idv
E’ una questione politica e morale. Di coerenza. Insieme.
23.43 leggo (non avevo dubbi) che Sonia racconta l’imbarazzo del silenzio (assenso) sulla vicenda Minotauro, Piemonte, Porcino ma soprattutto silenzio. E sono contento che siamo insieme.
Porcino, per l’ultima volta
Sulla vicenda mi sono espresso chiaramente qui per i miei pochi affezionati lettori. Ne ha scritto anche il Corriere della Sera e riprende esattamente la mia posizione. Ma non mi si venga dire che bisogna aspettare le decisione della direzione nazionale o del presidente. Perché esprimere un’opinione (in politica soprattutto) è caldamente consigliato e perché le cose migliori di questi ultimi mesi sono venuti dalle piazze, dal basso. E perchè (lo ripeto allo sfinimento) qui si tratta solo di discutere la reazione politica e non la condanna morale a priori. Qualcuno con la schiena dritta ne scrive ma questa volta non sopporterò chi servile e sottovoce mi darà di gomito dicendomi sono con voi ma non posso espormi. Perché non siamo tutti uguali.
Dimissioni
Velocemente per confermare le voci che dicono delle mie dimissioni da coordinatore di Milano. Buon pomeriggio.
Due pesi due misure
Dispiace leggere che la vicenda Porcino si chiude con un attestato di solidarietà del presidente Di Pietro. Lo dico con tutti il garantismo di questo mondo ma anche con l’esperienza passata di chi ha preteso spiegazioni politiche dal leghista Ciocca e nella vicenda di Pietrogino Pezzano. Dire che non ha avuto rapporti smentisce un documento degli investigatori e non penso proprio possa bastare per evidenziare differenze dagli altri che attacchiamo spesso proprio su questi temi. E mi fa sentire sconsolatamente troppo poco diverso per sentirmi bene.
‘Ndrangheta in casa
Tutte le volte che mi è capitato (tante) di raccontare come gli uomini di ‘ndrangheta bussassero alla porta di tutti i partiti (il boss bollatese Mandalari diceva destra o sinistra non ce ne frega un cazzo, l’importante è che ci fanno lavorare) alcuni iscritti (ed eletti o peggio nominati) di IDV storcevano il naso. Perché non si dice, mi dicevano. Si rischia di confondere. Eppure il gioco di raccontare le mafie solo a destra non sta in piedi da sempre (leggetevi le carte della Liguria, del Piemonte, dell’Emilia e di qualche nome a sinistra qui in Lombardia) ed è intellettualmente disonesto. E mi ricordo molto bene il fango che mi ha schizzato quando in campagna elettorale mi è capitato di rifiutare con sconcerto la vicenda della candidata IDV Cinzia Damonte che partecipava ad una cena organizzata dal boss Orlando Garcea. In quell’occasione scrissi: ‘ogni cena elettorale con l’odore marcio di mafie è l’occasione doverosa per prendere una posizione. Un’occasione d’oro per dichiarare da che parte stare. Che sia una candidatura di destra o di sinistra. La superficialità e la disattenzione verso le mafie sono il vero concime della criminalità organizzata; un’indifferenza che si paga’. Così come ho appoggiato la richiesta di chiarezza nel comune di Vallelunga sollevata da Sonia Alfano su Il Fatto Quotidiano.
Qui non si tratta ora di decidere (sulla base dei primi elementi a disposizione) se e quanto sia colpevole l’onorevole Porcino e l’Assessore all’Istruzione del Comune di Alpignano Tromby Carmelo negli atti dell’operazione antimafia Minotauro e negli incontri con il boss di Rivoli Salvatore Demasi o nelle annotazioni di altri politici del Partito Democratico come scritto nell’annotazione del Reparto Operativo del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Torino del 5.4.2011: la differenza sta tutta nella reazione politica (e nell’intransigenza) di fronte a queste notizie. Perché gli elettori (anche i nostri) si sono stancati di sentire la favola che se succede a sinistra è una leggerezza e se succede a destra è l’emersione di un sistema e perché non fa bene all’antimafia strepitare per le ombre degli altri se non corriamo a dissipare le nostre (perché non posso che augurarmi che queste ombre siano presto dissipabili).
Pio La Torre ci ha lasciato in eredità il dovere politico di denunciare la propria mafia e non solo quella degli altri, Rita Atria scriveva prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combarrete la mafia che c’è nel giro dei tuoi amici, la mafia siamo noi ed il nostro modo sbagliato di comportarsi.
La maxi operazione piemontese è un’occasione politica unica per dimostrarsi meno credenti e più credibili. Perché non siamo tutti uguali e non possiamo nemmeno pretendere (alla soglia di un referendum sul tema) di essere più uguali degli altri. E perché un luogo è abitabile finché resta potabile.
