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Politica

I temi e le news della politica in Lombardia e in Italia. L’attività politica di Giulio Cavalli in consiglio regionale della Lombardia.

Schifano i voti e poi li pretendono

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Ne scrive Pippo sul suo blog. E condivido.

«Abbiamo anche specificato che i nostri elettori – in particolare a Bologna e Milano – non voteranno i candidati di destra o sostenuti dalla destra. E che quindi sceglieranno tra due opzioni: votare per il centrosinistra o astenersi.

Tutto questo ai renziani da social non basta: dopo avere attaccato per anni la sinistra in tutte le sue forme, ora che hanno bisogno dei voti per superare i ballottaggi, non li chiedono, li pretendono. Come se fossero ovvi. Come se gli elettori dovessero

 

Il reato di fragilità

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Udine tre persone risultano indagate per avere aiutato alcuni profughi della rotta balcanica disorientati in città. Un aiuto breve: i tre si sono permessi (pensa te) di lasciare il proprio numero di telefono mettendosi a disposizione per qualsiasi evenienza. E (criminali!) si sono addirittura avventurati nel lasciare le indicazioni per raggiungere la Caritas locale. Che schifo. Che vergogna. Già.

Favoreggiamento di immigrazione clandestina: questa è la dicitura del reato dell’Italia che si lamenta dei fili spinati degli altri e poi ogni giorno subisce la bava di una durezza del cuore che esonda nell’abbandono per decreto. Quindi da domani sarà favoreggiamento di minore sfamare una ragazzina (ma scoparsela è tollerato), sarà associazione a delinquere Emergency e Amnesty e incarceremo per peculato ogni medico che cura senza chiedere i documenti.

(il mio buongiorno per Left continua qui)

Il reato di umanità

Profughi

Una petizione interessante:

Siamo singoli cittadini, attivisti, associazioni e realtà che sostengono la lotta per l’ accoglienza dignitosa dei richiedenti asilo a Udine, in Friuli Venezia Giulia, a Ventimiglia, a Roma e in tutta Italia.

Nelle nostre città vediamo decine di persone, e tra loro molti minori, vivere per mesi accampate nei parchi, in edifici abbandonati e fatiscenti, nelle stazioni, sulle pericolose rive dei fiumi, in attesa di poter accedere all’accoglienza cui hanno diritto.
A Udine, il nutrito gruppo di volontari che ogni sera assiste gratuitamente i richiedenti asilo fuori accoglienza, rende la città un luogo più umano da quasi due anni. Laddove le istituzioni -seppure sollecitate a più riprese – latitano, tentennano o fingono di non vedere, Ospiti in Arrivo è presente, tamponando la cronica inefficienza di un sistema che pare incapace di pianificare a lungo termine.
Leggiamo con sgomento e preoccupazione la notizia della chiusura delle indagini nei confronti di alcuni volontari dell’associazione, con accuse molto gravi che sembrano mirare a stravolgere il senso ultimo dell’attività dell’associazione: provvedere ad aiutare gratuitamente coloro che le istituzioni hanno lasciato soli.
Riteniamo che in questa operazione di criminalizzazione del volontariato e della società civile vi sia un chiaro disegno politico che a Udine – come in molte altre parti d’Italia – mira ad attaccare le attività di coloro che, con la propria quotidiana, volontaria e gratuita attività, mettono in risalto le inefficienze delle istituzioni.
Le pesantissime accuse nei confronti dei volontari udinesi, cosi come i fogli di via agli attivisti di Ventimiglia, i continui sgomberi ai danni dei migranti fuori accoglienza in tutto il Paese e la militarizzazione dei luoghi di transito, sono il sintomo di una gestione perennemente emergenziale e apertamente ostile da parte delle istituzioni, che riduce il fenomeno migratorio ad una mera questione di ordine pubblico.
L’atteggiamento persecutorio nei confronti di chi, gratuitamente, sopperisce quotidianamente alle mancanze delle istituzioni, è un attacco diretto al cuore pulsante della società civile.

Esprimiamo massima solidarietà e sostegno a tutta l’associazione e ai suoi soci: come persone e organizzazioni coinvolte nell’accoglienza e nella tutela dei diritti fondamentali di quanti approdano nel nostro Paese ci sentiamo colpiti e coinvolti direttamente da questa indagine.

