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stato sociale

Produci, consuma, crepa: siamo liberi di andare a lavoro e rinchiusi in casa nel tempo libero. È coerente?

L’argomento è terribilmente scivoloso e si gioca su un filo poiché la tossica presenza di no vax e di strillatori che vedono “dittatura sanitaria” dappertutto rende difficile avventurarsi in questa selva però ci provo, perché appiattirsi in nome della paura è uno stato sociale che dovremmo comunque cercare di evitare, perché se per cautela e protezione ci sono limitati i movimenti non si vede perché dovrebbero essere smussate anche le opinioni.

Da un anno abbiamo imparato a nostre spese che il virus che sta condizionando il mondo si combatte modificando i nostri comportamenti, usando dispositivi e cautele e adottando distanze fisiche (perché “distanziamento sociale” era e continua a essere una pessima definizione) che aiutano nella prevenzione del contagio.

Un anno fa abbiamo scelto che la nostra vita sociale e professionale venisse messa in pausa confidando che venissero prese tutte le iniziative utili per predisporre il contrasto: tamponi, tracciamento, trattamento sanitario, potenziamento del trasporto pubblico, rafforzamento della medicina di base, approntamento della campagna vaccinale, messa in sicurezza di scuole e di uffici, controllo serrato dei protocolli negli ambienti di svago e di lavoro.

Alcuni di questi punti sono stati disattesi o affrontati con forze inadeguate. Ma non è questo il punto, ora non si discute delle responsabilità. Un anno dopo ci ritroviamo in una situazione non molto dissimile dal primo lockdown: ospedali in sofferenza, i vaccini mancano, i contagi crescono e le nuove varianti colpiscono nuove fasce di popolazione.

La strategia del governo però appare sempre la stessa: libertà di movimento per quel movimento che serve appena per spostarsi nei luoghi di lavoro e per gli approvvigionamenti che servono per sopravvivere. Le ultime voci parlano di un lockdown “morbido” durante la settimana e di un pugno più duro durante il week-end. Per semplificare: lavorate, consumate e poi, solo poi, proteggetevi. Il modello è “produci, consuma, crepa”.

Decidere cosa chiudere e cosa tenere aperto significa comunque proporre un modello di priorità. Siamo sicuri che queste priorità non possano essere messe in discussione? C’è qualcuno che abbia l’autorità politica di aprire una riflessione sul disegno di Paese in piena pandemia? È possibile contestarne il modello? Davvero vogliamo lasciare tutto lo spazio delle critiche ai populisti destrorsi e ai complottisti? Perché forse ci farebbe bene a tutti pensare alle priorità di un Paese, anche in piena pandemia.

Leggi anche: Prima si lamentavano per la “dittatura sanitaria”. Ma ora che le chiusure le fa Draghi va tutto bene (di G. Cavalli)

L’articolo proviene da TPI.it qui

Parliamo di povertà?

Mi scrive uno sfogo densissimo Filippo. Filippo è uno di quelli con le mani dentro la povertà, ce ne sono tanti nel nostro Paese, anche se ce ne dimentichiamo spesso. È un membro anomalo in un ente religioso: di sinistra, ateo, sbattezzato. Con le mani, per lavoro, dentro gli angusti dolori di chi è stato sopraffatto dalla pandemia. Ma sopraffatto vero, senza la preoccupazione di dove andare a sciare il prossimo Natale.

“Bene, ora, da qualche mese a questa parte, mi trovo quotidianamente a conoscere e a confrontarmi con persone, con famiglie per lo più composte da giovani genitori e bambini poco più che neonati, che, trattenendo le lacrime, si sono trovate, senza capire come, nella condizione di dover chiedere aiuto a me, a noi, ai professionisti e ai volontari di organizzazioni caritatevoli.
Dov’è oggi lo Stato Sociale? La povertà non era stata abolita? Come può pensare uno Stato di essere sulla strada giusta se i suoi cittadini devono dipendere da queste associazioni e non possono fidarsi degli organi pubblici predisposti? È normale che in Italia, in una piccola Provincia piemontese, oggi sia stato fondamentale l’intervento economico di due enti caritatevoli per permettere a due famiglie di riavere luce e gas? E’ normale che vengano spesi 38.000 € (giuro, 38.000 €) per le luminarie natalizie quando la luce ogni giorno viene a mancare nelle case dei cittadini?
Sui giornali, nei tg, in radio, leggo e sento solamente discussioni su quanto sia importante andare a ballare o a sciare, ma le urla e le lacrime disperate di chi non riesce a pagare affitti, bollette per luce o gas non meritano lo stesso interesse dei capricci del Briatore di turno?
“Quando torneremo alla normalità vi restituirò tutto”, è questa la frase che oggi mi sono sentito ripetere più e più volte da persone che rivolgevano lo sguardo a terra, che si vergognavano di essere li, di aver deluso i canoni di questa società fondata sul successo personale, sui beni materiali. Ma io, noi, non vogliamo niente in cambio, tutto quello che facciamo, dalla distribuzione di alimenti, al pagamento di utenze, alla ricerca di offerte di lavoro, lo facciamo perché crediamo nell’umanità (un grazie a quella parte di umanità che sostiene i nostri progetti).
Da un lato aiutare queste persone, sentirmi dire “grazie, senza di voi non so come avrei fatto” mi fa sentire bene, mi da una carica oserei dire “rivoluzionaria”, ma solo per pochi istanti, subito dopo subentra la Disperanza, una sensazione di rabbia mista a impotenza che ti fa venir voglia di mollare tutto, che ti fa sentire piccolo, impotente di fronte a un mostro imbattibile e fa percepire come inutili tutti i tuoi sforzi per garantire un’esistenza dignitosa a chi da questo sistema viene sacrificato.
È normale che uno Stato non sia in grado di garantire uno stile di vita dignitoso ai suoi cittadini? È normale che uno Stato debba dipendere da associazioni caritatevoli per sopperire alle sue mancanze e che non se ne interessi minimamente a livello centrale? Quale è stato il preciso momento in cui il mio Paese, quel Paese per il quale mia nonna ha sacrificato la sua gioventù lottando per un ideale di giustizia e equità, per il quale io mi sono messo in gioco difendendo le cause degli ultimi, dei più deboli, ha abbandonato il suo popolo?
Dopo una giornata emotivamente devastante, dopo essermi trovato di fronte a ragazzi miei coetanei, che spensierati sgargarozzavano birre guardando le partite con me nei bar fino a poco tempo fa e che ora non dormono la notte, tormentati da quella maledetta sensazione, quella maledetta ansia che folgora cuore e stomaco e annebbia la ragione causata dal sentirsi inadeguati, dal convincersi di aver fallito e di non essere degni dei proprio genitori, dei propri figli per non riuscire a garantirgli un’infanzia spensierata come quella da noi vissuta, l’amministrazione comunale cosa fa? Si vanta di aver vinto una causa in tribunale che gli permette lo sgombero di un campo Rom…9 persone, 2 bambini, a fine novembre, in mezzo a una strada. Tanto “qualcun altro” ci penserà….”

