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Lavoro

Perché a furia di disintermediare, l’impalcatura della libertà vien giù.

Questa mattina vale la pena leggere Luca Bottura:

Quando Marco Biagi fu trucidato dalle Brigate Rosse, era in corso uno scontro importante sulla riforma del Lavoro. Conosciamo i colpevoli: i terroristi, e chi, nelle istituzioni, trattò Biagi come un mitomane.

Nonostante queste responsabilità chiarissime, l’attenzione post-attentato si concentrò principalmente su Sergio Cofferati. E sulla Cgil, che sarebbe scesa in piazza (tre milioni o uno, non importa) col lutto nel cuore e l’infamante accusa di esserne la causa.

Non era vero allora. Non è vero adesso.

Criticare le riforme del Governo Renzi, quindi anche il lavoro del professor Taddei, è un esercizio tipico della democrazia. Scioperare pure. Fa parte della dialettica tra classi sociali – sì: ci sono ancora le classi sociali – di un Paese civile. Alzare il livello dello scontro è altro.

Lo sa perfettamente chi vuole sovrapporre la violenza verbale (vagheggiando quella fisica) alla protesta legittima, con lo scopo tra gli altri di mettere i sindacati in un angolo. Tutto già visto.

Intanto però la tentazione di lucrare su queste vicende titilla il Palazzo. Sarebbe facile usare strumentalmente la deriva eversiva come fece, ai tempi, Roberto Maroni, mettendo il cappello (Legge Biagi, invece che Legge 30) su una riforma che snaturava le idee del professore ucciso, mantenendo l’impianto liberista senza attivare le tutele sociali più profonde che Biagi aveva saggiamente previsto.

Sarebbe invece bello e utile se al Governo capissero da subito che una controparte democratica è una garanzia per tutti e che andrebbe legittimata, invece di smontarla a suon di hashtag e battute sui Ponti. In modo da combattere, insieme, i nemici veri.

I nemici di Taddei, della dialettica democratica, di chi ancora interpreta l’informazione come esercizio critico del potere. Perché a furia di disintermediare, l’impalcatura della libertà vien giù.

E ci finiamo sotto tutti.

Tra i manganelli non vede contraddizioni

Angelino Alfano ha riferito al parlamento di non vedere contraddizioni tra la sua versione (falsa) dei fatti accaduti a Roma e le riprese trasmesse dalla trasmissione Gazebo. Cioè continua a vedere un’attacco premeditato da parte della FIOM contro le forze dell’ordine.

In un Paese normale sarebbe da prendere a calci nel culo. Anzi no: a manganellate.

Lo scalpo 18

Se volete stiamo qui a parlare tutto il giorno, come nei talk show, del contenuto dell’articolo 18: quante aziende vi sono sottoposte, quanti lavoratori, quanto ancora ne è rimasto effettivo dopo la riforma Fornero, quindi quanto incide sull’occupazione e sulle assunzioni, eccetera eccetera.

Credo però che anche il più svampito tra gli italiani abbia compreso che non è dell’articolo 18, come contenuti ed effetti, che si sta parlando: ma semplicemente di uno scalpo, dal fortissimo valore simbolico.

Gilioli qui.

Il diverso merito, la diversa trasparenza

La Bbc cerca un nuovo presidente. E il ministro della cultura, l’ex banchiere Sajid Javid, pubblica un annuncio per ricercare il professionista adatto. Lavorerà tre o quattro giorni alla settimana. E verrà pagato 110mila sterline l’anno. Lord Coe è tra coloro che stanno pensando di candidarsi. C’è tempo fino al 20 giugno. Gli aspiranti verranno ascoltati in un colloquio a partire dal 28 luglio. La decisione finale sarà ratificata dal premier Cameron.

Chissà se il prossimo presidente della Rai sarà trovato nello stesso modo.

(via Luca De Biase)

La sicurezza sul lavoro

Che, certo, sarebbe folle sottovalutare nei cantieri di EXPO davanti agli occhi del mondo. E invece no:

Per fortuna ad oggi nessun operaio ha perso la vita. Ma che la situazione sia critica lo dimostra quanto riporta il sito dell’Asl di Milano che nella sezione dedicata all’esposizione parla di “numerose e reiterate manchevolezze riscontrate nella organizzazione della sicurezza dei lavori”, nonché della “ripetuta constatazione di gravi situazioni di rischio di caduta e di seppellimento negli scavi, di assenza di parapetti a protezione del rischio di caduta e infilzamento su ferri sporgenti contestate nei nostri verbali, così come l’utilizzo di apparecchi di sollevamento (gru) privi dei dovuti collaudi di sicurezza e così pure le gravi lacune presenti nei piani di emergenza interni”. Valutazioni che nelle 105 ispezioni eseguite dall’Asl fino al 31 dicembre 2013 sul sito Expo e sulle opere essenziali connesse hanno portato a contestare ben 98 non conformità alle 71 imprese controllate. Le cose non vanno meglio nei cantieri delle nuove linee del metrò 4 e 5 e del prolungamento della 1, la cui realizzazione è legata all’esposizione: al 28 febbraio 2014 nei 415 accessi ispettivi, per un totale di 116 imprese controllate, le non conformità sono state 242.