Se donare soccorso, vestiti, scarpe, coperte e cibo a persone abbandonate per strada dalle istituzioni -che sembrano ricordarsi di loro solo quando viene il momento di sgomberarle dai luoghi in cui hanno trovato rifugio- è un reato, allora noi tutti ci dichiariamo pubblicamente colpevoli . Arrestateci tutti!

Se accogliere e accompagnare alla Caritas i richiedenti asilo è un reato, allora siamo tutti complici. Arrestateci tutti!

Se fornire “precise indicazioni sulla procedura di riconoscimento dello status di rifugiato” è favoreggiamento dell’immigrazione clandestina allora tutti noi avvocati, mediatori, giuristi, attivisti, giornalisti, operatori delle varie organizzazioni e associazioni di volontariato siamo colpevoli. Arrestateci tutti!

Se la solidarietà, dovere inderogabile imposto dall’art. 2 della nostra Costituzione, è da considerarsi un crimine, allora arrestateci tutti, noi che a quel precetto costituzionale abbiamo obbedito consapevoli che “la Costituzione dovrà essere fedelmente osservata come legge fondamentale della Repubblica da tutti i cittadini e dagli organi dello Stato”.

Arrestateci, arrestateci tutti!

(la potete firmare qui)

I sinistri dolori della sinistra (e Arturo Scotto)

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Mi segnalano un pezzo di Arturo Scotto (qui) in cui il capogruppo alla Camera di Sinistra Italiana scrive un tripudio di niente che si conclude così:

«Chi ci critica da sinistra ci considera un partito ai piedi del grande partito al potere, il Pd. Una sciocchezza di cui la storiografia di sinistra è piena. Come pure la storiografia della sinistra è piena di costole, in questo caso l’altro grande blocco, il M5s. Non c’è dubbio che lì dentro c’è un grande deposito di cambiamento, ma facciamo attenzione: l’Italia e l’Europa sono oggi attraversati, e lo saranno per lungo tempo, da una epocale questione che si chiama governo degli enormi flussi di persone che scappano dalle guerre, dalla fame, dal sottosviluppo. I cinque stelle dove si collocano? Quale Europa immaginano? Quale mediterraneo hanno in mente? Sono domande non solo legittime, ma cruciali, per una forza che aspira a governare il paese forse più esposto di Europa sul tema.

Il nostro profilo autonomo deve ripartire da queste questioni, non dalle vuote formule politiciste sulle alleanze. Appariamo ancora spiantati, distanti dall’elettorato, votati più al commento di quello che fanno gli altri che alle nostre proposte. Abbiamo bisogno di un nuovo inizio, altro che vuote formule appese come caciocavallo.»

Ora a parte i cacioCavalli mi verrebbe da chiedergli a Scotto (che è quello che si stanno chiedendo un po’ tutti) se per caso gli è sfuggito di vedere il risultato del suo partito a Milano.

Perché tra i cacioCavalli in cantina e i ciellini in Sala non vedo davvero politicismi o progetti di autonomia. E perché a sinistra abbiamo dirigenti (sic) che sanno tutto, prevedono tutto, pontificano tutti e poi perdono. E non è mai colpa loro. E vogliono ricominciare ogni volta. Da loro. Buona giornata.

Le parole poi diventano pistole

Le donne? “Maiali grassi” (fat pigs), “cani” (dogs), “sciattone” (slobs) e “disgustosi animali” (disgusting animals). Le violenze sessuali? «sono la logica conseguenza della vicinanza di uomini e donne». «Se diventerò Presidente impedirò ai musulmani di entrare negli USA». «La Clinton? Non è riuscita a soddisfare come potete pensare che possa soddisfare l’America?». «Sono contro i matrimoni gay. Non solo no al matrimonio fra persone dello stesso sesso ma no anche a garantire ai gay gli stessi diritti civili degli etero». «Ognuno dovrebbe avere una pistola, se sparassi a qualcuno in mezzo alla strada non perderei nemmeno un voto».

