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Se la Lega riempie le carceri

E non risolve i problemi, il problema non è solo normativo ma culturale. Lo scrive Manila Filella sul sito di Non Mi Fermo (la prossima agorà sarà proprio sull’immigrazione, a Bergamo, terra leghista). Tutta la normativa sull’immigrazione, voluta fortemente dalla Lega Nord, presenta profili di illegittimità costituzionale ed incompatibilità con la normativa europea ed internazionale, oltre a porsi in contrasto con i diritti fondamentali della persona umana e l’intolleranza e la continua criminalizzazione tout court dello straniero, ed oltre ad essere discriminatoria, distoglie tempo, uomini e risorse economiche che dovrebbero essere impiegate per contrastare i fenomeni di criminalità organizzata, quelli sì, reati di maggior rilievo, non collegati ad un’etnia, e ad oggi il vero vulnus della Lombardia. Il resto qui.

I cultori delle regole in Regione Lombardia

Insomma oggi la maggioranza in Regione Lombardia ci ha detto che non era il caso di discutere della vicenda Boni. Secondo la maggioranza (che si sgretola ma finge di essere composta piuttosto che il percolato che cola dalle diverse  indagini e cicliche inopportunità) la nostra mozione su Boni non era ammissibile. Per intendersi la stessa mozione che era stata ammessa in passato sul caso Massimo Ponzoni. Ora, molti sanno anche come la penso sull’annoso caso Penati ma evidentemente ci si è dimenticati che (proprio nel caso di Penati) alla vicenda si era deciso di dedicare un’intera seduta. Com’era giusto. Stupisce forse che lui, Davide Boni il barbaro borioso e sognante) dopo avere pubblicizzato ai quattro venti la propria spiegazione in Aula oggi (‘spiegherò tutto’, ha dichiarato nei giorni scorsi, ‘l’ascolterò attentamente’ gli ha risposto il Celeste Formigoni) si è tirato inspiegabilmente indietro. Seduto come un pulcino (sicuramente barbaro e ultimamente molto meno sognante) tra i banchi della Lega. In castigo. E quindi la seduta di oggi non ha parlato (e fatto parlare) di Davide Boni, argomento non ammissibile. La Giunta ha sfoderato il sorriso delle cerimonie (in fondo, Formigoni, deve avere goduto nel vedere i leghisti mansueti e bastonati) e noi ci accontentiamo di una lettera del Presidente del Consiglio arrivata stamattina. Così il Presidente del Consiglio (che forse è bene ricordarlo dovrebbe essere garante dell’Aula, tutta e di tutti i colori) rimane indagato, silenzioso e protetto dall’ex nemico Formigoni. Bossi mostra il dito. Alfano spera che tutto peggiori (senza crollare ) per indebolire l’avversario interno per le prossime primarie di partito. L’UDC abbraccia tutti. E la Lombardia annega.

Boni ci scrive

Il Presidente Boni stamattina ci scrive. Evidentemente la boria che nei giorni scorsi lo spingeva a dichiararsi tranquillo e pronto a parlare in Aula è già passata. Ecco cosa ci ha scritto:

Pregiat.mi Colleghi, ho deciso di scriverVi ufficialmente, per la prima volta, della vicenda giudiziaria che mi vede, mio malgrado, coinvolto. Lo faccio deliberatamente perché credo che, al di là delle più che naturali curiosità giornalistiche, sia a Voi e idealmente a chi ci ha nominato con il loro voto, che devo fornire in primo luogo conto del mio operato e della mia condotta. Innanzitutto, ringrazio tutti coloro che mi hanno manifestato la loro solidarietà. Non mi sentirete parlare di complotti, né tanto meno di critiche per un uso strumentale della giustizia da parte dei magistrati inquirenti. Ho sempre avuto rispetto del loro operato e non vedo perché dovrei cambiare opinione in questo momento. Al contempo, credo sia giusto ricordare che ho ricevuto una informazione di garanzia, in relazione a fatti tutt’ altro che dimostrati – non siamo dunque dinanzi ad una sentenza, ancor meno definitiva – che non ha avuto ancora alcuna forma di effettivo riscontro e sulla quale io spero conveniate con me mi deve essere dato, prima ancora che garantito, il diritto di difendermi. Mi limito solo a segnalarVi due aspetti utili ai fini di una riflessione riguardo alla mia estraneità: i fatti riguarderebbero un asserito mio coinvolgimento allorchè rivestivo il ruolo di assessore all ‘urbanistica in Regione, incarico che anche avessi voluto, ma non ho voluto, non avrebbe in ogni caso consentito un perfezionamento di alcuna delle pratiche edilizie menzionate dai giornali, in quanto del tutto estraneo ed esorbitante dalle mie funzioni. E’ noto infatti che nell’ attuale ordinamento dell’Assessore non riveste il ruolo di organo dotato di poteri di amministrazione attiva. Nei procedimenti di natura urbanistica, inoltre, la funzione svolta dalla Regione è circoscritta, mentre è valorizzato il contributo degli Enti Locali. Ancora: si parla di somme di denaro ricevute ma sfido chiunque a trovare anche un solo euro nelle mie tasche, che non sia frutto del mio lavoro o, per quanto riguarda il mio partito, che non sia frutto di versamenti o elargizioni ufficiali e dettagliatamente documentabili. Al momento della mia elezione a Presidente mi ero impegnato per una azione di rilancio delle prerogative de Il’ Assemblea quale sede di rappresentanza politica generale e del ruolo di indirizzo nei confronti della Giunta regionale. Ho svolto sino ad ora il mandato affidatomi dall’ Aula nel rispetto dello Statuto e del Regolamento; intendo proseguire su questa strada, dal momento che nessuna delle accuse che mi vengono rivolte può avere la minima influenza sul ruolo di rappresentanza e di garanzia che attualmente esercito. Vi ringrazio per l’attenzione e vi saluto cordialmente.

Una proposta semplice per esercitare legalità tra i libri

Leonardo Salerno propone al Consiglio Comunale di Bollate l’istituzione di uno scaffale della legalità all’interno della biblioteca. Il segnale è semplice ma importante perché Bollate ha vissuto tempi difficili in occasione dell’ultima operazione Infinito (a Bollate ha pascolato indisturbato per anni il boss Vincenzino Mandalari che tirava le fila della ‘ndrangheta in quella zona) e perché i libri hanno un potere ‘sconsiderato’ se messi in bella mostra. La Scuola di formazione politica Antonino Caponnetto da tempo offre le proprie competenze perché si costruisca e si diffonda, anche attraverso i Libri e l’attenzione ad essi, sul territorio (Scuole, Associazioni, Città piccole e grandi,Distretti) e nell’immaginario dei cittadini, una Rete salda di Regole e Principi.Perché torni ad essere Centrale e Peculiare, nella Vita di ognuno e collettivamente, la Conoscenza e il Rispetto delle Regole. L’idea ci è piaciuta e con Non Mi Fermo abbiamo deciso di farcene carico. Bollate e Leonardo sono il primo passo. Ora dobbiamo chiedere che venga fatto dappertutto.

I soldi allegri dei partiti

Il problema dei partiti non è la popolarità: la visione è egoista e semplicistica. Il punto sta nella credibilità che si costruisce con le idee (‘propaganda’, direbbe qualcuno) e con l’amministrazione: amministrazione di istituzioni e amministrazione interna. Le primarie non bastano, bisogna dimostrare di gestire eticamente i propri soldi per essere pronti a gestire i soldi di tutti. Spiegare perché si è aggirato il referendum del ’93 (in modo convincente, possibilmente) e perché i partiti inesistenti esistono sui bonifici dello Stato. E fissare nuove regole. Rifondarsi. Come scrive bene Massimo Greco:

Il problema è che come in tante altre questioni, prese tardivamente di mira solo dall’azione governativa del Prof. Monti, anche il sistema dei partiti politici va rivisto con urgenza. Troppo comodo è stato per la classe politica (recte: casta?) sia della prima che della seconda repubblica mantenere a livello programmatico la previsione costituzionale contenuta nell’art. 49 della Costituzione. Nessuna forza politica, ad eccezione dei radicali, ha mai voluto affrontare la questione attraverso una legge ordinaria, per non parlare della ferita ancora aperta, ed a rischio infezione, per i recentissimi fatti verificatisi in casa PD.

