Vai al contenuto

Fare politica senza la politica

Un intervento di Marco Furfaro, da condividere. Finalmente.

La cosa più grave è che di politico in tutta questa discussione non c’è niente. Tutto diventa una farsa. Persino il referendum sull’articolo 18 diventa propaganda sulla pelle delle lavoratrici e dei lavoratori. Quel referendum non è ammissibile. Perché i referendum non vengono fatti nell’anno delle elezioni. Non lo dico io. Ma ce lo hanno detto costituzionalisti in una riunione in cui erano presenti sindacati e forze politiche e in cui, tutti insieme, compreso l’Idv avevamo deciso di non “giocare” sui lavoratori. Poi spunta il referendum e chi non lo firma perché non si presta al gioco dello sciacallaggio diventa colui che non sostiene i lavoratori. Non va bene niente di questa discussione, è solo propaganda fatta per cercare consenso. E’ ovvio che non andremo alle elezioni con l’UDC (a meno che non diventino antiproibizionisti, laici, antiliberisti, antimontiani e così via… cioè socialdemocratici praticamente), ma è altrettanto ovvio che se questo non viene percepito da tutti dobbiamo rimettere in campo un profilo chiaro e netto, e che qualche passaggio lo abbiamo sbagliato. Come, anche se mi fa orrore il gioco di Di Pietro, fino all’ultimo dobbiamo portare l’IDV all’interno del centrosinistra nel confronto sui contenuti. L’informazione italiana fa schifo, ma lo sapevamo e la comunicazione andava gestita meglio. Lo dico senza fraintendimenti, per me la partita è nel centrosinistra. Perché voglio giocarmela la partita. Ma da oggi dobbiamo parlare chiaro e candidarci alla guida del Paese, dentro e fuori le primarie, sui temi che abbiamo a cuore senza mollare di un millimetro. Perché per me quelli, anche con i rischi connessi, sono la mia discriminante per capire se ne vale la pena. Servono coraggio e chiarezza.

Cos’è la bellezza? Mag Magazine intervista Giulio Cavalli

Pubblicata su Mag Magazine

Cos’è la bellezza?
Un campo in cui non si possono comprare le mediazioni, in cui non è concesso il servilismo e nemmeno la prostituzione. Davanti alla bellezza chi non è intellettualmente onesto e pulito di cuore non è credibile.

Quando ti senti veramente libero?
Sul palcoscenico, è il mio naturale momento di liberazione. Il recupero di un rapporto visivo e tattile con la gente. La celebrazione del rito laico dell’esercizio collettivo della memoria. In scena entro in uno stato confusionale creativo che è solo parola. Non esiste altro. La parola e il respiro e le reazioni del pubblico.

Negli anni è cambiato il tuo concetto di libertà?
Sicuramente. Ho sempre urlato – e continuerò a farlo – contro la censura in generale ma mi sono ritrovato troppo spesso a contatto con persone che si autocensurano, che ritengono più comodo dire una frase in meno o un cognome in meno. Ecco, la libertà è non paventare in nessun modo la possibilità dell’autocensura.

Guardando al passato cosa è rimasto come prima e cosa è totalmente cambiato?
È rimasta intatta la voglia di non scendere a compromessi nella stesura e nella visione degli spettacoli e dei libri. Sono nato “di parte” (dove per parte si intende la responsabilità di prendere una posizione all’interno della storia che racconto) e continuo ad impegnarmi e a non prendermi troppo sul serio (altrimenti il rischio sarebbe quello di piegarsi sulla narrazione di me piuttosto che raccontare i fatti). Oggi sicuramente la responsabilità che sento è esponenzialmente maggiore. Ma è un dazio dolce da pagare: significa che il mio pubblico e i miei lettori hanno deciso di affidarmi un compito che mi onora.

Perché vivi sotto scorta?
Perché siamo nel Paese in cui cinquecento anni fa i miei colleghi cantastorie venivano impiccati. E addirittura sepolti da indegni fuori dalle mura della città insieme alle prostitute (e pensare che oggi un giullare e una prostituta sono nella stessa assemblea legislativa). Il potere non sopporta di essere raccontato nella sua pateticità quando ha bisogno di diventare prepotente per governare perché non è in grado di farlo secondo le regole.

