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Solo una lettera d’amore

giulio cavalli 15 giugno-784459Hanno cercato di convincermi in tanti, per prima la vita, che bisogna attrezzarsi per essere sempre pronti alla difesa in quella posa tutta innaturale dove le spiegazioni sono sempre pronte in vasetto nel frigorifero per giustificarsi: spiegare le azioni prima che succedano, mi dicono, perché la vita pubblica è un gioco di  misure che premia gli ammennicoli e i lambicchi e conviene fare così, con le fragilità ben nascoste dentro le mutande e nel portamonete.

Pensavo qualche giorno fa, perso in un parcheggio sotterraneo come un lombrico, che nella vita ho fatto le mie cose migliori quando non ho avuto modo o tempo di imbavagliare le mie fragilità: mi sono sentito un buon padre mentre mi commuovevo sull’orlo della favola in cui si addormentano i miei figli, sono stato un buon figlio quando non sono riuscito a trattenere la gratitudine e sono un amico sincero quando confesso di non riuscire. E’ un peccato mortale essere umano, in pubblico poi, mi dicono, è un peccato mortale non seguire il copione che dovresti imparare per essere confortante senza preoccuparsi di essere credibile.

E’ successo che mi sono innamorato: innamorato dell’ebrezza di essere almeno un secondo all’altezza delle parole che scrivo, innamorato di spiegare le idee come una tovaglia aperta per una tavolata con le persone più vicine senza preoccuparsi della spendibilità pubblica, innamorato della mia incoscienza dei sogni che mi è stata sempre così fedele da volerla come compagna di vita, innamorato del profumo sulle isole in cui mi sento a casa senza architettare come travestirle. Non importa che capelli ha, come si chiama, da dove viene e dove vogliamo andare. Sono fiero di essermi innamorato dei miei sogni più imprudenti.

Hanno cercato di convincermi in tanti, per prima la vita, che un personaggio pubblico deve avere la grana fotografica dei film che riguardi cento volte di seguito per come è come te lo aspetti. Ho sprecato tempo sotto il palco a nascondere il filo del microfono perdendomi la gioia della mia inquietudine bambina poco prima della scena, ho finto in politica di provare un certo misurato sdegno per personaggi che sono un conato di disgusto, ho perso tempo a nascondere la mia paura, una paura fottuta, davanti alla miopia delle reazioni delle minacce più che delle minacce stesse, ho perso tempo ad ascoltare lezioni di anaffettività che voleva essere marketing della comunicazione, ho creduto per qualche anno che la misura giusta fosse un compromesso tra le linee che mi disegnavano altri.

Vedi cara, pensavo di avere perso la fantasia di pensarmi leggero (con una scorta leggera, se proprio è obbligatoria) o di credere davvero che gli affetti sono i nodi che non stringono ma sciolgono tutto il resto. Ho creduto esaurita l’immaginazione di portarmi la verità come unica spiegazione possibile e non conta se qualche volta sai per certo che sarà perdente: giochiamo ad un altro gioco, e ci invidiano così.

Ho perso le mie ore migliori ad ascoltare chi mi voleva convincere che il cinismo è una buona armatura e adesso mi prendo i miei anni con le mie rughe e la mia penna fragile. Non ci può essere arte dove va di moda vergognarsi della felicità. Non importa che capelli ha, come si chiama, da dove viene e dove vogliamo andare. Sono fiero di essermi innamorato dei miei sogni più imprudenti.

Io sono un conservatore

Conservatori. È l’accusa che Mario Monti ha rivolto a Stefano Fassina, Nichi Vendola. E a Susanna Camusso. I quali, da tempo, avevano imputato al Professore, questo stesso peccato capitale. Monti: colpevole di essere un “conservatore”. Perché i conservatori, in Italia, sono impopolari. E stigmatizzati. Da sinistra, ma anche da destra. Nessuno che ammetta di esserlo.

futuro_presente_passatoEbbene, vorrei fare coming out. Io sono un conservatore. Non riesco ad ad accettare i sentieri imboccati dal cambiamento. Molti, almeno. Il paesaggio urbano che mi circonda. E mi assedia. La plaga immobiliare che avanza senza regole e senza soste. L’indebolirsi delle relazioni personali e dei legami comunitari. Il declino dei riferimenti di valore  –  perfino di quelli tradizionali. La famiglia ridotta a un centro servizi, a un bunker sotto assedio. La retorica dell’individualismo esibizionista e possessivo. Che ci vuole tutti imprenditori  –  di se stessi. La Rete come unico “spazio” di comunicazione. Gli smartphone che rimpiazzano il dialogo fra persone. I tweet al posto delle parole. La relazione senza empatia. Le persone sparse che parlano  –  e ridono, imprecano, mormorano – da sole.

