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Politica

I temi e le news della politica in Lombardia e in Italia. L’attività politica di Giulio Cavalli in consiglio regionale della Lombardia.

Non sanno nemmeno raccogliere le firme

Ma questo referendum costituzionale esattamente cosa sta diventando? È la pallina anti stress di un’opposizione che blandamente si oppone? È l’esercizio retorico di noi che lavoriamo con le parole e partecipiamo al Circo Barnum girando per il Paese provando a iniettare un po’ di serotonina politica? È la scenetta di chi vorrebbe governare e poi non sa compilare i moduli? Andiamo con ordine.

I primi dati dicono che per il referendum sulla riforma Boschi di ottobre (o novembre, o dicembre o quando a Renzi parrà maturo) il Comitato del Sì (il Pd, per intendersi) ha raggiunto le 500.000 firme necessarie mentre il Comitato del No (il resto del mondo, per intendersi) si è fermato a 300.000 e consegnerà gli scatoloni, dicono, come “gesto simbolico”. Simbolico di cosa poi, se non di inettitudine, è tutto da capire.

In modi spicci si può dire che Renzi e il suo tribolatissimo partito sono riusciti a fare ciò che l’appuntitissimo Movimento 5 Stelle, la roboante Lega salviniana, l’archeologica sinistra italiana e destrorsi vari non riescono a raggiungere nemmeno sommandosi. 300.000 firme, per intendersi, sono meno di quanto Civati e Possibile (praticamente in solitaria) l’anno scorso sono riusciti a raccogliere sui quesiti referendari per Jobs Act, Italicum e Buona Scuola. Per dire.

(il mio buongiorno per Left continua qui)

Sinistra Italiana ha fallito, dice Zedda

“Di fronte al disastro di Sinistra Italiana nelle ultime elezioni amministrative non si può far finta di nulla, è necessario che ci sia una chiara assunzione di responsabilità di un gruppo dirigente che ha forzato un percorso rivelatosi disastroso negli esiti. Serve un deciso passo indietro: l’archiviazione definitiva della riduttiva idea di sinistra rappresentata dal processo costitutivo di Sinistra Italiana e Sel deve rinascere con una nuova guida”.

Massimo Zedda non ci va leggero come l’appello (qui) lanciato insieme al senatore Uras e circa trecento attivisti sardi. Io mi ero permesso di scriverne già qualche tempo fa ma piuttosto che un dibattito ne venne fuori un gran caos. Vediamo ora che succede.

(Ah, Zedda ovviamente “vede” la sinistra con il PD. Qui potete farvi un’idea)

L’ultima oscenità sull’Ilva

Mi scrive Andrea Maestri, amico e deputato di Possibile:

«L’ultima oscenità politica, giuridica e culturale del PD in materia di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori è andata in scena esattamente in queste ore. Stiamo discutendo l’ennesimo decreto ILVA per il completamento della procedura di cessione dei complessi aziendali del gruppo, e in questo caso il PD introduce, per la prima volta nella storia giuridica del nostro paese, un’area di totale esenzione penale per i soggetti (aggiudicatario, affittuario o acquirente dello stabilimento ILVA e loro delegati) che commettono reati nella fase di esecuzione del Piano ambientale.

Un emendamento, ragionevole e doveroso, sostenuto da tutta l’opposizione, chiedeva di mantenere ferma la responsabilità penale in materia di sicurezza e salute dei lavoratori. Bocciato, coi voti anche della cosiddetta minoranza “laburista” del PD.

Una pagina parlamentare da dimenticare. Anzi no, da incorniciare: per inchiodare questo PD alle sue responsabilità e per ricordare al popolo democratico (e non solo) che questo PD è disposto a sacrificare i principi e i valori più sacri e fondamentali come la responsabilità penale personale, l’obbligo dell’azione penale, la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.»