Quando torniamo seriamente a parlare di povertà?

Buon giovedì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Che brutto Paese ha in testa Bonomi

Lavoro, scuola, sanità: la visione dell’Italia del futuro proposta da Confindustria. E com’è? Pessima, disuguale e sempre più precaria

Sempre lui: Carlo Bonomi, il turbopresidente di Confindustria, quello che almeno ha il coraggio di non nascondere di odiare i poveri, quello che difende a oltranza i capitalisti che fanno i capitalisti con i capitali degli altri (quelli pubblici) e che chiama lo stato sociale “assistenzialismo” per racimolare applausi gaudenti. Ne abbiamo scritto lungamente nel numero di Left del 9 ottobre e ora Bonomi torna alla ribalta presentando un bel tomo di 385 pagine dal goloso titolo Il coraggio del futuro in cui non si limita a rappresentare gli industriali ma addirittura propone la visione del Paese del futuro, con la sua solita innata modestia.

E com’è l’Italia vista da Confindustria? Pessima, disuguale e sempre più precaria. Partiamo dal lavoro: dice Bonomi di volere un «mercato del lavoro più libero e leggero» che in sostanza si traduce in licenziamenti più facili, facendo sempre meno ricorso al giudice del lavoro e sostituendo i diritti con compensazioni economiche. Soldi, soldi, soldi, siamo sempre lì: i diritti si comprano, come al mercato. Eccola la visione. Ma la chicca sul mondo del lavoro sta lì dove Confindustria spiega che «occorre avere il coraggio di affrontare in modo equilibrato anche il tema dei licenziamenti per motivi oggettivi, in modo tale che non costituiscano più un evento traumatico ma possano essere vissuti dal lavoratore in un quadro di garanzie tali da renderlo un possibile momento fisiologico della vita lavorativa». Chiaro? Allevare una nuova generazione di lavoratori sempre pronti a essere licenziati. È la turboprecarietà come ricetta per rilanciare l’economia. Roba da pelle d’oca. E non è tutto: «lo smart working può essere un terreno ideale per portare avanti questa maturazione culturale che chiede di “essere” partecipativi: non è certamente foriero di risultati stabili pensare la partecipazione in termini di “avere” – cioè ottenere attraverso la contrattazione – se poi la mentalità di fondo è e rimane quella antagonista», scrive Confindustria. In sostanza i lavoratori maturi sono quelli che non avanzano pretese. A posto così.

Poi c’è il sogno di Confindustria e di Bonomi: il lavoro a cottimo. Però le argute menti degli industriali chiamano il lavoro a cottimo “purezza”. Scrivono infatti: «Occorre disciplinare questo rapporto non restando rigidamente ancorati a tutte le caratteristiche del contratto di lavoro classico, connotato da uno spazio e da un tempo di lavoro. Serve una regolamentazione che consenta, da un lato, di vedere il lavoro “in purezza” come creatività, sempre più orientato al risultato, e, dall’altro, di remunerarlo per il contributo che porta all’impresa nel processo di creazione del valore». Fenomenale l’idea di cancellare anni di lotte sindacali e sociali, non c’è che dire.

Poi c’è la scuola, che Bonomi e i suoi associati vedono unicamente (ma va?) come fabbrica per produrre lavoratori, mica persone. Per farlo addirittura scomodano il vecchio (e fallimentare) pensiero dell’homo faber. Scrive Confindustria: «il sapere, il saper fare, il saper essere insiti nelle risorse umane, combinati insieme, influiscono positivamente sulla produttività del lavoro a livello di singola azienda e, per aggregazioni successive, innalzano il potenziale di crescita del sistema nel suo complesso». La scuola come fabbrica (di Stato) che produce lavoratori in serie, mica persone.