Vincitori abusivi
Ieri il sole è sorto alle tre del pomeriggio. E già si capisce che non è una storia iniziata con una giornata normale. Milano esplosa in piazza Duomo con un festa che di ‘politico’ aveva soprattutto la voglia di uscirne insieme e Napoli che vuole diventare la città dove tornare sono le cartoline dell’alba. E in giro si scrivono fiumi di analisi e commenti.
Festeggiano i partiti: abbiamo vinto noi, dicono tutti eppure la sfida, adesso, è quella di avere dei partiti all’altezza dei candidati. Giuliano a Milano e Luigi a Napoli si ritrovano a comporre le squadre per i prossimi cinque anni e sanno bene come questo vento li terrà sotto osservazione. Continuate a starmi vicino diceva ieri Pisapia emozionato in piazza Duomo, non abbassiamo la guardia scrivono in molti sulla rete. Perché questo profumo non può corrompersi nemmeno con un’ombra piccola nel gioco solito delle spartizioni: Giuliano e Luigi stanno disegnando un’altra storia, ci hanno raccontato la forza dell’onda unita a Milano e l’abbattimento dei recinti di partito a Napoli. Le squadre saranno il prossimo capitolo.
Oggi siamo pieni di analisi e analisti che si rincorrono (alcuni con le solite idee già fallite di aprire al terzo polo o a stravaganti alleanze centriste) sotto questo primo sole. Eppure Milano e Napoli hanno votato contro il berlusconismo ma hanno votato anche verso la voglia di sinistra. La sinistra che, al di là delle demonizzazioni dei berluscones più esagitati, sta nel controllo di consumo di suolo, nell’obbiettivo dell’uguaglianza sociale, nel dovere di costruire opportunità, nel diritto ad un lavoro (in sicurezza), nelle leggi come modello di convivenza civile, nell’ambiente come eredità da conservare e nella trasparenza delle proprie azioni.
A Milano Giuliano ha messo insieme le persone per desideri e obbiettivi stralciando i diversi colori, le provenienze o i ceti di appartenenza. E sono contento di avere fortemente voluto una responsabilità di coalizione per credere in un finale a cui credevano in pochi. Anche se trovo sempliciotta (e continuerò a ripeterlo con forza) la scusante della coalizione per un risultato di partito che è nazionale e che deve (e continuerò a ripeterlo con forza) porre interrogativi. Perché a Milano ha vinto “il partito” di Pisapia che oggi nessuno sa che faccia abbia realmente se non per averlo letto nelle facce della gente che ieri ha riempito la piazza. E noi dobbiamo ripartire da quella gente.
A Napoli Luigi ha segnato la fine della partitocrazia. Ha vinto più di quanto possa giustificare chiunque. Ha vinto raccontando una politica che sta nei progetti e non nei simboli. Ha vinto chiedendo agli intermediari delle segreterie di mettersi da parte. Ha vinto raccogliendo una “vocazione maggioritaria” che tutti si tirano per la giacchetta. Eppure ha vinto da solo. Perché in prima battuta ha dovuto battere (guarda caso, come Giuliano) anche quelli che oggi si mettono in posa con il sorriso dei padri della vittoria e perché ha surclassato i partiti che l’hanno sostenuto.
Poi c’è il carro dei vincitori: che è sempre uno dei momenti più divertenti nella sbornia del giorno dopo. Con Pisapia al secondo turno non c’è nessuna possibilità mi diceva qualcuno che ieri si metteva in posa con il neo sindaco. Tutti moderati o comunisti secondo le bisogna. Luigi era un infame ricattatore che voleva distruggere il partito (e io e Sonia Alfano con lui) secondo alcuni che oggi lo appendono come manifesto della vittoria. Forse la cautela nei giudizi (e la memoria dei giudizi) è un valore che splende sotto questo vento.
Ha ragione l’amico Pippo Civati, sono qui tutti a dire che è finito un ciclo, e però ci stanno dentro e sperano che duri ancora un po’. Noi entriamoci in fretta.
La forma del voto
Ho voluto aspettare un paio di giorni poi ho pensato che sono due giorni persi per il ballottaggio di Luigi a Napoli e Giuliano a Milano: il voto potrà avere forma compiuta dopo i ballottaggi che ci diranno chiaramente alcune cose.
Innanzitutto si è inceppata la Lega (lo analizza bene Pippo qui) e questo costringerà le camicie verdi a cominciare a parlare d’altro che non siano rom o federalismo. Che il calo avvenga poi proprio nel momento in cui il sogno del “federalismo” viene dato in piena fase di realizzazione rende il tutto ancora più complicato. Ieri un rappresentante leghista mi diceva “la Moratti deve ammettere di avere sbagliato”, sono anni che la Lega non usa (e non aveva bisogno di usare) il “noi” sul tema delle responsabilità, ora devono imparare a farlo con urgenza. E addossare tutte le colpe al PDL regge poco: i due candidati sindaci espressi da Bossi & co. (a Bologna e a Torino) non hanno superato il 30%. E lì non c’era di mezzo nessuno, solo dirigenti espressi dal partito, tutti indigeni padani.