Sono solo alcune delle frasi sessiste, omofobi e razziste pronunciate da Donald Trump, il prossimo candidato per i repubblicani alla presidenza degli Stati Uniti. Mica un Giovanardi qualunque, per dire. “Le parole sono importanti” diceva Nanni Moretti nella celebre scena di un suo film e le parole di un personaggio pubblico come un futuribile presidente sono cariche di responsabilità culturale, oltre che politica e se è vero che non possono certo essere l’unica causa di tragici eventi come la carneficina di ieri a Orlando certo contribuiscono a creare un clima. E il clima in USA (ma anche qui da noi) sulla questione dei diritti omosessuali è marcio. Fino al midollo.

(continua qui)

La mancetta elettorale

Questo fotomontaggio l'ha pubblicato Giachetti nel suo profilo fb. Lui, eh.
Questo fotomontaggio l’ha pubblicato Giachetti sul suo profilo fb. Lui, eh.

Non bastavano gli 80 euro. Evidentemente a qualcuno non è ancora chiaro che un lascito o una promessa del governo nazionale a ridosso delle elezioni è sempre di cattivo gusto specialmente se arriva da Presidente del Consiglio autoproclamatosi statista e invece sempre più concentrato sul prossimo quarto d’ora. C’è un’inopportunità che rasenta il voto di scambio ogni volta che un politico quantifica con sospetta precisione il beneficio in grado di elargire in tempi strettissimi. Non è un reato, certo ma è una cosa schifosa. Schifosa sì.

A Roma Giachetti s’è sparato la campagna elettorale tirando fuori ciclicamente la propria vicinanza a Renzi e al governo: i suoi “chiederò a Renzi” pronunciati con la faccetta di quello che gigioneggia sulle sue amicizie che contano hanno trasformato la campagna elettorale in un bisticcio sul “mio padre è più bravo del tuo”, quelli da asilo, quei duelli che solitamente si conclude con qualcuno che sibila “io sempre uno più di te” e niente. Vince lui. Dibattiti profondi, insomma.

(il mio buongiorno per Left continua qui)

Montanari scrive a Franceschini: «Rischia di essere il peggior ministro della storia»

“Signor Ministro, non è senza sgomento che mi trovo a a scriverLe che Lei sta raggiungendo un obiettivo che si sarebbe detto impossibile: sostituire Sandro Bondi al vertice della classifica dei più nefasti ministri per i Beni culturali della storia repubblicana”.

Così inizia l’amara lettera aperta che lo storico dell’arte Tomaso Montanari ha indirizzato al ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, pubblicata su MicroMega 4/2016, in edicola in questi giorni.

Innanzitutto il ministro Franceschini è accusato di aver passivamente accettato tre provvedimenti del governo Renzi che mettono in serio pericolo la tutela del patrimonio artistico e del paesaggio:

“Primo: Lei ha subìto senza battere ciglio lo Sblocca Italia, che ha creato un’autostrada normativa emergenzialistica per aggirare le regole vigenti, e semplificare la cementificazione del paese (…). Secondo: La legge Madia, che ha previsto la trasformazione delle prefetture in ‘uffici territoriali dello Stato’. (…). Tradotto in pratica, vuol dire che anche le soprintendenze confluiranno nelle prefetture, e che i soprintendenti saranno sottoposti ai prefetti, gerarchicamente superiori.(…) quel che c’è in gioco non è (solo) l’estetica delle città, delle coste o delle colline italiane: ma la tutela della stessa salute umana, così strettamente connessa alla salvaguardia del territorio. (…) Terzo. La legge sulle esportazioni delle opere d’arte presentata dal Suo partito nella primavera 2016: un clamoroso passo indietro, che ci fa rinunciare all’eccezione culturale al Trattato di Maastricht (1992) grazie alla quale non siamo stati finora obbligati a trattare le opere d’arte del passato come merci qualsiasi.(…) Se Berlusconi e Bondi avessero proposto anche uno solo di questi tre provvedimenti, saremmo tutti andati in piazza con i forconi: probabilmente anche Lei, che allora rivestiva la carica di vicedisastro (copyright di Matteo Renzi) del Partito democratico”.