E poi la sanità. Sanità che per Confindustria non significa “salute” ma mera economia. Si legge: «è necessario misurare gli effetti delle politiche sanitarie in base al loro impatto sulla struttura industriale (occupazione e produzione) e sulla capacità di attrarre investimenti (…) Occorre valutare le prestazioni, non solo in base al costo, ma anche al rendimento, quindi ai risultati generati, che nel caso della sanità sono di natura clinica, scientifica, sociale, ma anche economica. Abbandonare modelli di gestione che non tengono conto delle forti interazioni nei percorsi di cura e determinano costi molto elevati per le imprese, a danno dell’innovazione e della sostenibilità industriale». Una salute che Bonomi vede sempre più verso il privato (ma va?) e che addirittura viene rivenduta ai dipendenti dalle aziende come pacchetti di welfare.

E questo è solo un assaggio.

Buon martedì.

Per approfondire: Left del 9-15 ottobre 2020

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«Pensioni basse? Ipotecate la casa» parola della deputata Morani (PD)

Ne scrive l’HP qui:

«Esiste uno strumento che conosciamo poco, che è fatto apposta per gli anziani proprietari di casa che percepiscono pensioni basse, che si chiama prestito vitalizio ipotecario”. Scatena l’ìinferno l’affermazione di Alessia Morani, vicecapogruppo del Pd alla Camera, che durante una puntata di Quinta Colonna, avrebbe trovato la soluzione per gli anziani che percepiscono pensioni basse e non riescono a sopravvivere.»

Dopo aver escogitato un prepensionamento finanziato con un mutuo (sostanzialmente un welfare a piccole comode rate) ora gli esponenti della maggioranza propongono agli anziani prossimi alla pensione di utilizzare la propria casa (solitamente frutto della fatica di una vita) come garanzia d’accesso alla pensione. Lo Stato Sociale di questo Paese è diventato lo zerbino di quattro arroganti al governo.

Dicono che sia morta la sinistra, dicono; sicuramente ha perso.

 

Contare le donne

Conosciamo la loro storia cancellata, la raccontano i giornali solo quando è finita; le storie dei lividi sulla pelle e nel cuore ci sono sconosciute, spesso non riusciamo nemmeno ad intuirle negli occhi di chi ci sta accanto, eppure sono la maggioranza:  sono un abnorme 93% dei casi. Non è paura né condiscendenza, quella sostiene un silenzio così pesante. E’ sfiducia. Sfiducia nei mezzi di uno Stato che si sfalda, di uno stato sociale presentato come costo, pegola, palla al piede, nemico del deficit pubblico. Non c’è emancipazione possibile senza strutture di accoglienza per madri e figli, senza programmi specifici per l’occupazione delle donne, perchè libertà e dignità significa lavoro, che in questo Paese è un’altra vittima.

I sostenibili equilibri possibili tra costi, diritti, numeri e donne nel pezzo di Monica Bedana.

Progressisti, ma per davvero, per un’alternativa socialista europea

L’argomento è spinoso e per fortuna ci costringe a volare un po’ più alti delle vicende lombarde o dei pettegolezzi italiani. Perché come mi faceva notare una mail che mi è arrivata pochi minuti fa, c’è questa impressione che l’Italia sia un’anomalia e si perde di vista che la situazione europea è figlia dei governi di questi ultimi anni. Come mi scrive Stefano invece che cercare di costruire anche in Italia le condizioni di una “normalizzazione” (qui sì, positiva) in senso europeo, riprendiamo ragionamenti che, tra le altre cose, hanno portato l’Italia ad avere l’unico partito democratico, all’americana, invece di una forza socialista di stampo europeo. Ecco il manifesto (e appello) per un’alternativa socialista europea:

I cittadini europei possono ora vedere da soli le conseguenze di una destra al potere in quasi tutti gli stati membri e, conseguentemente, capace di dettare legge a Bruxelles. La gestione della destra della gravissima crisi debitoria durante gli ultimi due anni è stata una triste saga di cattiva amministrazione politica e di analfabetismo economico. I cittadini europei pagheranno ora con livelli di disoccupazione da anni ’30 il prezzo degli illusori rimedi economici stile anni ’20 che i conservatori hanno imposto.

Il modello che stanno presentando è per una Unione Europea di Austerità che abbasserà il tenore di vita di quasi tutti, acuirà le diseguaglianze, distruggerà le fondamenta dello stato sociale – che è il contributo specifico dell’Europa allo sviluppo dell’umanità – e lentamente cederà l’arbitrio politico ad autorità non elette, in un vano tentativo di tranquillizzare il mercato. Noi sottoscritti, da lungo tempo membri dei partiti socialisti, socialdemocratici e laburisti, crediamo che i cittadini d’Europa meritino di più delle prospettive inquietanti promesse dai conservatori al potere e dei risultati catastrofici che hanno ottenuto. Ma il rinnovamento della sinistra democratica in Europa può essere ottenuto soltanto tramite un ampio e vigoroso dibattito che coinvolga non soltanto gli eletti dei nostri partiti ma tutti i nostri membri e un più vasto pubblico. A questo scopo proponiamo in questo documento alcune idee progressiste per una riforma socialista che potrebbe costituire la base per un nuovo appello ai cittadini europei. La storia ha accelerato negli ultimi anni. I socialisti europei sono rimasti indietro. Spesso incapaci di dare voce alla rabbia pubblica contro “l’alta” finanza, reticenti a cooperare con gli altri socialisti al potere in altri stati membri dell’EU, passivi nei forum internazionali sul commercio o sui cambiamenti climatici, i partiti socialdemocratico e laburista in molti paesi hanno visto la loro popolarità sprofondare ai minimi storici. A peggiorare ancora le cose, il malcontento generato dalle attuali politiche dell’UE e dei suoi governi è stato sfruttato politicamente, non dalle sinistre ma dai populisti xenofobi, dai nazionalisti e dall’estrema destra.