In tanti intorno a un tavolo, oppure seduti, uno vicino all’altro. Eppure lontani. Ciascuno per conto proprio, a parlare con altri. In altri luoghi – distanti. Tempi strani, nei quali tanti si sentono “spaesati”, perché il “paese” appare un residuo del passato. E la “comunità”: un fantasma della tradizione. Il lavoro senza regole e senza continuità. La flessibilità senza fine e senza un fine. Cioè: la precarietà. La politica senza società, il partito personale, riassunto in un volto e in un’immagine. Dove i consulenti di marketing hanno sostituito i militanti. E al posto delle sezioni si usano i sondaggi (d’altronde, quando si dà la possibilità ai cittadini di esprimersi si recano a milioni, alle urne, di domenica e persino a capodanno).

Insomma: i personaggi, gli interpreti e i luoghi della modernità liquida. Non mi piacciono. Li conosco ma non mi ci riconosco. Magari li subisco  –  in silenzio. Ma preferisco  –  di gran lunga – “conservare” quel che resta: del territorio, della comunità, delle relazioni personali, dell’economia “giusta”, della politica come identità. Il “nuovo” come valore in sé non mi attira.

Lo ammetto: sono un conservatore. E ne vado orgoglioso.

Ilvo Diamanti su Repubblica

Senza vergogna fino all’ultimo minuto

OLYMPUS DIGITAL CAMERAAvevo parlato ieri del vergognoso epilogo della legislatura lombarda con spacchettamenti e rivoluzioni di gruppi per non dovere raccogliere le firme e vedo che ne riparla oggi anche Il Fatto Quotidiano. Un giochetto che intanto (ovviamente) continua a pesare sulle tasche dei contribuenti e che dimostra tutta l’impunità ostentata di una classe politica che legifera per salvarsi e ha priorità sempre più deviate e scollegate dalla realtà.

Mentre si tagliano i posti letto negli ospedali lombardi, mentre questo 2013 porterà alla crisi definitiva di aziende in agonia da mesi e mentre le inchieste decimano la credibilità politica in Consiglio Regionale si pensa a come mettersi comodi per le prossime elezioni con scorciatoie di legge.

Mi chiedo come sia possibile che questa classe dirigente (e indigeribile) non possa capire che l’elettorato è alfabetizzato alla grettezza politica e la riconosce da lontano. E mi chiedo perché anche nel centro sinistra si permetta un trucco simile senza proferire parola. Perché a me sembra vergognoso in modo bipartisan e spero anche per Umberto Ambrosoli.

Lombardia Express: si scende

Lombardia-expressTre mesi fa (100 giorni, per dire) in Regione Lombardia si pontificava sulla novità del treno super veloce che portaa da Milano a Varese e Bergamo. Il solito istinto della velocità (molto formigoniano nell’inseguire i record piuttosto che una sana quotidianità) che passa dalla questione TAV fino alle tangenziali inutili per snellire tragitti che non frequenta quasi nessuno. Le parole del lancio erano mussoliniane nella celebrazione:

“Grazie alla coincidenza con il Frecciarossa sarà possibile raggiungere Roma da Varese o Bergamo in quattro ore – ha spiegato l’amministratore delegato di Trenord Giuseppe Biesuz – la nostra volontà è quella di continuare a investire anche nel trasporto per i pendolari e, per questo, gli eventuali utili del Lombardia Express verranno utilizzati per sviluppare i servizi. Si tratta di una sperimentazione – ha proseguito – che renderemo definitiva se sarà positiva la risposta dei passeggeri alla nuova offerta”.

Oggi il servizio è sospeso. Il treno regionale magnificamente rapido ha rapidamente mostrato la malattia del formigonismo: eccellenze da guinnes mentre i pendolari marciscono. Un enorme e costoso spot pubblicitario che chiamavamo Regione Lombardia.

