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editoria

Mi terrorizza la ferocia di questi, oltre al terrore

Questa mattina, se mi permettete, non scriverò il mio consueto buongiorno. Quindi non mi dedicherò alle notizia di oggi (da Londra alla bagarre sui vitalizi fino alla prossima celebrazione dei trattati europei) ma vi racconto una sensazione.

Nella casella di posta stamattina molto presto mi è arrivato un messaggio, ovviamente da un profilo Facebook che non è riconducibile a nessuna persona reale: la foto del profilo è un soldato ripreso di spalle e il “nome” una semplice sigla “Dem Ken”. Dice, il messaggio, letteralmente:

«cara zecca, prenditela con gli extracomunitari terroristi, volevi anche tu l’europa dell’accoglienza? eccoti servito!»

Mi sono sforzato di immaginare quale strana connessione possa scattare nell’animo di qualcuno per prendersi la briga di scrivere una frase del genere a un insignificante editorialista, quale sia quell’organo così peloso che possa vomitare in una frase del genere gli accadimenti di Londra.

Poi, per immergermi nella meglio nel cassonetto a toccare con mano il percolato della ferocia, mi sono fatto un giro sulle pagine dei fomentatori professionisti (niente nomi, oggi nessuna pubblicità), ancora:

“Ennesimo attentato terroristico islamico a Londra ci conferma che l’Europa è ormai una fabbrica del terrorismo islamico.
Continuiamo ad importare “arricchimento” culturale…i risultati sono questi”

“QUANDO C’ERA IL FASCISMO MIO PADRE DICEVA SEMPRE TUTTI AVEVANO UN LAVORO E NON C’ERA DELIQUENZA!”

“adesso ho capito perche’ la boldrini vuole dare la cittadinanza ha tutti quelli che arrivano nel nostro paese , cosi risultano italiani quando uccidono qualcuno”

“E adesso ?… I buonisti quale caxxata si inventeranno per l’ennesimo attentato facendo passare per un squilibrato un paranoico ecc. senza ragionare un attimino che questi signori perbene attentatori stanno dichiarando guerra ai fessi della UE fallimentare?”

(continua su Left)

Che silenzio intorno a ‘Mondazzoli’

medium_151005-160440_To051015Cro_051-300x225Sono un autore Rizzoli e credo che il ruolo di chi scrive sia anche quello di osservare, ossessivamente se serve, e sono convinto che il nostro lavoro sia un privilegio che ha delle responsabilità. Mi piacerebbe, mi sarebbe piaciuto pensare che in un Paese in cui gli scrittori per vendere qualche copia in più sono pronti a quasi tutto, un passaggio epocale come quello che sta avvenendo in questi giorni meriterebbe un confronto continuo, un dialogo altisonante e deciso e piuttosto del silenzio anche qualche panzana scritta in maiuscolo.

Ne ho scritto qui.

Una buona notizia su libri e piccole librerie

the-abbey-bookshop-1Hanno stretto la cinghia. Messo in gioco la fantasia. Ribadito la passione per il mestiere. E oggi, mentre le catene librarie e la grande distribuzione piangono la diaspora dei lettori, le librerie indipendenti tirano un sospiro di sollievo: il peggio è passato.
L’ha certificato Nielsen per l’Associazione italiana editori: nei primi quattro mesi dell’anno le librerie indipendenti sono cresciute del 2,3 per cento per copie vendute e dell’1,9 per cento in valore. Una boccata di ossigeno che, al di là dei bilanci finali, una cosa ha reso ufficiale: la forza di un modello. Di una formula che, facendo leva più sulla qualità che sui grandi numeri, può vincere su più muscolosi modelli commerciali.
Una ragione di ottimismo, in un universo sensibile a intercettare i cambiamenti. Perché il piccolo libraio è «come uno skipper bravo su una barca», nota Romano Montroni, presidente del Centro per il libro e la lettura e responsabile didattica alla Scuola per librai Umberto ed Elisabetta Mauri: «L’uno sa cogliere anche il più piccolo vento. Con uno incapace la barca non si muove, anzi diventa pericolosa».