La nostra convinzione è che questa crisi dovrebbe riscattare la sinistra e punire energicamente il fallimento della destra che l’ha mal gestita e non ha dato all’Europa una strada da seguire. Tutto ciò sarà credibile solamente se la sinistra sarà in grado di fornire una serie coerente di proposte alternative per rispondere alla crisi. Per essere credibile la sinistra ha bisogno di un’esposizione chiara della crisi attuale, di un insieme di principi condivisi per azione futura, e di un programma che vada al cuore della crisi. L’analisi è limpida. Le economie europee come tutte le altre sono state demolite dall’irresponsabilità quasi criminale del settore finanziario globale.

Ma l’Europa si confrontava già con un declino a lungo termine. Ciò in parte è dovuto a un riequilibrio già da tempo dovuto delle quote di ricchezza globale fra l’Occidente e le economie emergenti dell’Oriente e del Sud. Ma, nel corso di questo processo, abbiamo permesso alla globalizzazione di aumentare gli squilibri nelle quote di ricchezza all’interno di tutti i paesi. Senza mai mettere in questione le regole del gioco, abbiamo permesso che penalizzasse tutti i paesi con sistemi di welfare avanzati, abbassando il tenore di vita, aumentando le diseguaglianze, incrementando la parte di reddito nazionale destinata ai profitti delle imprese a spese dei salari in economie di mercato socialmente avanzate. La povertà sta di nuovo aumentando. Questo fenomeno che già era in corso in Europa sta ora accelerando. La voce dell’Europa nei forum internazionali come il G20, le conferenze sul commercio e sui cambiamenti climatici è spesso troppo debole al punto di essere inaudibile a causa di divisioni interne ed alla mancanza di una strategia alternativa chiara. I principi dell’azione socialista in Europa dovrebbero ugualmente essere chiari. Un’azione collettiva in Europa è semplicemente indispensabile. Chiunque creda che possiamo proteggere il tenore di vita e mantenere servizi di welfare tornando indietro al modello degli stati nazione del diciottesimo secolo, rimpatriando le competenze da Bruxelles alle capitali nazionali, minando le istituzioni comunitarie sta, volente o nolente, promuovendo la sottomissione delle nostre nazioni alle superpotenze, passate e future, ed alla dittatura del mercato. La risposta europea alla crisi è stata vacillante ed insufficiente, ma le soluzioni nazionali, anche se vigorosamente perseguite, sarebbero irrilevanti nel mondo globalizzato in cui ora viviamo. Una risposta socialista alla crisi deve pertanto essere europea. Non si tratta semplicemente di un mantra “più Europa” ma precisamente di dare all’Europa i mezzi per proteggere gli interessi ed il benessere dei cittadini europei. Deve essere una risposta concordata, condivisa, unitaria e sovranazionale per assicurare che la voce indipendente dell’Europa sia autorevole, forte e chiara nei G20, nel ciclo di Doha, nelle negoziazioni sui cambiamenti climatici ed alle Nazioni Unite. L’Unione Europea ha ora la sua propria voce nel sistema delle Nazioni Unite: essa deve mostrare il coraggio e la volontà di utilizzarla per perseguire i nostri interessi obiettivi ed i nostri valori, facendo causa comune con tutti i governi e le organizzazioni regionali di tutto il mondo che li condividono. Il suo approccio economico dovrebbe essere coerente e basato su tre elementi; responsabilità condivisa, crescita ed eguaglianza. Non c’è niente di socialista nello spreco della spesa pubblica e nell’accumulo del debito. Poiché noi crediamo nella spesa pubblica, abbiamo il dovere di assicurarci che il suo utilizzo sia efficace. Progetti stravaganti, lo stile di vita eccessivo di certe istituzioni pubbliche, la ridondanza riguardante la molteplicità dei programmi nazionali ed europei che hanno vita propria senza alcun controllo sull’efficacia, dovrebbero essere ridotti o eliminati. Ma una gestione rigorosa del budget si può ottenere equilibrando la spesa pubblica con un sistema fiscale equo, basato sul principio della “capacità contributiva”, con il settore privato che paga la sua parte dell’onere ed una lotta totale all’evasione fiscale così diffusa in tutta l’Unione; abbandonando le riduzioni d’imposta per i più ricchi, eliminando la manna dei bonus nel settore finanziario mediante specifiche tasse punitive ed attaccando vigorosamente i paradisi fiscali.