Qui anche i binari sono diseguali

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La rete ferroviaria di un Paese è il certificato di famiglia del suo sviluppo. Un monumento si può velocemente sbianchettare, un lungo mare è possibile pulirlo e riacciotolarlo, ad una strada si può aggiungere una sbavata di asfalto, un porto si cantierizza in qualche mese con un bando europeo, un parco si ripulisce con un occhio ben allenato alle erbacce e alle sporcizie, un aeroporto cresce con un nuovo cubo prefabbricato. La ferrovia invece è ferro, legno, bulloni e passaggi infilati in gola: ci vuole fatica vera a spostare una ferrovia, lavoro pesante e sguardo lungo, lunghissimo poiché serve un occhio almeno qualche chilometro più lungo del capolinea.

Per questo la rete ferroviaria è la sindone a traversine di uno Stato: non si bluffa con qualche gingillo ma ha bisogno di un progetto che tenga conto di tutti gli anni prima.Per questo quella foto dall’alto dei due treni accartocciati in uno scontro frontale è un’immagine che non lascia scampo: dicono che si viaggiasse in deroghe alle norme di sicurezza, lì, dove l’errore umano sembra dovuto ad un fonogramma inascoltato. Un fonogramma: qui i treni partono come sessant’anni fa.

(il mio buongiorno per Left continua qui)

L’Europa (e l’europeo) in quell’abbraccio


C’è un video che circola in queste ore un po’ dappertutto: un bambino, evidentemente tifoso del Portogallo di cui indossa la maglietta, consola un tifoso francese adulto dopo il triplice fischio della finale dell’Europeo. L’adulto all’inizio sembra quasi sorpreso da quel piccolo consolatore che ha l’ardire di interrompere la delusione. Già, sono soprattutto i bambini ad avere il coraggio di ribadire che la tristezza sarebbe un momento da non consumare mai da soli.

Lo spilungone francese accenna un ringraziamento. Il piccolo tifoso osa ancora: non è convinto di avere fatto abbastanza, il francese ciondola come se quella consolazione sia solo una cortesia da buona educazione, in punta di piedi lo insegue per qualche metro e gli dice qualcosa. A quel punto, qualsiasi sia stata la frase ascoltata il tifoso francese si scioglie in un abbraccio. Il piccolo portoghese risponde stringendo. Un adulto e un bambino con quella forma tutta sbilenca di due altezze così diverse che vogliono rimanere attaccate.

(il mio buongiorno per Left continua qui)

Se questo è un commissario antimafia: Franco Mirabelli

Ne scrive Vincenzo Iurillo per Il Fatto Quotidiano:

C’è nel Pd di Caserta un commissario che non sa o non si informa. E’ sceso da Milano, ha tra le mani la patata bollente dei dem in terra di camorra, il suo ruolo gli imporrebbe di raccogliere carte, informazioni e in base a quelle orientare, trattare, decidere, per non scivolare nel rischio di collusioni e infiltrazioni. E’ la politica fatta con consapevolezza. E invece no. Franco Mirabelli (nella fotocon Matteo Orfini), commissario dei dem casertani, senatore lombardo e capogruppo Pd in commissione parlamentare antimafia, a “Il Velino” dichiara: “Non mi risulta che Marcello De Rosa e Filippo Fecondo siano indagati”. Liquidando così, nel nulla, le reazioni alla notizia della partecipazione del sindaco di Casapesenna e dell’ex sindaco di Marcianise all’iniziativa referendaria di Maria Elena Boschi, evidenziata da “Il Fatto Quotidiano”.

I due sono indagati di concorso esterno in associazione camorristica. Lo sanno i diretti interessati, lo sanno Il Fatto Quotidiano e le altre testate che hanno pubblicato queste notizie, lo sanno gli iscritti delle sezioni locali, lo sanno tutti su quel territorio. Non lo sa, o dice di non saperlo, Mirabelli. Con una doppia responsabilità. Non solo perché non legge le cronache locali – l’iscrizione di De Rosa sul registro degli indagati fu uno scoop de ‘Il Mattino’, il cui caporedattore centrale è Antonello Velardi, il sindaco Pd di Marcianise – ma perché da componente dell’Antimafia ha poteri e prerogative sconosciute ai giornalisti e ai cittadini comuni: può, ad esempio, sollecitare la presidente Rosy Bindi a scrivere alle Procure per acquisire documenti ostensibili, informative delle forze di polizia giudiziaria, atti di indagine. Tutto ciò che non è coperto da segreto investigativo è acquisibile dalla commissione Antimafia in pochissimi giorni.