Milano e Napoli sono due venti magici. Giuliano ha cementato una coalizione che si è ritrovata unita (l’unità della sinistra, questo miraggio evocato da secoli…) e ha accompagnato un candidato che non è mai caduto nella trappola di etichettare e circoscrivere la campagna elettorale. Giuliano non si è fatto rinchiudere nell’antiberlusconismo, nella destra contro la sinistra o nella faida tra i vari sponsor nazionali (come avrebbe voluto Berlusconi): Giuliano è un elegante aggregatore. Nel suo comitato elettorale il giorno dei risultati si è rivista insieme gente in eterna lotta fratricida rinfrancata dal comune obbiettivo. O dall’obbiettivo comune. Uno stare insieme che non ha avuto bisogno di forzature o algebriche mediazioni: stare insieme per fare un’altra città. Ora i berluscones ricominceranno con il fango ma questo voto dice già che c’è un rinnovato disgusto per la delazione e le bugie. E Pisapia ha proposte e sue verità buone (e umili) da trasformare in progetti.
A Napoli Luigi ha scassato. E’ partito con le spalle al muro (messo lì dai nemici e dai presunti amici) e ha incassato cifre impensabili. 11 punti di voto disgiunto sono un risultato incredibile: 50 mila napoletani hanno votato Luigi sindaco pur votando altre liste. E’ l’argine che si rompe. Bello, soprattutto per chi vedeva in Napoli l’occasione buona per recintarlo. E il metodo gli permette già di raccontare un’altra storia, “ho già detto che 12 assessori sono sufficienti, e che io vorrò al mio fianco solo persone oneste, credibili e coraggiose. Noi non abbiamo partiti da accontentare o persone da sistemare nelle partecipate” è la frase che sta nel vento che deve diventare presto nazionale.
Il terzo Polo intanto decide di non decidere (sai che novità) e continua nel suo mercimonio al miglior offerente. Vorrebbe essere l’ago della bilancia ma l’importanza continuiamo a dargliela noi ostinandoci ad inseguirli (ma non troppo).
Il Movimento 5 Stelle ha ottenuto risultati importanti. Ha ragione Dino Amenduni su IlFattoQuotidiano, continuare a etichettare il Movimento5Stelle come “antipolitica” e trattare una forza politica così rilevante in tante città (e anche nelle province, dato che richiederebbe un’analisi a parte) come se i loro elettori fossero alieni o barbari, inizia a diventare un esercizio di arroganza e supponenza che non fa altro che alimentare il serbatoio di idee dei grillini. Parliamo di liste che a Bologna hanno preso il doppio dei bolognesi Fini e Casini ma senza avere lo stesso spazio televisivo, lo stesso budget e la stessa popolarità. Il Movimento sarà in tanti consigli comunali in Italia e da lì proverà a cambiare la politica dal di dentro. E lo faranno anche giovanissimi, non costretti a pregare qualche dirigente per farsi mettere in lista dopo anni di servizievole gavetta. Sarà il caso di ascoltare le istanze di questa forza, studiare i loro metodi, prendere il meglio di quelle energie e, soprattutto, non considerarli nemici. Non sono anti-politica, tutt’altro: sono anti-sistema, come tantissimi italiani.
IDV ha perso voti. Il primo passo è riconoscerlo, per favore. E provare a ripartire con slancio senza rabboccamenti matematici per non doverlo dire. Il vento che sta abbattendo il berlusconismo sul Paese chiede onestà intellettuale. Poi si pensa (insieme) come ripartire. E su questo avremo modo di parlare. Adesso c’è da pensare al ballottaggio.
Chi ha raccolto le firme per il referendum sul nucleare
Io li ho visti. Come direbbe Pasolini io so (e ho anche le prove): il referendum sul nucleare è possibile solo (solo e solamente) grazie alla raccolta delle firme dei tanti attivisti dell’IDV. Senza fregole e remore sotto la pioggia e sotto il sole tutti dietro i banchetti. Più di quanto io abbia avuto il tempo di aiutarli. Per questo li ringrazio e per questo bisogna dirlo a tutti che questa è tutta farina del sacco della base IDV. E per questo rido quando sento che ‘i partiti ci vogliono mettere il cappello’.
Matrimoni fuori tempo
Ci sono matrimoni pericolosi già dalla nascita come questo. Ci sono comunque modi e momenti per celebrarli. In Campania mentre si tiene (bene) la barra dritta a Napoli con Luigi forse era il caso di cancellare le nozze.
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