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Giugno 2013

Guarda guarda la ‘ndrangheta a Roma

La Dia di Roma ha rintracciato nella Capitale il pregiudicato ventinovenne Alessandro Mazzullo, originario di Oppido Mamertina (Rc), legato alla cosca calabrese dei Gallico, e dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei suoi confronti dal gip del locale Tribunale, nel mese di gennaio scorso.
Arrestata anche, in flagranza di reato, una 29enne moldava, residente a Roma, responsabile di favoreggiamento personale di Mazzullo e di ricettazione dell’autovettura in suo possesso, sulla quale sono stati bloccati a seguito di un servizio al termine di un’attività di ricerca.
Mazzullo, che era riuscito a sottrarsi alla cattura qualche mese fa, quando furono tratti in arresto, per gli stessi reati Francesco Frisina e Carmine Saccà, è ritenuto responsabile di trasferimento fraudolento di beni, aggravato dal metodo mafioso, insieme ad altri 6 prestanome, indagati.
In aggiunta al provvedimento restrittivo, il giudice aveva anche disposto il sequestro preventivo di numerosi beni (oltre una ventina di fabbricati tra Palmi (Rc) e Roma, più di una cinquantina di appezzamenti di terreno in provincia di Reggio Calabria, una trentina di conti correnti bancari/postali e diverse partecipazioni societarie) per un valore complessivo superiore a 20 milioni di euro.
Con l’arresto di Alessandro Mazzullo, l’operazione coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma ha fatto emergere “l’esistenza di un progetto di infiltrazione nella realtà economico-finanziaria della Capitale tramite il reinvestimento di cospicue somme di denaro dalla provenienza ritenuta illecita”. Lo sottolinea la Dia in una nota, precisando che in particolare, con l’ausilio di prestanome, familiari e non, e attraverso l’indispensabile aiuto di un agente immobiliare romano, indagato in stato di libertà, i sodali avevano acquisito noti locali commerciali della Capitale nonchè svariati immobili e terreni tra Roma e la provincia di Reggio Calabria.
In particolare, l’attività investigativa svolta ha permesso di appurare che gli indagati avevano creato un ‘sistema’ per reinvestire in Roma i proventi illeciti delle attività delittuose della loro cosca di appartenenza. Tale sistema, ideato grazie alla collaborazione offerta da professionisti del settore, prevedeva, in primis, l’acquisto di esercizi commerciali da porre come garanzia per le successive acquisizioni nel campo della ristorazione.
Parte dei ricavi illeciti si ritiene siano stati reinvestiti nell’acquisto di tre unità immobiliari in via Boccea, dal valore ciascuna di circa 500mila euro, che i principali indagati (Frisina e Saccà) hanno intestato fittiziamente a loro familiari e/o parenti per eludere eventuali misure patrimoniali nei loro riguardi.
Dal 2008 il gruppo ha concluso varie operazioni di acquisto e cessioni di società nel settore della ristorazione, palesemente fittizie in quanto intestate a terzi prestanomi (indagati in stato di libertà), acquistate per un valore di gran lunga inferiore a quello di mercato, al fine di ‘coprire’ i loro investimenti illeciti, considerando che hanno ad oggetto attività commerciali situate nelle zone tra le piu’ pregiate di questo centro cittadino.
Le principali sottoposte a sequestro sono: la società ‘Colonna Antonina 2004 Srl’, intestata a Maria Antonia Saccà e Grazia Rugolo, di fatto di proprietà dei mariti Francesco Frisina e Carmine Saccà, società già titolare del noto bar ‘Chigi’ sito nell’omonima via e sottoposto a sequestro preventivo dal Centro Operativo Dia di Roma nel luglio 2011; il bar ‘Antiche Mure’, in via Leone IV, della societa’ ‘Macc4 Srl’, intestata a Maria Antonia Saccà, Alessandro Mazzullo e Claudio Palmisano, di fatto di proprieta’ di Francesco Frisina.

Ministero dei Pari Opportunismi

Insomma il governo del Decreto del Fare;

il governo delle alleanze così ampie da sembrare una circonvallazione di quelle che accontentano tutti: i cementisti, i cantieristi, i centri commerciali, i sindaci e gli automobilisti tutti insieme;

il governo dei sottosegretari e vice ministri scelti con il manuale Cencelli tra le bancarelle del centrodestra e centrosinistra senza preoccuparsi di un filo comune decente;

il governo del rinviare tutto per accontentare tutti e soprattutto non scontentare nessuno;

il governo che “dimette” la Idem per l’Imu e la palestra e si fa tenere per la gola da un condannato e interdetto,

questo governo con premure diaconali che non trova un posto che sia uno per un Ministero delle Pari Opportunità che sarebbe quanto mai opportuno in un conclave di prepuzi inopportuni e opportunisti.

