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Vi ricordate la poesia di Renzi quando parlava di asili? Ecco: ora li vende.

scuola

Ecco, a Roma il Commissario Tronca li vende, gli asili. Giuro:

Il commissario Tronca vende gli asili. Il Campidoglio pensa di cedere asili nido e scuole dell’infanzia perché impossibilitato a gestirli: il piano per l’alienzazione si trova nel Documento Unico di Programmazione (DUP) 2016-2018 dell’amministrazione comunale, ovveronelle linee guida che il prefetto mandato da Renzi e Alfano a gestire la città dopo la defenestrazione di Ignazio Marino da parte del PD ha vergato di suo pugno per il futuro dell’ente. Francesco Paolo Tronca ha intenzione di cedere le materne allo Stato e di affidare i nidi ai privati a causa del bilancio, che porterà nel 2016 ancora a tagli alla spesa corrente. E non può non tornare in mente quando Matteo Renzi spiegava che una delle priorità del governo era investire negli asili.

Nel documento si spiega come in alcuni municipi (III, VI, X, XII e XV) ci sono ancora liste d’attesa lunghissime per l’accesso alle scuole d’infanzia nonostante in città la popolazione di bambini dai 3 ai 6 anni diminuisca al ritmo di 500mila unità all’anno.  «Per l’attivazione e la gestione di 90 nuove sezioni a tempo pieno, necessarie per accogliere i bambini attualmente in lista d’attesa – si legge secondo il Messaggero – sono necessari ulteriori fondi per un importo pari a 12.375.000 euro l’anno». E vista l’impossibilità «di reperire le risorse necessarie, sia economiche che umane, si propone di avviare, come sta già avvenendo in alcuni grandi Comuni, una progressiva“statalizzazione”della scuola dell’infanzia». Già quest’anno,quindi,«potrebbe essere attuata una prima cessione di quelle sezioni di scuola dell’infanzia comunale che insistono negli istituti comprensivi statali con sezioni di scuola dell’infanzia proprie». Il processo,graduale, dovrebbe portare infine alla «cessione totale delle scuole dell’infanzia capitoline in favore dello Stato». Attualmente i 206 asili comunali ospitano 13254 iscritti, mentre le 191 strutture private convenzionate ne gestiscono 7628. 

L’articolo è qui.

Questa era la promessa di Renzi:

«L’Italia combina attualmente due primati negativi: una bassissimo tasso di natalità e, al tempo stesso, un bassissimo tasso di occupazione femminile. In più, i test internazionali ci dicono che, da noi, lo sviluppo cognitivo dei bambini è più condizionato che altrove dalle origini familiari. In Italia, solo il 12 per cento dei bambini sotto i tre anni ha accesso a un nido pubblico, in un’età che tutti gli studi confermano essere la più importante di tutte per l’investimento in capitale umano. Ecco perché proponiamo di passare dal 12 al 40% di copertura creando 450.000 nuovi posti. Il costo stimato sarebbe di 3 miliardi l’anno di spese correnti. Elevato ma sostenibile in una manovra complessiva da 75-90 miliardi come quella che proponiamo. Il costo di investimenti (spesa in conto capitale) di 13 miliardi è anch’esso sostenibile se ripartito su 5 anni».

qui)

I vostri capi hanno già guadagnato il vostro stipendio di tutto il resto dell’anno

uguaglianza

A proposito di uguaglianza.

In pratica gli amministratori delegati di molte aziende hanno già guadagnato più di quanto guadagneranno i loro dipendenti (facendo una media) in tutti i prossimi mesi dell’anno.

Ne scrive il Washington Post in questo pezzo allegando una tabella semplice semplice:

Azienda CEO stipendio rispetto al salario medio Quando il CEO ha guadagnato il salario medio di tutto l’anno
CVS Caremark 422 volte 1 gennaio, 08:48
Good Year 323 volte 2 gennaio, 03:12
Walt Disney 283 volte 2 gennaio, 07:00
21st Century Fox 268 volte 2 gennaio, 08:48
Honeywell 211 volte 2 gennaio, 05:36
Boeing 198 volte 2 gennaio, 08:24
Altria 175 volte 3 gennaio, 02:12
Aflac 157 volte 3 gennaio, 07:54
Deere 150 volte 3 gennaio, 10:36
FedEx 145 volte 3 gennaio, 12:36

 

Zalone

intellettuali

La commedia migliore di Checco Zalone (che lo sa bene) è l’italietta di intellettuali sciacquati che rode per ogni successo, in qualsiasi forma, in qualsiasi campo e per chiunque altro.