Qual è il tuo rapporto con la paura?
Molto privato e molto combattuto. La vera paura è il ritrovarsi solo.

Ti senti solo?
Spesso. Più a causa degli amici falsi cortesi che dei miei nemici dichiarati.

Se potessi tornare indietro rifaresti tutto?
Assolutamente si , perché mi ritengo un privilegiato, una persona che ha la fortuna di lavorare con gente straordinaria. Ho un pubblico che mi ascolta e questo è il sogno di qualsiasi attore e di qualsiasi scrittore; ho la fortuna di riconoscermi nella battaglia che porto avanti e in qualsiasi cosa faccio. Sono molto contento.

Ti alzi mai la mattina chiedendoti “ma ne valeva la pena”?
Sì, perché non farei mai tutto questo se non sapessi che un giorno i miei figli potranno goderne i frutti e perché c’è un articolo della Costituzione, che è l’articolo 4, che dice che ognuno di noi nella propria professione deve concorrere e ha il dovere di farlo alla crescita materiale e spirituale di questo Paese e, quindi, stare in silenzio è anticostituzionale.

Come vivi sotto scorta?
Normalmente, perché ci sono 670 persone sotto scorta in Italia, perché ci sono persone che rinunciano nei quartieri più difficili di Palermo di pagare il pizzo, magari dei panettieri, e non hanno la visibilità che tutela, invece, un personaggio come me. Io ho sempre sentito l’obbligo di utilizzare il mio aspetto pubblico non per fare ombra a queste persone, ma per illuminare storie che forse sono meno spendibili di quelle dell’attore o dello scrittore.

Quali sono stati i tuoi maestri?
Nel teatro penso a Paolo Rossi. È stato il mio primo incontro e sicuramente ha segnato una svolta. Poi negli anni penso all’incontro con Dario Fo e alla collaborazione su un suo testo. È stata l’unica volta che ho portato in scena un testo non mio. Poi penso a Renato Sarti, un esempio di teatro applicato alla cittadinanza che tanto mi ha insegnato e continua ad essere per me un riferimento non solo sulla scena, ma anche e soprattutto nella vita.

Perché, nell’ultimo tuo libro e spettacolo teatrale, hai deciso di raccontare la storia di Andreotti?
Perché è ancora attuale. Non mi interessa la sua storia in quanto tale, ma l’Andreottismo e i nuovi Andreotti. Per riconoscere i politici che fanno politiche convergenti con le mafie bisogna prima capire come funzionava l’originale.

Chi sono i nuovi Andreotti?
La vicenda di Dell’Utri è molto vicina a quella di Andreotti. I nuovi Andreotti sono tutti i politici che decidono di fare delle scelte politiche consultandosi non negli organi istituzionali ma nell’ombra, che potremmo definire osceno, ovvero fuori scena. Dove non possono essere visti da nessuno. Abbiamo migliaia di esempi.

C’è un collegamento tra il tuo essere scrittore e, allo stesso tempo, consigliere regionale di “Sel”?
Sì, nella scrittura teatrale ho sempre trattato temi fortemente politici. I miei spettacoli o libri hanno una chiara presa di posizione politica. Gramsci diceva che il buon politico deve essere un ottimo drammaturgo, perché deve riuscire ad immaginare il riflesso di qualsiasi scelta politica nella drammaturgia dei cittadini. Il teatro e i libri sono luoghi in cui si cerca di dare delle chiavi collettive su alcune problematiche, che è una cosa che dovrebbe fare la politica.

#2agosto1980

Un tumblr per raccogliere i ricordi e le testimonianze, qui.

Perché siamo un Paese che deve assumersi il fardello di esercitare memoria anche se non ci hanno raccontato la Storia e chi è Stato.

“Mauro leggeva il giornale e infatti quando lo abbiamo rivisto, a Medicina legale, morto, era rimasto con le braccia così, come se tenesse il giornale aperto. Non aveva un graffio, sembrava che dormisse”.Così racconta Aldo, il papà. Prima Padova e poi Venezia: Mauro insieme a un amico stavano aspettando nella sala d’aspetto di prima classe. Mentre Franco si allontana per prendere aria mauro rimane a “fare la guardia” alle macchine fotografiche.