Di capitani bravi è piena la penisola: consanguinei della stessa passione, distribuiti in roccaforti dove i libri sono amati, curati, valorizzati. Spesso eredità di storie familiari in luoghi grondanti fascino.
«La competenza è la parola decisiva: quelli che hanno saputo tenere alta la qualità ormai ce l’hanno fatta», dice Montroni. «La crisi ha fatto chiarezza nei comportamenti dei consumatori e reso evidente che le strategie di marketing delle catene non pagano più. Standardizzate, senza librai veri, hanno finito per soccombere non appena il lettore occasionale ha smesso di comprare. I veri lettori, rimasti fedeli, sono persone che chiedono atmosfera piacevole e professionalità forti. Chi pensa che chiunque possa fare questo mestiere sbaglia». Identità. Competenza. Rapporto coi clienti. La morìa di librerie ha fatto emergere le carte per sopravvivere.

(fonte)

#OccuPAY cose così ovvie e così rare

Nasce OccuPAY. In un Paese normale non esisterebbero. In un Paese normale:

CGjaaknUYAEe_b6.png:largeCHI

OccuPAY è un gruppo di lavoratori dell’editoria – traduttori, autori, redattori, editor, agenti –  aperto alla collaborazione con tutte le figure professionali coinvolte nella filiera del libro.


COSA

Vogliamo creare un canale di comunicazione e scambio di informazioni, per raccogliere e diffondere nuovi modelli di buona pratica editoriale.
Vogliamo far fronte comune nei casi di abusi e malcostume perché in futuro il rispetto degli impegni contrattuali e dei diritti dei lavoratori della filiera sia la regola, e non l’eccezione.

COME

1. Facendo rete tra i lavoratori dell’editoria;

2. Mettendo insieme informazioni e idee e agevolandone lo scambio;

3. Incoraggiando il dialogo e la collaborazione tra editori e lavoratori dell’editoria;

4. Facendo in modo che autori, traduttori e collaboratori editoriali abbiano maggiore consapevolezza dei propri diritti e la capacità di esercitarli.

5. Informando i lettori su tutti i passaggi della filiera del libro e del mercato editoriale.

(PS Siamo in dirittura d’arrivo del nostro crowdfunding per il mio prossimo spettacolo e libro. Se volete darci una mano potete farlo qui. E passatene parola. Se potete e se volete. Grazie.)

La scomparsa della vergogna di non sapere

“Non c’è solo la corruzione del denaro, che devasta larga parte del Paese, c’è la corruzione delle menti, la scomparsa della vergogna di non sapere, di non sapere parlare e quindi di pensare con difficoltà”.

(Corrado Augias)

Palermo: nasce L’Ora quotidiano online. Sarà diretto da Vittorio Corradino, Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza.

1904161_547046008761194_943729624485897696_n(ANSA) PALERMO, 18 ottobre 2014.  Da lunedì prossimo sarà on line www.loraquotidiano.it, un quotidiano digitale generalista,diretto da Vittorio Corradino, Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza, affiancati da uno staff di giornalisti con alle spalle anni di cronaca sul campo.   Loraquotidiano.it – dice una nota – intende raccontare la Sicilia giorno per giorno, con un’attenzione particolare su Palermo, recuperando la tradizione artigianale dello storico quotidiano del pomeriggio, pilastro dell’informazione civile e antimafia del giornalismo italiano. Le inchieste giudiziarie più scottanti, i retroscena dei Palazzi del potere politico e di quello economico, le alchimie e i paradossi di una terra che mai come oggi è un laboratorio in continua evoluzione: tutto questo sarà sulle pagine de loraquotidiano.it, ma anche sul magazine bimestrale cartaceo, che ospiterà approfondimenti e inchieste. Contemporaneamente, continua la nota, tornano in edicola I Quaderni de L’Ora: il numero 11 è dedicato all’imminente deposizione del Presidente Giorgio Napolitano al processo sulla Trattativa Stato mafia, con interventi di Alfonso Giordano, presidente del Maxi Processo, dell’ex pm Antonio Ingroia, un sondaggio tra i 90 deputati dell’Ars e con “Squilla il telefono”, inedito teatrale di Giulio Cavalli, sull’inchiesta Stato-mafia della procura di Palermo.