Non ci sarà mai crescita in un campo in cui la concorrenzafobia distoglie dalla produzione. Ogni tanto, quando mi capita di vedere o leggere un collega che non mi piace particolarmente, mi viene da pensare a quanto sia straordinariamente vasto il mondo. E capiente, quindi. Per tutti.

Come la Lega ha “nascosto” 20 milioni di euro per sfuggire ai giudici

(Marco Lillo per ‘Il Fatto Quotidiano‘)

Continua, con la storia del tesoro della Lega, la galleria di fatti e personaggi che emergono dalle telefonate dei leghisti intercettati tra il 2012 e il 2014. Abbiamo già svelato i retroscena dell’accordo Lega-Pdl con le minacce di Berlusconi a Maroni di usare la clava mediatica, l’impegno leghista per aiutare l’imprenditore Salini che mirava alle penali per la mancata costruzione del Ponte sullo Stretto, le chiamate di Malagò che cercava il voto di un leghista al Coni. L’indagine Breakfast della Procura di Reggio Calabria contiene intercettazioni della Dia effettuate sotto il coordinamento del pm Giuseppe Lombardo e del procuratore Federico Cafiero De Raho. Probabilmente le intercettazioni dell’indagine, che va avanti in gran segreto dal 2012, non porteranno a nulla sul piano penale. Ma devono essere pubblicate perché svelano fatti di rilievo pubblico dietro le quinte del potere.

Roberto Maroni ha trasferito 20 milioni di euro della Lega Nord alla Sparkasse di Bolzano e ha chiesto al suo legale, Domenico Aiello di costituire un trust o uno fondazione dove far confluire tutti i beni del partito per metterli al riparo dai leghisti amici di Umberto Bossi, come Matteo Brigandì. Le intercettazioni inedite dell’indagine Breakfast della Dia di Reggio Calabria svelano i retroscena di un giallo di cui si era occupato anche L’espresso con un articolo seguito da imbarazzate mezze smentite. Peter Schedl, allora direttore generale della Sparkassse, e il presidente attuale Gerhard Brandstätter (avvocato altoatesino e socio di studio di Aiello) hanno seguito il trasferimento dei fondi da Unicredit alla banca dell’Alto Adige. Aiello parla con Schedl il 14 gennaio 2013.

Aiello (A): l’operazione è quella di cui le ha accennato Gerhard

Schedl (S): Sì sì me l’ha accennata

A: Sto portando l’onorevole Stefani (tesoriere della Lega, ndr) in filiale a Milano ad aprire il conto (…) Brandstätter mi parlava di una cifra notevole. Quasi venti milioni e mi ha chiesto un’indicazione per il tasso

A: Il meglio che può fare, semplice. Andiamo via in una situazione che è il 3 e mezzo. Lui indicava il 4, c’ero io quando ha chiamato…

S: Il 4 non è possibile (…) facciamo così partiamo dal 3 e mezzo e poi da lì vediamo strada facendo.

Poi Aiello (A) chiama Brandstätter (B), allora presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Bolzano.

A: Siamo andati ad aprire il conto

B: Sì mi ha chiamato adesso per dirmelo

A: Ah okay domani gli arrivano sei milioni di euro.

A gennaio 2013 la disponibilità sul conto IT13Z06….6 sulla filiale di Milano di Sparkasse arriva a 19 milioni 817 mila e 469 euro. Nel 2014 i soldi saranno spostati, dopo l’arrivo alla segreteria di Matteo Salvini, in un conto di Banca Intesa. La ragione è in una mail del 21 febbraio 2013 del dirigente Sparkasse Paola Brunelli ad Aiello: “Il tasso attualmente applicato si intendeva legato a una determinata operatività… si era prospettata la possibilità di investire in fondi, azioni, Crbz, obbligazioni societarie ecc… successivamente siamo venuti a conoscenza del fatto che la legge 966-7-2012 art. 89 vieta ai partiti politici di investire la propria liquidità in strumenti finanziari diversi dai titoli emessi da Stati membri della Ue…”. Brunelli chiama il 12 marzo 2013 Aiello: “Che pasticcio! Questa cosa spicca agli occhi di qualcuno che venisse a fare dei controlli nel senso che mi dicono: ‘perché tutti gli altri clienti con patrimoni grossi hanno l’1,5 e questo ha il 3,5?!’”.