Mauro lavorava come commesso in una libreria di Asti, era il più piccolo di tre fratelli: il 19 agosto avrebbe compiuto 22 anni.

Racconta la mamma: “Era un ragazzo bravissimo sempre in casa, serio; aveva preso le ferie da una settimana ed era arrivato con un’ora di ritardo alla stazione di Bologna. Se il treno da Asti fosse stato in orario, forse Mauro non si sarebbe trovato lì a quell’ora. E’ stato un appuntamento con il destino. Pensi che il suo amico, Franco Ponchione, quello che è uscito dalla sala d’aspetto prima dello scoppio, non s’è fatto niente. E’ finito a terra, ma neppure una sbucciatura. E’ stato lui a telefonare a casa, ai parenti, per dire che si era salvato, ma che di Mauro non sapeva più nulla”

MAURO ALGANON (22 anni)

Il bigino antimafioso per Milano (e non solo)

Il Comitato per lo studio e la promozione di attivita’ finalizzate al contrasto dei fenomeni di stampo mafioso e della criminalita’ organizzata sul territorio milanese anche in funzione della manifestazione expo 2015 del Comune di Milano pubblica la sua prima relazione sulla situazione cittadina (e non solo). Qui trovate la relazione completa e, soprattutto, le proposte.

Proposte vere, fattibili, subito operativa. Un decalogo che in fondo farebbe bene a tutte le amministrazioni:

1. Sviluppare un concerto più stretto tra le autorità di riferimento competenti per l’evento Expo 2015 (Prefetto, Questore, Sindaco di Milano e Sindaci degli altri Comuni interessati) al fine di rafforzare in via di fatto il sistema di intervento basato sui poteri di accesso ai cantieri del Prefetto di Milano e del relativo Gruppo Interforze. Mirare cioè alla massima valorizzazione degli spazi di intervento offerti dalle leggi esistenti, proponendo un ruolo più attivo dell’Amministrazione, che d’altronde è la principale destinataria delle domande dei cittadini in tema di tutela della qualità delle relazioni civili ed economiche.

2. In particolare adottare un meccanismo, anche transitorio (dal 1°agosto 2012 al 1° agosto 2015), che preveda un contingente di ufficiali e agenti di polizia giudiziaria selezionati con criteri di affidabilità e competenza, che possa affiancare quotidianamente il Gruppo Interforze della Prefettura ed effettuare accessi e controlli nei cantieri, sia diurni che notturni, con apprezzabile frequenza. Negli accessi sui cantieri, come già detto nel Cap. 4, agli uomini delle forze dell’ordine (Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia Locale) sarebbe opportuno affiancare un Ispettore del Lavoro, un Ispettore ARPA e un Ispettore ASL.

3. Per quel che riguarda le competenze comunali, avviare un processo di selezione e formazione di contingenti scelti per qualità morali e professionali con cui garantire l’esercizio dei controlli di Polizia Locale, evitando che si possa accedere a questa funzione cruciale anche per effetto (come il Comitato ha appreso) di raccomandazioni politiche o sindacali, in almeno un caso dimostratesi il cavallo di Troia degli interessi ‘ndranghetisti.

4. Ridurre in ogni campo le distanze tra gli obiettivi (buoni) fissati da regole e strutture e i mezzi effettivamente disponibili. Ogni distanza sensibile provoca infatti, alla fine, solo uno spreco di risorse più utilmente impiegabili in altre forme.

5. Introdurre nell’Ortomercato controlli sul posto anche di notte, ponendo pubblicamente (e in tutta la sua gravità) il problema della indisponibilità di personale di controllo adeguato in una struttura storicamente piegata agli interessi dei clan. Porre anche in tutta la sua gravità il problema della sicurezza fisica di chi, rappresentando la Sogemi e dunque la città, intenda garantire in uno spazio comunale il rispetto delle leggi. Introdurre forme di controllo casuale dei mezzi in ingresso e in uscita.

6. Sviluppare in ogni caso la pratica del controllo interforze, da intendersi come garanzia di completezza degli strumenti operativi e come antidoto a comportamenti collusivi nello svolgimento dei controlli. Questi non devono consentire alcuna prevedibilità circa l’orario di realizzazione, e devono coprire le 24 ore, visto che molti dei reati contestati o sanzionati in sede giudiziaria vengono consumati di notte (trasporto abusivo di terra e di materiale da discarica).