Il rigore senza la crescita condannerà gli Europei a un decennio perduto di declino e recessione. La crescita implica un’azione nazionale ed Europea avente come motore il budget dell’EU ed i suoi strumenti finanziari. La Sinistra al potere a livello europeo ha fatto progressi nell’affrontare discriminazioni di ogni tipo. La difesa e l’estensione delle eguaglianze – e l’eliminazione di ogni forma di discriminazione in ogni parte dell’unione – deve essere nel cuore di un programma socialista europeo. Ma l’eguaglianza economica è un concetto quasi scomparso dal lessico socialista nelle ultime decadi pur essendo il fulcro di qualunque nozione di giustizia sociale. Adesso è indispensabile per la ripresa dell’Europa. Se i cittadini credono che il peso della crisi cada ingiustamente su di loro, se sono obbligati a fare i conti con tagli reali nelle buste paghe ed assistere ad un ritorno ai livelli di povertà degli anni ’80, mentre la protezione sociale ed i finanziamenti delle politiche pubbliche vengono tagliati, mentre gli scandali della cultura dei bonus, la crescita smisurata degli stipendi più alti e le volgari esibizioni di spese stravaganti da parte dei  super-ricchi continuano inesorabilmente, qualunque sforzo collettivo per raddrizzare il nostro declino economico sarà minato, l’efficienza economica sarà messa in discussione e la fede nella democrazia sarà indebolita. Sulla base di questo approccio comune, e della riasserzione delle nostre tradizionali convinzioni socialiste, la Sinistra deve adesso sviluppare una piattaforma comune per il futuro.

Questa dovrà avere i seguenti dieci elementi:

1) Una politica economica per l’Unione che collochi gli obiettivi economici e sociali stabiliti nel trattato (crescita, pieno impiego, inclusione sociale) al cuore del processo di decisione politica con altrettanto vigore e forza organizzativa di quella accordata all’obiettivo della disciplina di bilancio; inoltre un’attualizzazione degli obiettivi sociali dell’Unione, improrogabile per arrivare a sradicare la povertà e a rafforzare il dialogo sociale; a questo scopo, un insieme di diritti e di obiettivi sociali fondamentali deve essere fermamente incluso nel Trattato, con gli stessi strumenti di sorveglianza e di messa in opera che esistono per garantire le libertà economiche;

2) Sostenibilità per la moneta unica; il mandato della BCE deve evolversi nel riconoscere il suo diritto di comprare bonds governativi quando la valuta è sotto attacco, con una responsabilità realmente condivisa per la governance economica; se la Banca Centrale Europea non è autorizzata ad agire per salvare la valuta che si suppone debba gestire, a che cosa serve?

3) Riforma del bilancio; gli aumenti del budget europeo devono servire principalmente per promuovere le tecnologie innovative, per finanziare investimenti sociali, di infrastrutture e di sviluppo sostenibile; il Budget deve essere gestito in stretta collaborazione con la Banca Europea d’Investimento;

4) Riforma dei redditi; le risorse proprie dell’UE possono essere incrementate da tasse sull’energia; gli Stati Membri dovranno vedersi accordare più margine di manovra per ridurre l’IVA, per stimolare i consumi interni e per sopprimere le fiscalità regressive;

5) Una tassa sulle transazioni finanziarie per stimolare incentivi sull’impiego nell’industria e nei servizi per le PMI, per incoraggiare la ricerca e lo sviluppo, e per finanziare obiettivi pubblici globali come la lotta contro il cambiamento climatico e a sostegno dello sviluppo;

6) Investimenti Europei tramite Project Bonds, emessi dall’Unione e garantiti dalla BCE, allo scopo di realizzare l’enorme potenziale della nuova economia verde; Per un’Alternativa Socialista Europea l’accelerazione dei nuovi progetti d’infrastrutture tramite regole più flessibili per creare impieghi più rapidamente e ridurre la dipendenza eccessiva dai combustibili fossili e dal nucleare, insieme ad una Comunità per l’Energia con reciproco sostegno garantito in caso di minacce alle scorte di energia da parte di paesi terzi;

7) Una base più giusta per il commercio internazionale; i negoziatori dell’UE dovranno ottenere un nuovo mandato per combattere il dumping sociale ed ambientale; si dovranno prelevare tasse sulle importazioni da paesi terzi che non rispettano le norme ambientali europee;

8 ) Un supporto più forte ai nostri vicini, per affrontare l’inaccettabile e insostenibile ineguaglianza fra l’UE ed i suoi vicini del Sud e dell’Est, tramite reali concessioni nel commercio e nella mobilità, e ricompensando quelli che hanno combattuto così coraggiosamente per la loro libertà democratica nel Mondo Arabo. L’Europa non deve mai più chiudere gli occhi davanti a dittature autoritarie, nepotistiche, a vita, nel nome di qualche fuorviata realpolitik;

9) Una più robusta ed unita presenza sulla scena internazionale, utilizzando il nostro potere politico ed economico collettivo per promuovere i nostri valori ed interessi oltre i nostri confini, e facendo la nostra parte nel portare a termine il conflitto nel Medio Oriente;

10) Un rafforzamento della democrazia europea, quali che siano le nuove regole di governance economica, la responsabilità parlamentare deve essere in primo piano; gli stati membri devono rispettare pienamente il Trattato nominando il presidente della Commissione in accordo con il risultato delle elezioni europee; i voti parlamentari sui singoli Commissari e su una loro eventuale revoca dovranno essere vincolanti; i partiti socialisti dovranno coinvolgere membri e supporters in tutti gli aspetti delle decisioni politiche europee, nel programma, e nella nomina dei candidati per i vertici dell’UE; un’azione europea per rafforzare la libertà di stampa smontando i monopoli mediatici e limitando la proprietà dei media da parte di stati non europei.

È in gioco la sopravvivenza a lungo termine dell’integrazione europea. Questo è molto di più che un sostegno alla moneta unica. Solamente un nuovo approccio da parte dei socialisti democratici che riaffermi con forza i nostri valori e che abbia il coraggio di proporre soluzioni europee può infondere nel progetto europeo l’energia per sostenere quelli che dovrebbero essere i punti fermi – la solidarietà, l’efficienza economica e la vitalità democratica.

