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Dal proclama al rinvio

Mi servirebbe sapere qual è la differenza tra lo scorso governo Berlusconi-Berlusconi e l’attuale governo Berlusconi-Letta sugli annunci. Mi servirebbe sapere se i critici della ‘politica degli annunci’ di B. trovano più etica, più responsabile, più democratica la ‘politica dei rinvii’.
Mi piacerebbe anche sapere se la coalizione che ha partorito questo governissimo è quella stessa urgente e ineludibile che era obbligatoria per affrontare le emergenze: le emergenze che sono state tute rinviate a dopo l’estate per non disturbare la missione della crisi.
Siamo passati del proclama al rinvio e ci dovrebbe bastare. Contenti così.

Idem come sotto

Quello che penso su Josefa Idem l’ha scritto meglio di me Alessandro Gilioli:

qui sotto:

In altre parole: quello che ha fatto Idem non è cosa “da massacro” e non si tratta di un comportamento paragonabile a quello dei farabutti di ogni partito che vediamo ogni giorno all’opera. E’ stata però una scorrettezza che – proprio per non essere né sembrare tutti uguali e proprio per non mostrare attaccamento alla poltrona – andava fatta seguire subito da una serena, dignitosa e nobile letterina di dimissioni. Sottolineando così la propria dirittura morale e la propria superiorità nei confronti degli evasori e dei delinquenti che stanno in politica. E giovando quindi anche alla propria reputazione, sul medio-lungo termine, in modo molto più robusto rispetto a quella che pare una disperata arrampicata sugli specchi.

Vale la pena leggerlo tutto qui.

Il limite della vergogna leghista

Il limite della vergogna per la Lega Nord sappiamo bene che si spinge sempre un po’ più in là. Ce lo insegna la storia di questi ultimi vent’anni dove le provocazioni sono servite per i sussulti elettorali e per parlare al ventre molle di un parte di questo Paese.

Ma la scena vista a Busto Arsizio giovedì scorso forse entra nella “top ten” del cattivo gusto padano, nonostante Maroni si sia spolverato gli occhialini e rivestito da festa per recuperare un po’ di verginità:

gioebia a busto orribile

Si sono persi l’IMU alla Chiesa. Ma va?

Doveva essere una svolta storica. Per ragioni di equità, ma anche per evitare la procedura d’infrazione dell’Unione europea per aiuti di Stato. Eppure la tanto invocata estensione dell’Imu alla Chiesa rischia di trasformarsi in un clamoroso flop. Il decreto del ministero dell’Economia, atteso per la fine di maggio, ancora non esiste. E senza, dal primo gennaio 2013, la Chiesa continuerà a non pagare l’Imu. Così partiti, sindacati, fondazioni, associazioni. Una beffa.

Lo scrive Repubblica oggi e la notizia rimbalza. Non è solo a questione dei 600 milioni di euro (cifra comunque notevole) a indignare ma, ancora una volta, il voltafaccia delle promesse che vengono puntualmente disilluse.

Se un governo ritiene giusto che la Chiesa non paghi l’IMU non ha che da dirlo e difendere (se ci riesce) le proprie posizioni: giustificare un privilegio che si nasconde dietro la mancata attività di lucro (come se gli italiani invece avessero esercizi commerciali nel proprio salotto, invece) e tenere la barra diritta; invece il governo Monti promette di rivedere la norma e poi senza giustificazioni finge di dimenticarsene l’attuazione.

Sarà che da un governo tecnico ti aspetteresti forse un po’ di serietà, almeno, del tipo che le norme vengano attuate e solo dopo propagandate (è la brutta politica di questi ultimi anni che ha fatto regolarmente il contrario) e sarà che ogni volta che si affronta il tema della Chiesa (si badi bene della Chiesa più che della religione cattolica) in Italia bisogna assistere a questo fastidioso fumo di non detto o di silenziosamente concordato che lascia l’amaro in bocca.

Non ditelo, piuttosto. E’ più dignitoso così.