In un momento difficile come questo in cui all’italiano medio viene richiesto un sacrificio straordinario ed ai limiti della sopportazione, com’è possibile continuare ad accettare che all’interno di un partito politico, di destra o di sinistra che sia, vengono utilizzati milioni di euro del finanziamento pubblico senza alcuna forma di controllo? Com’è possibile che a qualunque dipendente della pubblica amministrazione viene richiesto di rendicontare, e di rendere tracciabile secondo i principi dell’evidenza pubblica, anche l’acquisto di una matita e, di contro, accettare supinamente che i partiti politici, la cui funzione pubblica è addirittura solennemente prevista sia dalla Costituzione che dai Trattati europei, possano usare le risorse pubbliche secondo il metodo Lussi? Com’è possibile che un partito politico che dovrebbe “concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale” possa permettersi il lusso di scegliere coloro che dovranno rappresentarci in Parlamento attraverso il meccanismo della cooptazione fiduciaria contenuto nell’attuale sistema elettorale (Porcellum)? Perché in Francia, in Germania, e anche in Spagna, si sono dotati di adeguata legislazione in materia e solo in Italia si è deciso di rendere “intoccabili” i partiti politici protetti dalla discutibilissima campana dell’associazione di diritto privato?

Sono queste le domande a cui si deve rispondere per comprendere perché anche il legittimo tentativo di allargare la partecipazione democratica interna ai partiti attraverso le primarie rischia miseramente di fallire. Peraltro, il partito politico non può rimanere un comitato elettorale confinato nella sola sfida dei consensi ma deve ritornare ad essere il luogo dove si fa politica 24 ore su 24. E’ questa la funzione che la Costituzione, per quanto snobbata dalla classe politica dominante, ha loro assegnato. Ed è all’uso corretto del suo esercizio che la società civile deve fare appello, anche nel solco dei nuovi strumenti di rendicontazione sociale introdotti nel nostro ordinamento a proposito di azioni correttive (class action) nei confronti delle Istituzioni che esercitano funzioni pubbliche.

Stare vicino alle cose ad un passo dal mondo

“Quanta gente canta se sa cantare, ma quanta di più canta lo stesso anche se cantare non sa. E perché canta? Se è felice? Se ha qualcosa da dire? O se soffre e se gli piace soffrire, o se ha fantasia e non ama il normale delle cose? Forse si canta da sempre perché cantare è come raccontare e stare vicino alle cose a un passo dal mondo. Io, anch’io canto, e a un passo dal mondo scrivo canzoni e ricevo nastrini e cassette a milioni e la gente mi scrive, mi manda le sue parole e non chiede chi amo, ma se amo chi chiede e a cosa penso un secondo prima di scrivere una canzone, o dov’era, dove si ficcava questa canzone prima di essere scritta o pittata, su quali spiagge o cimiteri volava prima di essere inventata, in quali occhi a mandorla di strega o in quali mani di porco o di fata era, avanti di essere scovata. Quanta gente soffia in un tubo o mette il culo tra una sedia e una fisarmonica e suona o prova a suonare persino in trenino? Io, anch’io ho cominciato così, in piedi su un tavolo da bambino con la mia gente intorno e il neon che dava le onde”.

Lucio Dalla, messaggio agli allievi di un corso di musica, Roma, marzo 1982.