First signatoriesPanagiotis Beglitis, Member of the Greek Parliament (PASOK, Greece); Josep Borrell Fontelles, President of the European University Institute, Former President of the European Parliament (PSC/PSOE, Spain); Victor Bostinaru, Member of the European Parliament (PSD, Romania); Udo Bullmann, Member of the European Parliament (SPD, Germany); Sergio Cofferati, Member of the European Parliament (PD, Italy); Véronique de Keyser, Member of the European Parliament (PS, Belgium); Proinsias de Rossa, former Social Affairs Minister (Labour, Ireland); Harlem Désir, Member of the European Parliament, national secretary of the PS (PS, France); Leonardo Domenici, Member of the European Parliament (PD, Italy); Glyn Ford, former Member of the European Parliament (Labour, United Kingdom); Evelyne Gebhardt, Member of the European Parliament (SPD, Germany); Ana Gomes, Member of the European Parliament (PS, Portugal); Enrique Guerrero Salom, Member of the European Parliament (PSOE, Spain); Elisabeth Guigou, Member of the French Parliament (PS, France); Zita Gurmai, Member of the European Parliament, President of PES Women (MSZP, Hungary); Jo Leinen, Member of the European Parliament (SPD, Germany); David Martin, Member of the European Parliament (Labour, United Kingdom); Marianne Mikko, Member of the Estonian Parliament (SDE, Estonia); John Monks, Member of the House of Lords, former Secretary General of ETUC (Labour, United Kingdom); Leire Pajin Iraola, Member of the Spanish Congress (PSOE, Spain); Gianni Pittella, Vice-President of the European Parliament (PD, Italy); Sir Julian Priestley, former Secretary General of the European Parliament (Labour, United Kingdom);  Libor Roucek, Member of the European Parliament (CSSD, Czech Republic); Hannes Swoboda, Member of the European Parliament, President of the S&D Group of the European Parliament (SPÖ, Austria); Kathleen Van Brempt, Member of the European Parliament (SPA, Belgium); Kristian Vigenin, Member of the European Parliament (BSP, Bulgaria); Henri Weber, Member of the European Parliament (PS, France).

 

PROVISIONNAL LIST OF SIGNATORIES

 

Luis Paulo Alves, Member of the European Parliament (PS, Portugal);
Kader Arif, deputy Minister for Veterans (PS, France);

Ines Ayala Sander, Member of the European Parliament (PSOE, Spain);
Maria Badia i Cutchet, Member of the European Parliament (PSC/PSOE, Spain);

Claude Bartolone, Member of the French Parliament (PS, France);
Panagiotis Beglitis, Former Minister of Defence, Member of the Greek Parliament, Spokesman of PASOK (PASOK, Greece);

Pervenche Berès, Member of the European Parliament (PS, France);

Alain Bergounioux, President of the OURS (PS, France); 
Luigi Berlinguer, Member of the European Parliament (PD, Italy);
Thijs Berman, Member of the European Parliament (PVDA, Netherlands);

Felice Besostri, former Member of the Senate (PSI, Italy);
Jean-Louis Bianco, Member of the French Parliament (PS, France);
Patrick Bloche, Member of the French Parliament (PS, France);
Hans Bonte, Member of the Belgian Parliament (SPA, Belgium);
Josep Borrell Fontelles, President of the European University Institute, Former President of the European Parliament (PSC/PSOE, Spain);

Victor Bostinaru, Member of the European Parliament (PSD, Romania);

Claudette Brunet-Léchenault, Vice-president of Saone-et-Loire General Council (PS, France);
Udo Bullmann, Member of the European Parliament (SPD, Germany);
Philippe Busquin, former Member of the European Parliament, former European Commissioner (PS, Belgium);
Salvatore Caronna, Member of the European Parliament (PD, Italy);

Françoise Castex, Member of the European Parliament (PS, France); 
Nessa Childers, Member of the European Parliament (Labour, Ireland);

Sergio Cofferati, Member of the European Parliament (PD, Italy);

Anna Colombo, Secretary General of the S&D Group (PD, Italy-PS, Belgium);

Ricardo Cortés Lastra, Member of the European Parliament (PSOE, Spain); Jean-Pierre Cot, former President of the PES Group in the European Parliament (PS, France);
Andrea Cozzolino, Member of the European Parliament (PD, Italy);

Frédéric Daerden, Member of the European Parliament (PS, Belgium);
Spyros Danellis, Member of the European Parliament (PASOK, Grèce);
Véronique de Keyser, Member of the European Parliament (PS, Belgium);

Bertrand Delanoë, Mayor of Paris (PS, France);
Michel Delebarre, Mayor of Dunkerque (PS, France); 
Proinsias de Rossa, former Social Affairs Minister (Labour, Ireland);

Harlem Désir, Member of the European Parliament, national secretary of the PS (PS, France);

Michel Destot, Member of the French Parliament (PS, France);
Maya Detiège, Member of the Belgian Parliament (SPA, Belgium);
Leonardo Domenici, Member of the European Parliament (PD, Italy);

Raymonde Dury, former Member of the European Parliament (PS, Belgium);

 

Guillermo Echenique-Gonzalez, Secretary-General for Foreign Affairs of the Basque Government (PSOE, Spain);

Saïd El Khadraoui, Member of the European Parliament (Belgium, SPA);

Edite Estrela, Member of the European Parliament (PS, Portugal); 
Tanja Fajon, Member of the European Parliament (SD, Slovenia);