Mirabelli potrebbe così ottenere copia il decreto di due pagine del pm Landolfi esibito agli uffici elettorali di Marcianise: ci sono scritti i nomi dei tre pentiti che accusano Fecondo, e da lì magari acquisire altri atti su questi tre collaboratori di giustizia, per valutarne l’attendibilità in altri processi. Oppure potrebbe acquisire copia delle trascrizioni delle intercettazioni tra l’ex sindaco di Casapesenna Fortunato Zagaria (Forza Italia), anche lui indagato per concorso esterno in associazione camorristica, e l’attuale sindaco De Rosa, dalle quali emergeva il sostegno elettorale del primo al secondo. Sono depositate in un processo, e magari qualche domanda politica sul perché un berlusconiano appoggiasse l’uomo del Pd andrebbe anche fatta, no? Un commissario provinciale del Pd dovrebbe porsi il quesito. Può anche non riconoscere le persone che partecipano alle iniziative politiche in cui è presente, ma non gli può “non risultare” quello che, in fatto di indagini per camorra, è di dominio pubblico.

Il senatore “dovrebbe conoscere sia le questioni di antimafia e soprattutto i sindaci Pd sotto indagine per concorso esterno in associazione camorristica”, affermano i parlamentari M5s della Commissione Antimafia. “Non possiamo che constatare – continuano – l’inadeguatezza di Mirabelli, uomo dell’antimafia di agenzie, bravo a blaterare di Movimento Cinque Stelle, mentre i suoi sindaci sono indagati e neanche si accorge della loro inopportuna presenza”.

Il bluff di Giachetti: rifiuta soldi che non gli sono dovuti

La domanda la pone Emiliano Poli, a lungo dirigente del PD e persona seria e preparata:

«Giachetti rinuncia agli emolumenti di consigliere. L’art. 83 T.U.E.L. prevede che “I parlamentari nazionali non possono percepire i gettoni di presenza o altro emolumento derivante da incarico pubblico. Le indennità di funzione non sono cumulabili”. Chiedo a  Roberto Giachetti se ho interpretato correttamente la legge. Se così fosse, la sua lettera è solo propaganda, esattamente come quella di cui accusiamo (giustamente) il M5S. Chiedo anche se ha ottenuto dalla Direzione Nazionale la deroga perché lo Statuto del PD non prevede una doppia carica elettiva. Non è un’accusa ma una richiesta di spiegazioni.»

Ovviamente non gli ha risposto nessuno, finora.

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La ‘ndrangheta e quello strano suicidio del capo ultrà

Ne scrivono Giustetti e Ricca per Repubblica:

Un’inchiesta che intreccia tifo e malavita organizzata, a Torino, rischia di avere una clamorosa evoluzione dopo che uno dei leader degli ultrà bianconeri si è suicidato, buttandosi da un viadotto dell’autostrada all’indomani del suo interrogatorio come testimone davanti ai pm. La squadra mobile che conduce le indagini non ha dubbi sulla dinamica: Raffaello Bucci, detto Ciccio, quarantenne di San Severo, che da un anno era diventato consulente per la sicurezza della biglietteria Juve, giovedì pomeriggio ha accostato con la sua auto lungo il viadotto dell’autostrada Torino-Savona, e si è buttato. Il giorno prima era stato sentito dal magistrato di Torino Monica Abbatecola come testimone nelle indagini che hanno portato, lunedì scorso, all’arresto di 18 persone accusate di associazione mafiosa. Tra quelli dei presunti boss e malavitosi spicca il nome di Fabio Germani, storico capo ultrà bianconero. E nelle carte dell’indagine compare anche il direttore generale della Juventus, Beppe Marotta, che non è indagato.