Poi ci sono le responsabilità dirette e personali di Franceschini:

“La prima è la fatale contrazione delle soprintendenze. Prima che il Suo governo si insediasse ne avevamo tre: quella che si occupava del paesaggio e dei monumenti, quella che si occupava dei musei e delle opere d’arte, quella che si occupava dell’archeologia. Con due mosse successive e non coordinate tra loro, provocando un caos indescrivibile e senza investire un euro nell’operazione, Lei le accorpate tutte: ottenendo una «tutela» tuttologica (alcuni astrologi di corte accampati nei corridoi del Collegio Romano preferiscono chiamarla «olistica») che abdica radicalmente al principio fondamentale della competenza tecnico-scientifica. (…) La seconda mossa distruttiva è stata la creazione di trenta supermusei autonomi del tutto sradicati dal territorio, e misurati solo con il volume dei biglietti (e non sulla capacità di produrre e redistribuire a tutti conoscenza). (…) per concentrare risorse sui musei, si è del tutto sguarnito il territorio: cui non toccheranno più dirigenti di prima fascia (il che equivale a una condanna a una perpetua minorità) e su cui rimangono poli museali slabbrati e disorganizzati (perché costruiti secondo l’unico criterio di farci confluire tutto ciò che non sembra eccellente: cioè redditizio), soprintendenze allo stremo, archivi e biblioteche che vanno avanti solo grazie all’elemosina del volontariato. (…) Tutto questo, mentre il finanziamento ordinario della macchina del ministero non è aumentato di un euro”.

“In questo quadro”, conclude lo storico dell’arte, “si comprende quale sia il motore ideologico del complesso di leggi e «riforme» che, di fatto, sta rimuovendo l’articolo 9 dalla Costituzione: se la Costituzione pone alla Repubblica un traguardo altissimo (il pieno sviluppo della persona umana: art. 3), ora, invece, per chi guida la Repubblica le persone e la loro formazione sono funzionali al mercato, signore unico delle nostre vite”

(*) Si tratta di alcuni stralci della lettera pubblicata, integralmente, su MicroMega 4/2016.

E intanto Sinistra Italiana si aggroviglia ancora sul PD

Bastava raccogliere i segnali giunti d Roma in occasione dell’allarme (poi rientrato) per l’esclusione delle liste elettorali di Fassina per sapere che lo scontro interno sarebbe stato solo rimandato e infatti oggi, a urne chiuse, le due anime di Sinistra Italiana interrompono la tregua e si scontrano in vista dei ballottaggi. Da una parte chi continua ad essere attratto dall’irrefrenabile voglia di apparentarsi con il PD al secondo turno (con chi,  vedi Milano, aveva già deciso di “rompere” scegliendo fin dall’inizio Giuseppe Sala) e dall’altra la linea di Fassina D’Atorre e Fratoianni che continua a ripetere “mai con il PD”.

(il mio editoriale per Fanpage continua qui)

«Il codice appalti? L’ANAC di Cantone? Non servono a niente»: parla Davigo

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«Più che le leggi, per contrastare gli abusi nelle gare pubbliche servono “operazioni sotto copertura” con agenti infiltrati. “I magistrati non sono capaci di fare politica”, aggiunge, lanciando però una frecciata al governo: “Non serve alzare le pene se non si sa a chi darle”». Il Fatto Quotidiano, 11 giugno 2016 (c.m.c.)

Piercamillo Davigo a tutto campo su Codice appalti, corruzione e Anac. La nuova normativa sulle gare pubbliche, sostiene il presidente Anm, “è tutta roba che non serve a niente” e la corruzione “non si combatte con l’Autorità nazionale anticorruzione”, che non ha poteri di repressione. Ma Davigo torna anche a parlare del rapporto tra magistratura e politica, che ha acceso vivaci polemiche pochi giorni dopo la sua elezione al vertice del sindacato delle toghe. “Io non farò mai politica. I magistrati non sono capaci di fare politica”, ha detto Davigo. E sulle attuali leggi contro la corruzione chiosa: “Non serve alzare le pene se non si sa a chi darle“. Poche ore dopo, il premier Matteo Renzi ribatte: “Il Codice degli appalti è un passo in avanti”.