LA QUESTIONE BRIGANDì. All’origine del trasferimento del conto e dell’idea del trust c’è la questione Brigandì. L’ex parlamentare per anni legale di Bossi, in quel periodo fa valere i suoi vecchi incarichi. La Lega viene condannata a pagare milioni di parcelle e Maroni chiede contromisure ad Aiello. L’ipotesi nasce in vista delle elezioni 2013 ma rivive in estate dopo la vittoria in Lombardia. Aiello, intercettato senza essere indagato dal pm Giuseppe Lombardo di Reggio Calabria, riceve una telefonata di Maroni il 22 luglio 2013 alle 23. L’allora segretario gli dice di aver parlato con Calderoli per costituire, imitando Alleanza Nazionale, una fondazione dove trasferire tutto il patrimonio della Lega, mobiliare e immobiliare. La ragione? Maroni spiega: “In buona fede, non pensavo che si sarebbe arrivato a tanto, ma, se Bossi inizia a fare questo gioco, si impone una reazione, per evitare di rimanere in mezzo”. La questione della Fondazione, spiega Maroni, deve rimanere tra lui, Aiello, Calderoli e Carmine Pallino, un commercialista; “Non deve essere portata a conoscenza di altri”. Maroni sottolinea che bisogna trovare, rapidamente, il modo di separare il patrimonio dalla gestione del partito: “Bisogna fare la ‘bad company’ dove rimane dentro un cazzo”. Aiello replica che il notaio Busani l’aveva già studiata. Lui rispolvererà il progetto.

LEGA IN FUGA DAI PIGNORAMENTI. Effettivamente è antico. Già il 20 dicembre 2012 Aiello chiamava il suo collega Massimo Centonze e gli diceva che Maroni lo aveva autorizzato a creare un fondo separato “come fosse un trust” entro il 12 gennaio 2013 perché quel fondo dovrà essere il portafoglio della campagna elettorale. Aiello prosegue: il partito deve avere un patrimonio separato rappresentato da un conto corrente da aprire alla Sparkasse perché “se i nove milioni che sono stati pignorati li avesse avuti su questo fondo non potevano essere oggetto di sequestro”. Aiello dice che bisogna far presto “entro il 10 gennaio perché il 15 gennaio si presentano le liste e il timore di Maroni è che poi venga un ‘pazzo’ come il procuratore di Forlì Sergio Sottani che dice: ‘l’impegno di ogni singolo candidato per me costituisce una compravendita di candidatura’. Invece così il singolo candidato si impegna a versare direttamente sul patrimonio destinato”.

Aiello a gennaio 2013 confida anche al commercialista Massimo De Dominicis: “Noi dobbiamo segregare un patrimonio esistente di 20 milioni e uno nascente”. Entro il 10 gennaio. Anche perché “loro prendono una vagonata di soldi a dicembre e una vagonata a luglio e adesso è arrivata una vagonata di soldi”. De Domenicis: “Il veicolo migliore è il trust”, istituto giuridico di origine anglosassone usato in Italia per ragioni ereditarie o fiscali nel quale un soggetto (qui la Lega) trasferisce i beni al cosiddetto trustee. Poi Aiello il 9 gennaio 2013 chiama il notaio Busani per avere chiarimenti.

Busani (B): Quanti soldi parliamo di segregare?

Aiello (A): Almeno 10 milioni.

B: Hai paura di azioni esecutive?

A: Una l’abbiamo appena subita di 3 milioni, prestazioni professionali erano. Tra l’altro un dirigente della Lega Nord (Brigandì, ndr). Però prima vorrei capire la bontà della struttura che mettiamo in piedi…

B: Domenico, la bontà è che i soldi non sono più sul conto della Lega e vaffambagno. Se fanno l’esecuzione non li trovano!