Pietro Folena (PD, Italy); 
Daniel Font, Member of the Parliament of Catalonia (PSC/PSOE, Spain);
Glyn Ford, former Member of the European Parliament (Labour, United Kingdom);

Peter Friedrich, Minister for Federal, European and International Affairs, Baden-Wuerttemberg (SPD, Germany);
Vicente Garcés Ramón, Member of the European Parliament (PSOE, Spain); 

Eider Gardiazabal Rubial, Member of the European Parliament (PSOE, Spain);
Evelyne Gebhardt, Member of the European Parliament (SPD, Germany);

David Geerts, Member of the Belgian Parliament (SPA, Belgium);

Caroline Gennez, Member of the Belgian Parliament (SPA, Belgium);

Jean-Patrick Gille, Member of the French Parliament (PS, France);
Estelle Grelier, Member of the European Parliament (PS, France);

Ana Gomes, Member of the European Parliament (PS, Portugal);

Robert Goebbels, Member of the European Parliament (LSAP, Luxembourg);
Roberto Gualtieri, Member of the European Parliament (PD, Italy);

Enrique Guerrero Salom, Member of the European Parliament (PSOE, Spain);

Elisabeth Guigou, Member of the French Parliament (PS, France);

Sylvie Guillaume, Member of the European Parliament (PS, France);

Zita Gurmai, Member of the European Parliament, President of PES Women (MSZP, Hungary);

Liêm Hoang-Ngoc, Member of the European Parliament (PS, France); 
Alain Hutchinson, Member of the Brussels Parliament (PS, Belgium);
Miquel Iceta, Member of the Parliament of Catalonia (PSC/PSOE, Spain);
Jamal Ikazban, Member of the Brussels Parliament (PS, Belgium); 
María Irigoyen Pérez, Member of the European Parliament (PSOE, Spain); 

Jean-Louis Joseph, Mayor of La Bastidonne (PS, France);

Apostolos Katsifaras, Head of the Region of Western Greece (PASOK, Greece) ;

Meryame Kitir, Member of the Belgian Parliament (SPA, Belgium);

Fadila Laanan, Minister for Culture of the Wallonie-Bruxelles Federation (PS, Belgium);
Karine Lalieux, Member of the Belgian Parliament (PS, Belgium); 
Karl-Heinz Lambertz, President of the PES Group in the Committee of the Regions (SP, Belgium);
Renaat Landuyt, Member of the Belgian Parliament (SPA, Belgium);
Bernd Lange, Member of the European Parliament (SPD, Germany);
Nicola Latorre, Member of the Senate (PD, Italy);
Marylise Lebranchu, Minister of the Reform of the State (PS, France);

Stéphane Le Foll, Minister of Agriculture (PS, France);
Jörg Leichtfried, Member of the European Parliament (SPÖ, Austria);

Jo Leinen, Member of the European Parliament (SPD, Germany);

Pia Locatelli, President of the Socialist International Woman (PSI, Italy);
Juan Fernando Lopez Aguilar, Member of the European Parliament (PSOE, Spain);
Jean-Charles Luperto, President of the Wallonie-Bruxelles Parliament (PS, Belgium);

Paul Magnette, Federal Minister for Public Enterprises, Scientific Policy and Development Cooperation (PS, Belgium);

David Martin, Member of the European Parliament (Labour, United Kingdom);
Jose Ignacio Martin, President of the Association of Financial clients of Spain (PSOE, Spain);
Manuel Mata, former Member of the Valencia Parliament (PSPV/PSOE, Spain);
Kyriakos Mavronikolas, Member of the European Parliament (KSEDEK, Cyprus);
Gennaro Migliore
, national secretary of the SEL (SEL, Italy);

Marianne Mikko, Member of the Estonian Parliament (SDE, Estonia);

John Monks, Member of the House of Lords, former Secretary General of ETUC (Labour, United Kingdom);

Juan Moscoso del Prado, Member of the Spanish Congress (PSOE, Spain);
Pierre Moscovici, Minister of the Economy and finances (PS, France);
Catherine Moureaux, Member of the Brussels Parliament (PS, Belgium);
Pierre-Alain Muet, Member of the French Parliament (PS, France);
Paolo Nerozzi, Member of the Senate (PD, Italy);
Raimon Obiols i Germa, Member of the European Parliament (PSOE, Spain);

Özlem Özen, Member of the Belgian Parliament (PS, Belgium); 
Leire Pajin Iraola, Member of the Spanish Congress (PSOE, Spain);

Gilles Pargneaux, Member of the European Parliament (PS, France);

Christian Paul, Member of the French Parliament (PS, France);
Vincent Peillon, Minister of National Education (PS, France);

Andres Perello Rodriguez, Member of the European Parliament (PSOE, Spain);
Gianni Pittella, Vice-President of the European Parliament (PD, Italy);

Anita Pollack, Former Member of the European Parliament (Labour, United Kingdom);
Holger Poppenhaeger, Minister of Justice of the Thuringia Region (SPD, Germany);
Joao Proença, Secretary General of UGT (Portugal);
Sir Julian Priestley, former Secretary General of the European Parliament (Labour, United Kingdom);

Derek Reed, Deputy Secretary General of the S&D Group (Labour, United Kingdom);

Conny Reuter, Secretary General of Solidar, President of the Social Platform (SPD, Germany);
Ulrike Rodust, Member of the European Parliament (SPD, Germany);
Libor Roucek, Member of the European Parliament (CSSD, Czech Republic);