La polizia sta cercando di ricostruire tutti i movimenti e i contatti di Raffaello Bucci nelle ultime ore, prima del suicidio. Non è stato trovato né un biglietto né un messaggio e nessuno sa dare una spiegazione al suo gesto. Al contrario, quelli dell’entourage Juve, che lo conoscono, raccontano che era molto gratificato per il nuovo incarico fiduciario che gli era stato dato dai dirigenti della squadra. La sola ombra che segna la sua vita negli ultimi tempi è la scomparsa della madre. Ma gli investigatori sospettano che possa esserci un legame tra la sua morte e la vicenda per la quale è stato convocato in procura. Dal verbale della sua deposizione risultano incertezze e contraddizioni. E non si esclude che qualcuno lo abbia avvicinato per conoscere il contenuto dell’interrogatorio. Forse un incontro così sconvolgente da spingerlo a farla finita.

Il tentativo di infiltrazioni della ‘ndrangheta nelle tifoserie organizzate era già stato raccontato nell’inchiesta San Michele. E ripreso pochi giorni fa da Roberto Saviano sul suo blog: “Alcuni boss sarebbero partiti in aereo dalla Calabria alla volta di Torino per assistere gratis, allo stadio, il 5 aprile 2006, a Juventus-Arsenal”. “Fummo accolti da un ragazzo che ci consegnò i biglietti in una busta – è scritto nelle carte – non pagammo”. Sette anni dopo, la scena si ripete. Questa volta è il capo ultrà Fabio Germani che ritira il pacco di biglietti alla reception dell’hotel dove la squadra si ritira prima delle partite. Sono per il boss Rocco Dominello, che cerca ticket da rivendere per l’incontro Real Madrid-Juve del 23 ottobre 2013. A farglieli recapitare al Principi di Piemonte è Giuseppe Marotta in persona. Raccomandata la “massima riservatezza”. Qualche tempo dopo, i tre si incontrano in un bar della città. Questa volta Rocco Dominello chiede a Marotta di organizzare un provino per un giovane calciatore figlio dell’amico Umberto Bellocco, del clan di Rosarno. “L’incontro avviene il 15 febbraio 2014 – scrive il gip Stefano Vitelli nell’ordinanza – presso il bar Dezzutto (un tradizionale punto di ritrovo dei dirigenti della squadra, ndr) tra Rocco Dominello, Fabio Germani e Giuseppe Marotta”. E l’appuntamento viene seguito dai poliziotti, che intercettano un giro di email per organizzare il provino. Ma il giovane Bellocco non sarà mai ingaggiato.

È colpa nostra.

Il dibattito sulle infiltrazioni mafiose in Expo sta raggiungendo vette formigoniane. Come ai tempi del Celeste piovono una serie di arzigogolate invenzioni per distrarre le responsabilità su un tema (quello di un “Expo mafia free”, come lo chiamavano loro) che piuttosto che ricercare francamente le responsabilità politiche si inchioda sul benaltrismo.

Alla fine, vedrete, come ai tempi della Moratti, sarà colpa nostra che ne avevamo malauguratamente parlato. La rivoluzione arancione, da queste parti, s’è fatta macchia.

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Bianchi contro neri

In Italia un bianco uccide un nero dopo avere chiamato sua moglie scimmia negra. Negli Stati Uniti negli ultimi giorni continua questa simpatica abitudine dei poliziotti (bianchi) di uccidere con una certa facilità i neri. E intanto un nero decide di vendicarsi sparando ai poliziotti bianchi.

Certo di mezzo c’è il fascismo, lo squilibrio mentale, le eccezioni che non fanno una regola ma a viverli, questi giorni, sembra che sia un periodo cupo, così cupo.