Parlare di scuola sotto questi venti elettorali

banchi_scuolaIl quotidiano online Tecnica della Scuola analizza la centralità dell’istruzione nel dibattito politico pre elettorale e lo fa con attenzione ai numeri e ai temi. Non si può non fermarsi sulle parole di introduzione all’articolo che riprendono tutta la delusione che si può ascoltare tra alunni, genitori e insegnanti sull’istituzione fondamentale per una democrazia sana che è stata sistematicamente sotto attacco negli ultimi decenni:

A sentirli parlare, i politici, dicono tutti che la scuola è “centrale”. Ma della scuola “reale” poco si parla e poco si scrive. Ecco le proposte contenute nell’attuale Offerta Politica e le domande finora senza risposta.

Era salita agli onori della cronaca nazionale al tempo dello scontro sulle 24 ore. Aveva fatto capolino nel match televisivo Bersani-Renzi. Aveva indispettito Monti, che contava di prelevare quei 700 milioni di euro dal lavoro supplementare gratuito dei docenti per risanare i conti pubblici. Poi la Scuola è scomparsa dal dibattito politico. Tutti ne proclamano la “centralità”. Ma nessuno entra nel merito, se non per scandire qualche slogan, spesso un po’ vecchiotto.

C’è da scommettere però che il milione di lavoratori del settore, docenti in particolare, reduci dalle batoste degli ultimi anni, nella veste di elettori staranno ben attenti sul dove mettere la crocetta. Troppe le promesse di “valorizzazione” finite nel bidone.

L’attuale Offerta Politica sembra confezionata su misura di elettore, specialmente quello incerto. Riguardo all’Istruzione, “rilanciare” ed “investire” sono le parole magiche. Qualità, efficienza, valutazione e merito sono le tematiche più trendy, a cui si aggiungono produttività e flessibilità. Si glissa invece sulle risorse. Logoro appare ormai il discorso della scuola più “moderna ed europea”.

Le domande che vengono poste alla politica sono le basi per un programma di governo che voglia segnare davvero il cambiamento. E le risposte sono un suggerimento anche qui, in Lombardia, dove Formigoni è stato spesso l’anticipatore delle pratiche peggiori su scala nazionale. Per uscire dallo sterile dibattito pubblico-privato (dove, secondo la Costituzione, non dovrebbe esserci nemmeno la possibilità di un dubbio) e provare a parlare di riforme. Davvero.

DOMANDE IN CERCA DI RISPOSTA

Per i soggetti politici che volessero misurarsi con la scuola “reale” per rendere davvero “centrale” istruzione, formazione, educazione, suggeriamo alcune domande:
 
1) Quale scuola vogliamo per le nuove generazioni?
2) Come tornare ad investire sulla scuola, per renderla al passo con le sfide del XXI secolo, e dove reperire le risorse?
3) Quale docente? Quali competenze, percorso di formazione, percorso di carriera? Quale stato giuridico? Quale riconoscimento economico? Quale rivalutazione sociale?
4) Come reclutare personale docente giovane ed assicurare il necessario ricambio generazionale?
5) Come assorbire il precariato che logora metà vita professionale dell’aspirante docente?
6) Come gestire il Sistema nazionale di valutazione?
7) Quali proposte per l’autogoverno delle istituzioni scolastiche?
8) A chi giova l’eventuale riduzione di un anno del percorso di studio e diplomare i 18enni?
9) Come si colloca la scuola paritaria rispetto ai finanziamenti pubblici?
10) Come affrontare il problema dell’eccessivo innalzamento dell’età pensionabile rispetto all’esigenza di rinnovamento e al lavoro stesso?

Per le figlie di Giovanni

Chi era Giovanni Sali lo potete rileggere qui. E la sottoscrizione vale proprio la pena di essere rilanciata:

La sottoscrizione per due borse di studio o due borse lavoro, lanciate per le figlie di Giovanni Sali, il carabiniere di Cavenago d’Adda barbaramente trucidato la sera del 3 novembre scorso: la volontà di lanciare una sottoscrizione pubblica è stata resa pubblica dall’Associazione Industriali del Lodigiano e ha trovato un aperto sostegno da parte del nostro giornale. Sono invitati a partecipare alla raccolta i privati cittadini, le imprese, gli enti, le istituzioni e tutti coloro che volessero farsene partecipi. Gli estremi della banca sulla quale far transitare i contributi volontari sono i seguenti:

IBAN IT87R0503520300325570525925

Veneto Banca scpa Filiale di Lodi via Volturno 41 26900 Lodi.

