accettano i bambini disabili perché, comunque, accettare un disabile richiede delle risorse finanziarie, perché un disabile richiede un insegnante di sostegno pagato interamente”. E’ forse il riflesso di una libertà di scelta il fatto che nelle scuole private i disabili siano l’1% e gli extracomunitari in numero pari allo 0%?

La scuola ex art. 34 c.1 Costituzione non dovrebbe essere aperta a tutti?