L’aria intorno ad Amazon /2

Il New York Times risponde alla riposta di Amazon:

di David Streitfeld

Forse Amazon è davvero scossa dal fenomeno di Authors United, catalizzatosi intorno allo scrittore Douglas Preston. Gli autori stanno chiedendo ai loro lettori di tempestare di mail Jeff Bezos, amministratore delegato di Amazon, per fargli smettere di “prendere libri in ostaggio” in occasione della controversia con Hachette.

Venerdì scorso, Amazon si è presentata sotto la sigla di Readers United, mettendo on line una lettera dove si incoraggiano gli acquirenti di e-book a tempestare di mail l’amministratore delegato di Hachette, il cui indirizzo è stato prontamente fornito.

Amazon, nella sua lettera, ha ribadito le argomentazioni delle ultime settimane: gli e-book devono essere più economici e Hachette sta derubando i lettori, impedendo che ciò accada. Amazon ha anche fornito degli esempi di giornalismo virtuoso sul tema – una lista molto selettiva.

Per i lettori che non dovessero essere sicuri di cosa scrivere con precisione a Hachette, Amazon ha fornito anche un elenco di punti. Il primo è: “abbiamo notato il vostro cartello illegale”, chiaramente un rompighiaccio in questo tipo di discussioni.

Amazon sostiene che le persone che si scagliano contro gli e-book si scagliano contro il futuro, e parla di come l’industria del libro odiasse i tascabili economici quando furonio introdotti nel 1930, di come sostenesse che avrebbe rovinato il business quando invece il tempo ha dimostrato il contrario. Purtroppo però, per rafforzare la propria tesi, Amazon ha tirato in ballo l’autorità sbagliata:

“Il famoso scrittore George Orwell venne pubblicamente allo scoperto e dichiarò: “gli editori dovrebbero unirsi contro di loro”. Sì, George Orwell stava suggerendo proprio questo.” Cioè, secondo Amazon, di fare cartello.

Ora. Può l’Amazon team, accreditato come la fonte di questo post, avere scritto proprio una cosa del genere? Perché, insomma, basterebbe un colpo di google per rivelare che Amazon sta travisando questo “famoso autore.”

Quando Orwell scrisse la frase citata, stava celebrando i tascabili economici della Penguin, non certo sollecitandone la soppressione. E allora può Amazon – che recentemente ha fatto sparire senza preavviso dai Kindle dei propri clienti diverse copie di 1984 dopo aver scoperto che non ne possedeva i diritti per l’edizione elettronica – davvero credere che George Orwell – tra tutte le persone! – avesse voluto sopprimere i libri?

Ecco dunque ciò che scrisse davvero Orwell sul «New English Weekly», il 5 marzo 1936. “I libri Penguin rappresentano splendido valore per sei pence, talmente splendido che gli altri editori dovrebbero unirsi per reprimerli”.

Capito? Gli piacevano.

Orwell continuò poi a minare quelle che sono diventate le argomentazioni di Amazon in un modo molto più efficace di quanto abbia fatto la stessa Hachette. “Naturalmente è un grande errore pensare che i libri economici incentivino il commercio dei libri”, scrisse. “In realtà è proprio il contrario… Più i libri diventeranno economici, meno denaro verrà speso per i libri”.