Il 10 gennaio 2013 Aiello chiama Maroni preoccupato proprio per eventuali nuove azioni di Brigandì che “forse ha portato via altre carte che erano sue”. Poi suggerisce all’allora segretario: “In ragione di questo valuta ancora quello spostamento almeno di una parte del residuo, almeno il 50 per cento di quei fondi lì’ perché se questo qui già conosce quel conto corrente …”. Maroni rinvia all’indomani. Il trasferimento dei 20 milioni poi ci sarà. Il trust e la fondazione? “Io non ne ho più saputo nulla”, chiosa il notaio Angelo Busani.

Sorpresa: il giornalismo non urlato funziona anche sul web

giornalismo_rev

Buone notizie per l’ecologia del web. Ne scrive Dario Mazzocchi per Gli Stati Generali:

Al numero 22 di Old Queen Street, a Londra, possono permettersi di stilare la lista dei famosi buoni propositi per il nuovo anno: a quell’indirizzo ha sede la redazione dello Spectator, settimanale politico e culturale conservatore che viene stampato dal 1828 e che pare goda di ottima forma ancora adesso, nell’epoca del giornalismo multimediale e legato al pianeta dei social network.

Il 2015 per lo Spectator ha infatti confermato una tendenza positiva, come ha raccontato il direttore Fraser Nelson: quasi 61.000.000 di pagine visualizzate e 20.000.000 di utenti per il sito, segnando una crescita costante dal 2012, quando i numeri erano in flessione in seguito all’introduzione di un paywall completo. Poi il compito di gestire il settore web è stato affidato a Sebastian Payne, il metodo di pagamento è stato modificato, subentrando solo dopo un certo numero di articoli consultati, e i numeri sono tornati a crescere.

Il risultato deve aver colpito anche quelli del Financial Times, che hanno assunto Payne affidandogli il ruolo di digital comment editor, con l’intenzione di inserire video e audio per quel settore on line del giornale della City. La stessa cosa, d’altronde, è andata in scena proprio allo Spectator, con l’introduzione del blog Coffee House e di contenuti podcast con la rubrica The View from 22.

Dal web alla carta: nella prima metà del 2015 la circolazione dello Spectator ha continuato ad allargarsi, per un totale di 62.718 lettori paganti (55.165 per l’edizione stampata, 7.753 per quella digitale), lasciando intendere alla direzione del settimanale che è possibile tornare a raggiungere il picco registrato nel 2008 di 76.952 copie: da allora la diffusione era calata (54.000 nel 2013), per ripigliarsi in seguito, come accaduto al sito.

Cifre di nicchia, se paragonate a quelle dei colossi News Corp., Condé Nast & Co., ma dopo tutto anche gli obiettivi sono diversi: lo Spectator è un magazine agile, snello, con poca pubblicità e senza fronzoli, le pagine sono interamente occupate da articoli, le foto restano concentrate nella sezione culturale per accompagnare le recensioni di libri, spettacoli e rappresentazioni teatrali.

Il resto è qui.

Tutti uguali proprio per niente. Oppure tutti.

uguali

Non esistono i profughi, non esistono i siriani, non esistono i rifugiati e non esistono i medici o gli avvocati o i musicisti o gli scrittori così come non esistono gli italiani. Meglio: esiste una formula matematica che disegna un italiano medio per reddito, preferenze, consumi, abitudini ma davvero, in carne e ossa, quell’italiano lì, perfettamente medio non esiste perché se esistesse sarebbe l’uomo più ricercato per la politica, le analisi di vendita, i sondaggi di ogni tipo. L’italiano veramente medio sarebbe l’oro, l’incenso e la mirra intorno al quale si muoverebbero milioni di voti e decine di milioni di euro. E quindi non sarebbe più medio e smetterebbe di esistere.

Dire “gli italiani”, “i cittadini” e quindi anche “gli immigrati” o “i comunisti” e allo stesso modo “i leghisti” comporta una responsabilità lessicale e politica enorme, forse anche inimmaginabile per la superficialità del dibattito di questo tempo.

Oppure, forse, esistono tutti. Nel senso che le differenze sono o enormemente minime oppure quasi nulle. Siamo uomini che si perdono subito nei mille rivoli della miriade di declinazioni. Siamo infinitamente uguali, insomma.

Il Bicicletterario

LOGO BICICLETTERARIO intestazione blog

Per chi ama la parola e la bicicletta c’è un premio nazionale di poesia e narrativa che prova a tenerle insieme. C’è tempo fino a fine febbraio e trovate tutte le informazioni qui.

Io, da ciclista e parolafilo, la trovo un’idea bellissima.