 

A Brescia sgozza la mafia

Quell’omicidio di Brescia del professionista Cottarelli e la sua famiglia di cui avevamo scritto nel 2008 (grazie al bel libro ‘Polo nord’ di Fabio Abati e Igor Greganti) è una strage di mafia secondo la Corte di Assise di Appello di Milano:

La Corte di Assise di Appello di Milano ha condannato all’ergastolo due cugini trapanesi, Vito e Salvatore Marino, 47 e 53 anni, originari di Paceco (Trapani). Il 28 agosto del 2006 fecero strage a Urago Mella (Brescia) di una intera famiglia. Secondo l’accusa, sgozzarono Angelo Cottarelli, la moglie Marzenne Topor di 41 anni e il loro figlio, Luca di 17. Tre delitti al culmine di una diatriba per soldi tra Vito Marino e Angelo Cottarelli, una discussione dove fece da scenario una maxi truffa che era stata ordita da Marino assieme con altri imprenditori trapanesi, ai danni dello Stato e della Regione. Una truffa che inghiottì quasi 40 milioni di euro.

A Vito Marino, Cottarelli aveva garantito, pur stando lontano dalla Sicilia, delle fatture false, ma a un certo punto a Marino venne a mancare un milione di euro, e andò a chiederli indietro a Angelo Cottarelli, svegliando lui e la sua famiglia di buon mattino nella loro villetta a Urago Mella, facendosi spalleggiare da suo cugino Salvatore, al quale secondo la ricostruzione dei pm toccò il compito di sgozzare le tre vittime. I due furono arrestati poco dopo i fatti perché a Trapani gli investigatori della Squadra Mobile si stavano occupando già della truffa e con i colleghi di Brescia ricostruirono i motivi della strage. A casa Cottarelli fu addirittura trovato quel denaro che Vito Marino rivoleva a tutti i costi.

Assolti in primo grado, condannati all’ergastolo in appello, l’anno scorso i due cugini erano tornati liberi per l’annullamento deciso dalla Cassazione. Vito Marino è stato arrestato dalla Polizia in aula dopo la lettura della sentenza. A Trapani i poliziotti della Mobile hanno arrestato suo cugino Salvatore. Spietatezza e brutalità in questa storia. Ma non solo. Vito e Salvatore Marino sono figlio e nipote di un boss ucciso da Matteo Messina Denaro nel 1985 e i vini commerciati da Vito Marino avevano eloquenti etichette, come “Baciamo le mani” con tanto di uomo in coppola e lupara.

Non si festeggiano i rinvii

Sembra che sulla questione della questione degli F35 il PD stia convergendo su un accordo per rinviare la decisione dopo un’indagine conoscitiva (devono scoprire se hanno pale, eliche o reattori, probabilmente).

Mi dice qualche amico che è una vittoria, il rinvio degli F35. Che dobbiamo esserne contenti. E’ una buona mediazione mi dicono. Cioè vogliono convincermi che tenersi il governissimo PD-PDL obbligatorio per le urgenze che decide di rinviare le decisioni faccia bene al paese.

Vi prego: se da anziano comincio a festeggiare anche i rinvii datemi delle gocce per dormire.

Rossetto?

Ho guardato con un certo fastidio di stomaco la manifestazione in difesa di Silvio Berlusconi dopo la condanna del Tribunale di Milano per la il caso Ruby. Ho apprezzato (si fa per dire, eh) ancora una volta l’ignoranza e la superficialità come strumento di consenso coltivato con molta cura e arguzia in questi lunghi anni di berlusconismo iniettato nei diversi alimenti politici, culturali, televisivi e giornalistici. Ho rivisto la Santanché nel suo ruolo migliore: quello della Giovanna D’Arco in groppa al “luogo comune” che riesce ad ammiccare alle casalinghe con tutto il disprezzo che si riesce a scorgere nell’angolo delle labbra. Ho visto Francesca Pascale interpretare la languida compagna davanti ad un pubblico che non avrebbe nemmeno osato di sognare prima di scoprire che le fiction si producono anche “fuori” dalla televisione. Ho visto un PD incapace di sottolineare l’inopportunità questa volta anche se è scritta dentro una sentenza.

E poi ho visto il rossetto. Il rossetto come simbolo dell’essere puttana, nel 2013. E ho pensato che davvero che Giuliano Ferrara ha messo sul barbecue la propria intelligenza pur di riempire la pancia del padrone. Peggio di una puttana: come fanno i servi per vocazione.

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Quel che più spaventa

Quel che più spaventa nei partiti non è quello che dicono, è quello che trascurano o si rifiutano di dire.

(Louis Blanc, Organizzazione del lavoro, 1839)

Boccia bocciato sugli F35

Capite in che mani siamo? Capite cosa è il PD in alcuni pezzi della sua classe dirigente che non sa nemmeno do cosa sta parlando? Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio, crede che gli F35 siano elicotteri, per dire. Leggere per disgustarsi:

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Il resoconto della piccolezza è sul blog di Cristina.

Volevo essere un libro

«C’era come la sensazione che mentre gli uomini vanno e vengono, nascono e muoiono, i libri invece godono di eternità. Quand’ero piccolo, da grande volevo diventare un libro. Non uno scrittore, un libro: perché le persone le si può uccidere come formiche. Anche uno scrittore, non è difficile ucciderlo. Mentre un libro, quand’anche lo si distrugga con metodo, è probabile che un esemplare comunque si salvi e preservi la sua vita di scaffale, una vita eterna, muta, su un ripiano dimenticato in qualche sperduta biblioteca a Reykjavik, Valladolid, Vancouver».

(Amos Oz, Una storia di amore e di tenebra)