“Il Codice appalti non serve a niente. Bisogna usare agenti infiltrati”

Il nuovo Codice appalti “è tutta roba che non serve a niente”, ha spiegato il presidente dell’Anm al convegno dei giovani di Confindustria. “Da anni” si scrivono normative sugli appalti “con regole sempre più stringenti che danno fastidio alle aziende perbene e non fanno né caldo né freddo a quelle delinquenziali”, ha proseguito, sottolineando quindi che “non serve fare normative sugli appalti, serve fare operazioni sotto copertura“, con agenti infiltrati che fingono di essere imprenditori. Su questo punto, in passato Davigo aveva già incalzato il presidente dell’Anac Raffaele Cantone: “Per contrastare la corruzione bisogna mandare i poliziotti a offrire denaro ai politici e arrestare chi accetta. Lo diceva anche Cantone, ma ora ha smesso di dirlo. Perché? Lo capisco. E non aggiungo altro…”.

“La corruzione non si combatte con l’Anac, non ha poteri di repressione”

E ora il presidente dell’Associazione magistrati torna a sferzare Cantone e il Codice appalti,che èstato fortemente voluto, anche se in parte criticato, sall’Autorità nazionale anticorruzione ” “Non si può dire che con l’Anac si combatte la corruzione“, perché “sarebbe contro la Costituzione”: se l’Autorità di Raffaele Cantone “non fa certo cose inutili”, comunque “fa cose diverse”. Per combattere la corruzione servono “strumenti altamente invasivi che la Costituzione riserva alla magistratura”. L’Anac, dice invece, “è un’autorità amministrativa: non può avere alcun potere serio per reprimere la corruzione”; fa “cose ottime”, ma “non c’entrano niente con la repressione della corruzione”.

“I magistrati non sanno fare politica. Non serve alzare le pene se non si sa a chi darle” 

E dopo le stoccate ad Anac e Codice appalti,il presidente Anm torna sulla delicata questione dei rapporti tra magistratura e politica, al centro di roventi polemiche con il governo. “Io non farò mai politica. I magistrati non sono capaci di fare politica”. A chi gli chiede cosa farebbe per prima cosa se diventasse ministro della Giustizia, Davigo risponde: “Farei dei disegni di legge sulla corruzione diversi da quelli che sono stati fatti”. Questo perché “non serve alzare le pene se non si sa a chi darle“. E sottolinea come il governo abbia introdotto una lieve premialità per chi confessa: “Se parli prendi un po’ meno… così uno diventa in un certo senso onesto”.

“Mi sento Re Mida. Chi indago fa carriera politica”

Davigo non si fa mancare l’occasione di lanciare una nuova frecciata alla classe politica italiana, partendo dal suo vissuto personale. “A volte ho pensato di essere come Re Mida, vedevo che a chiunque mi avvicinavo” con le indagini sulla corruzione “poi faceva una spaventosa carriera politica“, dice il presidente dell’Anm. Era così perché si trattava di persone con “una spaventosa forza di ricatto“. E’ ancora oggi così? “Beh, ho visto che ad Expo ne hanno presi due che ci erano cascati già 25 anni prima”.

La replica di Renzi: “Il Codice degli appalti è un passo in avanti”

E dallo stesso palco dell’assemblea dei giovani di Confindustria, il premier Matteo Renzi ribatte a Davigo poche ore dopo il suo intervento. “Il Codice degli appalti a me sembra un passo avanti, non un passo indietro – ha affermato il capo del governo – Certo siamo sempre pronti a fare meglio ma serve anche valorizzare il buono che c’è”. E ancora: “Rispetto tutte le opinioni ma penso che l’Anac di Raffaele Cantone sia particolarmente utile. Se non ci fosse stata Anac, non saremmo intervenuti su Mose ed Expo, centinaia di appalti sarebbero finiti in un vicolo cieco”.

Il silenzio di Cambridge su Giulio Regeni

L’università di Cambridge che non risponde alle domande dei magistrati italiani sul loro “allievo” Giulio Regeni ci  racconta che l’etica non è evidentemente requisito da insegnare con il proprio comportamento. Magari ricordiamocene, quando parliamo di autorità e prestigio.

Ancora più luride sono le giustificazioni date: una scelta “fatta dai legali che tutelano gli interessi dell’Università” per metterla al riparo da “possibili richieste di risarcimento danni per eventuali responsabilità nella mancata tutela della sicurezza del ragazzo”. Non sono solo i dittatori evidentemente a temere la verità.

Me lo segno.