Invece di comprare due libri costosi, continuava Orwell, il consumatore comprerà due libri economici e quindi utilizzerà il resto dei suoi soldi per andare al cinema. “Questo è un vantaggio dal punto di vista del lettore e non fa male al commercio nel suo complesso, ma per l’editore, il compositore, l’autore e il libraio, è un disastro”, concludeva.

Il vero problema, sostenne lo scrittore in un saggio di un decennio più tardi, “Libri contro sigarette,” riguardava i libri in sé. Avevano trascorso un momento difficile, dovendosela vedere con altri media – una questione ancora aperta nel 2014.

“Se il nostro consumo di libri rimane basso come è stato fino ad ora”, scriveva Orwell, “ammettiamo almeno che questo accade perché la lettura è un passatempo meno eccitante che andare alla corsa dei cani, al cinema o al pub, e non perché i libri, che comunque possono essere presi in prestito, sono troppo costosi”.

Un portavoce di Amazon non ha risposto alle domande sulll’ipotesi che Orwell non stesse davvero sostenendo un fantomatico cartello di editori ma, semplicemente, facesse dell’ironia.

Quando il libro era un luogo

Una bella riflessione di Marco Belpoliti su lettura tradizionale e lettura digitale:

Noi lettori – tu compreso – siamo diventati dei produttori di contenuti a pieno titolo. Di più: partecipiamo alla “co-creazione del valore”. Henry Jenkins ci ha scritto sopra un libro, Cultura convergente (Apogeo): si chiama “produso” (produzione tramite l’uso) o “wreading (writing + reading). Partiamo dalle tesi di Piper sul libro elettronico. Le elenco: 1) il libro elettronico, a differenza del libro tradizionale, tiene le cose fuori di sé; 2) la lettura digitale è sempre centrifuga; 3)il testo che si espande è diventato il nuovo standard; 4) la pagina digitale non è una finestra ma una porta. Ce ne sono altre, ma mi concentro su queste.

Primo punto: noi non possiamo toccare la sorgente delle lettere sullo schermo (il disco fisso elettromagnetico) senza distruggerla, mentre il libro è tutto lì, tra le nostre mani e possiamo anche stropicciarlo, farci delle “orecchie”; i testi digitali non si possono “sentire”. Secondo punto: nel Settecento i critici dei giornali dicevano: ma perché vi interessa leggere cosa succede in Svezia o in Polonia? Oggi sappiamo che tutto è diventato vicino.

Di più: centrifugo. Meglio: oggi l’esterno è definitivamente dentro. Dentro il nostro computer (il medium che uso ora per scrivere: scritto l’articolo con un clic lo faccio arrivare sul tavolo della redazione e con altri clic andrà in pagina, su carta, e anche on line, dove tu ora lo puoi leggere sul tuo supporto elettronico: niente è fuori, tutto dentro). Dice Piper: la proprietà transitiva domina il mondo. Ha ragione (non è il primo a dirlo: Baudrillard negli anni Ottanta). Terzo punto: è una conseguenza del precedente. Invece di usare la proprietà transitiva (il prefisso inter: internet, interdisciplinare, intermediale, parole obsolete) oggi siamo dentro, e abbracciamo. Dentro, ma espandendoci: leggere è un movimento centrifugo. I testi si estendono a dismisura, non c’è più neppure il libro a contenerli: sono ipertesti. Se navighi nel web, come suppongo, lo sai bene. Quarto punto: la pagina digitale non somiglia a una finestra.

Questo era il vecchio mondo. Il tablet su cui tu puoi leggere queste parole è solo un portone, un portale di passaggio. Lo dice anche Vanni Codeluppi in un recente libro (L’era dello schermo, Franco Angeli). Cita McLuhan e Baudrillard (“Si entra nella propria vita come si entra in uno schermo”). Secondo una ricerca, dice Piper, “più tempo passiamo a leggere su uno schermo, meno tempo passiamo a leggere ogni singola porzione del testo”: lo schermo induce a cogliere l’insieme, non le singole parti che lo compongono.