Angelica Schwall-Düren, Federal Affairs Minister of the Nordrhein-Westfalen (SPD, Germany);

Franco Seminara, Member of the Belgian Parliament (PS, Belgium);

Konstantinos Simitsis, Mayor of Kavala (PASOK, Greece);

Peter Simon, Member of the European Parliament (SPD, Germany); 
Birgit Sippel, Member of the European Parliament (SPD, Germany); 

Juan Soto, Member of the Valencia Parliament (PSOE, Spain);
Jutta Steinruck, Member of the European Parliament (SPD, Germany);
Leszek Swietalski, Mayor of Stare Bogaczowice (SLD, Poland);

Hannes Swoboda, President of the S&D Group of the European Parliament (SPÖ, Austria);

Marc Tarabella, Member of the European Parliament (PS, Belgium);
Karin Temmerman, Member of the Belgian Parliament (SPA, Belgium);
Pascal Terrasse, Member of the French Parliament (PS, France);

Patrice Tirolien, Member of the European Parliament (PS, France);

Bruno Tobback, President of the Socialistische Partij-Anders  (SPA, Belgium);
Walter Tocci, Member of the Italian Parliament (PD, Italy);
Carole Tongue, Former Member of the European Parliament (Labour, United Kingdom);
Marisol Touraine, Member of the French Parliament (PS, France);
Catherine Trautmann, Member of the European Parliament (PS, France);

Bruno Tuybens, Member of the Belgian Parliament (SPA, Belgium);
Daniel Vaillant, Member of the French Parliament (PS, France);
Kathleen Van Brempt, Member of the European Parliament (SPA, Belgium);

Dirk Van der Maelen, Member of the Belgian Parliament (SPA, Belgium);
Anne Van Lancker, Former Member of the European Parliament (SPA, Belgium);  
Ann Vanheste, Member of the Belgian Parliament (SPA, Belgium);
Myriam Vanlerberghe, Member of the Belgian Parliament (SPA, Belgium);
Peter Vanvelthaven, Member of the Belgian Parliament (SPA, Belgium);
Nichi Vendola, President of the Puglia region (SEL, Italy);
Bernadette Vergnaud, Member of the European Parliament (PS, France);

Alain Vidalies, deputy Minister of the Relations with the Parliament (PS, France);
Kristian Vigenin, Member of the European Parliament (BSP, Bulgaria);  
Elisabeth Vitouch, Member of the Municipal Council of Vienna (SPÖ, Austria);
Henri Weber, Member of the European Parliament (PS, France);

Barbara Weiler, Member of the European Parliament (SPD, Germany);
Luis 
Yáñez-Barnuevo García, Member of the European Parliament (PSOE, Spain)

I nuovi poveri. I vecchi diritti.

Mi ha molto colpito il pezzo di Pietro sui nuovi poveri che lottano contro la segnalazione ai servizi sociali mentre dormono in auto o in soffitta, elemosinano una doccia e si ritrovano in biblioteca. Quando il sistema sociale di sopravvivenza e sussistenza minimo viene progettato e sostenuto dai bisogni e dai bisognosi qualcosa non funziona. Qualcosa si inceppa nello Stato che smette di essere collante di diritti e doveri di tutti dedicandosi ai ceti sopra la linea di galleggiamento: la chiamano uguaglianza in tempo di crisi, invece è classismo (ampio sì ma classista). E mi sfugge perché di fronte ai nuovi bisogni e ai nuovi bisognosi non ci siano di pari passo i nuovi diritti, il nuovo welfare e la nuova politica. Davvero.

Il fallimento della tenuta sociale

A inizio settimana è stato presentato l’annuale rapporto della Caritas sulle povertà nel nostro paese. Dalla lettura ermerge chiaramente un dato: le politiche di sostegno economico in campo sociale non aiutano le famiglie, che si trovano ad affrontare il tema dell’assistenza agli anziani, con questi fondi dovrebbero essere creati e implementati i servizi sociali presenti nel territorio. Questi servizi porterebbero, inoltre, nuova occupazione. Il rapporto dimostra come sia necessaria una svolta nel campo della gestione del welfare italiano. In sintesi quale federalismo è possibile,senza tenuta sociale? Con buona pace di qualsiasi leghista di ogni ordine e grado. Gli stessi leghisti che avevano fatto della “devolution” il loro Must. La stessa Lombardia di oggi, dove operai metalmeccanici rigorosamente padani,che fuori il Pirellone la sede di Regione Lombardia, hanno accolto a suon di uova e insulti il trota, che è sembrato decisamente un pesce fuor d’acqua, per dare risposte dall’alto dello scranno che si trova a ricoprire, sembrando un criceto a bordo di un transatlantico. L’unica cosa che sembra crescere in Italia, sempre la febbre delle scommesse, per la gioia dei monopoli di stato. Per non parlare della gestione dilettantesca dell’emergenza profughi, a Lampedusa, Manduria e nella stessea Pieve Emanuele alle porte di Milano, dove se per ora la bomba ad orologeria sta tenendo è solo merito degli operatori di croce rossa e protezione civile, che da buoni tecnici gestiscono come possono questa situazione,dove centinaia di profughi si ritrovano a vivere nell’ozio di un residence, in un limbo eterno, senza poter nemmeno mettersi sul mercato, e riscattare una situazione che non hanno voluto nemmeno loro, trovandosi parcheggiati in un paese terzo senza voce in capitolo. Ce lo racconta Christian Condemi.