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La cucina (organizzata) che fa paura alla camorra

SCRITTO PER IL FATTO QUOTIDIANO

image_copy_38Ho conosciuto Peppe Pagano qualche anno fa durante una tournée nelle zone di Casal di Principe, Aversa e San Cipriano d’Aversa. Mi ricordo le sue mani grosse, da lavoratore e il sorriso lieto e accogliente dei suoi ragazzi mentre ci preparavano il pranzo con l’attenzione di un rito. C’era tutta la bellezza di fare antimafia attraverso il lavoro e il riscatto sociale di un ristorante portato avanti cucinando insieme affetti, legalità e imprenditoria.

Nel nome del ristorante (Nuova Cucina Organizzata che risponde a quella Nuova Camorra Organizzatadi Raffaele Cutolo che a questi tavoli fa meno paura) c’è tutto lo spirito dell’iniziativa: aggregazione in terra di individualismi e soprattutto paure individuali. Dentro il ristorante lavorano ragazzi con problemi psichici e con un impegno leggero, vengono cucinati piatti con ingredienti di terreni confiscati e si coltiva lo stare insieme con responsabilità antimafia: una grande famiglia organizzata dove tre o più persone perseguono il bene pubblico con l’arma della solidarietà contro il bene prepotente di qualcuno. Un 416 bis al contrario e etico, insomma.

La notte del 1° gennaio quattro colpi hanno crivellato il portone del ristorante per provare a spaventare questo percorso d’impegno e bellezza. E’ stato lo stesso Peppe Pagano a raccontarlo sul proprio profilo Facebook. Il comitato “don Peppe Diana” e “Libera” esprimono “la più netta condanna verso il vile e inutile gesto”. “Nco – si legge nella nota – è parte integrante del comitato ‘don Peppe Diana’ e ‘Libera’ che insieme a tantissime associazioni, cooperative, movimenti, promuovono gesti concreti di liberazione del nostro territorio, tra cui il ‘Pacco alla Camorra‘. Quei colpi di pistola sono diretti contro il cammino di riscatto intrapreso da tantissimi cittadini che si affrancano così dai tentacoli della camorra”.

Sabato prossimo, 5 gennaio, alle 10, assemblea pubblica nel ristorante-pizzeria di San Cipriano: “Il comitato don Peppe Diana e Libera fanno appello a tutta la società responsabile perché faccia sentire forte la propria voce. Questo cammino – concludono associazioni e attivisti – non si fermerà. Non si ferma la storia. La nostra terra ha detto basta alla camorra, ai suoi soprusi e al suo dominio e niente potrà farla indietreggiare”.

Le volte che ti vergogni di stare qui (al Pirellone)

gallery_4b54dd9e37094_PirelloneAl posto dei pacchetti di natale quest’anno in Regione Lombardia sono arrivati gli “spacchetti“:

Grazie alla nuova legge elettorale della Regione Lombardia, approvata il 26 ottobre, il medesimo giorno in cui fu sciolto il Consiglio regionale, i gruppi presenti in Consiglio possono evitare la faticosa corsa alla ricerca delle firme per presentare la lista alle elezioni. Bastano tre consiglieri per formare un gruppo consigliare e così è accaduto che alcuni consiglieri abbiano “spacchettato” i vecchi gruppi e, uscendosene, hanno dato vita a nuove formazioni.

Dal Pdl sono nati “Lombardia popolare” di area formigoniana con Doriano Riparbelli, Angelo Gianmario, e Marcello Raimondi, questi ultimi due indagati per peculato: tutti e tre in appoggio a Gabriele Albertini. Ancora dal Pdl nasce ”Centrodestra nazionale” che ospita gli ex An Roberto Alboni, Romano La Russa e Carlo Maccari, tutti ex An.

Poi ci sono i gruppi autonomi nati dal Carroccio: si tratta di “Tremonti – 3L Lista, Lavoro e Libertà“, di cui fanno parte Massimiliano Romeo, Jari Colla e Roberto Pedretti. Ancora leghisti sono Angelo Ciocca, Ugo Parolo, entrambi indagati per i presunti rimborsi illeciti, e l’inquisito ex presidente del Consiglio, Davide Boni. Hanno creato il nuovo gruppo “Popolo della Lombardia“.