FIOM, No TAV e brutto giornalismo

Perché è stata una piazza piena di contenuti, che parlava di lavoro, di democrazia e di reddito, una piazza che non ha avuto tempo di scassare vetrine perché troppo impegnata nel rifondare la politica. Perché le “cariche” di cui parla Repubblica, nulla c’entrano con la Fiom e con il corteo, e interessano, semmai, il Movimento di lotta per la casa e via della mercede, ben lontani dal percorso della manifestazione. Perché, in sostanza, quella foto mistifica la realtà. E fa comodo solo a chi su quella piazza ha detto di tutto e di più pur di trovare il pretesto per non aderire. Non ci sono stati violenti NoTav, non ci sono stati pericolosi metalmeccanici lanciatori di bulloni, né studenti sovversivi e nullafacenti. C’erano i metalmeccanici, c’erano i NoTav, c’erano gli studenti. Ma di sovversivo, pericoloso e violento c’erano solo le loro proposte. Piano di investimenti, rappresentanza sindacale e reddito di cittadinanza. Ha ragione Luca Sappino: la foto scelta da Repubblica e la home page del Corriere della Sera sul corteo di oggi della FIOM è un brutto esempio di giornalismo che con le immagini si diverte a toccare i fili della pancia. Con quei meccanismi sottili che il TG4 o il TG1 hanno usato per deformare un ventennio. Sulla vicenda TAV ormai è un giochetto che dura da mesi ma la similitudine ‘FIOM-NO TAV-violenza’ si sperava fosse solo una sfortunata uscita di Bersani e foraggio per la spazzatura di certa stampa filoberlusconiana.

Chi di voi vorrà fare il giornalista, si ricordi di scegliere il proprio padrone: il lettore. (Indro Montanelli)

La scuola ‘azienda’ che sognano in Lombardia

La Scuola Pubblica Statale Italiana versa ormai da tempo in condizioni gravissime a causa delle politiche scolastiche dissennate degli ultimi dieci anni e in modo particolare dell’ultimo governo Berlusconi che, con motivazioni puramente ideologiche e rispondenti a logiche di carattere economico-aziendalista ha tagliato circa 150.000 posti di lavoro tra docenti ed Ata e circa 8 miliardi di finanziamenti. Cambiato il governo la situazione è sempre la stessa, anzi il ministro Profumo, ben lontano dal proporre un necessario rifinanziamento e il ritiro dei tagli, prosegue sulla stessa linea di distruzione della Scuola Statale.  Il neoministro intende infatti mettere in discussione i diritti acquisiti dai precari presenti nelle graduatorie ad esaurimento e di quanti lavorano nella scuola da anni ventilando un fantomatico concorso per una manciata di posti. Inoltre nel “decreto Semplificazioni” è stata potenziata l’autonomia scolastica attraverso la creazione di reti territoriali di scuole e “organico dell’autonomia”. Questi provvedimenti sono perfettamente in sintonia con il progetto di Legge Aprea e prefigurano la chiamata diretta dei presidi, primo passo verso la completa aziendalizzazione della scuola pubblica.  In questo panorama disastroso Formigoni intende assumere il ruolo di battistrada, come risulta evidente dall’approvazione da parte della Giunta regionale della Lombardia della Proposta di Legge “Misure per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione” per modificare l’attuale legge regionale n.19/6. L’art. 8 di tale proposta di legge prevede espressamente che “a partire dall’anno scolastico 2012/2013, le istituzioni scolastiche statali possano organizzare concorsi differenziati a seconda del ciclo di studi, al fine di reclutare personale docente necessario a svolgere le attività didattiche annuali” e che sia “ammesso a partecipare alla selezione il personale docente del comparto scuola che conosca e condivida il progetto e il patto per lo sviluppo professionale, che costituiscono parte integrante del bando di concorso di ciascun istituto scolastico”. Come lavoratori della scuola troviamo assolutamente inaccettabile la proposta di legge della Giunta Formigoni e l’avvallo dato a questo progetto dal ministro Profumo che si è detto disponibile a “sperimentare nuovi modelli di reclutamento”. Tali “Misure per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione” non sono in realtà altro che un modo assolutamente incostituzionale per introdurre la chiamata diretta nelle scuole lombarde ed esautorare il sistema di reclutamento nazionale basato sulle graduatorie provinciali (uniche a garantire trasparenza e merito), limitare la libertà d’insegnamento dei docenti asservendoli a un non ben specificato “progetto e patto per lo sviluppo professionale”, nonché ai Dirigenti scolastici dei singoli istituti che avrebbero diritto di “vita e di morte” sui docenti neoassunti sempre più precarizzati. Sarebbe inoltre fortissimo il rischio di un aumento dei fenomeni di clientelismo e nepotismo di cui sono maestri il governatore lombardo e il movimento di cui è uno dei massimi esponenti, come ben sa qualsiasi cittadino lombardo. L’appello del Coordinamento Lavoratori Scuola è pienamente condivisibile e legge bene il progetto a lunga scadenza che in Lombardia si propone (per declinarlo poi su scala nazionale). Perché privatizzare in fondo significa sottrarre le regole, con l’etichetta della “meritocrazia” si gestiscono in proprio le nomine e l’utopia del “federalismo” scolastico diventa un piatto ricco per soddisfare le regalie locali dei piccoli kapò. L’articolo va abrogato: l’unica posizione possibile.