7. Si prospetta poi, insieme all’importanza prioritaria dei controlli, l’importanza strategica delle persone preposte a guidare, in qualsiasi luogo della pubblica amministrazione, le strutture che hanno competenza su gare, appalti e licenze. Un’alta qualità delle persone vale a volte più di interi pacchetti di leggi e regolamenti per tutelare l’interesse cittadino. Lo stesso processo di selezione auspicato per le funzioni di controllo viene dunque auspicato anche per questa classe di funzioni, così da sottrarle alle sapienti strategie dei clan per piazzarvi, attraverso le proprie reti di influenza, di favori e di scambio, le classiche persone “avvicinabili”. Con specifico riferimento alla necessità di approntare criteri di trasparenza in grado di prevenire la formazione di zone opache nell’amministrazione (per definizione funzionali ai clan e ai loro alleati):

8. Si propone in ogni caso che in tutte le commissioni aggiudicatrici di gare e appalti sia presente, oltre a personale interno specchiato e competente da nominare a rotazione, un membro esterno da sorteggiare in appositi albi predisposti dagli ordini professionali.

9. Si propone altresì di istituire una finestra telematica che renda immediatamente visibili al pubblico, in modo sollecito e automatico, i pagamenti effettuati dal committente pubblico alle singole imprese.

10. Sempre per ragioni di trasparenza e ai fini di un efficace controllo delle attività di cantiere si propone che sia obbligatoria la tracciabilità dei pagamenti in salari e acquisto di beni e servizi compiuti dalle ditte che operano nei cantieri e per i cantieri dedicati alla realizzazioni di opere pubbliche.

11. Per quel che riguarda poi il settore commerciale, alberghiero e della ristorazione si ritiene che i passaggi delle licenze tra operatori debbano essere sottoposti a una disciplina più rigorosa, dovendo essere l’amministrazione a dettare indirizzi generali sulle tipologie commerciali da privilegiare in relazione alle dinamiche economiche, culturali, sociali e demografiche della città. L’autorizzazione comunale di ogni passaggio di licenza appare dunque da inquadrare in una visione proattiva e non passiva della funzione del Sindaco, fondata sulle responsabilità istituzionali che fanno capo a quest’ultimo in virtù della diretta investitura popolare. Sulla necessità di riflettere meglio sui poteri dei Comuni e dei Sindaci per meglio affrontare e risolvere i problemi in oggetto il Comitato ha più volte discusso, propendendo per l’opportunità-necessità di un loro organico ampliamento.

12. Anche per questo si propone un’adesione del Comune di Milano all’associazione di Avviso Pubblico, già sollecitata peraltro dalla Commissione Antimafia del Consiglio Comunale.

13. Per tutte le licenze e gare, la Commissione ritiene comunque che esse debbano essere precluse (da qui vedi anche le ragioni della proposta n. 11) a tutte le società residenti in paradisi fiscali o non riconducibili a una persona fisica. In tal caso vengono meno infatti le condizioni di trasparenza su cui un’amministrazione comunale deve sempre potere contare nei rapporti con i suoi interlocutori, specialmente se beneficiari di risorse pubbliche. Ugualmente si propone che le stesse licenze e gare debbano essere precluse là dove la persona fisica intestataria della società interessata non presenti una chiara coerenza tra la sua identità (anagrafica, professionale), la attività che nominalmente svolge e la sua dichiarazione dei redditi.

14. In tema di antimafia sociale si propone infine che il Comune promuova alcune significative esperienze di imprese no profit su beni confiscati alle organizzazioni mafiose perseguendo i valori simbolici, competitivi (con il modello mafioso) e partecipativi che tali esperienze sono in grado di generare. Restando a disposizione per lo svolgimento delle funzioni assegnate secondo gli obiettivi che l’Amministrazione riterrà più urgenti, e ringraziando per l’attenzione,

Umberto Ambrosoli, Luca Beltrami Gadola, Nando dalla Chiesa (presidente), Giuliano Turone. 