Infine il quinto gruppo, il “Centro popolare lombardo – I moderati“, è stato costituito dagli Udc Enrico Marcora e Valerio Bettoni e dall’Idv Franco Spada. Questo gruppo è in appoggio al candidato presidente di centrosinistra Umberto Ambrosoli.

I cinque nuovi gruppi peseranno sulle casse pubbliche per 100mila euro e l’indennità di un capogruppo è più alta rispetto a quella di un consigliere: fino a 1.300 euro in più al mese. Per i tre mesi che mancano per le elezioni si calcolano uscite supplementari per altri 70mila euro.

Dispiace che Umberto Ambrosoli non abbia speso una parola, una parola una, sul Centro popolare lombardo e sulle dinamiche del parto. Peccato.

Beppe Alfano 20 anni dopo

A3-VENTENNALENon so se succede anche a voi ma quando si comincia ad entrare nel ventennale di un omicidio e non si ha ancora un quadro completo della verità mi assale un senso di inadeguatezza verso i famigliari della vittima. Inadeguatezza come cittadino di un Paese che deve commemorare con la voce sempre più alta perché la memoria (e la verità) non si incaglino negli scogli del silenzio o peggio di una versione pervertita dei fatti.

Quest’anno sono venti anni che è stato ucciso dalla mafia Beppe Alfano e il 7 e 8 gennaio ci ritroviamo nella “sua” Barcellona Pozzo di Gotto (ME) per coltivarne memoria.

Beppe Alfano per me è anche l’amicizia che oltrepassa la stima politica con Sonia e forse essere lì con lei è anche la faccia di un’umanità di affetti (e di intenti) a cui proprio non voglio rinunciare: sarò teatrante il 7 gennaio alle 21.30 con Nomi, Cognomi e Infami e politico il giorno successivo in un dibattito con Sonia, Luca Tescaroli (Sostituto procuratore, Procura di Roma), Salvatore Borsellino (fratello del magistrato Paolo Borsellino), Rosario Crocetta (Presidente della Regione Sicilia), Fabio Repici (avvocato famiglia Alfano), Beppe Lumia (Senatore, già Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia) Marco Travaglio (giornalista), Luigi De Magistris (Sindaco di Napoli)e Giorgio Ciaccio (Deputato, Assemblea Regionale Siciliana) moderato da Peppino Lo Bianco.

Teatrante e politico, appunto.

Il programma completo lo trovate sul sito di Sonia.

La memoria breve

memoria-iconAlessandro la chiama “principio dell’irresponsabilità” ma il concetto di fondo è lo stesso: gente che ha governato e improvvisamente indossa le vesti dell’opposizione contestando i propri atti di governo, politici da decenni che ci vorrebbero convincere di essere stati illuminati all’improvviso smentendo le decennali opportunità di governare che hanno collezionato in carriera, partiti ripuliti nel giro di una notte, macerie di partiti riciclate in movimenti civici e spartizione di posti e poltrone ancora prima che si siano celebrate (e magari vinte, se qualcuno se ne interessasse davvero) le elezioni.

Faccio una piccola proposta per la campagna elettorale che ci aspetta: non avere paura di parlare di discontinuità e magari praticarla. E costruire un’idea nuova di discontinuità che non abbia bisogno (solo) di cambiare le persone ma di sostituire vecchi metodi e gli antichi balbettamenti. E fare le cose seriamente: chiarire un programma che sia preciso nei suoi punti principali e che già oggi ci dica cosa vogliamo recuperare dalle demolizioni montiane nel campo del lavoro (l’articolo 18 ad esempio), dei diritti e nell’interpretazione dei rapporti di forza in Europa e nell’economia. Allo stesso modo in Lombardia smettere di lambiccarsi su ciò che di buono ha fatto Formigoni e raccontare cosa di diverso siamo pronti a mettere in campo noi.

Perché ogni tanto mi coglie il dubbio che in questa moda di “moderatismo” le diversità che ci impauriscono di più siano proprio quelle di interpretazione politica del nostro Paese. In un mare che assomiglia più ad un brodo in cui tutti galleggiano senza volere spiegare le vele. Galleggiare per trascinarsi alle prossime elezioni da sopravvissuti più che da timonieri. E poi stupirsi dei risultati delle radicalità, magari. E chiamarle populismi. Alla Monti.