Formigoni e la delibera a sua insaputa

Fino a che punto stia diventando pericoloso il quadro di complicità e connivenze disegnato dalle tante indagini incrociate sulla corruzione lombarda, lo dimostra un documento scovato da “l’Espresso” che, per quanto se ne sa, è ancora sconosciuto ai magistrati. E’ una delibera della giunta regionale che sblocca l’apertura di una discarica di amianto nonostante l’opposizione della Provincia di Cremona, giustamente preoccupata dal rischio (documentato dai tecnici) di inquinamento delle falde acquifere. Il problema è che si tratta proprio della discarica per cui nel novembre scorso è finito in carcere l’ex assessore lombardo Franco Nicoli Cristiani, arrestato a Milano dove aveva appena incassato una tangente di 100 mila euro (e ne aspettava altrettanti). La delibera fatale con cui la giunta regionale ha dato via libera alla discarica delle mazzette è stata approvata il 20 aprile 2011, come si legge sul frontespizio, “su proposta del presidente Roberto Formigoni”. Insomma, si è mosso il governatore in persona. E a quel punto il suo alleato Nicoli Cristiani ha potuto festeggiare chiedendo i soldi, fino a prova contraria all’insaputa del distrattissimo governatore. Ma non basta: proprio quella contestata delibera, caso molto strano, non risulta pubblicata sul Bollettino ufficiale della Regione. E ora il tribunale del riesame, confermando l’arresto di Nicoli, mette in fila le intercettazione e scopre che Nicoli Cristiani ha cominciato a chiedere la tangente già nel marzo 2011. Cioè proprio mentre il governatore Formigoni si preparava a lasciare le sue impronte digitali sulla delibera per la discarica. E tutto questo per favorire la Cavenord di Pierluca Locatelli, un imprenditore che era appena stato condannato per traffico di rifiuti. E ora è accusato di avere avvvelenato il tracciato della Bre-be-mi, seppellendo tonnellate di scorie inquinanti sotto la nuova autostrada per risparmiare sui costi, con metodi analoghi ai clan di Gomorra.

Lo scrive L’Espresso e (ancora una volta) smentisce il giochetto formigoniano di comunicare responsabilità personali nei recenti arresti che non toccherebbero Regione Lombardia. In effetti non ci sono firme di funzionari o uffici: il Celeste ha firmato di suo pugno senza pubblicare (ma “rendere pubblico” per Formigoni è sempre stato un esercizio indigesto in tutti i sensi). E questo smentisce anche i tanti (troppi) moderati e garantisti che si augurano che la legislatura continui pur essendo all’opposizione. Più per il vitalizio che per garantismo, a dire la verità.