10 cose da fare

Per essere chiari:

Vogliamo contrastare tutte le mafie, reprimendone sia l’azione criminale che l’immensa forza economica. La presenza dei capitali mafiosi, a maggior ragione in un momento di crisi, è un elemento devastante per ogni prospettiva di rilancio del paese. Vanno sostenute le attività delle procure e degli amministratori locali, ma va soprattutto reciso ogni legame o sospetto di complicità di alcuni rappresentanti politici. L’adozione di un codice etico e il contrasto delle attività criminali mafiose è un’urgenza inderogabile.

Vogliamo proporre una legislazione che contrasti lo strapotere della finanza speculativa a partire dalla tassa sulle transazioni finanziarie, rendendo permanente il divieto di vendita allo scoperto e attaccando vigorosamente i paradisi fiscali.

Vogliamo richiedere una rinegoziazione dei trattati che non stanno salvando né l’euro né il modello di vita dei cittadini europei. In questo contesto vanno date nuove funzioni alla Bce, a partire dalla possibilità di intervenire senza condizioni in caso di attacco alla nostra moneta. La lealtà istituzionale e la necessità di trovare un consenso oltre i nostri confini non può impedirci di indicare quale sia la nostra direzione di marcia. Dobbiamo essere noi i primi protagonisti del cambiamento.

La sinistra combatte senza esitazione gli sprechi e la spesa pubblica improduttiva. Ma è una manipolazione della verità storica considerare la spesa sociale come sinonimo di dissipazione e di spreco. Il Welfare non è stato un cedimento ad un non meglio precisato “buonismo sociale” ma la più rilevante conquista del Novecento. Sappiamo che molto va cambiato nel modo di allocare le risorse e nel peso che ha la politica fiscale. Nel ridefinire priorità e gli strumenti di riforma del welfare va riconosciuto il valore economico e sociale del lavoro di cura svolto dalle donne. Dobbiamo dire con chiarezza da dove si prendono le risorse e dove invece vanno restituite. La politica fiscale deve ritornare ad essere, in linea con la Costituzione, basata sulla “capacità contributiva”. Le tasse sono troppo onerose per chi le paga, sia che sia un lavoratore dipendente che autonomo, ma è incredibile non rilevare che più dell’80% del gettito venga da lavoratori dipendenti e pensionati.

Proponiamo una lotta prioritaria all’evasione fiscale per ridurre l’imposizione fiscale in primo luogo ai lavoratori a basso reddito e proponiamo una tassazione sui grandi patrimoni che sostituisca l’ingiusta tassa sulla prima casa per i cittadini meno abbienti.

La riduzione del debito pubblico deve avvenire senza dogmi rigoristi, poiché sappiamo che dalla crescita della ricchezza possono venire benefici assai più fruttuosi che dalla mera riduzione dello stock del debito. Se cresce la disoccupazione e diminuisce il tenore di vita e il potere d’acquisto dei salari e degli stipendi, l’aumento delle tasse e taglio dei servizi produrrà soltanto effetti recessivi.

Vogliamo investire le risorse recuperate dalla lotta all’evasione fiscale, dal contrasto alla corruzione e dal taglio alle spese militari, in un piano per il lavoro, pubblico e privato, basato sugli investimenti per la messa in sicurezza del nostro territorio e delle città, nella erogazione di un reddito minimo garantito come c’è nel resto d’Europa e il recupero del potere d’acquisto perso dai salari negli ultimi vent’anni.

Ci sono alcuni punti che, simbolicamente e concretamente, possono segnare una svolta rispetto al passato: ridurre da 45 a 4 le tipologie contrattuali oggi previste, che hanno alimentato la spirale della precarietà; restituire ai lavoratori, anche quelli di aziende sotto i 15 dipendenti, la tutela del reintegro sul posto di lavoro a seguito di un licenziamento ingiustificato; differenziare, a seconda dell’effettiva vita lavorativa e dal diverso carico lavorativo che pesa sulle donne per le attività di cura, l’età pensionabile, poiché non possono essere trattati nello stesso modo una infermiera o una puericultrice o un operaio alla catena di montaggio e un professore universitario o un alto funzionario pubblico; introdurre dell’equo compenso per le lavoratrici e i lavoratori autonomi; estendere gli ammortizzatori sociali e i diritti per tutte le forme contrattuali, per un welfare universale, come per esempio nel caso del diritto alla maternità/paternità universale.

Abbiamo bisogno di rafforzare il welfare e la spesa pubblica in settori strategici. La salute, le pensioni, l’assistenza per i non autosufficienti, l’istruzione pubblica, i trasporti pubblici, il diritto ad una giustizia certa e celere, sono diritti inalienabili ma anche fattori di sviluppo essenziali per la tenuta della coesione economica e sociale del paese. La spesa per la formazione e la ricerca va aumentata e riqualificata. Oggi assistiamo ad una ingiusta penalizzazione, in particolare per i giovani che vogliono insegnare o fare ricerca e che spesso sono costretti ad emigrare, che sta impoverendo brutalmente il nostro paese. Non si tratta di “costi” ma di “risorse”.

È necessario ripensare all’intervento pubblico in economia, a partire dal valore strategico delle aziende partecipate come Eni, Enel, Rai, Finmeccanica e quelle relative al trasporto pubblico per affrontare le sfide che la crisi ci propone. Va fatta un’azione che agisca tanto sul versante dell’offerta di nuovi investimenti pubblici, tanto sullo stimolo alla domanda, per esempio nei settori della produzione di energia rinnovabile o nella infrastrutturazione digitale del paese.

Vogliamo la riconversione ecologica dell’economia e della società, che abbia al centro la sostenibilità ambientale, la piena valorizzazione dei beni comuni, la qualità e l’innovazione. Per noi sono beni comuni, sottratti al dominio del mercato, tanto i beni materiali come l’acqua e la terra, quanto quelli immateriali come la conoscenza e la cultura. Siamo consapevoli di quanto le grandi questioni globali, come i cambiamenti climatici, siano connessi con le scelte quotidiane, a partire da una nuova politica energetica basata sul risparmio energetico e le fonti rinnovabili, riducendo le emissioni e penalizzando chi inquina.

C’è urgente necessità di una nuova politica industriale basata sull’innovazione tecnologica ed ecologica, che possa mettere a valore non solo prodotti da vendere, ma vere e proprie produzioni complesse: dal “prodotto” mobilità sostenibile alla riconversione delle manifatture inquinanti o belliche, si può costruire un rilancio della produzione industriale in un paese che conserva grandi risorse sul versante manifatturiero.

È necessario dare centralità ad una politica agricola basata su qualità, istintività territoriale e sostenibilità ambientale e sociale. La buona politica si deve occupare di fare scelte che sappiano immaginare il mondo che dovremo lasciare alle future generazioni.

Per noi i diritti non sono un terreno di formule astruse ma un campo in cui far vivere il principio della laicità. Sappiamo che la società è più avanti nella richiesta di nuovi diritti di quanto lo sia spesso la politica.

Siamo sempre per il rispetto della libertà di scelta per il fine vita, per la regolamentazione della fecondazione assistita, per la rigorosa applicazione della legge 194. Siamo per i matrimoni omosessuali e per la piena cittadinanza delle unioni civili. Siamo per il diritto di cittadinanza ai migranti nati in Italia, per il riconoscimento del diritto di voto alle amministrative, per l’abolizione della legge Bossi-Fini a partire dal superamento dei CIE. Siamo per il recepimento delle convenzioni internazionali sull’introduzione del reato di tortura e per una legge che regoli il diritto d’asilo. Siamo per il rispetto della vita umana e quindi vogliamo che la condizione dei detenuti sia rispettosa della Costituzione. Siamo per una politica antiproibizionista a cominciare dalla abrogazione della legge Fini-Giovanardi per un nuovo approccio responsabile e socialmente inclusivo.

Il populismo non si sconfigge per decreto, né tentando di esorcizzarne la forza devastante. Il populismo si contrasta lì dove esso attecchisce, tra il popolo che ha perso fiducia nella politica e nella democrazia. Abbiamo ancora importanti risorse, di idee e di uomini e di donne, ma abbiamo poco tempo. Chiediamo a tutti un contributo e dobbiamo saper trovare le strade affinché ciascuno sia messo nelle condizioni di poterlo dare. È in gioco la sopravvivenza a lungo termine dell’integrazione europea.

Solamente la solidarietà, la riconversione ecologica e sociale della società e la vitalità della democrazia ci faranno uscire dalla crisi’.

Il documento è qui.

Occupare la sinistra. Nel centrosinistra. A parte gli isterismi.

Confesso che un po’ mi viene da ridere. Perché leggere i soloni che scrivono le analisi politiche pregustando il piacere di predire i fatti mi procurano sempre un certa tenerezza. Ne ho già conosciuti parecchi ma ogni volta che ne incrocio uno mi ristupisco di nuovo. Non riesco a farci l’abitudine. L’ovvietà mi annienta ogni volta, per dire.

Oggi ci avevano dichiarato che la foto di Vasto si sarebbe sostituita con la foto di Vendola abbracciato all’UDC. Grande tumulto in rete (giustamente, ci mancherebbe). Poi ci hanno detto che Vendola scaricava l’IDV (che poi sarebbe da capire quale IDV: quello di Di Pietro o quello di Donadi che oggi sono antitetici o quello di Luigi De Magistris che è una penisola attaccata con un ponte di corda?).

Poi succede che c’è la conferenza stampa e Nichi (e il direttivo nazionale di SEL) dicano (semplifico, eh): Il centrosinistra da oggi c’è. L’alleanza tra PD e SEL c’è. Caro Di Pietro non si può essere solo parte destruens, dobbiamo costruire sulle macerie. Non sopporto veti incrociati, meglio discutere di questioni concrete. Superamento del liberismo sfrenato e diritti civili e sociali devono essere al centro di un’agenda politica di alternativa alle destre. Amo coalizioni larga verso movimenti sociali. Difficile essere alleato di Rocco Buttiglione, ma mai metterò veto. Valuteremo nel merito dell’agenda del cambiamento. Sulla legge elettorale ho detto a Bersani almeno di far rispettare il milione di firme che chiedevano il mattarellum. Il referendum sull’art18 non é ammissibile. Per me quel contenuto va nel programma di governo, non è oggetto di propaganda. Ci sono punti chiari: lotta al liberismo, cancellazione legge 30, stop a legge Bossi-Fini, diritti civili e di libertà.

Ecco, a parte gli isterismi, io ci vedo un bel po’ del programma che cerchiamo di costruire. Anche qui in Lombardia.

Però vorrei fare un appunto sulle reazioni. Rubare ancora qualche minuto. Hanno fatto bene i compagni di partito a preoccuparsi e farlo sentire: le incompatibilità sono i limiti definiti della propria identità. E vanno rivendicati.

Ma mi stupisce la reazione di gente che stimo del PD (penso a Pippo e all’ala “sinistra” dei democratici che si sono lasciati andare a giudizi un po’ affrettati e sono saliti in poppa per urlare allarmati uddicì uddicì). Lavoriamo per occupare la sinistra del centrosinistra ognuno per cambiare il proprio partito e costruire un futuro di diritti e uguaglianza. Ma senza rivendicazioni adolescenziali (che poi dovrebbero essere il peccato veniale che proprio i democratici rinfacciano a Di Pietro, per dire, e viene un po’ da ridere), perché come scrive Chiara qui da noi in Lombardia la tentazione del bacio con la lingua con l’UDC non è un nostro vizio. E poi, a dirla tutta, basta vedere chi governa oggi, in Parlamento. E giocare al gioco delle vergini lascia sempre il tempo che trova. Ed è pericoloso.

Ah, un’ultima cosa. Vendola è candidato alle primarie del centrosinistra. Quelle che facevano schifo perché nessuno parlava di sinistra. E quelle dove tutti cercano di palleggiare a centrocampo per farsi notare dal Mister che stilerà le liste elettorali.

Per occupare la sinistra nel centrosinistra. Come ci siamo promessi di fare.

Le quote mamme

Conciliare lavoro e famiglia per le donne italiane è una pratica funambolica. Lo confermano gli ultimi dati Istat che disegnano uno scenario ormai noto. C’è uno scarto di 11 punti tra occupazione maschile e femminile in mancanza di figli (76% maschi, 65% femmine) e uno di ben 32 punti con l’arrivo del primo pupo (90% i papà, 58% le mamme occupate). La forbice tra maschi e femmine si allarga con il secondo bambino con solo il 51% delle donne che restano al lavoro (mentre il tasso di occupazione dei papà resta invariato) fino ad aprirsi sguaiatamente con l’arrivo del terzo o quarto bambino (in tal caso è il 34% delle donne a restare al lavoro contro l’85% degli uomini). Il congedo parentale obbligatorio per i papà di tre giorni, un altro degli atti simbolici del Governo attuale, resta un inutile ago nel pagliaio dell’inadeguatezza e totale insensibilità dell’esecutivo davanti alla questione. Perché se è vero che c’è un elemento culturale che vuole la donna italiana relegata nello stilema dell’angelo del focolare, c’è da dire che il tema è tutto fuorché una mera questione familiare. Un ruolo rilevante lo giocano in primis istituzioni – che hanno scaricato totalmente sulle donne la cura di bambini e anziani, e che con la chiusura dei rubinetti alle politiche sociali renderanno la pratica di sostituzione del sistema di welfare a carico delle donne insostenibile – e impresa dove, come afferma la giuslavorista Roberta Bortone sul Fatto quotidiano, “il lavoro è ancora apprezzato in termini tayloriani” e “vige la presunzione per cui un figlio finisce a carico delle cure femminili”.

Un articolo sulla genitorialità per ripensare l’organizzazione sociale. Perché tra questo chiasso di riformismo e riformisti un po’ di modernità, su questo punto, sarebbe una bella notizia.

Sapeva che era pericoloso essere un uomo onesto; e alla fine gli mancò il coraggio

Gore Vidal è morto. Oggi.

Io sono Myra Breckinridge, che nessun uomo possederà mai. Cinta d’un reggicalze e d’un solo sottascella, ho tenuto a bada l’intera congrega degli isolani di Trobiand, una razza che non ha parole per chiedere o rispondere “perché”. Brandendo un’ascia di pietra, ho fiaccato le braccia, le membra, le palle dei loro più splendidi guerrieri, accecandoli con la mia bellezza, come faccio con tutti gli uomini, svirilizzandoli come King Kong, ridotto a un mero, scimmiesco uggiolio dalla vaga Fay Wray, alla quale somiglio, di tre quarti dal lato sinistro, se durante la ripresa in primo piano la luce principale non è un’altezza superiore al metro e mezzo. (Gore Vidal, Myra Breckinridge)

Era infastidito dalle sue bugie necessarie. Come desiderava dire a tutti esattamente quello che era! A un tratto si domandò cosa sarebbe successo se ogni uomo come lui fosse stato naturale e onesto. La vita sarebbe stata senz’altro migliore in un mondo dove il sesso venisse considerato come quelcosa di naturale e non spaventoso, e gli uomini potessero amare gli uomini naturalmente, secondo la loro inclinazione, proprio con la stessa naturalezza con cui amavano le donne. Ma anche mentre era seduto a tavola, meditando sulla libertà, sapeva che era pericoloso essere un uomo onesto; e alla fine gli mancò il coraggio. (Gore Vidal, La statua di sale, p. 190)

Bersani a parole semplici

«I democratici e i progressisti si impegnano altresì a promuovere un patto di legislatura con le forze di centro di ispirazione costituzionale ed europeista, sulla base di una comune consapevolezza e responsabilità di fronte alla straordinarietà del passaggio storico che l’Italia e l’Europa affronteranno nei prossimi anni»

(Dalla Carta d’intenti del Pd).

Scusi, segretario, ma non facevate prima a dire «Udc»? Non è che per caso avete scelto questa formula perché «forza di centro di ispirazione costituzionale ed europeista» fa pensare a De Gasperi anziché a Cuffaro, Buttiglione e Cesa?. E’ la domanda che si pone (e si fatica a non condividerne le preoccupazioni) Alessandro Gilioli sul suo blog.

E in fondo sembra il copione lombardo di questi tempi: mentre in tanti chiedono chiarezza (Claudio ad esempio oggi lo scrive con parole chiare), qualcuno gioca ancora a “fare l’arancione” con progetti che includono difformità antipatiche. D’Alfonso che ci insegna l’arancione è credibile come l’UDC di Bersani che dovremmo berci sulla base di una comune consapevolezza e responsabilità di fronte alla straordinarietà del passaggio storico.

Sarà un’estate calda. Sicuro.